Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Progettazione, calcolo e dimensionamento, secondo la normativa vigente, del sistema di scarico delle acque reflue: reti, diramazioni e colonne di scarico Indice degli argomenti: Lo scarico delle acque reflue (UNI EN 12056) Componenti dell’impianto di scarico La ventilazione degli scarichi Progetto, calcolo e dimensionamento delle reti di scarico Dimensionamento delle diramazioni di scarico (senza ventilazione) Dimensionamento delle colonne di scarico Collaudo e messa in funzione dell’impianto In un precedente articolo abbiamo trattato il tema dell’impianto idrico, idraulico o idrosanitario domestico, di adduzione e scarico delle acque reflue in generale. Oggi vediamo di addentrarci nella progettazione, calcolo e dimensionamento, secondo la normativa vigente, del sistema di scarico delle acque reflue: reti, diramazioni e colonne di scarico. L’impianto idraulico è quel sistema di condotte e tubazioni che alimentano i servizi igienici del bagno wc, lavabo, bidet, doccia- la lavatrice, il lavello della cucina e la lavastoviglie. Dalla rete pubblica, posta sotto la strada o il marciapiede e, attraverso una rete di tubazioni, valvole e pompe, l’acqua potabile arriva direttamente nella nostra abitazione sia essa casa unifamiliare o appartamento in condominio – per soddisfare i nostri bisogni: da bere o per cucinare, lavare le stoviglie o i vestiti, per l’igiene personale. Da qui, poi la rete di scarico permetterà ai liquami di defluire verso la rete fognaria comunale. Lo scarico delle acque reflue (UNI EN 12056) Gli impianti domestici devono essere progettati a regola d’arte, nel rispetto del DM 37/08 ed in conformità alle norme tecniche armonizzate europee. La normativa di riferimento per gli impianti di scarico delle acque reflue è la UNI EN 12056:2001 (Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Impianti per acque reflue, progettazione e calcolo). La norma, divisa in 5 parti, indica requisiti e prestazioni e fornisce indicazioni per la corretta progettazione e calcolo di impianti per acque reflue e sistemi per l’evacuazione delle acque meteoriche. Oltre a modalità d’installazione, istruzioni per l’esercizio, la manutenzione e l’uso. Le acque reflue si definiscono domestiche se provenienti da insediamenti di tipo residenziale e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche (art.74, D.Lgs n. 152/06). Contaminate dall’uso e solitamente scaricate da WC, docce, vasche da bagno, bidè, lavabi, lavelli e pozzetti a terra, secondo le definizioni date dalla norma UNI EN 12056, possono classificarsi in: Acque grigie: acque reflue provenienti da lavaggi (saponose) Acque nere: acque reflue provenienti dall’organismo umano (che contengono materia fecale o urina) Acque bianche o meteoriche: acque derivanti da precipitazioni naturali Per “Impianti di Scarico” si intende quell’insieme di tubazioni, raccordi e apparecchiature necessarie a ricevere, convogliare e smaltire le acque usate provenienti dagli apparecchi sanitari ad uso domestico. Solitamente le acque bianche vengono convogliate separatamente dai reflui domestici e vanno direttamente nel terreno. Le reti di scarico devono consentire l’evacuazione, rapida e senza ristagni, delle acque di rifiuto verso il sistema di smaltimento esterno. A tal fine si devono realizzare le opportune pendenze e scegliere diametri adeguati per i tubi. Devono inoltre essere resistenti alle sollecitazioni meccaniche, termiche ed alle azioni corrosive dei liquami. È inoltre fortemente raccomandabile utilizzare tubazioni e dispositivi isolati acusticamente onde evitare rumori eccessivi. Numerosi sono i tipi di sistemi di scarico di acque reflue oggi in uso, ma in Europa e anche in Italia, si preferisce dimensionare le diramazioni di scarico – a cui sono connessi i sanitari – supponendo un grado di riempimento pari a 0,5 (50%) con relativa connessione ad un’unica colonna di scarico (Sistema 1 indicato nella UNI EN 12056-2). Questa soluzione tecnica garantisce minori livelli di rumorosità ed evita sensibilmente il rischio di perdita della guardia idraulica dei sifoni. Componenti dell’impianto di scarico Un sistema di scarico all’interno degli edifici è costituito dai seguenti componenti fondamentali: sifone: Dispositivo installato direttamente agli apparecchi sanitari avente lo scopo di impedire il passaggio di cattivi odori mediante tenuta idraulica; diramazione di scarico: Tubazione a sviluppo prevalentemente orizzontale che collega gli apparecchi sanitari ad una colonna di scarico o ad un collettore di scarico; colonna di scarico: Tubazione a sviluppo prevalentemente verticale che convoglia le acque reflue provenienti dagli apparecchi sanitari; collettore di scarico: Tubazione sub-orizzontale, installata a vista all’interno di un edificio o interrata, alla quale sono raccordate le colonne di scarico o gli apparecchi sanitari del piano terreno; colonna di ventilazione: Tubazione prevalentemente a sviluppo verticale, raccordata ad una colonna di scarico, avente la funzione di limitare le variazioni di pressione all’interno di quest’ultima. La colonna di ventilazione può coincidere con la