Rinforzi strutturali in materiale composito?un occhio al termometro

Il primo step del programma di sperimentazione prevede l’esecuzione di due tipologie di prova da condurre a differenti temperature: adesione e flessione su quattro punti.
Attraverso l’analisi dei risultati ottenuti dalla prima tipologia, sarà possibile quantificare il decadimento di una delle caratteristiche fondamentali per la buona riuscita di un intervento di placcaggio, l’adesione, dato che risulterà particolarmente utile in fase di progetto di un rinforzo.
Dalla seconda tipologia si otterranno indicazioni dirette sul valore di carico ultimo dell’elemento strutturale rinforzato, valore che in modo immediato potrà descrivere gli effetti della temperatura sull’intero sistema tecnologico.
Questo documento non entrerà nel merito della sperimentazione in corso, in quanto attualmente sono disponibili solo pochi risultati parziali, ma riporterà alcune considerazioni che stanno all’origine del lavoro intrapreso.

FRP e temperatura
L’utilizzo dei rinforzi strutturali in materiale composito in ambito civile, è stato accompagnato, a livello mondiale, da una sempre più intensa attività di ricerca sperimentale. Tra i molteplici campi di studio, molto interesse è stato suscitato, in tempi recenti, dall’analisi del comportamento del composito, caratterizzato come rinforzo strutturale, sotto differenti condizioni chimico-fisiche di esposizione ambientale.
Le informazioni che possono derivare da questo tipo di indagini, oltre a fornire indicazioni sulla potenziale durabilità del sistema, a lungo termine, permettono altresì di definire quantitativamente (e non solo qualitativamente) l’immediata risposta delle strutture rinforzate sollecitate in particolari situazioni(caso emblematico: l’incendio); permettendo così di sviluppare soluzioni ad hoc per la protezione delle strutture o di ottimizzare quelle attualmente disponibili.
In questo ambito, particolare importanza ha acquisito il problema dell’esposizione del rinforzo a diversi regimi termici:è noto che basse temperature, cicli di gelo-disgelo,alte temperature, possono innescare fenomeni di microcracking, degrado del legame fibra-matrice,o ancora fenomeni di debonding. In ogni caso va osservato che si tratta di osservazioni riferite a studi condotti sul semplice composito, inteso come accoppiamento fibra-matrice, trascurando la caratterizzazione del materiale in termini di rinforzo FRP, ovvero di materiale applicato per mezzo di adesivi o resine da impregnazione al supporto strutturale.
In particolare il problema dell’esposizione alle alte temperature si pone in una molteplicità di situazioni e casistiche con cui progettisti e applicatori sono chiamati a confrontarsi sempre più frequentemente e cui le industrie di settore tentano di dare risposte più o meno soddisfacenti.
E’ indubbio che parlando di esposizione ad elevate temperature esplicito risulti il riferimento a strutture sottoposte ad incendio, evento che, per quanto raro, come noto, può pregiudicare la sicurezza statica in modo drastico. In questa sede ci si limita ad osservare che nel mondo degli FRP il problema dell’esposizione al fuoco delle strutture è stato affrontato derivando le conoscenze note, proprie del mondo delle strutture “classiche” (elementi in c.a., in acciaio, murature,etc…), non tenendo conto, in generale, di una specificità del sistema.
Esistono altre particolari condizioni di esercizio delle strutture dove il problema dell’esposizione alle alte temperature si pone in modo preponderante.
Per interventi, ormai molto diffusi, di adeguamento statico in ambito industriale (per esempio a seguito dell’installazione di nuovi elementi impiantistici) spesso si pone il problema di intervenire in ambienti dove le comuni temperature di esercizio delle linee di produzione espongono le strutture a carichi termici molto elevati. E’ chiaro che situazioni come queste possono risultare anche più critiche di un incendio. In effetti in tali casi una comune protezione ignifuga, (ammesso che si possa intervenire senza complicazioni operative) per quanto possa essere efficace in termini di protezione al fuoco garantendo, per un Δt limitato, la resistenza della struttura, si rivela del tutto inefficace nel tutelare il materiale dell’esposizione prolungata e costante a temperature elevate. Il sistema di protezione una volta messo in opera andrebbe comunque, dopo un arco di tempo sicuramente di gran lunga minore del tempo di vita utile della struttura, a regime termico garantendo un ΔT di temperatura di secondaria importanza rispetto alla temperatura di esposizione; vanificando in tal modo la protezione e compromettendo la stabilità del sistema.
Problema analogo può porsi inoltre in ambienti soggetti ad esposizione solare diretta, sotto particolari condizioni (es: coperture anche in presenza di elementi di protezione o rivestimento di colore scuro).
Le considerazioni fin qui svolte non devono in ogni caso essere di stimolo ad una generalizzazione indiscriminata del problema: va in effetti osservato che, in una casistica altrettanto numerosa di interventi reali, una intrinseca “debolezza termica” del materiale si traduce nella concreta possibilità di operare in modo reversibile sul sistema (requisito alla base di molti interventi di recupero e restauro).
La problematica dell’esposizione dei rinforzi in FRP alla alte temperature viene affrontata in prima analisi studiando il comportamento delle singole fasi costituenti il materiale, fibra e matrice, avendo chiaro in ogni caso che tali proprietà possono essere, in via teorica, anche fortemente alterate allorché ci si riferisca, al materiale nella sua globalità: il composito.
Un ulteriore “complicazione”del problema deriva poi dalla sua caratterizzazione in termini di rinforzo strutturale, ovvero di materiale applicato per mezzo di adesivi o resine da impregnazione al supporto strutturale.
Sia che si tratti di fibre, matrice, adesivo o resina da impregnazione il comportamento di un materiale a base polimerica alle alte temperature viene significativamente descritto per valori di temperatura prossimi ad un valore critico noto come temperatura di transizione vetrosa, Tg.
In corrispondenza di tale valore le regioni polimeriche amorfe di un materiale subiscono una trasformazione reversibile, passando da uno stato rigido e fragile ad uno viscoso e gommoso.
E’ facilmente intuibile che il raggiungimento di tale valore di temperatura implichi una alterazione e un decadimento delle proprietà fisico meccaniche del materiale. A tal proposito si osserva come a seguito di analisi dinamico meccaniche (DMA) – tecnica che consiste nell’applicazione contemporanea di un carico oscillante sinusoidale e di un programma controllato di temperature – si riscontri, per valori di temperatura prossimi alla Tg, un abbattimento del modulo elastico fino a 3 ordini di grandezza.
Un’analisi delle diverse fasi costituenti il composito rivela in realtà come tanto le fibre quanto la matrice mostrino un ottimo comportamento termico: le prime garantendo, con opportuni trattamenti termici, un degrado trascurabile fino a 2000C° , la seconda essendo caratterizzata da un valore della temperatura di transizione vetrosa che si attesta, per i compositi normalmente utilizzati nel settore civile, intorno a valori dell’ordine dei 100-130 C° (tale valore, in realtà, non costituisce un estremante del problema in quanto tale limite può essere innalzato significativamente: sono diffusi nel campo aeronautico compositi con matrici polimeriche caratterizzate da valori di temperatura di transizione dell’ordine dei 300-400 °C).
L’anello debole della catena va in effetti ricercato nel comportamento del composito in quanto rinforzo strutturale. In tale veste, infatti, il composito viene reso solidale alla struttura per mezzo di adesivi e resine da impregnazione.
Per tali elementi si può osservare come i componenti di base siano della stessa natura dei costituenti la matrice: si tratta in entrambi i casi di polimeri, nella maggior parte dei casi di resine termoindurenti a base epossidica. Tuttavia le prestazioni degli “incollaggi” ad elevate temperature risultano sensibilmente inferiori a quelle caratterizzanti la matrice. Tale diversità di comportamento va ricondotta al diverso processo di produzione che li contraddistingue.
Il processo di produzione di compositi in FRP (accoppiamento fibra-matrice) richiede in generale l’applicazione di specifiche temperature e pressioni al materiale ottenibili solo con un’appropriata linea di produzione in stabilimento.
Questo significa che se per elementi “pre-cured” (lamine) è possibile effettivamente progettare il composito con caratteristiche tali da ottenere elevate resistenze al degrado indotto da un’esposizione ad elevate temperature, per i compositi realizzati in opera attraverso il procedimento noto come “lay-up” ciò risulta infattibile. E tanto meno risulta processabile un adesivo per incollaggio strutturale la cui polimerizzazione avviene comunemente in situ combinando due diversi componenti A-B in parti predosate.
Il valore della temperatura di transizione vetrosa ottenibile per le resine da impregnazione e gli adesivi per incollaggio si attesta comunemente intorno ai 50°C, essendo pari ad 120°C il valore maggiore della Tg riscontrato sul mercato.
Si osserva, inoltre, che tali valori possono essere suscettibili di ulteriori diminuzioni, essendo la Tg strettamente influenzata oltre che dalla temperatura alla quale viene mantenuta la resina durante il periodo di reticolazione anche dall’umidità ambientale. Si sottolinea a tal proposito come l’azione dell’ umidità sul rinforzo, in presenza di alte temperature, non si possa trattare semplicemente in termini di sovrapposizione degli effetti: tra temperatura e umidità infatti esiste un forte legame di dipendenza e non semplicemente un rapporto di coazione.

Conclusioni
La progettazione e l’applicazione di un materiale composito in ambito civile non può prescindere dalla conoscenza dei limiti del “sistema rinforzo in opera”. Nel campo di ricerca della durabilità, a breve e lungo termine, del materiale, sotto l’effetto di differenti condizioni igrotermiche, molto è noto sul comportamento delle singole fasi costituenti il composito, ma poche indagini sono state compiute sul sistema di rinforzo in opera.
Il valore di Tg per le comuni resine da impregnazione/adesivi costituisce un limite che non garantisce un sufficiente margine di sicurezza nei confronti di elevate temperature di esercizio, rendendo problematica la gestione di molti interventi. La normativa di riferimento europea attualmente (documento FIB) non presenta alcuna prescrizione quantitativa, limitandosi a fornire un panorama delle possibili problematiche, mentre il documento ACI (documento di riferimento in America) introduce dei coefficienti di riduzione della resistenza degli FRP per effetto del degrado ambientale.
Il problema dell’esposizione alle alte temperature di elementi strutturali rinforzati con FRP è qualitativamente definito, necessità ora di una definizione quantitativa del problema che possa ottimizzare le soluzioni esistenti e permettere lo sviluppo di nuovi approcci.

Bibliografia
– Antonio Nanni, Fiber-reinforced-plastic (FRP) reinforcement for concrete structures: properties and applications, Elsevier, Amsterdam, 1993.
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– L. De Lorenzis, Antonio La Tegola – Università di Lecce- FRP per il rinforzo strutturale: l’attuale panorama normativo, in “L’edilizia”,marzo – aprile – maggio 2003, n.127, p. 27.
– V.M. Karbhari; J.W.Chin; D.Reynaud –University of California; NIST; Civil Engineer Research Foundation- “Durability Gap Analysis for Fiber-Reinforced Polymer Composites in civil infrastructure”. , in “Journal of Composites for Construction”,ASCE,August 2003, Vol 7,n.3, p. 241,242.

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