Ance, si rafforza il ruolo delle imprese italiane all’estero

È questa, in estrema sintesi, la fotografia 2006 che emerge dall’indagine Ance sulla presenza delle imprese di costruzione italiane all’estero, presentata in occasione del convegno nazionale promosso da Ance e Oice sul tema ‘‘Costruzioni italiane nel mondo: più sistema per competerè’. Un evento che, dopo anni di caduta dell’attenzione sul tema dei lavori all’estero, ha avuto il merito di riaccendere i riflettori sulle potenzialità e le debolezze del sistema italiano delle costruzioni sui mercati internazionali, riunendo intorno allo stesso tavolo imprenditori, politici, rappresentanti della committenza pubblica e del mondo bancario, esponenti delle istituzioni europee e donatori internazionali. Ad aprire i lavori della giornata, che si sono articolati in 2 sessioni, è stato l’intervento del presidente dell’Ance Paolo Buzzetti, seguito dalla relazione del vicepresidente Ance Giandomenico Ghella, da quella del vicepresidente Oice Pier Paolo Vecchi e dall’intervento del viceministro per gli Affari Esteri Ugo Intini. Il convegno è proseguito poi con un dibattito, sul tema ‘‘Il Sistema Italia: quali le condizioni per crescere all’estero’’, condotto dal giornalista del Sole 24 Ore Giorgio Santilli e a cui hanno preso parte, oltre al presidente Agi Mario Lupo, Alberto Rubegni (amministratore delegato Impregilo), Giandomenico Magliano (direttore Cooperazione economica e finanziaria multilaterale del ministro per gli Affari Esteri), Giuseppe Cuccurese (direttore Rete Estera Intesa Sanpaolo), Mauro Moretti (amministratore delegato Ferrovie dello Stato), Stefano Granati (condirettore generale Anas), Massimo D’Aiuto (amministratore delegato Simest) e Giovanni Agostino Torelli (amministratore delegato Italconsult). La seconda fase dei lavori, nel pomeriggio, è stata aperta dall’intervento del presidente Oice Nicola Greco. Intervento a cui è seguita la seconda tavola rotonda, sul tema ‘‘Dal confronto con l’Europa, i modelli e le strategie per vincere oltreconfine, coordinata dal professor Aldo Norsa (Università Iuav di Venezia) e che ha visto la partecipazione di Gianalfonso Borromeo (presidente Eic), Luisa Todini (vicepresidente Fiec), Stefano Manservisi (direttore Sviluppo della Commissione europea), Enzo Quattrociocche (direttore esecutivo per l’Italia della Bers), Ignazio Angeloni (Direzione Rapporti finanziari e internazionali del ministero dell’Economia), Fabrizio Di Amato (presidente Maire Tecnimont e Animp) e Giuseppe Cafiero (amministratore delegato Astaldi). È intervenuto, a chiusura dei lavori, il sottosegretario del ministero per il Commercio internazionale Mauro Agostini.
La fotografia scattata dall’indagine Ance e presentata nel corso del convegno mostra con chiarezza un netto rafforzamento delle nostre imprese attive oltreconfine, che nel quadriennio 2003-2006 hanno quasi raddoppiato il loro fatturato estero (passato dai circa 2,5 miliardi del 2003 ai 5 miliardi del 2006 e che rappresenta oggi oltre il 44% del loro fatturato complessivo). Un dinamismo che si conferma anche per il 2007, come dimostrano i primi dati riguardanti le commesse all’estero relative all’anno in corso.
‘‘Si tratta di risultati – ha dichiarato il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti – che dimostrano come le imprese italiane di costruzione non solo sono ancora presenti sui mercati esteri, ma ogni anno affermano il loro valore, acquisendo nuove commesse di grande importanza e complessità’’. Ma Buzzetti ha anche messo l’accento, da subito, sull’ostacolo che più fortemente frena la crescita e la competitività delle nostre imprese nello scenario internazionale: la mancanza di un vero ‘‘sistema-Italià’, rappresentato da un solido fronte politico-bancario-istituzionale che sia davvero capace di ‘‘accompagnare e sostenere l’internazionalizzazione del tessuto imprenditoriale italiano. ‘‘Nei Paesi nostri diretti competitori – ha sottolineato infatti Buzzetti – le imprese di costruzione possono contare sulla presenza e sul sostegno di un sistema forte, che a noi invece manca. E questa nostra incapacità di procedere insieme, di fare realmente squadra, rischia di tagliarci fuori da sfide importanti che, per le nostre tecnologie e competenze, sarebbero invece alla nostra portata.
Un limite evidenziato anche dal vicepresidente Ance per i Lavori all’estero Giandomenico Ghella. Nonostante un quadro per molti versi positivo e incoraggiante – che ha visto ad esempio le nostre aziende aggiudicarsi, nel 2006, 209 nuovi contratti in 20 nuovi mercati – esistono per le imprese italiane, come è emerso dall’intervento di Ghella, non poche ombre.
‘‘C’è ancora molto da fare – ha dichiarato il vicepresidente dei costruttori – basti pensare che le imprese dell’indagine Ance complessivamente fatturano all’estero un quarto delle aziende francesi e di quelle tedesche, la metà di quelle spagnole, circa i due terzi di quelle inglesi’’.
