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Indice degli argomenti Toggle La EPBD vista dalle associazioni: ANCE, Legambiente, Kyoto club…Edilizia sostenibile ed efficiente: la direttiva vista dagli imprenditori…… e dagli studi di ingegneriaFavorevoli e contrariServono incentivi e meccanismi funzionali Intende fornire uno strumento utile all’edilizia sostenibile ed efficiente la Direttiva europea sulla prestazione energetica in edilizia (EPBD – Energy Performance of Building Directive) che ha ottenuto un primo sì dal Parlamento Europeo. La normativa pone ambiziosi obiettivi in termini di sostenibilità: l’Europa intende migliorare la situazione nel settore delle costruzioni consapevole che ancora oggi gli edifici rappresentano il 36% delle emissioni di gas serra. Così si vuole arrivare al bando ai combustibili fossili dal 2035 (o, al più tardi, dal 2040), dare un taglio alle emissioni, creare i presupposti per nuovi edifici a emissioni zero dal 2028, fare sì che gli edifici residenziali possano passare a classi energetiche più elevate di quelle in cui sono oggi, riducendo al minimo quelli in classe G. Secondo un’analisi di Casa.it sull’offerta degli immobili in vendita, a livello nazionale il 75% delle abitazioni prese in esame appartiene alle classi energetiche meno efficienti, dalla G alla E, con una netta preponderanza degli immobili in classe G che rappresentano il 55% dell’offerta totale e con solo il 12% degli immobili in classe A. La Direttiva inoltre intende promuovere misure per combattere il cambiamento climatico e ridurre le bollette energetiche oltre al sostegno alle famiglie vittime di povertà energetica. Poste queste premesse, come hanno reagito gli addetti ai lavori? In modi differenti, come avremo modo di vedere. La EPBD vista dalle associazioni: ANCE, Legambiente, Kyoto club… Partiamo dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), la cui presidente Federica Brancaccio ha fornito un riscontro positivo alla nuova release dell’EPBD in materia di edilizia sostenibile ed efficiente: «noi siamo favorevoli agli obiettivi e ai principi della direttiva, perché vanno nella direzione della tutela e della salvaguardia dell’ambiente, che negli ultimi anni è diventato uno dei pilastri centrali della nostra politica, anche in termini del grande sforzo verso la riqualificazione da parte del nostro settore». La stessa ha ammesso che è una «sfida molto impegnativa, ma anche una grande occasione per riqualificare il nostro patrimonio dal punto di vista energetico, oltre che l’occasione di avere dopo decenni una politica industriale di settore, che consenta alle imprese anche di programmare il proprio lavoro in un’ottica di lungo periodo, pur con degli obiettivi intermedi». Di parere positivo sono anche AITAF, FIVRA, Kyoto Club, Legambiente, Renovate Italy. Essi ritengono che questa direttiva “avrà delle ricadute positive sul sistema economico e produttivo italiano e contribuirà a centrare gli obblighi nazionali ed europei di riduzione delle emissioni climalteranti”, hanno affermato in una nota congiunta. Le stesse associazioni hanno posto l’accento sul valore della riqualificazione energetica. “Vorrebbe dire innanzitutto affrancare il nostro Paese dalle importazioni di gas, usato prevalentemente per riscaldare abitazioni ed edifici e ridurre drasticamente il fabbisogno energetico e i costi in bolletta”. Edilizia sostenibile ed efficiente: la direttiva vista dagli imprenditori… Cosa ne pensano, invece, gli imprenditori della nuova versione della Energy Performance of Building Directive? Secondo Cecilia Hugony, amministratore delegato di Teicos Group «rimane fedele all’evoluzione che nel tempo ha avuto», ricordando le diverse versioni. La revisione dell’EPBD rimane fedele al suo obiettivo e al percorso di efficientamento energetico dei nostri edifici con l’obiettivo di arrivare alla decarbonizzazione del patrimonio edificato». L’ad la trova inoltre perfettamente coerente con