colonna di scarico ma, in tal caso, dovrà essere prolungata oltre la copertura per captare l’aria esterna o essere provvista di una valvola di aereazione. Il sifone, elemento di raccordo tra l’apparecchio sanitario e le tubazioni del sistema di scarico, ha la funzione di impedire la penetrazione dei cattivi odori nell’edificio. La profondità della tenuta idraulica (H) del sifone, ovvero la profondità dell’acqua che dovrebbe essere eliminata da un sifone completamente pieno, prima che i gas ed i cattivi odori a pressione atmosferica possano attraversare il sifone, non deve essere minore di 50 mm. Esistono 3 tipologie standard di sifone per gli apparecchi sanitari domestici: sifone a S (o a collo d’oca) sifone a bottiglia sifone a colonna Un corretto sistema di scarico domestico è composto dal sifone collegato a ciascun apparecchio sanitario, da una rete di tubazioni di diramazione, da colonne e collettori per il deflusso delle acque di scarico e dalla ventilazione che assicura il ricircolo dell’aria. Per il dimensionamento delle tubazioni di scarico, sia primarie – colonna principale, che secondarie diramazioni degli apparecchi, occorre calcolare la quantità di liquido che può attraversare contemporaneamente il sistema nell’unità di tempo. La Portata totale [QT] di una colonna o di un ollettore di scarico è pari alla somma delle intensità di scarico dei singoli utilizzatori per il coefficiente di contemporaneità di utilizzo “K”. Un corretto dimensionamento ed un’opportuna ventilazione di un impianto di scarico esclude la formazione di pressioni e relative depressioni idrostatiche nelle condotte, evitando quindi il riempimento totale di colonne e collettori La ventilazione degli scarichi Le reti di scarico sono soggette a fenomeni di pressioni e depressioni idrostatiche nelle condotte a causa della caduta dei liquami che per gravità spingono verso il basso comprimendo l’aria. Per permettere il regolare funzionamento del sistema ed evitare lo svuotamento dei sifoni degli apparecchi sanitari, occorre che le reti di scarico siano dotate di una ventilazione con l’esterno. La ventilazione delle tubazioni di scarico può avvenire sostanzialmente in due modi: nella stessa condotta di scarico in una colonna autonoma collegata alla condotta di scarico La configurazione più semplice è un’unica colonna dove convergono gli scarichi di tutti gli apparecchi sanitari. Il controllo della pressione nella colonna di scarico è garantito dal flusso d’aria nella colonna di scarico e dallo sfiato della colonna di scarico stessa. In alternativa possono essere utilizzate valvole di aerazione. La norma UNI 12056 individua 4 principali sistemi di scarico della acque reflue, riconducibili a due tipologie impiantistiche: Sistemi a ventilazione primaria: un’unica colonna di scarico che, prolungata oltre il limite del tetto, coincide con la ventilazione. Sistemi a ventilazione secondaria: con apposite condotte di ventilazione, affiancate e collegate direttamente alle colonne di scarico principali. Le colonne di ventilazione devono sporgere oltre la copertura degli edifici: di almeno 30 cm, nel caso di tetti e terrazze non frequentate di almeno 200 cm, nel caso di terrazze frequentate I materiali che costituiscono le condotte e le cappe di ventilazione, devono resistere alla aggressività dei gas di fognatura ed agli agenti corrosivi in generale. Le colonne e i collettori di ventilazione primaria sono da dimensionare con un diametro almeno uguale a quello della colonna di scarico. Progetto, calcolo e dimensionamento delle reti di scarico I sistemi di scarico devono permettere il corretto deflusso delle acque ed il loro convogliamento alla rete fognaria. A tal proposito devono possedere una serie di caratteristiche, come rapidità di scarico, assenza di residui, tenuta idraulica e dei gas, reintegro dell’aria spinta durante il deflusso e soprattutto un corretto diametro delle tubazioni che permettono di evacuare i reflui evitando il riempimento dell’intera sezione. Per progettare un impianto di scarico è necessario conoscere i quantitativi massimi di acque scaricabili dai singoli apparecchi sanitari. Nella UNI EN 12056 -2 vengono indicati i criteri per dimensionare le diramazioni di scarico, le colonne di scarico e i collettori, in funzione delle portate da scaricare in ogni tratto dell‘impianto. Il dimensionamento delle diramazioni di scarico lo si fa presupponendo un grado di riempimento pari a 0,5 con la connessione ad un’unica colonna di scarico. Il metodo di calcolo, valido per tutti i sistemi di scarico a gravità per lo smaltimento delle acque reflue domestiche, prevede il dimensionamento delle tubazioni in base alle utenze e agli apparecchi sanitari da servire. Il diametro dei tubi è funzione della portata di acque reflue (Qww) di acqua – espressa in litri/secondo – che gli stessi devono garantire all’impianto di scarico e si ricava dalla somma delle “unità di scarico” tipiche degli apparecchi (dati dalla normativa), moltiplicati per un coefficiente di frequenza [K] relativo all’uso (per le abitazioni è pari a 0,5). La progettazione di un impianto di scarico prevede le seguenti fasi: Calcolare il carico totale (portata media in l/s) gravante su ogni diramazione di scarico, mediante la somma dei contributi di portata di ogni allacciamento ad essa, tenendo conto della contemporaneità Determinare il carico totale (portata media in l/s) destinata ad ogni colonna di scarico, mediante la somma dei contributi di portata di ogni allacciamento ad essa, tenendo conto della contemporaneità Calcolare il carico totale (portata media l/s) convogliata al collettore di scarico, mediante la somma progressiva dei valori totali d’allacciamento, di tutte le colonne in esso confluenti e tenendo conto della contemporaneità. Condizioni strettamente necessarie per dimensionare le tubazioni che costituiscono il sistema di scarico, è quindi conoscere la portata media di scarico (l/s) degli apparecchi sanitari presenti nel fabbricato. La normativa UNI EN 12056-2 definisce per ogni apparecchio sanitario il relativo valore di portata di scarico. In funzione del tipo e complessità del fabbricato, al valore di Qww calcolato, dovrà essere aggiunto il contributo derivante dall’eventuale presenza di altri apparecchi a flusso continuo (portata continua) o pompe di sollevamento delle acque reflue (portata di pompaggio). Il risultato sarà la portata totale QTOT, misurata in litri al secondo. La capacità massima ammessa per le tubazioni (Qmax) dev’essere il DN minimo ammissibile, corrispondente al valore maggiore tra: portata max di acque reflue calcolata (Qwwmax) o portata totale portata dell’apparecchio con l’unità di scarico (DU) più grande Il deflusso dell’acqua nell’impianto deve avvenire per gravità atmosferica, ne consegue che le acque di scarico scendono per proprio peso. Pertanto, tutte le diramazioni non verticali devono essere disposte con pendenza verso l’efflusso. La pendenza dei collettori deve essere la più uniforme possibile e compresa entro i valori di 1% – 5% la pendenza consigliata è del 2% – in modo da favorire un’autopulizia delle condotte. Il dimensionamento delle condotte deve essere eseguito in modo appropriato onde evitare ostruzioni, emissioni di cattivi odori verso i locali abitati, elevata rumorosità di scarico, ritorni di schiuma. Una sezione sottodimensionata impedisce lo scarico, ma una sezione eccessiva favorisce la formazione di incrostazioni e sedimenti con progressiva riduzione di sezione e possibilità di intasamento. Un diametro appropriato assicura un regolare smaltimento e deflusso delle acque, in grado di permettere un’azione autopulente sulle pareti interne. Dimensionamento delle diramazioni di scarico (senza ventilazione) Le diramazioni di scarico sono quei tratti orizzontali di tubazioni che hanno il compito di convogliare l’acqua di scarico dei sifoni degli apparecchi alle colonne di scarico. I prospetti 4 e 5 della UNI EN 12056, riportano le dimensioni e i limiti di applicazione per diramazioni di scarico senza ventilazione. Se i limiti di applicazione non possono essere rispettati, le diramazioni di scarico devono essere ventilate, salvo nei casi in cui regolamenti e procedure di installazione nazionali e locali autorizzano l’uso di condotti con diametri maggiori o l’installazione di valvole di aerazione. I limiti riportati nel prospetto 5 sono semplificazioni. A sinistra: Prospetto 4, capacità idraulica (Qmax) e diametro nominale (DN). A destra: Prospetto 5, limiti di applicazione del sistema In base al valore della portata totale calcolata possiamo ricavare il diametro nominale DN dei tubi delle diramazioni di scarico che è associato ad una capacità idraulica tipica. Ad esempio, se Qtot= 0,7 l/s, il diametro delle tubazioni sarà pari a 50 mm (di capacità pari a 0,8). Limiti di applicazione per diramazioni di scarico senza ventilazione dei sistemi I II e IV In figura sono riportati i limiti fisici di applicazione per le diramazioni di scarico senza ventilazione. La lunghezza del condotto di diramazione, dall’apparecchio sanitario fino alla colonna di scarico, non deve superare i 4 metri, con un dislivello massimo di un metro a pendenza minima dell’ 1% e non deve avere oltre 3 curve a 90°. Dimensionamento delle colonne di scarico Per colonna si intende la tubazione verticale che attraversa uno o più piani e che ha uno sfiato sopra il tetto. Per garantire una perfetta ventilazione della colonna, la tubazione deve essere dimensionata in base alla quantità d‘acqua prevista al punto più basso. L‘intera colonna deve essere realizzata con questa dimensione e tale sezione del tubo non deve essere ridotta verso l‘alto. Oltre alla dimensione delle tubazioni, ha un ruolo determinante la struttura della braga, ovvero quell’elemento che collega le varie diramazioni orizzontali alla colonna verticale, permettendo la circolazione dell’aria sopra l‘acqua di scarico, evitando la formazioni di tappi e conseguenti cali di pressione. Un’immissione ottimale nella colonna, la si ottiene con braghe da 88,5° ed un angolo di invito a 45°. La braga a 45° a sezione ridotta è da evitare perchè, anche se la formazione di depressione nella colonna risulta minima, in prossimità della diramazione d’allacciamento si forma una chiusura idraulica che provoca aspirazioni sia al sifone