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La costruzione di un impianto parafulmine: struttura, progettazione e obblighi legati alla normativa 02/07/2024
A cura di:La Redazione Indice degli argomenti Toggle Il caso pratico a RomaUn nuovo approccio alla demolizione Più del 95% dei materiali di edifici vecchi o in disuso potrebbe essere riutilizzato per progetti di riqualificazione architettonica e nuove costruzioni, in ottica di economia circolare: lo sostiene uno studio condotto da Enea in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma. I due enti hanno sviluppato una metodologia per analizzare i materiali presenti in edifici vecchi o dismessi, che potrebbero trovare una seconda vita in nuove costruzioni o riqualificazioni. I risultati della ricerca, condotta nell’ambito del progetto ES-PA dell’ENEA e pubblicata sulla rivista Sustainable Chemistry and Pharmacy, dicono che oltre il 95% dei materiali da demolire possono essere riutilizzati senza finire in discarica. Il caso pratico a Roma La metodologia messa a punto da Enea e Università Sapienza ha trovato applicazione concreta in un sito di archeologia industriale romano, uno dei tanti in Italia: si stima che occupino il 3% del territorio nazionale, circa 9 mila Km2. In questo caso si trattava di un ex deposito degli autobus, edificato negli anni ‘30 e dismesso dal 2008. Dalle analisi è emerso che nell’opera erano presenti circa 18mila m3 di materiali, soprattutto cemento armato, pari a un peso di circa 35mila tonnellate e una quantità di carbonio incorporato di oltre 15mila tonnellate di CO2. Il progetto di riqualificazione architettonica prevede di conservare la struttura in cemento armato e di recuperare quasi totalmente alcuni materiali ed elementi strutturali, come finestre con telaio in ferro e porte in legno. I materiali da demolire – come intonaco, piastrelle, mattoni e impianti – saranno invece inviati al riciclo negli appositi impianti presenti sul territorio di Roma, in modo che possano avere dei riutilizzi futuri. Ex deposito degli autobus di Roma – Credit img Enea A conti fatti, su oltre mille metri cubi di materiali da demolire solo una piccola parte, pari al 4,7% in volume e 4,2% in peso, finirà in discarica. In questo progetto la soglia minima di legge per il recupero dei materiali da demolizione (70%) è stata superata del 25%. Lo stesso iter operativo potrebbe trovare applicazione in edifici industriali in disuso (particolarmente numerosi in Italia), in edilizia scolastica e anche residenziale. Un nuovo approccio alla demolizione Il primo passo, è quello di quantificare e mappare le risorse presenti sul territorio, per definire nuove strategie di riuso e di riciclo a livello nazionale. Stima degli stock di materiali, demolizione selettiva, approvvigionamento locale e riciclo degli scarti devono diventare la prassi in un nuovo approccio alla demolizione dei manufatti esistenti. Alla demolizione (o decostruzione) si dovrebbe pensare già in fase di progettazione, per agevolare lo smontaggio selettivo dei componenti e l’ottimizzazione del recupero di tutti i materiali riciclabili come mattoni in argilla, lastre e blocchi di pietra ed elementi in acciaio che hanno un’elevata energia incorporata e un basso calo di prestazioni nel tempo. Per il successo di questo nuovo approccio sono quindi quatto i fattori fondamentali: la quantificazione del valore ambientale dello stock di materiali di costruzioni in disuso o a fine vita; l’implementazione di banche dati dei materiali e mappature georeferenziate per conoscere le aree di distribuzione dei materiali potenzialmente riutilizzabili presenti su un territorio, integrabili nei software BIM per la gestione degli edifici; l’implementazione di piattaforme di scambio di componenti e materiali provenienti dalle decostruzioni. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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