Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Indice degli argomenti Toggle Rinnovabili e agricoltura: il percorso dell’impresa agricola dal Green Deal in poiL’avvento dell’agrivoltaicoProgettare l’agrivoltaicoI benefici dell’agrivoltaico Conciliare fonti energetiche rinnovabili e agricoltura è fondamentale per vari motivi, il primo dei quali è legato ai costi che devono affrontare le aziende agricole italiane, alle prese con spese energetiche per il 20% del proprio bilancio, che possono arrivare al 30% per le imprese zootecniche. Le FER offrono diversi vantaggi. Oltre ad assicurare un più rapido raggiungimento della transizione energetica, cui è chiamato a contribuire anche il settore agricolo, consentono di assicurare una maggiore stabilità finanziaria delle imprese, grazie alla messa al riparo dalle fluttuazioni di mercato conseguente alla produzione in proprio dell’energia. Infine, ma non certo meno importante, contare su impianti rinnovabili per generare energia da fonti rinnovabili è una voce aggiuntiva nel mix di entrate aziendali: così le imprese possono essere più resilienti in caso di perdita di produzione per eventi imprevisti. Agrisolare, biogas, biometano e agrivoltaico (in prospettiva) sono le tecnologie più mature che possono interessare la maggior parte delle imprese agricole. Sappiamo quale sia la posizione politica di governo e associazioni del settore energetico sulla necessità di sviluppare le rinnovabili in agricoltura. Resta un campo in cui è essenziale dotarsi di una figura essenziale specialistica, qual è l’agronomo, capace di fornire un supporto concreto all’impresa agricola con le sue competenze e conoscenze. Rinnovabili e agricoltura: il percorso dell’impresa agricola dal Green Deal in poi Prima di illustrare l’importanza dell’agronomo, anche nel concertare rinnovabili e agricoltura, è bene partire da una necessaria premessa: «l’agricoltura quale attività economica, va inserita nelle nuove direttrici del Green Deal, che è destinato a impattare su tutte le attività. E qui mi riferisco all’applicazione in primis del regolamento sulla tassonomia, ovvero la classificazione delle attività economiche che possono essere definite sostenibili, che sta condizionando in maniera significativa anche l’orientamento dell’azienda. Il mercato sta naturalmente orientando le scelte. Ecco perché ritengo che gli agronomi abbiano un ruolo importante: dobbiamo anticipare questo tipo di percorso che sta imponendo un cambio di paradigma sulla scelta dei nuovi investimenti produttivi. In questo percorso rientrano anche le energie rinnovabili. Stiamo vivendo un cambiamento epocale, quello della transizione ecologica ed energetica: non è una questione ideologica, ma sta diventando una necessità del sistema economico». A dirlo è Luca Crema, consigliere dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali e coordinatore del Dipartimento Economia, Estimo e Ingegneria Rurale del CONAF. Da qui ci si ricollega al rapporto tra agricoltura ed energia. L’impresa agricola, da mera consumatrice di energia, oggi è – o può diventare – una produttrice. «Con questo nuovo orientamento, l’agricoltura diventa un attore nella promozione di energia rinnovabile e nello sviluppo stesso delle FER. Pensiamo all’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti delle strutture agricole e poi alla misura dell’agrisolare, incentivata dal PNRR. L’installazione di pannelli fotovoltaici sulle strutture agricole ha consentito l’autoproduzione di energia elettrica, andando a ridurre un costo rilevante dell’azienda agricola, con vantaggi diretti e indiretti. Per esempio, la realizzazione di un tetto fotovoltaico spesso porta con sé anche la sostituzione e lo smaltimento dell’eternit, utilizzato in passato come copertura delle stalle», aggiunge Crema, che ricorda come l’agricoltura fosse già stata coinvolta nelle precedenti attività di promozione delle rinnovabili con la produzione di energia elettrica attraverso la cogenerazione da biogas, prodotto con residui agricoli effluenti zootecnici e, in parte, anche da biomasse dedicate. «La spinta incentivante avviata con il DM 6 luglio 2012, ha permesso di dar vita e di affinare una tecnologia che oggi stiamo utilizzando per lo sviluppo del biometano, tramite upgrading del biogas, con un miglioramento dell’uso delle potenzialità energetiche delle biomasse rispetto alla cogenerazione». Da non dimenticare, inoltre, che il PNRR sta promuovendo lo sviluppo del contributo alla transizione energetica da parte del settore agricolo e agroalimentare in una logica di sostenibilità, la cui valutazione necessita di nuovi approcci analitici e supporti professionali. L’avvento dell’agrivoltaico Il passo ulteriore, nel percorso che avvicina rinnovabili e agricoltura, è rappresentato dall’agrivoltaico, da considerare una nuova frontiera. «L’agricoltura è stato il primo utilizzatore dell’unica fonte energetica esogena che noi abbiamo sul nostro pianeta: il Sole. A partire dalla fotosintesi nelle piante, ha reso più efficiente l’utilizzo dell’energia. In alcuni ambienti e situazioni, l’utilizzo di impianti agrivoltaici permette di captare, di intercettare quell’energia che non viene utilizzata dalle piante, perché le condizioni ambientali ne rendono difficile l’utilizzazione. In una logica ragionata, si cerca di fare in modo che l’energia utilizzabile del Sole, coniugando colture e pannelli fotovoltaici, sia superiore a quella che si potrebbe immagazzinare utilizzando solo la coltura agricola. Questa è la logica di base del sistema agrivoltaico, ed è per questo che non parliamo unicamente di impianto. Qui diventa centrale la figura dell’agronomo proprio perché bisogna scegliere come realizzare questo sistema e mantenerlo ottimizzato», sottolinea l’esperto del CONAF. L’agronomo deve trovare la soluzione migliore perché i pannelli abbiano la migliore intercettazione di energia solare, creando un sistema che metta insieme la produzione agricola ed energetica. Non solo: deve anche utilizzare i pannelli fotovoltaici per migliorare le condizioni di coltivazione delle piante stesse. Progettare l’agrivoltaico Quali sono gli aspetti da considerare per pianificare un impianto agrovoltaico? «Innanzitutto, l’impianto non deve rivoluzionare la struttura dell’azienda, considerando che l’attività agricola deve restare primaria. Quindi il fulcro, su cui ragionare nel progettare un suo possibile inserimento, è che si deve conservare la struttura produttiva dell’azienda», risponde Crema. Un secondo aspetto da considerare è prevedere che il prodotto agricolo abbia qualità equivalenti o migliori rispetto a quelle che normalmente si ottengono. «Ci sono stati casi in cui si è pensato di creare un’attività agricola fittizia, per giustificare l’impianto agrivoltaico». Quindi si deve partire da contestualizzare il progetto sulla base dell’effettiva attività, tenendo conto che andranno insediati palificazioni per gli impianti fotovoltaici. Come andranno posizionate? «Si dovrà collocarle in modo da consentire le operazioni con i macchinari necessari (trattore ecc.). Quindi la loro dislocazione è fondamentale. Inoltre, occorre considerare che il pannello solare può sì evitare l’insolazione, ma occorre considerare l’effetto derivato che è una modificazione dello spettro delle onde elettromagnetiche che arrivano alle culture e che possono modificare la qualità del prodotto». Crema riporta l’esempio in cui alcune orticole, realizzate sotto pannelli fotovoltaici, hanno registrato modifiche delle caratteristiche qualitative. È necessaria, quindi, un’analisi agronomica, non solo ingegneristica, per comprendere la compatibilità dell’agrivoltaico con le colture e i possibili vantaggi che può portare l’adozione del sistema. L’adozione dei pannelli fotovoltaici può anche portare dei vantaggi, favorendo il mantenimento di alcune culture in determinate aree. Quindi ogni progetto è a sé e va costruito su misura per le specifiche caratteristiche ed esigenze. I benefici dell’agrivoltaico «C’è un’ulteriore considerazione da fare, collegata alla riduzione del consumo d’acqua – aggiunge il membro CONAF –. Le piante hanno dei comportamenti particolari con la luce e con la temperatura. La classica funzione fotosintetica, che permette una trasformazione di energia solare in biomassa, non funziona solo in funzione della presenza della luce». Le biomasse, infatti si producono mediante il processo di fotosintesi clorofilliana, durante il quale, grazie all’energia solare, la CO2 atmosferica e l’acqua del suolo si combinano per produrre gli zuccheri necessari per vivere. La produzione di biomassa necessita anche di una traslocazione, attraverso cui gli zuccheri vengono trasportati negli organi che ne hanno necessità: nel tronco, nelle radici, nei frutti. Questa traslocazione dipende dalle condizioni climatiche. Ci sono alcuni casi in cui la pianta blocca il processo fotosintetico: uno di questi è l’eccesso in temperatura. In quelle condizioni, contare su una condizione di ombreggiamento, favorisce l’attività fotosintetica. La stessa evapotraspirazione, che determina il consumo di acqua da parte della pianta, può risentirne: in presenza di scarsità d’acqua, l’eccessiva insolazione e temperatura fa aumentare la richiesta di acqua da parte della pianta. Se si riesce ad abbassare la temperatura sulle foglie, che è una condizione conseguibile grazie all’ombreggiamento, questo riduce il consumo di acqua della pianta. «Per questo torno a parlare di sistema agrivoltaico: perché è una realtà complessa che deve tenere conto di più fattori che devono portare vantaggi alle piante e alla migliore produzione agricola che, come abbiamo visto, è possibile grazie alla combinazione con un impianto di energia solare», conclude Crema. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento