Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
L’Italia è uno dei Paesi più avanzati in materia di economia circolare. Nel settore delle costruzioni però il ritardo è forte e c’è ancora molto da fare per il recupero e il riuso dei rifiuti da C&D. Le proposte della federazione aderente a Confindustria. Intervista ad Antonio Buzzi, coordinatore della commissione Ambiente ed economia circolare.Si fa un gran parlare anche qui da noi di economia circolare, di necessità cioè di “chiudere il cerchio”, secondo la definizione coniata tanti anni fa da Barry Commoner, biologo ed ecologo statunitense, pioniere del movimento ambientalista americano e mondiale. Chiudere cioè il cerchio che mette in relazione continua le risorse ambientali, la loro trasformazione e il loro riutilizzo. Oltre a parlarne c’è chi l’economia circolare la pratica quotidianamente nell’impresa, nella società, nel propri comuni. Tanto che secondo l’Enea e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel confronto tra le cinque più importanti economie europee, dati alla mano, la performance dell’economia circolare dell’Italia risulta essere la migliore, superando nell’ordine Regno Unito, Francia, Germania e Spagna. Il tutto è certificato dal gruppo di lavoro Circular Economy Network e contenuto nel Rapporto sull’economia circolare in Italia 2019. Economia circolare e settore delle costruzioni Un settore che avrebbe un gran bisogno di mettere in pratica i concetti dell’economia circolare per il numero di risorse naturali messe in gioco è certamente quello delle costruzioni, in tutte le sue differenti filiere produttive. A cominciare da quello che tutti i giorni sforna tonnellate di cemento, ingrediente fondamentale per la produzione del calcestruzzo, che è ancora di gran lunga la tecnologia più utilizzata per realizzare case, ponti, viadotti e infrastrutture in genere. Da qualche tempo, anche Federbeton, la federazione delle otto associazioni (Aitec, Atcap, Assiad, Compaviper, Assoprem Assobeton, Aci Ic e Ucomesa) è impegnata sul tema della circular economy. Ad Antonio Buzzi, coordinatore della commissione Ambiente ed economia circolare di Federbeton e direttore operativo della Buzzi Unicem, una delle più importanti società del settore, abbiamo rivolto alcune domande per conoscere cosa stanno facendo i produttori di cemento e la federazione di cui Buzzi fa parte e quali sono le prospettive e i limiti entro cui le imprese, oggi, stanno operando. Antonio Buzzi A proposito di economia circolare: intervista ad Antonio Buzzi In Italia si fa fatica ad avere informazioni sui flussi di materia che attraversano il settore delle costruzioni. Un limite che vale anche per la produzione e il riutilizzo degli scarti della produzione edilizia e che impedisce di mettere in campo le azioni più opportune per il decollo dell’economia circolare. Chi dovrebbe realizzare quel sistema di monitoraggio da molti auspicato? Che cosa sta facendo Federbeton per quantificare nel modo più puntuale possibile l’entità del fenomeno? «La ragione dell’incertezza risiede nella non completa tracciabilità dei flussi, causata in parte dall’applicazione della normativa e in parte dal cosiddetto sommerso, che si stima essere consistente soprattutto in alcune zone del Paese. Sarebbe dunque opportuno attivare a livello nazionale un sistema di monitoraggio della produzione e gestione dei rifiuti da C&D gestito dalle amministrazioni competenti, che abbia le identiche metodologie utilizzate per gli altri flussi di rifiuti, come ad esempio gli urbani e gli speciali. Federbeton è impegnata nella raccolta dei dati relativi alla sostenibilità del settore. In tale direzione si sta lavorando alla realizzazione di un database di filiera che dia indicazioni sul recupero di materia, sull’utilizzo di combustibili alternativi, sulle emissioni e su altri indicatori che possano dare la misura del contributo della filiera all’economia circolare». La federazione sostiene la necessità di accrescere la cultura del riciclo a livello nazionale. Quali strumenti occorre mettere in campo? Quali aggiornare? Perché, secondo Federbeton, in Italia si fa ancora fatica ad accrescere tale cultura? «L’attesa emanazione del decreto end of waste dei rifiuti inerti, ancora all’esame del ministero dell’Ambiente, potrebbe offrire una soluzione interessante: fornirebbe regole certe e omogenee sul territorio nazionale per la cessazione della qualifica di rifiuto. A livello locale permangono, infatti, incertezze autorizzative e divergenze di interpretazioni normative da parte degli enti competenti, come ad esempio la corretta interpretazione circa l’autorizzazione per il recupero degli aggregati, se semplificata o ordinaria. Tutto ciò ingessa il sistema e non consente di applicare i principi di circolarità. Un sostegno concreto allo sviluppo del mercato degli aggregati riciclati potrebbe arrivare dagli incentivi di carattere fiscale o da altri meccanismi premiali. Esemplare è il caso del comune di Bologna, che ha previsto nel proprio regolamento edilizio incrementi dei volumi nel caso in cui si utilizzino aggregati riciclati nei materiali impiegati per le strutture da realizzare». Come sviluppare la demolizione selettiva e le filiere di differenziazione? Che rapporto servirebbe instaurare tra i produttori e le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni? «Ci sono difficoltà legate alle tecniche di demolizione applicate. In Italia prevalgono le micro-demolizioni, che di fatto contaminano il calcestruzzo con vetro, mattoni o intonaci. Ne risulta un materiale non adatto a un utilizzo strutturale, ma solo a riempimenti e sottofondi. Per l’uso strutturale l’aggregato dovrebbe essere costituito per almeno il 90% da calcestruzzo. Demolizioni selettive o filiere di vera e propria differenziazione dei C&D restano le sole soluzioni percorribili. Il nuovo pacchetto di direttive sull’economia circolare, che dovrà essere recepito dagli stati membri entro il 2020, contiene delle previsioni per la demolizione selettiva. Per le imprese di demolizione che dovranno poi implementarla, dovranno essere previsti percorsi formativi ad hoc». Cosa ne pensa della proposta di un sovraprezzo dei calcestruzzi realizzati con aggregati riciclati dai rifiuti C&D? «Gli aggregati riciclati da rifiuti da costruzione e demolizione sono di difficile reperimento e spesso è necessario spostarsi di centinaia di chilometri dall’impianto produttivo per approvvigionarsene. In molti casi, i centri di riciclo sono così lontani da risultare antieconomici, a differenza delle cave che generalmente sono a poca distanza dalla centrale di betonaggio e dal cantiere. La situazione peggiora in caso di calcestruzzi per usi strutturali, per i quali l’aggregato riciclato deve provenire dalle demolizioni di solo calcestruzzo e deve rispondere ai requisiti previsti dalla norma Uni En 12620. Gli impianti in grado di soddisfare questi vincoli e di fornire, quindi, aggregati riciclati idonei sono ancora pochi. È necessario pertanto pensare a forme di incentivazione del mercato che portino a una circolarità dell’economia, come ad esempio estendere il requisito green alla totalità dei bandi, non solo a quelli pubblici. Per questo si potrebbe pensare di inserire delle voci di sovraprezzo, combinate a un uso minimo di riciclato all’interno della miscela calcestruzzo, che coprano i maggiori oneri economici. Si tratterebbe di un incremento da rivedere periodicamente, in base alle risposte che darà il mercato. Sarà possibile sospenderlo quando gli impianti di riciclo di rifiuti C&D aumenteranno, grazie anche al recepimento delle nuove direttive sull’economia circolare, che prevedono l’obbligatorietà della demolizione selettiva». Quale ruolo, nell’economia circolare delle costruzioni, ha e potrebbe avere il Bim? «Il Bim e, più in generale, la digitalizzazione delle costruzioni sono tra le sfide più entusiasmanti che le imprese stanno abbracciando. La gestione digitale del cantiere garantisce la massima tracciabilità delle informazioni e quindi dei materiali utilizzati all’interno dell’opera. Grazie all’applicazione di modellizzazioni digitali è possibile, a fine vita, conoscere l’esatta posizione e le caratteristiche dei materiali, facilitando la demolizione selettiva, il recupero e il riciclo». Quante sono le imprese del settore della produzione del calcestruzzo impegnate concretamente nell’introduzione dei principi dell’economia circolare? «Tutta la filiera è impegnata nella promozione dei principi dell’economia circolare. Diverse sono le iniziative intraprese in questa direzione. L’ultima in ordine di tempo è l’ingresso della federazione in Icesp (Italian circular economy stakeholder platform; iniziativa avviata da Enea con l’istituzione della piattaforma italiana degli attori per l’economia circolare; nda) per promuovere le buone prassi e la simbiosi industriale. All’interno di Icesp, noi di Federbeton contribuiamo alle attività di due gruppi di lavoro». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento