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La commissione Ambiente della Camera, in collaborazione con il Cresme, pubblica il Rapporto 2020 sul recupero del patrimonio edilizio e misura le ricadute delle politiche di incentivazione e del superbonus 110% sul comparto delle costruzioni a cura di Pietro Mezzi Cantiere dell’ospedale Galeazzi di Milano nella fase di elevazione della struttura (courtesy, ©BininiPartners) Indice degli argomenti: Il volume degli investimenti La distribuzione tra recupero edilizio e riqualificazione energetica L’impatto sull’occupazione L’impatto sul sistema Paese L’impatto potenziale del Superbonus 110% Da diversi anni il nostro Paese vive una stagione particolare per quanto riguarda il sistema delle detrazioni fiscali finalizzate alla ristrutturazione edilizia e alla riqualificazione energetica del patrimonio abitativo. Vocaboli come bonus, ecobonus, sismabonus, superbonus affollano il complesso quadro normativo nazionale. La politica di incentivazione, avviata dai diversi governi nazionali che si sono nel tempo succeduti alla guida del Paese, ha certo inciso e incide ancora sui bilanci dello Stato, ma è riuscita a dare anche fiato a un settore delle costruzioni asfittico e in progressivo e preoccupante calo. Ma, esattamente, qual è stato l’impatto delle detrazioni sul settore edilizio nazionale? L’identica domanda se la sono posta i componenti della commissione Ambiente della Camera dei deputati che, con la consulenza dell’istituto di ricerche Cresme di Roma, la scorsa settimana hanno presentato il Rapporto 2020 dal titolo “Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell’impatto delle misure di incentivazione”. Lo studio contiene numerosi dati del periodo che va dal 1998 al 2020 e in particolare quelli del consuntivo del 2019 e le proiezioni sull’anno in corso. Il volume degli investimenti In generale, dalle stime prodotte emerge che gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica, dal 1998 al 2020, hanno riguardato oltre 21 milioni di interventi. In ventidue anni le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti per oltre 346 miliardi di euro. Per il 2019, il dato a consuntivo indica un volume di investimenti di 28.762 milioni di euro veicolati dagli incentivi fiscali per il recupero edilizio, la riqualificazione energetica, la riduzione del rischio sismico e la riqualificazione delle facciate. Nel 2020, a causa della crisi pandemica, la previsione relativa ai dati dei primi nove mesi dell’anno porta a stimare questo valore in 25.105 milioni di euro, con una flessione del 12,7% rispetto al 2019. L’analisi dei dati mensili, che rendicontano i pagamenti per i lavori effettuati, evidenzia che la flessione causata dalla pandemia è durata cinque mesi, da aprile ad agosto, con picchi di riduzione rispetto allo stesso periodo del 2019 toccati a maggio (-57,9%) e giugno (-42,6%); mentre a settembre l’attività è tornata crescere (+6,5%). La distribuzione territoriale L’analisi territoriale, svolta sulla base dei dati regionali relativi agli importi dei lavori portati in detrazione nelle dichiarazioni dei redditi, conferma, rispetto a quanto descritto nei precedenti rapporti, il maggior ricorso agli incentivi da parte delle regioni del Nord-ovest, dove si concentra il 38% degli importi in detrazione per quanto riguarda il recupero edilizio e il 42% degli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica; nel Nord-est si concentra il 28% degli interventi di recupero edilizio e il 33% degli interventi per la riqualificazione energetica. Si conferma il basso ricorso agli incentivi del Sud e delle Isole. La distribuzione tra recupero edilizio e riqualificazione energetica Nel biennio 2018-2019, per il recupero edilizio realizzato negli anni 2017 e 2018, sono stati portati in detrazione 12,7 miliardi di euro, contro gli 11,3 miliardi del biennio 2016-2017 (detrazioni fiscali inserite negli anni 2017-2018), con un significativo incremento del 12,1%; per quanto riguarda la riqualificazione energetica sono stati portati in detrazione 3,2 miliardi di euro, contro i circa 2,8 del biennio precedente, con un incremento del 14%. L’impatto sull’occupazione Per quanto riguarda l’impatto sull’occupazione, le stime degli investimenti attivati attraverso gli incentivi nel periodo 2011-2020 hanno generato un assorbimento cumulato di 2.549.585 occupati diretti, corrispondenti a una media annua nel periodo di 254.959 occupati. La media annua degli occupati, considerando anche gli occupati dell’indotto delle costruzioni, è pari a 382.438 occupati. Cantiere dell’ospedale Galeazzi di Milano nella fase di elevazione della struttura (courtesy, ©BininiPartners) Tra il secondo trimestre 2008 e lo stesso periodo del 2020 l’intera economia registra un numero invariato di occupati nell’ambito del quale, tuttavia, è preponderante il calo degli occupati nel settore delle costruzioni (-599.000). Va però segnalato che proprio nel 2020, nel pieno della crisi pandemica, gli occupati delle costruzioni hanno registrato timidi segni di ripresa: nel primo trimestre del 2020 l’occupazione è cresciuta di 18.