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Indice degli argomenti Toggle Casi di morosità, come si deve muovere l’amministratoreAmministratore di condominio, cosa è autorizzato a fareCosa fare se l’amministratore di condominio non agisce All’interno di un condominio l’eventuale presenza di condomini morosi rappresenta un problema serio, che può arrivare a compromettere la gestione dell’edificio. In alcuni casi può arrivare a determinare la sospensione delle varie utenze – stiamo parlando di acqua, luce e gas – e può bloccare il normale utilizzo di una serie di impianti, come, solo per fare un esempio, l’ascensore. Purtroppo, quando si vengono a creare queste situazioni, a farne le spese sono anche i condomini che sono sempre stati in regola con il versamento delle proprie quote. Una domanda, a questo, punto è lecita: come è possibile muoversi nel caso in cui l’amministrazione non si dovesse attivare per recuperare i vari crediti? È possibile appellarsi a qualche legge perché si muova celermente e provveda ai vari recuperi? Cerchiamo di capire come debbano muoversi i proprietari e gli inquilini nel momento in cui, all’interno di un condominio, ci siano dei casi di morosità. E soprattutto come debbano comportarsi per sollecitare l’amministratore ad attivarsi. Casi di morosità, come si deve muovere l’amministratore Come si deve muovere l’amministratore di condominio nel caso in cui ci siano dei casi di morosità? La normativa prevede che sia obbligato ad agire per riscuotere forzosamente le quote condominiali entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio relativamente al quale il credito è dovuto ed è diventato esigibile. L’obbligo, sotto il profilo strettamente pragmatico, non si riduce ad una semplice lettera di sollecito. L’amministratore di condominio deve anche avviare tutte le procedure legali che servono per recuperare il denaro. È quindi tenuto a: nominare un avvocato di propria fiducia. Per questa operazione non è necessario l’autorizzazione dell’assemblea; a fornire il mandato processuale all’avvocato, oltre a fornirgli tutta la documentazione necessaria per poter richiedere ad un giudice un decreto ingiuntivo nei confronti del soggetto che non versa le quote condominiali. Il decreto risulterà essere provvisoriamente esecutivo: questo significa, in altre parole, che il debitore dovrà effettuare i dovuti pagamenti non appena lo riceve l’atto di precetto (che arriva dopo l’ingiunzione di pagamento). Generalmente viene concesso un lasso di tempo, per onorare il debito, di dieci giorni; dovrà essere autorizzato l’avvocato a pignorare i beni nel caso in cui il condomino moroso dovesse essere inadempiente nonostante il decreto ingiuntivo. Amministratore di condominio, cosa è autorizzato a fare L’amministratore di condominio è autorizzato – stando a quanto prevede il Codice Civile, che gli ha conferito sia il potere che il dovere – a sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi condominiale che siano suscettibili di godimento separato. Il blocco può essere effettuato per: la piscina; i campi da tennis condominiali; il parcheggio riservato; l’ascensore, ma solo se è dotato di un’apposita tessera magnetica. L’amministratore di condominio non ha la possibilità di imporre delle sanzioni ai condomini morosi, come il pagamento di multe o vietare la loro partecipazione all’assemblea. Le conseguenze a cui può andare incontro un condomino moroso sono relative alle spese processuali che dovrà sostenere: una volta ricevuto il decreto ingiuntivo, il debitore viene condannato dal giudice a pagare i costi dell’avvocato e le eventuali spese che sono state sostenute per il recupero del credito. Oltre agli interessi legali. Cosa fare se l’amministratore di condominio non agisce Nel caso in cui l’amministratore di condominio non dovesse agire legalmente nei confronti dei morosi, può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni che sono stati cagionati al condominio. Potrebbe trovarsi nella situazione di dover versare gli interessi maturati su un debito non riscosso o dover coprire le spese legali che il condominio ha dovuto sostenere per recuperare il credito. A ritenere che l’amministratore di condominio debba rifondere il credito al condominio è la giurisprudenza consolidata della Cassazione, secondo la quale l’inerzia del professionista – quando ha reso impossibile la riscossione, perché nei tempi morti che hanno preceduto l’avvio delle azioni legali il moroso sia fallito o abbia venduto tutti i suoi beni – rende lo stesso responsabile del mancato incasso delle quote condominiali. Nel caso in cui l’amministratore non dovesse adempiere ai propri obblighi di riscossione forzosa, i condomini lo possono diffidare. Nel caso in cui anche la diffida non dovesse produrre degli effetti desiderati, è possibile revocare l’amministratore. Questo può avvenire in due modi differenti: in assemblea, dove la revoca dovrà essere votata e dovrà essere accettata dalla maggioranza dei presenti e con almeno 500 millesimi; in via giudiziale. In questo caso è necessario rivolgersi al tribunale anche a seguito dell’istanza di un solo condominio. L’amministratore di condominio è tenuto a convocare l’assemblea nel caso in cui la richiesta dovesse provenire da almeno due condomini, che rappresentino un sesto dei millesimi del condominio. Se il professionista non vi dovesse provvedere entro 10 giorni, gli interessati possono procedere personalmente con le convocazioni e indire autonomamente l’assemblea. Da sottolineare, ad ogni, modo che il fatto che l’amministratore di condominio non provveda ad agire in maniera tempestiva per recuperare i crediti non è un reato, nemmeno quando dovesse risultare esserci un rapporto di parentela, amicizia o di qualsiasi altro interesse tra il professionista ed il moroso. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento