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Le smart city sono anche resilienti e sicure. Per diventarlo servono modelli condivisi, a livello nazionale, spiega Mauro Annunziato, direttore divisione Smart Energy ENEA Indice degli argomenti: Smart city e coronavirus: come devono essere ripensate le città? Smart city: quali sono le infrastrutture necessarie per città intelligenti e resilienti? Smart Italy Goal: quali sono i fattori abilitanti che possono renderlo fattibile? Smart energy e resilienza: perché sono essenziali le comunità energetiche? L’emergenza coronavirus ha messo in luce la necessità di puntare al modello smart city. Lo sottolinea Mauro Annunziato, direttore divisione Smart Energy ENEA e co-coordinatore European Joint Programme Smart Cities. «Ciò che questo periodo ha evidenziato è che la crisi innescata dalla pandemia viene affrontata decisamente meglio dalle città, dalle imprese e dagli stessi cittadini che hanno una propensione sviluppata alla digitalizzazione. Così oggi si sta scoprendo una nuova dimensione: la resilienza digitale». Tutte le strutture che hanno messo in atto da tempo un’organizzazione digitale, hanno decisamente dimostrato di avere una maggiore capacità di superare le criticità. «In termini di città, questo vuol dire che se ogni servizio urbano fosse dotato di sistemi di monitoraggio di tutti i dati che raccoglie e li mettesse in comune con un sistema superiore, denominato Smart City Platform, capace di raccoglierli e organizzarli, trasmettendoli per trasformarli in servizi, permetterebbe di coordinarli al meglio». L’Agenzia nazionale ha formulato un modello di città del futuro con soluzioni e strumenti tecnologici per abitazioni e ambiente urbanoE a livello orizzontale ha sviluppato una piattaforma ICT di integrazione, denominata Smart City Platform, in grado di connettere tutti i servizi urbani alla piattaforma di distretto e di integrare i prototipi e le soluzioni innovative realizzate. Smart city e coronavirus: come devono essere ripensate le città? Lo stesso Annunziato ribadisce come sarebbe opportuno, oggi più che mai, lavorare a un modello coordinato di smart city a livello nazionale per rispondere al meglio non solo all’emergenza attuale, quanto ad affrontare opportunamente ulteriori situazioni critiche che inevitabilmente potranno sorgere nel futuro: «ci conforta pensare che l’idea di installare infrastrutture IT in grado di raccogliere e condividere i dati sarebbe una misura ideale non solo per affrontare emergenze e criticità, ma per far funzionare al meglio il tessuto urbano ed extraurbano. Un esempio: se in una città ci fosse la possibilità di avere il quadro di tutti gli spostamenti delle persone, garantendone la privacy, si potrebbe vedere immediatamente la bontà delle misure messe in atto per contenere l’emergenza coronavirus e reagire di conseguenza nelle aree specifiche dove non venisse rispettata». Questo potrebbe essere utile anche nel caso in cui un’utility che gestisce un servizio urbano, come il monitoraggio della mobilità, sia in grado di raccogliere i dati in tempo reale e li trasmetta a una infrastruttura superiore: così sarebbe possibile svolgere delle analisi mirate altrimenti impensabili e creare la base per ottimizzare altri servizi urbani, per esempio l’illuminazione pubblica, grazie alla conoscenza dei flussi di traffico, ottenendo un risparmio energetico ed economico rilevante. «Questa infrastruttura di coordinamento non è pensabile sia sviluppata in modo autonomo da ogni città con uno standard proprietario, perché altrimenti si creerebbero molteplici isole smart. Il progetto portato avanti da ENEA, Smart Italy Goal intende generare delle specifiche di standard a livello nazionale, cui devono attenersi le città e realizzare di conseguenza infrastrutture dedicate. Quest’iniziativapensata per migliorare l’impatto ambientale e ottimizzare, riducendolo sensibilmente, il costo economico di determinati servizi, oggi evidenzia un’ulteriore dimensione e utilità: quella riguardante la sicurezza e la resilienza urbana». Smart city: quali sono le infrastrutture necessarie per città intelligenti e resilienti? «Innanzitutto servirebbero delle fondamenta solide per costruire smart city. Nel caso, sono proprio queste piattaforme di scambio dati, infrastrutture digitali che ricevono dati e li rimettono a disposizione di altri». Le Smart City Platform dovrebbero essere adottate da ogni città italiana. «Il problema è proprio superare il localismo e ragionare in ottica coordinata e uniforme. Quindi, servirebbe un’unica piattaforma software cui ogni città fa convergere i propri dati». Si potrebbero pensare bandi nazionali, o quanto meno regionali, per creare infrastrutture coerenti tra loro, riutilizzando il software, potendo così fare comparazioni tra città. La proposta che ENEA si fa portatrice è proprio questa, avendo definito tutte le specifiche necessarie perché queste infrastrutture possano essere aperte, comunicabili, standardizzate. Sono state messe a punto in sinergia con un network internazionale (IES Cities Framework) coordinato dal NIST – National Institute of Standards and Technology degli USA. Ora occorre però una decisione nazionale. La logica non è trasformare dall’oggi al domani tutte le città, facendole diventare smart, perché non sarebbe verosimile. Lo è invece mettere a punto oggi queste infrastrutture digitali obbligando le città, ogni volta che svolgono un intervento a livello urbano, di porre a fattore comune le specifiche e i principali indicatori. Il costo di attuazione si riduce drasticamente. Per esempio: se una città dà in gestione il servizio rifiuti o l’illuminazione pubblicaper contratto dovrebbe inserire la clausola di inviare i dati quotidianamente alla piattaforma. Altrimenti per tutta la durata del contratto non sarà possibile farlo, con i ritardi conseguenti di uniformazione. Smart Italy Goal: quali sono i fattori abilitanti che possono renderlo fattibile? Innanzitutto, coinvolge attori di rilevanza nazionale: Anci, Confindustria Nazionale, Agenzia per l’Italia Digitale, Consip, gestore di appalti nazionali, e l’Agenzia per la Coesione territoriale. Quest’ultima, in particolare, è una istituzione particolarmente preziosa in quanto amministra e governa i fondi infrastrutturali europei. Oggi vengono offerti numerosi fondi UE alle città che spesso vengono usati con finalità smart city, ma con soluzioni parziali, non aperte, “locali” non standardizzate a livello nazionale. Se venissero orientati in modo consapevole, ci sarebbe la possibilità di contare su stanziamenti mirati ed efficaci. C’è poi il ruolo essenziale svolto dal Ministero per lo Sviluppo economico che, attraverso il programma Ricerca di sistema (fondo alimentato da una quota minima prevista nella bolletta elettrica) ha finanziato il progetto che ha messo a punto le specifiche delle smart city platform, consentendo di mantenere le risorse economiche fino alla fine del 2021. Costruire città intelligenti e resilienti richiede tempi lunghi e implica costi Ma all’interno della task force del progetto citato ci sono molte parti interessate a questo tema che potrebbero aiutare a rendere possibile e sostenibile questo percorso. Smart energy e resilienza: perché sono essenziali le comunità energetiche? C’è una trasformazione in atto, a livello europeo, introdotta con la direttiva RED 2 che ha promosso l’idea di comunità energetiche flessibili nel modello di produzione energetica da fonti rinnovabili. Il problema attuale nell’infrastruttura energetica è l’enorme oscillazione della fonte energetica durante la giornata. Ci si è resi conto negli ultimi anni che uno dei valori più importanti oggi è la flessibilità, ovvero la possibilità di fruire in maniera elastica dell’energia, per esempio contando sulle smart grid. La RED 2 ha messo in luce la necessità di avviare comunità energetiche, che in un vicino futuro renderanno possibile lo scambio energetico tra cittadini, aumentando notevolmente l’autoconsumo e appunto la flessibilità, la chiave per contare sulla resilienza del sistema energetico. La rivoluzione che ci predisponiamo ad assistere è un sistema condiviso e democratico, oltre che più elastico, in grado anche di abbattere i costi delle tecnologie necessarie per la produzione. La comunità di energia rinnovabile potrebbe essere il driver di una rivoluzione energetica anche nei comportamenti d’uso, favorendo così una maggiore efficienza energetica. Come ENEA, nel progetto sopra citato stiamo sviluppando la piattaforma LEC (Local Energy Community) che verrà applicata in un area di Bologna nel progetto GECO (Green Energy Community). Essa serve proprio a permettere a fattor comune lo scambio energetico nella comunità e a creare una maggiore consapevolezza per la gestione e riduzione dei consumi da parte dei cittadini. La tecnologia che sta dietro a questa piattaforma è basata su blockchain e smart contract, sistemi che rendono possibile fare queste transazioni in modo agevole, automatico e sicuro. Gli ambienti domestici, provvisti di sistemi smart home, consentono di trasmettere i dati a un sistema superiore, fornendo il supporto necessario per risparmiare energia e utilizzarla al meglio, contando anche a una maggiore sicurezza. Tutto questo sarà innescato sul mercato da una disposizione che riguarda gli smart meter 2.0, ovvero di seconda generazione per elettricità, gas e acqua. 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