le ultime indicazioni dell’Unione europea, dalla Renovation Wave al pacchetto Fit for 55 di cui rimane un pilastro. Sono tutte iniziative orientate a mettere al centro di questo percorso che porterà l’Europa a essere il primo continente carbon neutral nel 2050. «Essa ribadisce alcuni punti già presenti la necessità che ogni Stato membro si doti di una pianificazione del percorso di riqualificazione energetica degli edifici», raggiungendo un 3% annuo di stabili riqualificati. «Inoltre introduce una novità: mette in campo precisi obblighi, rappresentati dai MEPS (minimum energy performance standard) che impegnano gli Stati membri a concretizzare piani, programmi, incentivi, scadenze per non avere più edifici in classe G». La direttiva, quindi, indica una scaletta temporale differenziata tra residenziali e non, riportando tutte le differenziazioni del caso, ma puntando a raggiungere determinate prestazioni. Cosa richiederà in termini di impegno per gli imprenditori edili questa proposta di edilizia sostenibile ed efficiente? «La riqualificazione energetica rappresenta un lavoro profondamente diverso dall’arte del costruire e che richiede un adeguamento delle modalità di produzione, delle competenze della filiera e delle persone impegnate». Tutto questo si traduce nella necessità per le imprese di un profondo rinnovamento, che però è già cominciato, come evidenzia Hugony: «in Europa l’Italia si è posta all’avanguardia nei percorsi di qualificazione energetica soprattutto nel residenziale che è sempre stato considerato da tutte le pubblicazioni dell’Unione europea il target più complicato. Col sistema delle detrazioni fiscali collegate con la cessione del credito, dal 2018 abbiamo piani e programmi ambiziosi e tante imprese hanno intrapreso questo percorso con successo». Il rischio, ora, è che tutto questo percorso possa essere vanificato dalle incertezze del mondo politico. … e dagli studi di ingegneria Sulla necessità di concretizzare la direttiva e i suoi obiettivi riguardanti edilizia sostenibile ed efficiente, un punto di vista interessante lo offre Giuseppe Masanotti, ingegnere edile titolare dello studio omonimo. «Partiamo dalla premessa, secondo cui gli immobili dell’UE sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra e del 40% del nostro consumo energetico. È evidente che la riduzione delle emissioni passa dall’efficientamento energetico del patrimonio edilizio. In questo senso, gli ambiziosi obiettivi della nuova direttiva sono ampiamente giustificati e condivisibili». Riguardo alle nuove costruzioni si punta alle emissioni zero entro il 2028 «e su questo mi pare non ci siano molte discussioni». La classe E entro il 2030 per gli edifici esistenti «è, invece, tecnicamente ed economicamente una sfida che forse richiede tempi più lunghi ma resta comunque una grande opportunità per mettere mano a un patrimonio edilizio che richiede importanti interventi di riqualificazione». Sulle tempistiche, rileva sempre Masanotti, «è impensabile poter riqualificare in meno di 7 anni gran parte del patrimonio edilizio, almeno in Italia. Il rischio è di ripetere uno degli errori commessi dai legislatori del Superbonus, cioè comprimere troppo l’orizzonte temporale sottovalutando la mole di lavoro da compiere. I risultati potrebbero essere, ancora una volta, cantieri caotici, mancanza di materiali e manodopera, contributo all’aumento dell’inflazione». A livello industriale, «un orizzonte temporale sufficientemente lungo, oltre a consentire di programmare i cantieri con tempistiche ragionevoli, permetterebbe a tutti gli operatori del settore di rivedere e dimensionare le strutture organizzative per sostenere lo sforzo che comunque un’operazione di questa portata necessariamente dovrà richiedere – conclude l’ingegnere –. Uno sforzo che coinvolgerà davvero tutti ma che vale davvero la pena di sostenere e che potrà diventare la più grande eredità che questa generazione lascerà alle successive». Favorevoli