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Una delle problematiche connesse al metodo del telaio equivalente: l’insorgere di sollecitazioni indesiderate nei maschi murari Indice degli argomenti: L’utilizzo degli elementi monodimensionali nella modellazione delle strutture in muratura Le sollecitazioni “indesiderate”: cause e possibili rimedi Premessa Lo studio delle strutture in muratura rappresenta una problematica complessa, in parte per le peculiari caratteristiche del materiale e in parte per l’influenza delle modalità realizzative, che possono fortemente condizionare il comportamento delle strutture stesse. Se questo si può ritenere valido nel caso di fabbricati di nuova realizzazione, lo è ancora di più nel caso di edifici esistenti, ulteriormente penalizzati dal fatto di essere realizzati con materiali le cui proprietà meccaniche sono difficilmente definibili con esattezza. Per queste motivazioni, l’applicazione del metodo degli elementi finiti alle strutture in muratura rappresenta una questione di non semplice soluzione. Attualmente, le metodologie di modellazione possibili in CMP sono due: Modellazione a telaio equivalente; Modellazione al continuo. Il primo metodo consiste nel modellare le varie parti delle strutture in muratura (maschi murari, architarvi, sottofinestre) mediante elementi finiti monodimensionali (tipo beam), opportunamente connessi tra loro. Si tratta di un metodo che si presta bene allo studio di strutture relativamente semplici e regolari, con aperture pressoché allineate. Figura 1 – modello a telaio equivalente Il secondo metodo prevede invece una modellazione della struttura al continuo, mediante elementi finiti di tipo bidimensionale (shell) oppure tridimensionale (brick). Questo secondo metodo è da preferire nel caso in cui sia necessario studiare strutture fortemente irregolari, come ad esempio gli edifici storici, dei quali si possono cogliere in maniera dettagliata alcuni comportamenti specifici. Figura 2 modello al continuo L’aspetto negativo della modellazione al continuo sta in una serie di difficoltà in più, inerenti la calibrazione del legame costitutivo del materiale e la lettura dei risultati ricavati dall’analisi, cui si aggiunge un onere computazionale molto maggiore. Per queste motivazioni, oltre alla semplificazione derivante dal fatto di idealizzare la struttura muraria con elementi monodimensionali, il metodo del telaio equivalente è il più diffuso nella pratica professionale. Ad esso è dedicato il presente articolo, che ha lo scopo di evidenziarne le caratteristiche ed uno tra gli effetti collaterali che insorgono più frequentemente nel suo utilizzo: lo scambio di sollecitazioni tra pareti accoppiate. Tutto questo sarà affrontato utilizzando CMP Murature, il nuovo software di Namirial dedicato alla progettazione delle strutture in muratura. L’utilizzo degli elementi monodimensionali nella modellazione delle strutture in muratura Come precedentemente descritto, il modello a telaio equivalente prevede di schematizzare i maschi murari e le fasce di piano con elementi monodimensionali. A differenza di quello che accade nei telai in calcestruzzo armato, nelle strutture in muratura le sezioni assegnate agli elementi asta sono caratterizzate da uno sviluppo longitudinale considerevolmente superiore rispetto allo spessore. In corrispondenza delle intersezioni (tra maschio murario e fasce di piano, oppure tra maschi murari ortogonali) l’ingombro delle sezioni origina una serie di problemi, con cui è necessario fare i conti in fase di modellazione. Nel caso delle zone di intersezione tra setti murari e fasce di piano, solitamente la soluzione adottata consiste nell’attribuire agli elementi maschio e architrave dei tratti rigidi di estremità, i quali sono considerati infinitamente resistenti. Per schematizzare l’ammorsamento tra pareti ortogonali, invece, in genere vengono utilizzati elementi asta “speciali”, di rigidezza elevata; tale modellazione garantisce una collaborazione nell’assorbimento dei carichi, oltre che un’uniformità di spostamenti verticali tipici delle strutture in muratura, anche se viene realizzata in modo puntiforme, alla base e in sommità dell’elemento. Nelle analisi non lineari, gli elementi asta sono caratterizzati da modelli costitutivi a plasticità concentrata, basati sul comportamento fenomenologico tipico di maschi e fasce, ovvero sui meccanismi di rottura dai quali essi sono generalmente interessati, principalmente a flessione e taglio, condizionati dalla pressoché nulla capacità del materiale di resistere a trazione. Le sollecitazioni “indesiderate”: cause e possibili rimedi Le soluzioni individuate dal metodo del telaio equivalente per risolvere le problematiche connesse alla schematizzazione delle strutture in muratura possono generare sollecitazioni “indesiderate” nei singoli elementi, così definite perché non sempre rappresentative del reale comportamento della muratura. In questo articolo prenderemo in esame una di queste situazioni: le sollecitazioni che insorgono nei setti a seguito della modellazione delle connessioni tra pareti murarie ortogonali. Si è già accennato all’utilizzo nel modello a telaio equivalente di appositi elementi per connettere fra loro i maschi murari: gli elementi architrave, nel caso di pareti allineate separate da aperture, e gli elementi “speciali” utilizzati nell’accoppiamento di setti ortogonali. Questi ultimi, in particolare, sono aste fittizie, dotate di elevata rigidezza e peso proprio nullo. Nella realtà, la connessione fra pareti è strettamente legata al grado di ammorsamento della muratura e dell’efficacia di quest’ultimo. L’impiego di elementi “speciali” è pertanto una semplificazione che nasce dall’esigenza di imporre la continuità fra gli spostamenti verticali dei pannelli collegati; occorre pertanto un controllo accurato sugli effetti da essi generati. Per approfondire meglio questo aspetto, prenderemo in esame due situazioni in cui si incorre frequentemente nella pratica progettuale: setti ortogonali tra loro ma soggetti a carichi verticali statici o azioni orizzontali molto diverse tra loro; setti sullo stesso allineamento nei piani alti di edifici multipiano. La prima situazione si può presentare frequentemente in presenza di solai ad orditura monodirezionale. In questo caso infatti nei bracci rigidi possono nascere momenti flettenti in grado di originare nei maschi murari e negli architravi sollecitazioni non realistiche. Oltre che per carichi statici, le stesse sollecitazioni anomale si possono osservare in setti ortogonali per effetto dell’azione sismica, soprattutto nei casi in cui una parete di grandi dimensioni in direzione del sisma è collegata ad altre ortogonali più piccole. Sempre a causa della presenza dei bracci rigidi, in queste ultime è probabile l’insorgere di azione trazione che determinano la situazione di collasso dell’elemento e possono creare difficoltà alla procedura di soluzione numerica. Una problematica del tutto analoga si presenta nel secondo caso elencato, ovvero nei setti in sommità di edifici con un numero elevato di piani, collegati tra loro da architravi o elementi rigidi. Per effetto dell’abbassamento differenziato delle pareti (funzione della loro dimensione, non sempre determinata da esigenze statiche e della quota di carico applicato a ciascuna di esse) si possono originare sollecitazioni notevoli negli elementi di collegamento e di riflesso anche nei maschi murari stessi. Figura 3 – momenti flettenti ai piani superiori di pareti caricate diversamente e con dimensioni non omogenee Anche in questo caso si tratta di un fenomeno esclusivamente numerico, dato che le deformazioni per i carichi permanenti e pesi propri vengono assorbiti dalla struttura durante le fasi della realizzazione; il loro effetto, pertanto, è molto minore rispetto a quello che emerge dalla modellazione. La presenza delle suddette sollecitazioni “indesiderate” può avere influenza non trascurabile nell’analisi: infatti può causare la formazione di cerniere nei setti, già nei primi passi dell’analisi di pushover, se non addirittura al momento dell’applicazione dei soli carichi verticali. Figura 4 – pareti unite da collegamenti rigidi (in colore azzurro) soggette a trazione in analisi di pushover Nei casi descritti, pertanto, la “ricalibrazione” dei collegamenti è un’operazione altamente raccomandabile al fine di determinare una risposta strutturale complessiva attendibile. Il software di calcolo murature e di analisi strutturale Namirial CMP, che si è sempre contraddistinto per essere uno strumento particolarmente versatile, si conferma tale anche nell’ambito delle murature: l’intervento sulle caratteristiche dei collegamenti si può compiere tramite l’assegnazione di opportuni codici di svincolo nei confronti delle sollecitazioni flettenti, taglianti e torcenti in corrispondenza degli incroci oppure modificando la rigidezza dei bracci, così da impedire o regolare il trasferimento di determinate forze tra un maschio e l’altro. La facilità di gestione consente all’utente di tentare diverse soluzioni, al fine di individuare la modellazione più adatta alla tipologia di struttura. Il risultato ottenuto può essere facilmente controllato visualizzando, ad esempio, le sollecitazioni trasferite dal braccio rigido stesso o i movimenti degli elementi strutturali adiacenti e consentendo al progettista la necessaria consapevolezza delle forze in gioco, delle approssimazioni adottate nello schema numerico e della validità della soluzione adottata. Scopri tutti i dettagli sul software CMP per analisi strutturale e calcolo murature Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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