dell’apparecchio che scarica sia ai sifoni degli altri apparecchi. Inoltre, l’inclinazione richiede una saldatura aggiuntiva e occupa più spazio rispetto alla braga a 88°1/2. Le colonne di scarico con ventilazione primaria devono essere dimensionate in base alla tabella sottostante (Prospetto 11 della UNI EN 12056-2), dove sono riportate le relative portate di scarico, in funzione del tipo di raccordo utilizzato per collegare le diramazioni alle colonne di scarico. Le colonne di scarico con ventilazione secondaria devono invece essere dimensionate secondo la tabella sottostante (Prospetto 12 della UNI EN 12056-2). La ventilazione secondaria indiretta è caratterizzata da una tubazione supplementare collegata con la colonna di scarico, e dedicata esclusivamente al passaggio di aria dall’esterno. Pertanto, la portata di scarico è di gran lunga superiore rispetto a quella del sistema a ventilazione primaria. Collaudo e messa in funzione dell’impianto Il collaudo dell’impianto idrico si attua attraverso prove e verifiche in corso d’opera (tipicamente su parti di impianto non più accessibili una volta completati i lavori) e prove e verifiche finali. L’installazione deve essere sottoposta alla prova di pressione e individuare eventuali perdite dalle giunzioni pressate, prima di essere murata definitivamente. La prova di pressione deve essere effettuata ad una pressione pari a 1,5 volte quella massima d’esercizio (consigliata 15 bar). La caduta di pressione non deve superare 0,1 bar/ora. Si richiamano le seguenti prove: prova idraulica a freddo (messa in pressione delle reti); prova idraulica a caldo: riguarda le sole distribuzioni centralizzate di acqua calda e riguarda la messa in funzione dell’impianto con temperatura superiore di 10 °C rispetto a quella di esercizio, principalmente al fine di saggiare gli effetti delle dilatazioni termiche sulle tubazioni; prova di circolazione e coibentazione della rete di distribuzione ad erogazione nulla: ha lo scopo di determinare l’entità del raffreddamento dell’acqua lungo le reti di distribuzione; deve effettuarsi nel periodo più freddo dell’anno prova di erogazione di acqua fredda, con spillamento di acqua fredda da tutte le utenze previste dal calcolo, per verifica di portata e pressione; prova di erogazione di acqua calda e verifica della capacità di erogazione di acqua calda, al fine di rilevare se l’acqua calda arriva con la portata e la temperatura prevista, per l’intero tempo di spillamento previsto dal progetto; verifica del livello di rumore, in accordo alle indicazioni del DPCM 5/12/97 max 35 dB) All’atto della consegna dell’impianto la ditta installatrice deve dichiarare la conformità dell’impianto alla norma UNI 9182 a mezzo della compilazione della dichiarazione di conformità che va resa al proprietario dell’immobile e da lui custodita. Per approfondire: D.m. Sanità 5 luglio 1975, Altezza minima e requisiti igienico-sanitari DM 22 gennaio 2008 n.37, Regolamento impianti UNI EN 12056-1:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Requisiti generali e prestazioni UNI EN 12056-2:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Impianti per acque reflue, progettazione e calcolo UNI EN 12056-3:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Sistemi per l’evacuazione delle acque meteoriche, progettazione e calcolo UNI EN 12056-4:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Stazioni di pompaggio di acque reflue – Progettazione e calcolo UNI EN 12056-5:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici– Installazione e prove, istruzioni per l’esercizio, la manutenzione e l’uso Fiori M., Impianti idrico-sanitari, di scarico e di raccolta delle acque nell’edilizia residenziale. Progetto, esecuzione e collaudo, Maggioli, 2018 22/12/2021 Impianto idrico, idrosanitario o idraulico: adduzione e scarico delle acque reflue. Criteri e regole L’impianto idrico, idraulico o idrosanitario domestico, di adduzione o scarico delle acque reflue, deve essere realizzato a regola d’arte, in conformità alle prescrizioni normative. a cura di Arch. Emanuele Meloni Indice degli argomenti: L’impianto idrico: adduzione e scarico. Quadro normativo Raccomandazioni generali L’impianto di adduzione dell’acqua potabile Produzione di Acqua Calda Sanitaria (ACS) Bagno: apparecchi sanitari domestici e rubinetteria Lo scarico delle acque reflue (UNI EN 12056) Componenti dell’impianto di scarico La ventilazione degli scarichi Controllo delle dilatazioni termiche: i compensatori Collaudo e messa in funzione dell’impianto” L’impianto idrico, idraulico o idrosanitario è quel sistema di condutture e tubazioni che alimentano i servizi igienici del bagno (wc, lavabo, bidet, doccia), la lavatrice, il lavello della cucina e la lavastoviglie. Dalla rete pubblica, posta sotto la strada o il marciapiede e, attraverso una rete di tubazioni, valvole e pompe, l’acqua potabile arriva direttamente nella nostra abitazione sia essa casa unifamiliare o appartamento in condominio – per soddisfare i nostri bisogni: da bere o per cucinare, lavare le stoviglie o i vestiti, per l’igiene personale. Da qui, poi, la rete di scarico permetterà alle acque reflue di defluire verso la rete fognaria comunale. Nel sostituire o costruire ex-novo un impianto idrico (o idraulico) è peculiare – onde prevenire e ridurre al minimo gli errori – la conoscenza della normativa tecnica per operare in completa sicurezza. Vediamo le principali norme che regolano i principi di progettazione, installazione e collaudo degli impianti idrici. L’impianto idrico: adduzione e scarico. Quadro normativo Sostanzialmente un impianto idrico domestico è composto due sistemi di tubazioni, atte a garantire: 1. la fornitura di acqua potabile (impianto di adduzione) 2. lo scarico delle acque reflue (impianto di scarico) Sono due sistemi separati. Uno immette nell’edificio l’acqua potabile proveniente dall’acquedotto comunale che permette il funzionamento degli apparecchi sanitari, per lavaggi e da bere. L’altro complesso di condutture è invece dedicato alla fuoriuscita dei liquami di scarto (o acque reflue) ed è diretto verso la fognatura o un impianto di riciclo e riuso dei reflui. Vale la pena ricordare che una parte di queste acque possono essere riciclate attraverso un impianto di recupero e riutilizzo delle acque piovane o meteoriche. Ricordiamo che gli impianti domestici devono essere progettati “a regola d’arte”, nel rispetto del DM 37/08 ed in conformità alle norme tecniche armonizzate europee. Le principali normative di riferimento per gli impianti idrosanitari sono: UNI 9182:2014 – Impianti di alimentazione e distribuzione d’acqua fredda e calda ‐ Progettazione, installazione e collaudo UNI EN 806 – Specifiche relative agli impianti all’interno di edifici per il convogliamento di acque destinate al consumo umano UNI EN 12056:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Impianti per acque reflue, progettazione e calcolo La norma UNI EN 806 “specifica i requisiti e fornisce raccomandazioni sulla progettazione, sull’installazione, sulla modifica, sulle prove, sulla manutenzione e sul funzionamento di impianti per acqua potabile all’interno degli edifici”. La norma UNI 9182 del 2014, specifica i criteri tecnici ed i parametri da considerare per il dimensionamento delle reti di distribuzione dell’acqua destinata al consumo umano, i criteri di dimensionamento per gli impianti di produzione, distribuzione e ricircolo dell’acqua calda, i criteri da adottare per la messa in esercizio degli impianti e gli impieghi dell’acqua non potabile e le limitazioni per il suo impiego. Si applica a impianti di nuova costruzione, a modifiche e riparazioni di impianti già esistenti. Da utilizzare unitamente alle UNIEN 806. La norma UNI EN 12056 del 2001, divisa in 5 parti, indica requisiti e prestazioni e fornisce indicazioni per la corretta progettazione e calcolo di impianti per acque reflue e sistemi per l’evacuazione delle acque meteoriche. Oltre a modalità d’installazione e prove, istruzioni per l’esercizio, la manutenzione e l’uso. Raccomandazioni generali Uno dei principali nemici di un impianto idraulico è il calcare. Il sistema più efficace per eliminare il problema consta nell’installare, prima del contatore, un apposito dispositivo denominato addolcitore. Questo, per mezzo di una serie di filtri, permette il deposito dei sali calcarei contenuti naturalmente nell’acqua. Ogni edificio, abitazione o appartamento deve essere provvisto di una valvola d’arresto (sferica, a saracinesca) che regoli l’approvvigionamento esclusivamente ai locali oggetto d’interesse. Tale valvola di arresto deve, per quanto possibile, essere installata all’interno dell’edificio, in una posizione accessibile al di sopra del pavimento e in prossimità del punto di ingresso della tubazione di approvvigionamento o distribuzione che fornisce l’acqua ai locali. Una valvola di servizio deve essere prevista sul collegamento in entrata alle apparecchiature, per esempio vasi WC, serbatoi di accumulo, scaldaacqua, macchine lavatrici. Non devono essere usati tubi o raccordi contenenti piombo. L’appendice A fornisce un elenco non esaustivo dei materiali accettabili. Tra questi abbiamo rame, materiali ferrosi (ghisa, acciaio zincato e inossidabile) e materiali plastici (PVC, PE-HD, PE-MD, PE-X, PP). Tutti i tubi e giunti devono essere progettati per una durata utile di 50 anni. I tubi non devono essere installati nei seguenti condotti o vani ancora in uso per il loro scopo originario, per esempio: condotti di passaggio fumi; passaggi di ventilazione; vani di ascensori; pozzi per rifiuti domestici. I contatori dell’acqua dispositivi che consente di misurare il volume di acqua erogato ad una utenza – devono essere accessibili per esigenze di lettura e manutenzione, in posizione orizzontale o verticale e protetti da eventuali danni accidentali. Se ubicati in zone soggette al rischio di gelo, devono essere adeguatamente isolati. I contatori dell’acqua devono essere conformi alla Direttiva 75/33/CEE (b) per l’acqua fredda e alla Direttiva 79/830/CEE per l’acqua calda. La norma UNI 9182 raccomanda di installare tutte le tubazioni a vista, o in cassetta; questo rientra nella “filosofia” generale della norma, che prevede la massima accessibilità possibile per facilitare eventuali interventi di manutenzione, riparazione o sostituzioni di parti o elementi. L’impianto di adduzione dell’acqua potabile Per il progetto e dimensionamento della rete di distribuzione, tubazioni e componenti sanitali (miscelatori e riduttori di pressione), esistono due procedure regolate da altrettante normative: • metodo semplificato: UNI EN 806, parte 3 • metodo analitico: UNI 9182 La norma UNI 9182 del 2014, descrive ambo le tipologie, rimandando alla UNI 806 per approfondimenti circa il procedimento semplificato. Entrambi i metodi assegnano agli apparecchi sanitari un’unita di carico (espressa in litri al secondo), la cui somma, corretta attraverso un fattore di contemporaneità (l’erogazione contemporanea di tutti i dispositivi è poco probabile), permette il calcolo della portata di progetto (QD). Si evitano così eventuali problematiche causate da un sottodimensionamento o sovradimensionamento delle rete idrica. Occorre in pratica calcolare la quantità di acqua necessaria a far funzionare correttamente tutte le apparecchiature. Nel caso di edifici residenziali è raccomandato l’utilizzo del metodo semplificato, secondo la procedura contenuta all’interno della norma UNI EN 806 parte 3 del 2008. Tale metodo è applicabile per i comuni impianti domestici, definiti “normalizzati”, ovvero che abbiano le seguenti caratteristiche: con apparecchi sanitari classici, i cui valori delle portate unitarie non superano quelli proposti con utilizzo simultaneo tradizionale, in cui la domanda caratteristica non è superiore a quella descritta dalla curva di contemporaneità non destinati ad un uso continuo di acqua superiore ai 15 minuti Il metodo semplificato prevede la possibilità di ricavare direttamente la dimensione delle tubazioni da due parametri: la portata di carico totale (QT) il materiale dei tubi A partire dall’ultimo punto di prelievo, si determinano le unità di carico per ogni sezione dell’impianto. La determinazione delle portate nei punti di prelievo viene effettuata mediante il prospetto 2 della UNI EN 806- 3. Ad ogni apparecchio è associata una portata unitaria in litri/secondo espressa anche come unità di carico (UC), che corrisponde a 10 volte la portata unitaria. UNI EN 806 – Prospetto 2 – Portate di prelievo e unità di carico delle apparecchiature Iniziando dall’ultimo punto di prelievo dell’apparecchio più distante, vengono determinate le singole unità di carico (UC) per ogni sezione dell’impianto, dalla cui somma si ottiene la portata totaleQT. A questo punto si ricorre alla UNI EN 806:3, che fornisce la dimensione della tubazione da utilizzare in funzione del materiale scelto (acciaio zincato, rame, acciaio inossidabile, PE-X, PP, PB, PVC, Polietilene a media o alta densità), usando le apposite tabelle predisposte dalla normativa (prospetti da 3.1 a 3.8). Produzione di Acqua Calda Sanitaria (ACS) L’impianto idraulico domestico deve essere provvisto di un generatore di calore (caldaia, pompa di calore) che permette di scaldare l’acqua portandola ad una temperatura tale da poter essere utilizzata secondo le varie necessità d’uso. Ad esempio, è utile per la doccia e il lavabo o per il funzionamento dell’impianto termico con terminali che usano acqua come fluido termovettore, come i termosifoni o radiatori, ventilconvettori, o pannelli radianti (a pavimento, parete o soffitto). L’acqua calda sanitaria può essere prodotta con i seguenti sistemi: ad accumulo, istantanei misti in parte ad accumulo e in parte istantanei. Non dimentichiamo che per la progettazione degli impianti di climatizzazione e la definizione del periodo di accensione e durata, è altresì fondamentale conoscere la zona climatica e gradi-giorno della località specifica. Bagno: apparecchi sanitari domestici e rubinetteria La stanza da bagno deve essere progettata e realizzata in maniera conforme ai requisiti igienico-sanitari, definiti dal d.m. Sanità 5 luglio 1975: altezza minima utile almeno pari a 2,40 metri la stanza da bagno deve essere fornita di apertura all’esterno per il ricambio dell’aria o dotata di impianto di aspirazione meccanica di fumi, vapori ed esalazioni se sprovviste di apertura all’esterno è proibita l’installazione di apparecchi a fiamma libera (es. caldaie a camera aperta) Il decreto stabilisce oltretutto che almeno una stanza da bagno – per ciascun alloggio – deve essere dotata dei seguenti impianti igienici minimi: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo. Appendice O della norma UNI 9182: Spazi minimi di rispetto per gli apparecchi sanitari Gli apparecchi sanitari domestici, ossia apparecchi fissi alimentati ad acqua, utilizzati per pulizia o lavaggio – vasche da bagno, docce, lavandini, bidè, WC, orinatoi, lavelli, lavastoviglie e lavatrici devono altresì rispettare spazi minimi di installazione reciproca, dei quali si deve tenere conto in sede di progettazione. L’appendice O della norma UNI 9182 ne riporta gli esempi più significativi. I dispositivi di scarico e troppo pieno sono regolati dalla UNI EN 274. Lo scarico delle acque reflue (UNI EN 12056) Per “Impianti di Scarico” si intende quell’insieme di tubazioni, raccordi e apparecchiature necessarie a ricevere, convogliare e smaltire le acque usate provenienti dagli apparecchi sanitari ad uso domestico. Le reti di scarico devono consentire l’evacuazione, rapida e senza ristagni, delle acque di rifiuto verso il sistema di smaltimento esterno. A tal fine si devono realizzare le opportune pendenze e scegliere diametri adeguati per i tubi. Devono inoltre essere resistenti alle sollecitazioni meccaniche, termiche ed alle azioni corrosive dei liquami. È inoltre fortemente raccomandabile utilizzare tubazioni e dispositivi isolati acusticamente onde evitare rumori eccessivi. Le acque reflue si definiscono domestiche se provenienti da insediamenti di tipo residenziale e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche (art.74, D.Lgs n. 152/06). Contaminate dall’uso e solitamente scaricate da WC, docce, vasche da bagno, bidè, lavabi, lavelli e pozzetti a terra, secondo le definizioni date dalla norma UNI EN 12056, possono classificarsi in: Acque grigie: acque reflue provenienti da lavaggi (saponose) Acque nere: acque reflue provenienti dall’organismo umano (che contengono materia fecale o urina) Acque bianche o meteoriche: acque derivanti da precipitazioni naturali Solitamente le acque bianche vengono convogliate separatamente dai reflui domestici e vanno direttamente nel terreno. Il progetto, calcolo e dimensionamento degli impianti di scarico delle acque reflue funzionanti a gravità, per edifici ad uso residenziale, commerciale e industriale, ha come riferimento la norma UNI EN 12056. Moltissimi sono i tipi di sistemi di scarico di acque reflue oggi in uso, ma In Europa e quindi anche in Italia, si preferisce dimensionare le diramazioni di scarico – a cui sono connessi i sanitari – supponendo un grado di riempimento pari a 0,5 50%– con relativa connessione ad un’unica colonna di scarico (Sistema 1 indicato nella UNI EN 12056-2). Questa soluzione tecnica garantisce minori livelli di rumorosità ed evita sensibilmente il rischio di perdita della guardia idraulica dei sifoni. Componenti dell’impianto di scarico Un sistema di scarico all’interno degli edifici è costituito dai seguenti componenti fondamentali: sifone: Dispositivo installato direttamente agli apparecchi sanitari avente lo scopo di impedire il passaggio di cattivi odori mediante tenuta idraulica; diramazione di scarico: Tubazione a sviluppo prevalentemente orizzontale che collega gli apparecchi sanitari ad una colonna di scarico o ad un collettore di scarico; colonna di scarico: Tubazione a sviluppo prevalentemente verticale che convoglia le acque reflue provenienti dagli apparecchi sanitari; collettore di scarico: Tubazione sub-orizzontale, installata a vista all’interno di un edificio o interrata, alla quale sono raccordate le colonne di scarico o gli apparecchi sanitari del piano terreno; colonna di ventilazione: Tubazione prevalentemente a sviluppo verticale, raccordata ad una colonna di scarico, avente la funzione di limitare le variazioni di pressione all’interno di quest’ultima. La colonna di ventilazione può coincidere con la colonna di scarico ma, in tal caso, dovrà essere prolungata oltre la copertura per captare l’aria esterna o essere provvista di una valvola di aereazione. Il sifone, elemento di raccordo tra l’apparecchio sanitario e le tubazioni del sistema di scarico, ha la funzione di impedire la penetrazione dei cattivi odori nell’edificio. La profondità della tenuta idraulica (H) del sifone, ovvero la profondità dell’acqua che dovrebbe essere eliminata da un sifone completamente pieno, prima che i gas ed i cattivi odori a pressione atmosferica possano attraversare il sifone, non deve essere minore di 50 mm. Un corretto sistema di scarico domestico è composto dal sifone collegato a ciascun apparecchio sanitario da una rete di tubazioni di diramazione, da colonne e collettori per il deflusso delle acque di scarico e dalla ventilazione che assicura il ricircolo dell’aria. Un corretto dimensionamento ed un’opportuna ventilazione di un impianto di scarico esclude la formazione di pressioni e relative depressioni idrostatiche nelle condotte, evitando quindi il riempimento totale di colonne e collettori. La ventilazione degli scarichi Le reti di scarico sono soggette a fenomeni di pressioni e depressioni idrostatiche nelle condotte a causa della caduta dei liquami che per gravità spingono verso il basso comprimendo l’aria. Per permettere il regolare funzionamento del sistema ed evitare lo svuotamento dei sifoni degli apparecchi sanitari, occorre che le reti di scarico siano dotate di una ventilazione con l’esterno. La ventilazione delle tubazioni di scarico può avvenire sostanzialmente in due modi: nella stessa condotta di scarico in una colonna autonoma collegata alla condotta di scarico La configurazione più semplice è un’unica colonna dove convergono gli scarichi di tutti gli apparecchi sanitari. Il controllo della pressione nella colonna di scarico è garantito dal flusso d’aria nella colonna di scarico e dallo sfiato della colonna di scarico stessa. In alternativa possono essere utilizzate valvole di aerazione. La norma UNI 12056 individua 4 principali sistemi di scarico della acque reflue, riconducibili a due principali famiglie di