Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Final Wooden House è un’architettura in legno libera e spontanea, anarchica. Rifiuta le gerarchie classiche degli spazi, a favore di una flessibilità d’uso istintiva e mutevole. Il futuro primitivo secondo Sou Fujimoto a cura di Arch. Emanuele Meloni Indice degli argomenti: Lo spazio primitivo: la caverna e il nido Lo spazio umano Lo spazio climatico Lo spazio emotivo Architettura in legno e l’anarchia dello spazio Final Wooden House è il progetto per un concorso, giudicato vincitore all’unanimità da una giuria presieduta da Toyo Ito. Progettata dall’architetto giapponese Sou Fujimoto e realizzata nel 2006 a Kumamura (Giappone), è una casa in legno anomala, ben distante dai classici modelli di abitazione. Travi di cedro sono sovrapposte in modo apparentemente casuale a formare scorci visivi e spazi vuoti che aspirano a diventare nuovi, istintivi, luoghi dell’abitare. Il ritorno alle origini del costruire. Wooden House evoca antichi modelli dell’abitare umano, un viaggio attraverso il tempo tra l’archetipo della capanna in legno e le prime strutture a tronchi sovrapposti. Qui si viene a creare una sorta di tempo intermedio, un’artificiosa realtà mediana dove la figuratività del Blockbau si sposa con la disordinata e istintiva bellezza della capanna primitiva. Un monolite in legno, creato dal fato: una massa di tronchi piovuta dal cielo e accatastati secondo l’ordine dettato dal caso. Un assemblaggio casuale di pezzi alla ricerca di una funzione. Un’architettura senza architetti, effimera e spontanea, generata dall’istinto più che dalla conoscenza tecnica. Un costruzione primordiale, naturale prodotto della storia, per necessità e gioco. Un ambiente che si modella impulsivamente seguendo stimoli e bisogni. Questo è il futuro primitivo, secondo Sou Fujimoto. Lo spazio primitivo: la caverna e il nido Final Wooden House si inserisce, insieme a “House N”, “House NA” e la “Casa del futuro primitivo” in quel filone di ricerca e sperimentazione che Sou Fujimoto ha condotto fin dagli albori della professione, sul tema dell’abitare, in relazione al rapporto tra l’essere umano ed il suo ambiente naturale. “Volevo creare un’architettura in legno definitiva”, una piccola casa, una capanna in legno arcaica, primordiale: “un’architettura primitiva e, al tempo stesso, nuova”. Nido o caverna? – Sou Fujimoto, Futuro Primitivo Sou Fujimoto prende a riferimento due archetipi abitativi spingendosi agli albori della civiltà umana: il nido e la caverna. Essi, infatti, “sono entrambi stati primordiali dell’architettura, ma opposti…un nido può essere descritto come un “luogo funzionale” organizzato in modo ospitale… una caverna non è funzionale ma è euristica.” In altre parole, mentre il nido rappresenta un artificio messo in scena come soluzione (tecnica) ad un problema (abitativo), la caverna è creata dalla natura e già esistente. Ed è proprio qui che si realizza la materializzazione di uno luogo stimolante e mai banale: cavità e convessità si alternano in modo casuale, creando spazi inattesi che possono mutare funzione secondo le esigenze. Un incavo può trasformarsi in luogo per riposare, per poggiare un libro, sedersi o mangiare qualcosa. È l’uomo che vive lo spazio a immaginarne l’uso, in modo spontaneo e istintivo. Il nido può essere identificato con la capanna primitiva in legno, funzionale e tecnicamente semplice. “Piuttosto che nidi, penso che in futuro l’architettura dovrebbe comprendere luoghi simili a caverne…È precisamente una caverna artificiale e trasparente che indica le possibilità per l’architettura futura”. Una casa, una città, un giardino. Schizzo concettuale, Sou Fujimoto Final Wooden House, unisce in sé gli aspetti sia del nido che della caverna. Tecnicamente costruita come un nido, composizione apparentemente casuale ma ordinata di pezzi di legno, per rispondere alle esigenze abitative umane, ha la spazialità interna tipica della grotta: cavità e sporgenze generano spazi inattesi in continuo e spontaneo mutamento funzionale. Lo spazio umano L’uomo è gesto costruttivo e unità di misura della costruzione. La trave, come una costola suddivide lo spazio eterogeneo in livelli secondo le proporzioni umane. La misura base di 350 mm delle assi in legno è utilizzata per dimensionare l’ambiente e ricavarne, attraverso una manipolazione di vuoti e pieni, oggetti, accessori, spazi abitabili. Così l’altezza di 350 mm per una sedia, due volte (700 mm) per un tavolo, mezza (175 mm) per i gradini della scala. Final Wooden House_credit_SFA I luoghi geometrici o spazi dell’abitare hanno così la massima flessibilità. Posso, infatti, mutare secondo le specifiche esigenze dell’utente. Lo spazio climatico Sou Fujimoto, insieme a Kengo Kuma, Sanaà, Shigeru Ban, Toyo Ito, Ft Architects, s’inserisce in quel campo di progettazione molto legata alla tradizione costruttiva giapponese, risultato di una felice simbiosi tra natura e architettura, materiali e tecniche costruttive. Una visione completa del pensiero ambientale ce la dà il filosofo nipponico Tetsuro Watsuji (1889-1960), con il suo libro più famoso “Fudo” (vento e terra), scritto nel 1935: “Uso il termine giapponese fūdo 風土, “vento e terra”, per riferirmi al clima, ai fenomeni atmosferici, agli aspetti geologici, al tipo di terreno e alla sua conformazione, al paesaggio di una certa regione geografica”. Egli critica il primato del singolo e dell’ego e, rilevando dei limiti nel pensiero Heideggariano, espande la dimensione del tempo ad abbracciare lo spazio, permettendo all’uomo di uscire dall’isolamento dell’individualismo occidentale (Nietzsche, Heidegger, Kierkegaard). Così facendo, emerge la dimensione collettiva dell’uomo e assume sostanziale importanza il contesto naturale, l’ambiente: “il clima è un modo in cui l’essere umano comprende sé stesso”. Lo spazio è per Watsuji non un vuoto o un posto definito da coordinate cartesiane, bensì un luogo fisico con tangibili caratteristiche climatiche, paesaggistiche e topografiche. Fudo è l’ambiente in cui natura e uomo intrecciano relazioni sociali. Wooden House, veduta esterna Wooden House si inserisce con discrezione nel paesaggio naturale, creando una continuità sensoriale-emotiva delle relazioni spaziali, un ponte tra uomo e natura, prodotto dalle condizioni climatiche locali (Genius loci). Site Plan Wooden House, credit_SFA Tutti principi questi che l’uomo fin dai tempi antichi, conosceva e sfruttava a suo vantaggio per costruire le sue dimore, in epoca remota, prima dell’avvento dell’architettura e degli architetti. Come i trulli pugliesi, la yurta mongola, le case-grotta della Cappadocia (Turchia), le Pagode giapponesi. E che oggi vengono racchiusi sotto il nome di architettura bioclimatica. Lo spazio emotivo In pianta, la struttura composta da blocchi di cedro sovrapposti e accatastati, appare come un quadrato di 4,2 x 4,2 metri. Un monolite in legno partorito dalla foresta e scavato dal lento fluire del tempo. Final Wooden House, piante (credits SFA) Final Wooden House, prospetti (credits SFA) La scansione ritmica, matrice compositiva e generatrice, è ovunque – sia in pianta che in sezione – impostata sulla misura della trave, modulo base dell’edificio, ed equivalente a 350×350 millimetri. Le travi in legno sono unite strutturalmente – sia in senso verticale che orizzontale – con elementi metallici quali barre filettate e bulloni. La costruzione lignea poggia su una piattaforma in calcestruzzo alta 35 cm che la tiene sollevata dal terreno per 20 cm. La luce invade lo spazio da direzioni multiple – dall’alto e da ogni lato – ma con pacatezza, creando curiose combinazioni di luminosità cha variano nei diversi luoghi abitabili. Final Wooden House, sezione (credits SFA) Lo spazio permette ampia flessibilità di utilizzo e adattamento alle esigenze del momento. Di base esiste un bagno e cucina al piano terra e una camera da letto al primo piano. Ma le moltitudini di vuoti e pieni possono all’occorrenza rivelarsi ambienti imprevisti. Final Wooden House: le sezioni mostrano le mutazioni spaziali Lo spazio, così modellato, diventa esperienza sensoriale. L’utente si ritrova catapultato in una dimensione a lui familiare, ma libera e selvaggia, spontanea, emotiva. I confini della casa tradizionale si fanno evanescenti e sfumano in giochi di volumi sospesi e inaspettati, incerti, ma pulsanti e vivi. I vuoti ai vari livelli diventano luoghi da occupare, in continuo mutamento che stimolano la curiosità e l’esplorazione dell’essere umano, a volte bambino, a volte primitivo abitante delle foreste: “L’architettura che è come una foresta è un tipo di architettura ideale”. Architettura in legno e l’anarchia dello spazio Questo bungalow, come lo definisce Fujimoto, non può essere considerato architettura in legno, ma “è il legno stesso che trascende la convenzione architettonica per diventare direttamente un luogo per gli umani”. Un architettura primordiale, che ha origine prima ancora che dell’esistenza stessa dell’architettura. Un’architettura libera e spontanea, indifferenziata, anarchica. Non esistono gerarchie funzionali né categorizzazioni di pavimenti, pareti e soffitti: un luogo pensato come pavimento si trasforma in sedie, soffitti e pareti secondo le prospettive. Le persone scoprono lo spazio e gli attribuiscono le funzioni secondo la fantasia istintiva del momento. Qui, le regole convenzionali dell’architettura sono annullate. Non esiste un piano né un punto di stabilizzazione. Questo è possibile solo perché il legno è così versatile. Forse è possibile solo con il legno essere contemporaneamente l’isolamento e la struttura, la finitura e i mobili. Grazie alla natura costruttiva di Final Wooden House – composta da blocchi di legno anziché da lastre -, è stato possibile creare questa condizione indifferenziata. La natura poliedrica del legno è evidente nelle strutture, come colonne e travi, parete esterna, parete interna, soffitto, pavimentazione, isolamento, mobili, scale e infissi. “Suppongo che se il legno è davvero poliedrico, al contrario dovrebbe essere possibile creare un’architettura che soddisfi tutte le funzioni con un processo, e con un modo di usare il legname. È un’inversione di versatilità. Da ciò ha origine la nuova architettura che mantiene una condizione indifferenziata dell’intero armonizzata prima che la funzione e il ruolo subissero mitosi”. Bibliografia: Fanny Léglise, «Sou Fujimoto», L’Architecture d’Aujourd’hui, n°380, nov.-déc. 2010 Heidegger M., Essere e tempo, 1927 Kaye Geipel, Das elementare Holzhaus, Bauwelt 39-40, 2009 May J., Architettura senza architetti. Guida alle costruzioni spontanee di tutto il mondo, Rizzoli, 2010 Marc-Antoine Laugier, Saggio sull’architettura, Aesthetica, 2012 Salvator-John Liotta, Architecture and Nature in Japan: Nishizawa, Kuma e Fujimoto, Agathòn, 2017 Sou Fujimoto, Future Primitive, INAX-Shuppan, 2008 Sou Fujimoto, Architecture works 1995-2015, Toto, 2015 Sou Fujimoto 2003-2010, El Croquis n°151, 2010 SFA – Sou Fujimoto Architects Watsuji Tetsuro, Vento e terra. Uno studio dell’umano, 1962 Consiglia questo progetto ai tuoi amici Commenta questo progetto