Presentato il 6° Rapporto sull’economia circolare in Italia

Il sesto Rapporto sull’economia circolare, presentato a Roma dalla Circular Economy Network ed ENEA, offre un’analisi approfondita della circolarità dell’economia italiana. Con dati indicatori che coprono la produttività delle risorse, il tasso di circolarità, la produzione di rifiuti e il riciclo, il rapporto fornisce una panoramica completa delle performance nazionali in materia di economia circolare.

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Le piccole e medie imprese sono le protagoniste della transizione ecologica: presentato il 6° Rapporto sull’economia circolare in Italia

Nel cammino verso un futuro sostenibile, l’Italia si conferma come una delle realtà protagoniste. Potrebbe sorprendere, eppure il Paese è primo tra le cinque principali economie UE nella capacità di utilizzare al meglio le risorse ottenendo un risultato di 45 punti secondo l’indice di circolarità  europeo.

Con le elezioni europee a poco meno di un mese, è fondamentale parlare del Green Deal e dell’importanza della circular economy. Un tema che interessa anche la piccola e media impresa del Made in Italy: il 65% dichiara di mettere in atto pratiche di economia circolare, oltre il doppio rispetto al 2021.

Questi sono solamente alcuni dei dati riportati durante l’evento dedicato alla presentazione del 6° Rapporto sull’Economia Circolare. Organizzato da Circular Economy Network ed ENEA. L’incontro annuale ha offerto uno sguardo approfondito sullo stato attuale e sulle prospettive della circolarità nell’economia italiana, confermando il ruolo cruciale che essa riveste nel contesto del Green Deal europeo.

Presentazione 6° Rapporto sull'Economia Circolare organizzato da Circular Economy Network ed ENEA

La conferenza, che ha avuto luogo all’Acquario Romano nella Capitale, è stata inaugurata con un messaggio video del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Successivamente, il presidente di Circular Economy Network, Edo Ronchi, ha introdotto il focus dell’evento sottolineando l’importanza della circolarità come motore per accelerare la transizione ecologica e climatica, nonché come driver per migliorare la competitività delle imprese italiane.

La mattinata di lavori ha visto anche l’intervento dedicato all’ecodesign di Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento ENEA Sostenibilità Sistemi Produttivi e Territoriali.

Dopo l’intervento di Brunori, il convegno è proseguito con altri contributi significativi. Sono stati organizzati due panel tematici: uno focalizzato sull’analisi delle piccole e medie imprese, presentato da Marco Baldi, responsabile Area Studi e Ricerche presso la CNA; mentre il secondo panel ha affrontato gli scenari che si delineano dopo l’approvazione del regolamento sugli imballaggi. Nel pomeriggio, sono state condivise le testimonianze di vari protagonisti dell’economia circolare italiana, confermando l’impegno delle imprese verso una crescita economica sostenibile.

L’Italia è ai primi posti per il suo approccio alla circular economy

Secondo i dati presentati durante la conferenza, l’Italia risulta ai primi posti per la “circolarità”. Con 45 punti, il nostro Paese supera la Germania (38), Francia (30) Polonia e Spagna (26). Emerge un elemento particolarmente interessante: il risultato migliore ottenuto dall’Italia deriva in primis dalla gestione dei rifiuti.

Scommettere sulla circolarità deve essere la via per accelerare la transizione energetica. Come sottolineato da Edo Ronchi: “Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese”.

Prosegue Ronchi: “Ancora di più per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”.

Entrando nello specifico, nel 2021 abbiamo avuto un tasso di riciclo dei rifiuti di imballaggio del 71,7%, l’8% in più della media UE27 (64%). Ma non solo: il riciclo dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto del 3,4% tra il 2017 e il 2022, raggiungendo il 49,2%.

L’economia circolare è virtuosa per l’ambiente, ma anche per il lavoro. Nel 2021 nella UE27 gli occupati erano 4,3 milioni, il 2,1% del totale; in Italia 613.000, cioè il 2,4%, +4% rispetto al 2017; siamo secondi dopo la Germania, che conta in questi settori 785.000 lavoratori (1,7% sul totale).

A queste performance positive si accompagnano alcuni dati negativi. Il consumo dei materiali in Italia nel 2022 è stato di 12,8 tonnellate/abitante, rispetto alle 11,8 t/ab del 2018. Sempre nel 2022, la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di materiali (46,8%) è più del doppio della media europea (22,4%), anche se in calo (-3,8%) rispetto al 2018.

La transizione circolare nelle PMI

Un particolare focus è stato riservato al ruolo delle piccole imprese, con i risultati di un’indagine condotta in collaborazione con CNA, che fornisce preziose informazioni sulle sfide e le opportunità che esse affrontano. Inoltre, grazie agli approfondimenti curati da ENEA, il rapporto esplora il tema dell’ecodesign in relazione al nuovo Regolamento dell’Unione Europea, offrendo una prospettiva chiara sulle implicazioni e le strategie di adattamento necessarie.

L’intervento di Marco Baldi (Responsabile Area Studi e Ricerche CNA) si è focalizzato dunque sulla piccola e media impresa: sono stati intervistati 800 piccoli imprenditori, di cui il 49% operanti nel settore dei servizi e la restante metà divisa tra industria, con il 35,5% nella manifattura, e costruzioni, con il 14,1%. L’obiettivo era comprendere le loro opinioni e azioni riguardo alle politiche green. Risulta che il 65% delle piccole imprese intervistate sta implementando pratiche di economia circolare, un dato significativamente superiore rispetto al 2021. Inoltre, il 10% delle imprese ha dichiarato l’intenzione di avvicinarsi alla circular economy nel prossimo futuro.

Aumenta la percentuale di PMI che attuano politiche di circular economy in Italia

Le piccole e medie imprese (PMI) stanno gradualmente abbracciando il concetto di economia circolare, riconoscendo che questo approccio non solo è eticamente fondamentale, ma anche economicamente vantaggioso.

Negli ultimi due anni, c’è stata una crescita importante nella quota di imprese che hanno adottato pratiche riconducibili all’economia circolare. Solo un quarto delle aziende rimane completamente estranea a tali pratiche. Un segnale di cambiamento che riflette un’evoluzione nella mentalità imprenditoriale, con sempre più aziende che riconoscono i benefici tangibili derivanti dall’implementazione di strategie circolari.

I benefici per le PMI derivanti dall'adozione di pratiche di circular economy

I vantaggi concreti ottenuti attraverso l’attuazione di misure di economia circolare sono molteplici e convincenti. Per le PMI, la riduzione dell’impatto ambientale non è più solo una considerazione etica, ma è diventato un valore in sé. I principali vantaggi segnalati includono una maggiore sostenibilità ambientale, la riduzione dei costi di produzione, una maggiore efficienza e un impulso all’innovazione.

Il 70,4% delle PMI indica la maggiore sostenibilità ambientale come il principale vantaggio derivante dall’adozione di pratiche circolari. Seguono la riduzione dei costi di produzione (61%), la maggiore efficienza (35,6%) e l’impulso all’innovazione (34,2%). In particolare, il 61% delle imprese coinvolte nel sondaggio ha segnalato che le misure di economia circolare hanno generato benefici in termini di riduzione dei costi.

Le materie critiche e strategiche: terre rare e rame

Il 6° Rapporto pubblicato dall’ENEA pone sotto i riflettori una questione di fondamentale importanza per l’economia mondiale: le materie prime critiche e strategiche, con un particolare focus sulle terre rare e sul rame. Le terre rare, costituite da 17 elementi essenziali, rivestono un ruolo cruciale in numerose industrie, tra cui quella delle rinnovabili, della mobilità elettrica e dell’elettronica. Tuttavia, nonostante la presenza di giacimenti distribuiti globalmente, la dipendenza dalle esportazioni cinesi rappresenta un ostacolo significativo, con l’85% circa delle terre rare leggere e l’intera produzione di terre rare pesanti provenienti da questo Paese.

La quota di materiali importati dalla UE è alta

La situazione non è meno preoccupante per il rame, identificato come una delle 17 “materie prime critiche” per l’Europa. La sua domanda potrebbe raddoppiare entro il 2050, ma l’Europa possiede solo una minima percentuale delle riserve globali, mentre il Cile, il Perù e la Repubblica Democratica del Congo detengono la maggior parte. Per affrontare questa sfida, è fondamentale promuovere il riciclo del rame e delle terre rare, pratiche meno inquinanti rispetto all’estrazione primaria e in grado di ridurre la dipendenza dalle importazioni. Infatti, le attività economiche legate a queste risorse rappresentano una parte significativa del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, rendendo l’economia circolare non solo un auspicio, ma una necessità imperativa per garantire la stabilità e la sostenibilità delle forniture nel lungo termine.

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