Alcune applicazioni di strumenti e metodi di valutazione ambientale

Il quadro di riferimento della valutazione della compatibilità ambientale dei prodotti edilizi è caratterizzato, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, da una situazione di frammentarietà e incertezza, che nuoce allo sviluppo di un mercato del settore autenticamente ecocompatibile. A fronte di una procedura piuttosto complessa, poco trasparente e, spesso, poco selettiva, per l’attribuzione del Marchio Ecolabel da parte della Commissione Europea, alcune Associazioni d’architettura “bioecologica” (ANAB, INBAR, NATUREPlus) si stanno organizzando per produrre propri marchi ecologici. Su un altro versante, alcuni componenti del settore industriale si stanno orientando ad utilizzare lo strumento dell’EPD (Environmental Product Declaration), normato in ambito ISO, anche per i prodotti edilizi, con il vantaggio di evidenziare i produttori di elementi ecocompatibili in un ottica d’informazione consapevole verso l’utente qualificato (professionista, impresa), piuttosto che di giudizio ultimativo – e sempre difficile da verificare – sulla ecologicità o meno di un prodotto. In ogni caso, qualsiasi sia la linea che si affermerà in tale ambito, emergerà in modo evidente la necessità di utilizzare metodi e strumenti di valutazione specifici, che, pur basandosi sull’approccio ormai consolidato dell’LCA, sia calibrato sulle caratteristiche di un prodotto complesso quale quello edilizio, secondo un’ottica esigenziale-prestazionale.
In tale ottica, lo studio qui presentato – basato su esperienze di ricerca e di dottorato del DINSE (POLITO) e del BEST (POLIMI) – si propone come contributo preliminare allo sviluppo di uno strumento di valutazione dell’ecocompatibilità del prodotto edilizio, che è lo scopo della proposta di ricerca ECO-CASE. L’approccio è centrato sull’unità cardine del processo produttivo edilizio: l’elemento tecnico. Esso consente di superare, da una parte, la limitatezza dell’analisi sui materiali, dall’altra, l’eccessiva complessità e articolazione dell’intero edificio. I primi, infatti, sono valutabili, in sé e compiutamente, solo a valle del processo produttivo, ma non in fase d’uso e di dismissione – fasi nelle quali diviene preponderante l’interazione tra materiali e con l’ambiente; il secondo richiede metodi di analisi e strumenti, da svilupparsi e gestirsi in modo collegiale tra i diversi attori del processo edilizio, in un contesto politico-isitituzionale molto più definito di quello attuale.

Obiettivi
Obiettivi generali dello studio presentato sono (Fig. 1):
– fornire uno strumento di valutazione ambientale ai progettisti, per la scelta di elementi tecnici d’involucro;
– sviluppare una banca dati sul bilancio energetico-ambientale di elementi tecnici d’involucro innovativi;
– definire criteri per la determinazione d’ecoindicatori specifici sugli elementi tecnici, da utilizzare in strumenti di valutazione dell’ecocompatibilità globale degli;
edifici Obiettivi specifici (Fig. 2):
– reperire dati diretti relativi ai consumi energetici e agli impatti ambientali caratterizzanti il ciclo produttivo dei materiali costituenti alcuni elementi tecnici d’involucro, secondo configurazioni alternative (chiusure esterne trasparenti in Al, PVC; chiusure esterne opache con diverse stratigrafie);
– analizzare le caratteristiche d’assemblaggio di detti materiali e la potenzialità di riciclaggio a fine vita;
– determinare il bilancio energetico-ambientale, nel ciclo di vita, delle varie configurazioni, ai fini di una loro comparazione a parità di prestazioni d’uso e curabilità.

Quadro di riferimento metodologico
Il quadro di riferimento metodologico per la definizione dei requisiti e dei criteri di valutazione d’ecocompatibilità dell’elemento tecnico, si basa su un’articolazione del processo, che tiene conto di diversi fattori, mutuati sia dall’approccio esigenziale – definito dal quadro normativo UNI – sia dalla caratterizzazione dei principali metodi di valutazione degli effetti e impatti ambientali, sviluppati a livello internazionale. I fattori principali di tale articolazione, al livello più genrale di definizione, sono i seguenti (Figg. 3 e 4). Fasi di processo: produzione fuori opera, produzione in opera – manutenzione, esecuzione, dismissione – fase funzionale (d’uso);

Livelli operativi: progettazione, gestione, controllo;
Ambiti di valutazione: salvaguardia dell’ambiente, uso razionale delle risorse, benessere, igiene e salute dell’utenza.

La metodologia LIFE CYCLE ASSESSMENT
Per poter procedere ad una comparazione delle prestazioni energetico-ambientali di prodotti, processi ed elementi tecnici, la metodologia di valutazione più appropriata, coerente agli obiettivi precedentemente descritti, è l’analisi del ciclo di vita o, secondo la sua formulazione internazionale, la Life Cycle Assessment (LCA).
Con il termine LCA si intende “un procedimento di quantificazione oggettiva dei consumi energetici, dei materiali usati e dei rilasci nell’ambiente ed un procedimento di valutazione degli impatti sull’ecosistema imputabili al consumo di risorse ed alle emissioni inquinanti” (Fig. 5).
Le utilità di uno studio LCA sono molteplici, in relazione alla tipologia di utenza a cui si rivolge. La sua applicazione in ambiti produttivi consente di individuare quali e quanti siano i processi critici in termini di consumi energetici e/o di potenziali effetti ambientali. A scala progettuale permette di procedere al confronto tra prodotti alternativi, assurgendo, in questo modo, ad uno dei principali strumenti di valutazione dell’ecocompatibilità.
Attraverso un’analisi del ciclo di vita è possibile pervenire ad una valutazione delle prestazioni energetico-ambientali durante una o più fasi del ciclo di esistenza di un prodotto, complessivamente riconducibili a:
– Estrazione delle materie prime;
– Trasformazione delle materie prime in semilavorati e prodotti finiti;
– Trasporto;
– Gestione e manutenzione;
– Smaltimento e/o riciclaggio.

Ciascuna delle suddette fasi comprende al suo interno una sequenza di operazioni unitarie, delimitate da un sistema appropriato denominato “sistema ambiente”, ognuna riceverà input (materiali, combustibili ed energia) dalle operazioni che la precedono mentre i suoi output (prodotto finito o semilavorato, calore disperso, rifiuti solidi ed emissioni liquidi o gassose) alimenteranno quelle seguenti (Fig. 6). Coerentemente a queste indicazioni, appare, pertanto, chiaro come gli input siano connessi al tema di risparmio delle risorse e gli output al problema dell’inquinamento ambientale.

La struttura di una LCA è caratterizzata da quattro momenti principali (Fig. 7), in conformità ai contenuti della norma ISO 14040:

Definizione degli scopi e degli obiettivi (Goal Definition and Scoping) – Fig. 8, durante questa fase vengono definite le finalità dell’analisi e della valutazione, l’unità funzionale e i confini del sistema;

Analisi di Inventario (Inventory Analysis) – Fig. 9, durante questa fase si ricostruiscono i processi sequenziali che caratterizzano un sistema produttivo individuandone le rispettive quantità di energia e di materie prime necessarie (Fig. 10), in modo da riprodurre un modello teorico in grado di rappresentare il funzionamento del sistema reale;

Analisi degli impatti (Life Cycle Impact Assessment) – Fig. 11, durante questa fase si procede all’elaborazione dei dati relativi ai rilasci nell’ambiente e ai consumi di risorse. Il processo di elaborazione comporta che le informazioni vengano classificate, caratterizzate e normalizzate in relazione al contributo che possono offrire alla formazione di potenziali effetti ambientali. L’analisi degli impatti comporta, pertanto, il passaggio da un’analisi oggettiva, condotta durante la fase di Inventario, ad un giudizio di compatibilità ambientale basato su elementi conoscitivi che si aggiornano nel tempo e soggetti a sistematiche variazioni;

Interpretazione e Miglioramento (Life Cycle Improvement) – Fig. 12, durante questa fase si procede, infine, alla valutazione delle prestazioni energetiche ed ambientali del sistema in esame, è inoltre possibile procedere alla comparazione tra differenti scenari di approvvigionamento delle materie prime, delle fonti energetiche, dei possibili recuperi di materie prime seconde, ecc.

Le norme della serie ISO 14040, facenti parte del quadro di norme della serie ISO 14000, costituiscono un perfezionamento delle linee guida proposte dalla SETAC e rappresentano il riferimento internazionalmente condiviso per l’esecuzione dell’analisi del ciclo di vita.
Dalla descrizione sin qui condotta si desume che l’approccio metodologico, che sottende una LCA, è caratterizzato da una spiccata possibilità di evolversi in relazione alla disponibilità di dati e alla loro possibilità di essere aggiornati nel corso del tempo. Allo stesso modo, procedere alla definizione di un modello di riferimento che riproduce un sistema produttivo in termini analogici comporta una necessaria semplificazione, in fase di analisi e valutazione, imputabile alle complessità insite nella rappresentazione del sistema reale.

Risultati conseguiti nell’ambito dell’attività di ricerca e consulenza
Le attività di ricerca e di consulenza sino ad oggi realizzate sono state orientate alla definizione ed allo sviluppo di strumenti procedurali, standard di riferimento e unità di misura, in grado di determinare gli indicatori di ecocompatibilità di materiali e di componenti. Gli ambiti principali di riferimento nei quali si è operato sono (Fig. 13):
– Industria dei serramenti;
– Industria degli assemblati a secco;
– Industria del calcestruzzo.

Gli studi condotti sono il risultato di una serie di collaborazioni nell’ambito di ricerche MURST e grazie al coinvolgimento di alcune associazioni di categoria.
Sebbene caratterizzate da forti specificità, le aziende con le quali si è realizzata una LCA si sono contraddistinte per obiettivi simili, essenzialmente riconducibili a (Fig.14):
– Identificare le fasi “critiche” del proprio processo di produzione;
– Valutare le alternative tra materiali a minor consumo energetico e a minor impatto ambientale;
– Comparare componenti aventi medesime prestazioni fisico tecniche, meccaniche, ecc;
– Porre le premesse per una futura certificazione di prodotto o di processo.
Gli studi sono stati eseguiti analizzando processo dopo processo l’intero ciclo di esistenza dei prodotti e degli elementi tecnici, comprendendo approfondimenti relativi alle attività di recupero, trattamento e riciclaggio, sulla base di fonti scientifiche e attraverso la raccolta di dati forniti dai produttori.
Una volta individuate le classi merceologiche e i confini dell’analisi si è proceduto, per ciascuno dei componenti edilizi, alla definizione di un’appropriata unità funzionale, ovvero, un’unità di riferimento utile a quantificare il rendimento in termini LCA del sistema prodotto.
Lo studio sui serramenti, ad esempio, si è concentrato su una superficie di 1mq di facciata continua realizzata, a parità di prestazioni in fase di esercizio, in lega di alluminio contenente diverse percentuali di rottami e successivamente sul confronto con un mq di facciata continua realizzata in PVC rigido.
Di maggiore complessità è stata invece la determinazione dell’unità funzionale nell’ambito degli studi su prodotti realizzati in calcestruzzo. L’intenzione di comparare due blocchi in cls realizzati con aggregati naturali e con aggregati provenienti da processi di trattamento e riciclaggio ha comportato alcune difficoltà nella determinazione della percentuale esatta di inerti di recupero in grado di garantire ai blocchi le medesime prestazioni dal punto meccanico, fisico tecnico, della durabilità e della lavorabilità. Tuttavia, di concerto con l’azienda coinvolta è stato possibile individuare un corretto “mix design” in grado di determinare un valore percentuale di aggregati provenienti da processi di trattamento e di recupero nell’ordine di circa il 30%.
La determinazione dell’unità funzionale è stata propedeutica alla successiva fase di analisi di inventario che ha coinciso con la delineazione dei diagrammi di flusso, con la raccolta dei dati e con la loro prima elaborazione.
Il diagramma di flusso ricostruisce schematicamente, per processi cronologicamente successivi, da un lato le procedure di trattamento, recupero e riciclaggio, dall’altro le procedure di produzione, al fine di identificare, nella fase di valutazione vera e propria quale componente o prodotto garantisca le migliori prestazioni da un punto di vista energetico ambientale. (Fig. 15). Per ciascuno dei suddetti processi sono stati raccolti dati diretti, forniti dalle aziende, relativi ai consumi energetici, delle quantità di materiali e di scarti impiegati e ad alcune tipologie di emissioni liberate in aria, acqua e suolo, normalmente monitorate nell’ambito dei controlli periodici al sistema di produzione. Attraverso il successivo impiego di alcune banche dati è stato possibile trasformare i dati diretti in dati indiretti, integrandoli con i relativi consumi energetici primari, altresì definiti come la quantità di energia e combustibili necessari per rendere disponibili materie, semilavorati ed elettricità al processo produttivo.
In relazione al quadro di informazioni raccolte è stata successivamente predisposta, per i processi analizzati, una scheda suddivisa in funzione dei contributi energetici relativi a ciascun processo:
– Energia diretta;
– Energia indiretta;
– Energia di feedstock, ed i risultati della procedura di valutazione dei relativi effetti ambientali:
– Effetto serra;
– Acidificazione potenziale;
– Formazione di smog fotochimico.

Si tratta di un sistema di elaborazione delle informazioni denominato MET (Material, Energy, and Toxicity) Matrix, conforme alla metodologia LCA, in grado di sintetizzare, secondo differenti scale di interpretazione e di dettaglio tecnico, l’effettiva convenienza energetica ed ambientale dei processi associati al ciclo di esistenza di un elemento tecnico. (Fig. 16).
La MET Matrix è essenzialmente suddivisa in due parti, la prima contiene tutti i dati elaborati e raggruppati a seguito della fase di inventario, la seconda sintetizza secondo i processi successivi di classificazione, caratterizzazione e normalizzazione i dati contenuti nella prima parte, traducendoli in effetti ambientali equivalenti e in indici sintetici di valutazione, denominati Eco Indicatori. Con il termine Eco Indicatore si intende un punteggio attribuito ad ogni processo o complessivamente al prodotto (inteso come somma di processi successivi) ottenuto dalla conversione di ciascun effetto energetico ed ambientale in un’unità adimensionale – millipoints o points – che consente di sommare tra loro i diversi effetti.
I fattori di conversione variano da effetto ad effetto, nell’ambito dei progetti di ricerca sono stati adottati quelli sviluppati dal CML: Centrum voor Milieukunde (Centre for Environmental Science) della Facoltà di Industrial Design e Tecnologia di Delft ed adattati al mix energetico caratteristico italiano, superando in tal modo uno dei limiti più tipici di questi strumenti, il fatto di essere ponderati su sistemi di produzione dell’energia molto diversi da quello nazionale.
Grazie a questo processo di implementazione è stato possibile procedere al confronto tra i diversi prodotti oggetto dello studio. La comparazione tra facciate continue, realizzate secondo percentuali differenti di alluminio riciclato e in PVC rigido, ha dimostrato, che il primo sistema risulta essere assolutamente competitivo, in termini energetico-ambientali, con il secondo quando si raggiunge la percentuale del 60% (Fig.17).
Tale valore da un punto di vista delle prestazioni di resistenza, durata e trasmittanza risulta essere assolutamente identico a quello che si avrebbe utilizzando il 100% di alluminio primario.

Ciò porta a concludere che l’alluminio, laddove impieghi percentuali di materia prima seconda non inferiore al 50-60 %, costituisce una scelta ecocompatibile (Fig. 18).
Analoghe considerazioni sono state condotte per i blocchi di calcestruzzo ottenuti da aggregati provenenti da processi di trattamento e recupero. Il confronto con blocchi contenenti aggregati naturali dimostra che non vi è una significativa differenza, sia in termini di consumi energetici, sia per quanto attiene alcune tipologie di effetti ambientali considerate durante il processo di valutazione. In questo ambito di applicazione il fattore che più di altri induce a valutare positivamente la scelta di aggregati provenienti da processi di recupero e trattamento è la conservazione della risorsa “cava”, che è stata computata utilizzando un sistema di valutazione che traduce in Eco Indicatore l’attività di degrado e consumo del territorio (land use).

* Mario Grosso
Professore Associato di Tecnologia dell’Architettura presso il Dip. Scienze e Tecniche per i Processi d’Insediamento, Politecnico di Torino; è stato responsabile di alcuni progetti di ricerca a scala nazionale ed europea e recentemente ha coodinato l’unità di ricerca di Torino, nell’ambito del Programma MIUR-PRIN su “Strategie per la promozione del riciclaggio in architettura”, coordinato dall’Università di Napoli “Federico II”, avente per oggetto la valutazione della ecoconpatibilità dei processi di trattamento, recupero e riciclaggio attraverso l’applicazione della metodologia LCA Life Cycle Assessment.

** Roberto Giordano
Architetto e dottorando di ricerca in Tecnologia dell’Architettura e dell’Ambiente presso il Politecnico di Milano. Fa parte dello staff della Direzione Ambiente del TOROC (Ente gestore delle Olimpiadi Invernali Torino 2006). Da anni si occupa dello sviluppo di strumenti e metodi di valutazione dell’ecocompatibilità nell’ambito di progetti di ricerca e di consulenza. È stato membro dell’unità di ricerca, al Politecnico di Torino, nel progetto sul riciclaggio coordinato dal prof. Mario Grosso.

MARCATURA CE SUI PRODOTTI DA COSTRUZIONE
Milano
27 maggio 2003

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