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre nel secondo trimestre la crescita è stata di 20.000 unità. L’impatto sul sistema Paese La valutazione dell’impatto economico prodotta dal Cresme, operazione più complessa, è effettuata sulla spesa sostenuta stimata per gli anni 1998-2020, utilizzando il procedimento di stima per l’intera durata degli incentivi fiscali in termini di defiscalizzazione, vale a dire dal 1998 al 2030. Sulla base di tale modello di analisi, emerge che il costo per lo Stato, dovuto ai minori introiti conseguenti agli incentivi, ammonterebbe a 165,5 miliardi di euro in valori correnti, il gettito fiscale e contributivo derivante dalle attività economiche mobilitate dagli incentivi, in base alla legislazione fiscale vigente, sarebbe pari a 131 miliardi di euro in valori correnti, e il saldo complessivo per lo Stato, per l’arco di tempo che va dal 1998 al 2020, sarebbe negativo per 34,5 miliardi di euro, pari a 1,5 miliardi di euro per ogni anno (considerando però che lo Stato incamera i proventi spettanti nell’anno di esecuzione dei lavori e ripartisce il mancato gettito nell’arco di tempo di dieci anni, l’introduzione nella riflessione di elementi di natura finanziaria ed attuariale, basati sull’attualizzazione dei valori prima esposti, modificherebbe il saldo determinando un risultato negativo più contenuto di -17,3 miliardi di euro, pari a 752 milioni di euro all’anno; nda). Un ulteriore approfondimento dell’analisi, che prende in considerazione, da un lato, i minori introiti per lo Stato legati agli interventi di efficientamento energetico (minori imposte sui consumi di energia) e, dall’altro, la quota di gettito per lo Stato derivante dai consumi e dagli investimenti mobilitati dai redditi aggiuntivi dei nuovi occupati, mostra come il saldo dello Stato possa essere considerato negativo per 5,9 miliardi di euro all’anno, pari a 256 milioni di euro ogni anno. Allargando, poi, il campo della valutazione a tutti gli attori che rivestono un ruolo nel sistema Paese in cui si inseriscono le agevolazioni, nel periodo 1998-2020 il saldo per il sistema economico del Paese risulterebbe positivo per quasi 27,6 miliardi di euro (1,2 miliardi di euro all’anno). L’impatto potenziale del Superbonus 110% Il rapporto infine dedica un’attenzione particolare all’impatto potenziale sul mercato del Superbonus 110% introdotto nel corso del 2020, per il quale è stata elaborata una prima stima sugli importi aggiuntivi (nell’ipotesi del mantenimento della norma attualmente vigente) di 2.421 milioni di euro, tutti nel 2021, e, nell’ipotesi di un prolungamento dei benefici a tutto il 2022, di 8.069 milioni di euro, dei quali 1.614 nel 2021 e 6.455 nel 2022. Per quanto riguarda l’impatto dell’emergenza sanitaria e del Superbonus sul mercato dell’edilizia, il Rapporto evidenzia come il settore delle costruzioni sia entrato nel “settimo ciclo edilizio” della storia del Paese dal secondo dopoguerra, un ciclo che sarebbe più corretto definire “primo ciclo dell’ambiente costruito”, per sottolineare le nuove caratteristiche del mercato e le sfide innovative e di modello di offerta che questo richiede in termini di riqualificazione energetica, tecnologie e qualità dell’abitare. Nel 2018 e nel 2019 le costruzioni hanno avviato la loro ripresa prima molto moderatamente e poi con valori contenuti ma significativi, trainate dalla riqualificazione del patrimonio esistente e dalle opere pubbliche. La crescita del settore si è però interrotta improvvisamente nel 2020, in conseguenza dell’emergenza sanitaria. Secondo le stime del Cresme, nel 2020 il valore della produzione nelle costruzioni diminuirà del 7,4%: un dato migliore di quello dell’economia in generale, ma in forte contrazione rispetto a uno scenario che stava diventando, su vari fronti di attività, positivo. Nel 2020, in particolare, per l’attività di manutenzione straordinaria si prevede una contrazione del 10,4%, superiore a quella delle nuove costruzioni (-7,4%). Le ragioni di tale flessione sono da imputare certamente alla crisi pandemica, ma una causa concorrente della contrazione dell’attività di manutenzione straordinaria risiede anche nel fatto che nel corso del 2020 è arrivato sul mercato l’incentivo del superbonus 110%, rispetto al quale diverse attività di manutenzione straordinaria sono state comprensibilmente differite in attesa del pieno avvio del percorso attuativo che prelude all’operatività del nuovo incentivo. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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