e contrari Il problema, nel merito, è legato alla posizione del Governo sulla direttiva. Secondo quanto affermato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin. La direttiva riguardante l’edilizia sostenibile ed efficiente, «di cui tanto si discute in queste settimane, va sicuramente emendata per adattarla al contesto italiano che è diverso e speciale rispetto alla maggior parte del resto d’Europa. Il governo italiano ha chiare le esigenze del Paese anche in questo campo e le difenderà senza arretramenti, tutelando il valore degli immobili e non imponendo in tempi insostenibili onerosi lavori ai privati. Su questo non possono esserci dubbi». Decisamente più critica è la posizione espressa da Isabella Tovaglieri (Lega), relatrice ombra al Parlamento Europeo: «La direttiva EPBD è peggio di una patrimoniale perché impone di migliorare le classi energetiche degli edifici attraverso massicci interventi di ristrutturazione a carico dei cittadini e delle imprese, che sono eccessivamente costosi e irrealizzabili nel breve periodo stabilito dalla normativa. Nessuno nega l’importanza della transizione ecologica, ma con l’attuale testo, negoziato senza ascoltare i soggetti coinvolti, si rischia di danneggiare tutta la filiera dell’edilizia e della proprietà immobiliare italiana. Per questo daremo battaglia in plenaria, e poi nel successivo trilogo, portando a Bruxelles la voce critica di tutte le categorie che verranno colpite dalla nuova direttiva». Da questa posizione si discosta il presidente del Coordinamento FREE, Livio de Santoli: «l’efficienza energetica è un elemento di decarbonizzazione ma è anche importante per la sicurezza energetica, visto che riducendo la richiesta di energia si diminuisce la dipendenza dalle importazioni di fonti fossili. Se si è contrari all’efficienza energetica e alle sue modalità, non solo si nega l’importanza del processo di decarbonizzazione, ma si negano anche i tanti altri benefici collegati, evidenziati dal Censis nel recente rapporto “Ecobonus e Superbonus per la transizione energetica del Paese”». Lo stesso de Santoli ha rammentato che «sono anni che anche il nostro Paese ha effettuato investimenti attraverso i meccanismi di detrazione fiscale, come l’Ecobonus e il Superbonus. Per quest’ultimo, ad esempio, il Censis stima a ottobre 2022 circa 115 miliardi di spesa attivata a fronte di 55 miliardi di investimenti, e 900 mila addetti attivati». Servono incentivi e meccanismi funzionali Questa «netta opposizione del governo nei confronti della Direttiva Europea sull’efficienza energetica nell’edilizia non ha nessun senso, né dal punto di vista dell’efficacia dei finanziamenti pubblici, né sull’importanza dei risultati che porterebbero anche ad una diminuzione della bolletta energetica (stimata – in ottica di direttiva europea per il residenziale – in 10-12 miliardi di euro all’anno), sebbene si consideri importante introdurre delle esenzioni aggiuntive e delle flessibilità per tenere conto delle caratteristiche del nostro parco immobiliare». Piuttosto, segnala ancora il presidente del Coordinamento Free, conviene attivarsi da subito per revisionare il pacchetto delle detrazioni fiscali in modo da renderlo più efficiente, in grado di favorire interventi più efficaci nel promuovere la decarbonizzazione, e fondato su un orizzonte traguardato al 2030, in modo da fornire alle imprese e agli altri rappresentanti della filiera la capacità di crescere e strutturarsi e guidare un nuovo rinascimento dell’edilizia sostenibile ed efficiente. «Sviluppando adeguati meccanismi finanziari per rendere l’efficienza energetica più attraente per l’intera filiera si può costruire una linea di sviluppo industriale nazionale, inserita in una strategia energetica pluriennale, con strumenti strutturali migliorati sulla base delle esperienze di questi anni. Il processo non può essere bloccato, ma invece rilanciato». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento