I principi della progettazione bioecologica nelle architetture tradizionali

Il presente contributo è finalizzato alla individuazione di criteri di valutazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio minore a scala tecnologica, mediante una più attenta valutazione della rispondenza della realtà costruita al processo storico-tipologico e alla tutela dell’ambiente e la proposizione di un nuovo concetto di qualità tecnologica integrata. Gli orientamenti presentati trovano ampia conferma nella tendenza normativa regionale che recepisce elementi di recupero ambientale e di architettura bio-ecologica, con particolare attenzione agli aspetti relativi alla sostituibilità dei materiali e al benessere “indoor”. Le procedure d’intervento che scaturiscono da tali valutazioni consentono di sviluppare il livello prestazionale degli edifici e i processi innovativi della produzione nell’ambito di una evoluzione tecnologica compatibile.

Quadro metodologico
Il presente contributo si colloca nell’ambito della ricerca MURST ex 40 % condotta dal Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Ingegneria di Bologna e coordinata a livello nazionale dal Prof. A.C. Dell’Acqua, inerente il tema “Tradizioni del costruire nel territorio nazionale: continuità ed evoluzione delle tecniche edilizie per la salvaguardia ambientale del contesto insediativo minore”, anche in riferimento ai recenti sviluppi normativi della Regione Emilia Romagna.
Le tematiche trattate nell’ambito delle ricerca trovano giustificazione nella necessità di individuare criteri innovativi per la riqualificazione dei contesti costruiti minori, in particolare della zona appenninica modenese, mediante una più attenta valutazione della rispondenza della realtà costruita al processo storico-tipologico e alla morfologia della realtà naturale.
I moderni orientamenti normativi in merito alla riqualificazione e conservazione dei contesti costruiti storici e del patrimonio edilizio storico extraurbano a prevalente destinazione rurale sono stati prevalentemente finalizzati alla tutela della configurazione planimetrica e volumetrica del fabbricato, sovente corredata di generiche prescrizioni di carattere costruttivo e materico. A scala architettonico-costruttiva, l’insieme di conoscenze pragmatiche ed operative che erano state tramandate sino al XIX° secolo mediante la tradizione orale e successivamente codificate nella manualistica ottocentesca, soprattutto di provenienza anglosassone e tedesca, sono state soppiantate dalla diffusione della pubblicistica “moderna”, più legata alle leggi del mercato e a forme pubblicitarie non sempre accompagnate dai necessari contenuti tecnici. Oggi si vanno inoltre diffondendo i principi della architettura bio-ecologica che devono essere collocati nell’ambito del tradizionale processo progettuale al fine di orientarlo verso una migliore conservazione della realtà naturale e costruita, rivalutando il momento conoscitivo, in particolare per quanto si riferisce agli aspetti tecnologico-costruttivi e materici piuttosto che alla semplice configurazione geometrica della fabbrica.
Si ritiene in particolare che l’utilizzo delle conoscenze maturate dallo studio dell’edificio e della Manualistica storica consenta lo sviluppo di criteri d’intervento sull’esistente più rispettosi del contesto tipologico di riferimento e più attenti all’uso di risorse rinnovabili secondo principi di tutela e di economicità, misurando l’intervento anche in rapporto alla ricettività dell’eco-sistema locale (fig. 1).
Le esperienze acquisite hanno permesso di individuare nella tipologia ambientale compatibile il concetto chiave per la formulazione di criteri normativi che, nell’ambito di una impostazione generale, valorizzino i caratteri fondamentali dell’edilizia storica locale in relazione al rispetto e alla tutela ambientale e che superino l’attuale modello di pianificazione fondato sul concetto di zonizzazione mediante l’individuazione di diverse modalità di relazione tra realtà naturale e costruita nell’ambito di un contesto territoriale omogeneo.
L’obiettivo specifico del settore tecnologico nell’ambito della ricerca ex MURST si concretizza nell’analisi delle linee evolutive della normativa tipologico-prestazionale in rapporto alla progettazione e alla produzione di elementi tecnici ed inoltre nella definizione di criteri metodologici di controllo del progetto di architettura che, mediante operazioni di riesame e validazione, consentano di sviluppare un elevato livello di qualità tecnologica integrata, rifiutando da un lato il modello urbano modernista fondato sul progresso tecnologico e sull’invadenza delle sovrastrutture impiantistiche e dall’altro l’ottica ecologista, troppo spesso legata a visioni apocalittiche politicizzate.
La proposizione di un nuovo concetto di qualità tecnologica integrata, esprime il tentativo di individuare criteri di progettazione a scala costruttiva coerenti con il recupero di forme tradizionali e quindi con la riqualificazione a scala ambientale, in una logica di continuità con i caratteri del contesto storico-tipologico. Le procedure d’intervento che scaturiscono da tali valutazioni consentono di integrare il progressivo miglioramento del livello prestazionale degli edifici e i processi innovativi della produzione nell’ambito di una evoluzione tecnologica compatibile.

Gli strumenti di analisi
Nell’ambito della ricerca sono stati analizzati alcuni contesti costruiti minori di pianura, pedecollinari e collinari tra Modena, Bologna e Ferrara mediante la compilazione di schede di rilevamento che partendo dalla definizione degli abachi delle tipologie edilizie permettessero di evidenziare, per ogni tipo e in rapporto al contesto ambientale, i caratteri materico-costruttivi e le invarianti. In rapporto a tali elementi caratteristici sono poi state studiate le principali tecniche che il mondo della produzione oggi mette a disposizione, suddivise per categorie di intervento (di consolidamento tradizionale e sismico, di sicurezza, di fruibilità, di adeguamento impiantistico, di benessere ambientale) evidenziando una metodologia di analisi critica fondata sul concetto di “compatibilità integrata”. Inoltre, i contenuti tecnologici dei diversi interventi sono stati confrontati con gli sviluppi della sempre più diffusa edilizia bio-eco-compatibile evidenziando come le tecniche pre-moderne fossero dotate di elementi di attenzione all’uso delle risorse, alla facilità di reperimento, alla durabilità dei materiali e alla loro corretta aggregazione tali permettere rilevanti economie di risorse ed un sostanziale rispetto del contesto ambientale: ciò che nel passato veniva attuato mediante una coscienza spontanea dovuta alla trasmissione delle esperienze realizzative oggi viene compreso e codificato mediante una coscienza critica che ne consente una più ampia e scientifica sistematizzazione.
Il presente contributo propone alcune riflessioni in merito alla progettazione degli interventi di recupero dell’edilizia minore in rapporto alla diffusione dei principi di progettazione bio-ecologica, fondate sulla definizione delle relazioni tra esigenze di sostenibilità e prestazioni tecnologiche, con l’obiettivo di ricercare quelle condizioni operative che consentono la sistematizzazione di un quadro di regole orientate alla qualità del prodotto tecnologico, inteso come componente correlato nell’organismo architettonico.
Lo studio ha individuato diverse componenti del concetto di rendimento ambientale che si possono così schematizzare: compatibilità funzionale, compatibilità dimensionale, compatibilità chimico-fisica, compatibilità tecnologica, compatibilità formale, compatibilità tipologica e compatibilità normativa.
In conclusione l’orientamento metodologico descritto permette una lettura sistematica delle diverse tipologie di intervento al fine di individuare la soluzione tecnologica più “adatta” per quel determinato contesto costruito e naturale, sulla base della interdipendenza tra prestazioni dell’oggetto e condizioni ambientali di riferimento, tra gestione del bene e uso delle risorse.

Normative bio-ecocompatibili e rendimento ecologico delle tradizioni costruttive locali: il caso dell’edilizia minore della regione Emilia-Romagna
I contesti urbani analizzati hanno dimostrato una determinata vocazione all’uso antropico in base ai loro caratteri fisico-morfologici e alle relazioni tra le diverse componenti del costruito e dell’ambiente, utile per la definizione di invarianti alle diverse scale e necessaria per comprendere la trasformazione dello spazio fisico in funzione dell’ambiente costruito e quindi dell’attività edile. Lo studio delle trasformazioni edilizie alle diverse scale sottolinea la necessita’ di recuperare il legame, tipico dell’edilizia storica, tra luogo e architettura, tra contesto fisico-culturale e concezione costruttiva, tra forma e cultura del fare in quanto esso ha forte attinenza con l’uso delle risorse e con il rapporto tra costruito e realtà naturale.
La formulazione di criteri di progettazione dell’intervento tecnologico legati alla cultura materica ormai dispersa e agli aspetti bio-ecologici porta i progettisti e tutti gli operatori del processo edile, in ultima analisi, ad una presa di coscienza in merito alla realtà edilizia, architettonica e costruttiva sulla quale si apprestano ad operare basando il processo progettuale e realizzativo sulla riformulazione di tradizioni costruttive e modi di operare locali, attenti al contesto ambientale e paesaggistico, all’uso delle risorse naturali e all’equilibrio tra sistemi naturali e antropici (fig. 2).
Pertanto, il processo di definizione delle scelte tecnologiche deve essere collocato nell’ambito del più vasto problema della compatibilità ambientale del tessuto urbano e degli organismi che lo compongono in rapporto alla vocazione naturale del costruito, ovvero alla rispondenza alla struttura ambientale consolidata e ai caratteri del territorio, nella piena interrelazione tra attività antropiche e morfologia. Tale rispondenza, che può trovare elemento di sintesi e di rappresentazione nel concetto di rendimento ambientale, si misura in termini di compatibilità integrata rispetto ai caratteri strutturali della realtà naturale e costruita, formulando criteri di valutazione desunti dallo sviluppo della cultura tecnologica e dal crescere di bisogni e requisiti legati al comfort e al benessere ambientale, opportunamente relazionati alle esigenze di conservazione dei sistemi ambientali e al processo tipologico di trasformazione della morfologia urbana.
Da tempo la Regione Emilia Romagna ha intrapreso uno sforzo che interessa la componente tecnica come quella politica finalizzato alla ridefinizione del quadro normativo del settore dell’edilizia. In particolare, a scala urbanistica sono stati introdotti nuovi strumenti attuativi degli interventi (Programmi di Riqualificazione Urbana, Contratti di Quartiere, PROUSST) che permettano di concordare gli obiettivi della pianificazione e gli strumenti operativi mediante una compartecipazione pubblico-privato.
A scala edilizia si è prodotto uno Schema di Regolamento Edilizio contenente orientamenti di carattere metodologico e operativo sulla base dei quali i singoli comuni redigono la propria strumentazione. Lo Schema di Regolamento Edilizio differisce dai precedenti per molti motivi; tra di essi è significativo segnalare la massiccia introduzione di aspetti esigenziali e prestazionali legati alla definizione di requisiti specifici e alla parallela riduzione di parametri matematici teorici quali indici e standard.
In particolare, lo Schema di Regolamento Edilizio Tipo della Regione Emilia Romagna approvato con delibera di Giunta n° 593 del 21.02.1995 e successiva integrazione con delibera n. 268 del 22.02.2000 (1) , in rapporto alla ulteriore delibera di Giunta n. 270 del 22.02.2000 (2) introduce la distinzione tra Requisiti cogenti e Requisiti raccomandati nell’ambito di una impostazione del regolamento fortemente improntata alla metodologia normativa prestazionale, abbandonando la precedente visione di tipo oggettivo-descrittiva. I Requisiti Cogenti si riferiscono prevalentemente alle Classi di Resistenza meccanica e stabilità, di Sicurezza in caso di incendio, di Igiene dell’ambiente e di Sicurezza dell’impiego e il loro rispetto è assolutamente necessario per poter ottenere la certificazione della conformità per un qualsivoglia intervento edilizio. Oltre ad essi sono stati definiti dei Requisiti Raccomandati, il cui rispetto si traduce in un miglior livello di qualità edilizia.