tipologie impiantistiche: Sistemi a ventilazione primaria: un’unica colonna di scarico che, prolungata oltre il limite del tetto, coincide con la ventilazione. Sistemi a ventilazione secondaria: con apposite condotte di ventilazione, affiancate e collegate direttamente alle colonne di scarico principali. Le colonne di ventilazione devono sporgere oltre la copertura degli edifici: di almeno 30 cm, nel caso di tetti e terrazze non frequentate di almeno 200 cm, nel caso di terrazze frequentate I materiali che costituiscono le condotte e le cappe di ventilazione, devono resistere alla aggressività dei gas di fognatura ed agli agenti corrosivi in generale. Le colonne e i collettori di ventilazione primaria sono da dimensionare con un diametro almeno uguale a quello della colonna di scarico. Controllo delle dilatazioni termiche: i compensatori Qualunque materiale sottoposto a riscaldamento o a raffreddamento è soggetto al fenomeno di dilatazione o contrazione termica, ovvero le sue dimensioni mutano al variare della temperatura. Questo richiede dei particolari accorgimenti progettuali onde evitare possibili danni all’impianto. Queste modifiche fisiche (allungamenti/accorciamenti) possono essere compensate o tramite un isolante adatto (le tubazioni incassate devono essere sempre isolate) o tramite deviazioni di percorso. Gli impianti idrosanitari a sviluppo limitato e con un certo numero di curve hanno una elasticità naturale in grado di assorbire le contrazioni o allungamenti delle tubature dovute alle dilatazioni termiche. Questi compensatori naturali altro non sono che dei cambi di direzione nel circuito delle tubazioni, attuato inserendo speciali raccordi a gomito (45 o 90°) o a T. Le curve, che possono avere forma a U, a L, a Z, si deformano assecondando i movimenti del materiale cagionati dai picchi di temperatura. In genere i compensatori a U devono essere realizzati appositamente, mentre i compensatori a L, oppure a Z, possono essere ricavati anche dal normale percorso delle tubazioni, posizionando opportunamente i punti fissi e le guide di scorrimento. In alternativa esistono sul mercato i c.d. compensatori artificiali, ovvero dei dispositivi meccanici che hanno la capacità di deformarsi per assorbire le dilatazioni dei tubi. Questi sono del tipo a soffietto metallico, in gomma, a telescopio e a tubo flessibile. I compensatori di dilatazione a soffietto metallico sono tra i più utilizzati perché, oltre ad assicurare una buona tenuta, permettono un’ampia gamma di movimenti assiali, laterali, angolari e universali. Il nome deriva dalla sua conformazione fisica: un diaframma ondulato e deformabile, simile appunto ad un soffietto. Tutti i materiali sono soggetti al fenomeno della dilatazione termica: le plastiche (PVC, PP, PE) hanno un coefficiente di dilatazione lineare che è circa 10 volte maggiore rispetto ai metalli (acciaio, rame). Collaudo e messa in funzione dell’impianto Il collaudo dell’impianto idrico si attua attraverso prove e verifiche in corso d’opera (tipicamente su parti di impianto non più accessibili una volta completati i lavori) e prove e verifiche finali. L’installazione deve essere sottoposta alla prova di pressione e individuare eventuali perdite dalle giunzioni pressate, prima di essere murata definitivamente. La prova di pressione deve essere effettuata ad una pressione pari a 1,5 volte quella massima d’esercizio (consigliata 15 bar). La caduta di pressione non deve superare 0,1 bar/ora. Per la distribuzione di acqua potabile, prima della messa in funzione, si devono eseguire le seguenti operazioni: prelavaggio del sistema per l’eliminazione della sporcizia e dei materiali estranei prima che siano posti in opera i rubinetti di erogazione; lavaggio prolungato ad impianto ultimato, con rubinetterie ed apparecchi sanitari installati, in preparazione all’operazione di disinfezione; disinfezione mediante immissione nella rete di cloro gassoso o miscela di acqua e cloro gassoso o soluzione di ipoclorito di calcio; risciacquo finale con acqua potabile sino a quando il fluido scaricato non assume le caratteristiche chimiche e batteriologiche dell’acqua di alimentazione. All’atto della consegna dell’impianto la ditta installatrice deve dichiarare la conformità dell’impianto alla norma UNI 9182 a mezzo della compilazione della dichiarazione di conformità che va resa al proprietario dell’immobile e da lui custodita. Per approfondire: D.m. Sanità 5 luglio 1975, Altezza minima e requisiti igienico-sanitari DM 37/08, Regolamento sull’attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici UNI 9182:2014 – Impianti di alimentazione e distribuzione d’acqua fredda e calda ‐ Progettazione, installazione e collaudo UNI EN 806 – Specifiche relative agli impianti all’interno di edifici per il convogliamento di acque destinate al consumo umano UNI EN 12056-2:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Impianti per acque reflue, progettazione e calcolo UNI EN 12056-3:2001 – Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici – Sistemi per l’evacuazione delle acque meteoriche, progettazione e calcolo Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento