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Lo fa pubblicando, per la prima volta dalla sua fondazione nel 1922, un feature article di un docente di un’università italiana, Roberto Verganti, ordinario di Gestione dell’innovazione al Politecnico di Milano. In Innovating through design Verganti esplora i processi manageriali con cui Alessi, Artemide e altre imprese del sistema-design italiano, innovando radicalmente il valore simbolico ed emozionale dei prodotti, sono riuscite a ridefinire il senso degli oggetti e, nonostante la limitata dimensione, a creare brand di valore globale. Un fatto che in Italia costituisce una prassi tacita diffusa, quasi scontata ma che all’estero risulta un segreto incomprensibile. La ricerca di Verganti sfata alcuni luoghi comuni: -Il design italiano non è stile, ma significato. Le aziende non vincono semplicemente grazie allo stile o alle pure caratteristiche estetiche dei prodotti. Il loro successo risiede nella capacità di reinventare completamente il significato degli oggetti. La lampada Metamorfosi di Artemide, ad esempio, non è una “bella” lampada, ma una macchina che produce luce per migliorare il benessere psicologico ed emotivo delle persone. In altre parole il loro approccio all’innovazione è radicale e profondo, non incrementale e limitato alla forma dei prodotti. -Il design italiano non insegue i bisogni del cliente, ma ne crea i sogni. Proprio perché mirano a un’innovazione radicale, queste imprese non partono dal cliente per fare innovazione. Al contrario degli approcci tanto in voga nei paesi anglosassoni, esse non chiedono al cliente cosa ha bisogno e non cercano di soddisfarne le necessità immediate. I clienti infatti raramente sanno immaginarsi prodotti radicalmente innovativi: si limitano a chiedere miglioramenti in ciò che conoscono. Queste imprese invece fanno “proposte”, creano nuovi significati che prima non esistevano, talvolta perfino disorientando inizialmente i clienti, per poi conquistarli. -Il design non è creatività, ma ricerca. La capacità di fare proposte di successo non è il risultato di improvvisi e immediati lampi creativi ma di lunghi processi di ricerca sui sogni e i desideri delle persone. Nonostante l’immaginario collettivo rappresenti queste imprese come colme di creativi intenti a produrre ogni giorno migliaia di idee curiose, esse sono in realtà luoghi di ricerca, con i loro ritmi (spesso di anni) e la loro riflessività. -Il design italiano non sono solo i nostri designer, ma anche e soprattutto i nostri produttori. Sono loro che guidano questi processi di ricerca. Ciò che fa la differenza è la loro capacità di definire il percorso di innovazione, di identificare i designer e i professionisti giusti con cui collaborare, di attrarli da tutto il mondo, di mettere in campo le capacità tecniche dell’impresa, di comunicare con il mercato. Insomma, al contrario delle opinioni diffuse, il successo del design italiano è in realtà il successo del management del nostro Paese. L’attenzione della comunità scientifica internazionale testimonia che in Italia sono presenti nuclei di eccellenza, sia nelle imprese che nelle università. Nuclei da cui è possibile partire per riavviare la crescita industriale del Paese. Roberto Verganti è ordinario di Gestione dell’innovazione presso il Politecnico di Milano, dove insegna alla School of Management e alla Facoltà del Design. È direttore dell’Alta Scuola Politecnica, la scuola per talenti fondata dai Politecnici di Milano e di Torino, e Direttore di MaDe In Lab, il laboratorio di formazione avanzata su marketing, design e innovazione del MIP-School of Management dell’ateneo milanese. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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