Nell’ambito di tale inquadramento normativo la Giunta Regionale ha emanato la Delibera n. 21 del 16.01.2001 inerente i “Requisiti volontari per le opere edilizie – Modifica e integrazione dei requisiti raccomandati di cui all’allegato B al vigente Regolamento Edilizio tipo”. Tale delibera modifica la lista dei requisiti raccomandati introducendo i “Requisiti volontari” i quali “rispondono a nuove e forti esigenze di miglioramento della qualità della vita nel rispetto dei limiti ricettivi degli ecosistemi, delle possibilità di rinnovo delle risorse naturali (al fine della loro conservazione per le generazioni future), dell’equilibrio dei sistemi naturali e antropici (esigenze ecosostenibili), dando particolare spazio, fra queste esigenze, a quelle di controllo e di interazione tra edificio e fattori climatici con il minimo consumo di energia non rinnovabile (esigenze bioclimatiche), ciò anche in attuazione al trattato di Kyoto per la riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera” (3). La stessa delibera, nella consapevolezza che il soddisfacimento di tali requisiti implica un onere per la committenza, propone alcuni criteri per la definizione di contributi o sconti per interventi bioclimatici ed ecosostenibili e comunque che abbiano livelli di accessibilità maggiori di quelli previsti dalla normativa statale.
L’introduzione di requisiti denominati “volontari” in sostituzione della precedente dicitura di “raccomandati” completa i requisiti cogenti definiti dallo Schema di Regolamento Edilizio tipo e contribuisce a migliorare la qualità di prodotto dell’intervento edilizio. E’ necessario parimenti procedere al miglioramento della qualità del processo mediante una progressiva quanto ampia qualificazione degli operatori e la diffusione della cultura della manutenzione anche e soprattutto tra gli utenti finali. Nell’ambito di questo ampio processo di qualificazione del settore l’emanazione di regole diviene “normativa interna” al processo il cui livello di applicazione corrisponde al livello di soddisfacimento degli obiettivi di qualità in rapporto ai programmi di incentivo e sconto definiti dalla Regione. L’introduzione di requisiti bioclimatici ed eco-sostenibili determina un ulteriore aggravamento dell’attività di progettazione ed esecuzione di un’opera e diviene necessario guidarne l’applicazione mediante una gerarchia e la definizione di priorità. Ciò in realtà vale anche per i requisiti cogenti e per gli altri requisiti volontari anche se in questo senso né lo Schema di Regolamento Edilizio tipo emanato dalla Regione né i singoli Regolamenti Edilizi comunali che da esso derivano, sembrano seguire l’opportuno orientamento della definizione delle priorità. Il timore che sorge a fronte di un tale consistente appesantimento normativo, per quanto animato dalle più nobili intenzioni, è che tutto si traduca nella assunzione di responsabilità dei progettisti mediante le asseverazioni richieste, nella mancanza di controlli, nella produzione di “burocrazia” e in un beneficio veramente ridotto per gli utenti. Allo stato attuale risulterebbe più efficace una ulteriore semplificazione dell’elenco dei requisiti cogenti e volontari e la individuazione di alcuni metodi di misurazione più immediati e legati alla pratica corrente.
Uno degli aspetti metodologici più interessanti della D.G.R. n. 21/2001 qui descritta consiste nell’aver individuato due ambiti operativi ben distinti: uno legato alla eco-sostenibilità e all’uso delle risorse (materiali, spaziali, umane, ecc.) in rapporto alle possibilità di rinnovo e alle capacità di ricezione e assorbimento degli ambienti locali, l’altro legato alle esigenze bioclimatiche, ovvero alle relazioni biunivoche tra edificio e suo intorno.
I Requisiti di tipo volontario legati alle tematiche eco-compatibili e bioclimatiche sono distinti in famiglie: benessere ambientale, uso razionale delle risorse climatiche ed energetiche, fruibilità di spazi e attrezzature, uso razionale delle risorse idriche, controllo delle caratteristiche nocive dei materiali.
Il rispetto di tali requisiti, garantito dalla dichiarazione del progettista e verificato tramite misurazioni oggettive a fine lavori, consente di poter usufruire di un sistema di sconti prevalentemente legati agli oneri concessori che ogni comune deve arrivare a definire con proprio atto deliberativo. Tali facilitazioni potrebbero essere valutate non solo in rapporto a sconti assoluti ma anche rateizzando diversamente i singoli pagamenti. Le scelte di sostenibilità bio-ecologica e bio-climatica devono inoltre trovare elementi di coerenza rispetto alla manutenzione degli elementi tecnici e quindi alla durabilità e manutenibilità dei materiali. Il “Fascicolo del Fabbricato”, del quale tanto si parla, anche in rapporto a temi della sicurezza strutturale a seguito di episodi di crolli improvvisi che hanno impressionato l’opinione pubblica, potrebbe diventare il documento di raccolta e di sintesi delle diverse “anime” che danno vita all’edificio.
Tra le famiglie dei Requisiti Volontari sono particolarmente innovative quelle legate alla introduzione di sistemi passivi per la conservazione del calore in inverno e per la ventilazione in estate. Se le soluzioni tecnologiche adottate sono innovative (tetto ventilato, muro di trombe per citare le più diffuse) in realtà si riconducono a principi legati alle tradizioni costruttive antiche, rintracciabili nell’edilizia di base urbana ed extraurbana presente nella Regione. Si pensi ad esempio, alla realizzazione di coperture con tetto a “cantinelle”, realizzate con tavolato discontinuo per favorire l’areazione continua degli spazi di stoccaggio dei prodotti, alla costruzione di muri con elevato spessore per aumentare l’inerzia termica o al diverso dimensionamento delle aperture a seconda dell’orientamento dei fronti.
I requisiti relativi all’apporto energetico da soleggiamento invernale ed estivo vengono soddisfatti prevalentemente mediante un’attenta scelta dell’orientamento del fabbricato, del dimensionamento delle finestre e degli elementi architettonici di protezione (cornicioni, balconi, logge, ecc.); già l’edilizia rurale emiliana si fonda su rigorosi principi di orientamento dell’insediamento, organizzato intorno all’aia a est o a sud, con diverse soluzioni di forature delle pareti a seconda della funzione dei vani retrostanti (si pensa ad esempio alle “gelosie” di mattoni che garantivano continua areazione ai fienili), concentrazione dei vani usati durante il giorno verso l’aia e di quelli usati alla notte in direzione opposta, generalmente a nord, realizzazione di porticati in prolungamento di falda e di sporti di gronda, diffusione di camini usati sia per il riscaldamento che per la cottura dei cibi.
Il requisito di protezione dai venti invernali, inoltre, veniva soddisfatto nell’edilizia rurale tramite la posa di alberi e/o siepi tali da frammentare i venti ed abbattere la polvere nel periodo estivo. Oggi, gli elementi dell’architettura tradizionale sono fondamentali per la creazione di riscontri d’aria e direzioni di ventilazione che permettono di soddisfare il Requisito della ventilazione naturale estiva, riducendo l’apporto dei sistemi attivi di climatizzazione, particolarmente onerosi in termini di dispendio energetico.
Molto interessanti ed in parte fortemente innovativi sono i Requisiti di riduzione del consumo di acqua potabile e del recupero per usi compatibili delle acque meteoriche e delle acque grigie. Tale requisito viene soddisfatto dall’approntamento di sistemi di raccolta, depurazione e ricircolo che riducono sensibilmente l’uso della risorsa acqua, bene sempre più raro in certe condizioni climatiche e geografiche. Anche in questo caso l’edilizia rurale, sempre improntata a criteri di forte economicità, si dimostra la più attenta, certamente per esperienza diretta, al rapporto edificio-ambiente; sovente ritroviamo infatti vasche di raccolta per l’acqua di irrigazione o sistemi autocostruiti di raccolta delle acque meteoriche.
Molti esempi potrebbero ancora essere forniti per dimostrare come nelle tradizioni costruttive locali ed in particolare nell’edilizia rurale si possano trovare numerose soluzioni tecnologiche utili a soddisfare i requisiti eco-sostenibili e bio-climatici. Il costruire premoderno, legato in genere a criteri di forte economicità, a ridotte disponibilità di materiali e alla mancanza di apparati tecnologici di tipo impiantistico che potessero integrare le prestazioni passive dell’edificio, si dimostra più attento della produzione edilizia attuale di tipo industriale agli aspetti ambientali ed ecologici.
Certamente nuove tematiche stanno avanzando, si pensi ad esempio al controllo della nocività dei materiali o al problema della sicurezza in ambito urbano, ed esse non possono trovare piena soluzione nel ritorno pedissequo a materiali e tecniche premoderni; diviene oggi sempre più necessario ricostruire il rapporto tradizione-innovazione in funzione del risparmio delle risorse, consapevoli che in alcune realtà territoriali come l’Emilia Romagna, il patrimonio edilizio del passato molto ci può dire su questo tema, a partire dalla scelta del luogo d’intervento sino alla definizione dei materiali e alla loro messa in opera.

Conclusioni
Gli orientamenti presentati nel presente contributo trovano ampia conferma nella tendenza in atto dal punto di vista normativo che, nel caso della Regione Emilia Romagna, recepisce all’interno dello Schema di Regolamento Edilizio elementi di recupero ambientale e di architettura bio-ecologica, con particolare attenzione agli aspetti relativi alla sostituibilità dei materiali e al benessere ambientale.
Da tali elementi possono nascere orientamenti normativi e operativi fondati su una componente prescrittiva tradizionale volta alla tutela delle invarianti e su una componente orientativa o “volontaria” di tipo innovativo finalizzata al soddisfacimento dei requisiti ecologici, superando l’ottica matematica degli standard, l’impostazione vincolistica e la contrapposizione tra elementi tecnologici e configurazione architettonica.
Gli studi condotti sino ad ora hanno evidenziato che l’apporto delle tradizioni costruttive e delle tecniche premoderne alla ricerca del pieno soddisfacimento del sistema prestazionale richiesto dalle normative attuali è fondamentale.
E’ necessario, innanzitutto, recuperare la centralità della concezione costruttiva della fabbrica come elemento di valutazione dell’intervento progettuale e quindi come parametro di confronto per la valutazione di un rendimento ambientale che esprima i diversi significati che l’organismo architettonico rappresenta: il miglioramento del livello di qualità globale del costruito si persegue mediante l’integrazione tra arte e tecnica, soluzione tecnologica e configurazione spaziale storica, tra innovazione e conservazione delle invarianti materico-costruttive.

Bibliografia
– P. Maretto, “Realtà naturale e realtà costruita”, ALINEA Editrice, Firenze 1980
– C. Sitte, “L’arte di costruire le città”, Jaka Book, Milano 1981
– Fabio Selva-Emanuele Gozzi, «Riqualificazione ambientale e strategie normative», in Atti del Convegno «I centri storici minori. Recupero e valorizzazione», Università degli Studi dell’Aquila, L’Aquila, 15-16 novembre 1996.
– Emanuele Gozzi, “La riqualificazione dei tessuti urbani: linee evolutive e nuovi ambiti di intervento”, in Recuperare l’edilizia, num. 8/1999, (pagg. 54-58).
– Aldo Norsa, Emanuele Gozzi, “Evoluzione normativa e qualità urbana nei centri storici minori” in Rivista del Consulente tecnico, Maggioli Editore, 2000 (pagg. 469-486).

Note
(1) Schema di Regolamento Edilizio tipo – Aggiornamento dei requisiti cogenti (Allegato A) e della parte quinta, ai sensi del comma 2, art. 2 L.R. 33/90.
(2) Direttiva concernente i requisiti e i criteri di realizzazione degli alloggi con servizi per anziani nell’ambito del programma di interventi pubblici di edilizia abitativa per il triennio 2000/2002.
(3) Nota tratta dalle considerazioni preliminari contenute nella delibera sopracitata.

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