E le ragioni di questo divario di competitività con le imprese straniere sono da ricercarsi, ha spiegato ancora Ghella, in vari elementi di debolezza che caratterizzano sia il mercato interno sia il sostegno alle imprese sui mercati esteri. E proprio su questi due terreni il vicepresidente dei costruttori ha sollecitato la messa in campo di politiche e strumenti adeguati per sciogliere i nodi che frenano la crescita delle nostre imprese. Richieste e proposte, quelle avanzate da Ghella a politica, istituzioni e mondo finanziario, che si basano su un principio molto chiaro: ’‘le imprese del settore delle costruzioni sono più forti all’estero quando possono contare su un mercato domestico efficiente e dinamico. È questa la realtà dei nostri competitors: un mercato interno sano e sviluppato’’.
Le imprese italiane partono invece da una situazione di svantaggio, causata da un mercato nazionale che è di fatto debole e inefficiente per 3 motivi: la mancanza di un programma di investimenti infrastrutturali capace di garantire certezze nel tempo; procedure lentissime e inefficienti che si traducono in un ingente danno non solo per le imprese ma per tutta la collettività, regole del gioco che mancano di chiarezza e che soprattutto non sono uguali per tutti.
Ma anche sul ‘‘fronte esterno’’, quando sono chiamate a far fronte alle sfide dei mercati globali, le imprese italiane si trovano spesso in una situazione sfavorevole rispetto, ad esempio, ai competitors spagnoli, francesi o tedeschi. A mancare è soprattutto un’ ‘‘agenda comune tra il sistema delle imprese e il settore pubblico, che consenta di mettere a punto strategie mirate ed efficaci per un settore – ha aggiunto Ghella – ‘‘assai diverso da quelli tradizionalmente al centro delle attenzioni delle nostre politiche di esportazione.
Per far fronte alle sfide della competizione globale la categoria non chiede strumenti nuovi, ‘‘ma un migliore coordinamento – ha dichiarato ancora Ghella – di quelli già esistenti. A partire da un rafforzamento della rete diplomatica, che le consenta di essere avamposto non solo politico ma anche economico, e di appoggiare quindi le imprese nell’identificare le nicchie di mercato e le nuove opportunità’’. Tuttavia qualche cosa deve cambiare anche nel modo di fare impresa. Quello che va superato, ha detto a questo proposito il vicepresidente Ance, ‘‘è l’eccessivo individualismo, che non agevola nè le integrazioni tra le imprese nè la crescita dimensionale, processi che invece hanno portato altri Paesi a raggiungere profili imprenditoriali di gran lunga superiori a quelli medi italiani’’. E in questo senso, tra le richieste forti dei costruttori c’è anche la creazione di organismi permanenti di dialogo, non solo tra le imprese di costruzione e il settore pubblico (ad esempio task force di coordinamento per aree omogenee) ma anche tra le imprese stesse, con l’obiettivo di dare vita a nuove e più forti sinergie e ad ampi progetti strategici di collaborazione. ‘‘Per troppi anni – ha concluso Ghella – siamo andati all’estero da soli. Oggi invece le nostre imprese devono presentarsi sostenute da una politica capace di incentivare la competitività delle aziende, sia sul fronte fiscale che su quello della gestione delle risorse umane.
La necessità di un segnale immediato volto all’alleggerimento del carico fiscale che oggi rappresenta un forte limite alla competizione internazionale delle nostre aziende è stata tra le principali richieste anche del vicepresidente Oice Pier Paolo Vecchi. ‘‘Al governo – ha detto Vecchi – chiediamo un intervento deciso sull’ Irap, un’imposta iniqua che non solo disincentiva le assunzioni impedendo alle nostre aziende di crescere dimensionalmente, ma distorce la competizione internazionale. Le società di ingegneria, ha detto ancora Vecchi, soffrono in sostanza degli stessi problemi delle imprese di costruzione: dimensioni troppo piccole, mancanza di risorse umane adeguatamente formate, un mercato interno povero e incostante sul fronte degli investimenti per nuovi interventi, mancanza di un adeguato sostegno da parte del sistema Paese. ‘‘Sistema che si può costruire – ha concluso il vicepresidente Oice – anche mettendo a punto una cabina di regia per la filiera delle costruzioni: una sorta di sportello unico a cui riportare esperienze, progetti, necessità e problemi del settore e attraverso il quale impostare strategie e azioni concrete e condivise.
‘‘Le vostre critiche mi sono sembrate dure ma giuste – ha replicato a costruttori e società di ingegneria il viceministro per gli Affari esteri Ugo Intini – perchè è vero che in questi anni, troppo spesso, non siamo riusciti a combattere ad armi pari con gli altri Paesi. Ma le cose stanno cambiando – ha aggiunto Intini – anche grazie al fatto che si è finalmente capito il ruolo cruciale della diplomazia a supporto delle imprese all’estero’’. Non solo: si sono trasformati ed evoluti, ha sottolineato il viceministro, i sistemi di informazione e assistenza alle imprese messi a disposizione dal ministero per gli Affari esteri. Primo tra tutti il cosiddetto ‘‘Extender’’: un sistema telematico in grado di fornire alle imprese non solo informazioni fondamentali sulle gare d’appalto internazionali, ma anche indicazioni e ‘‘anticipazioni’’ sui processi decisionali legati ai grandi progetti infrastrutturali.
Le proposte e le riflessioni emerse nella prima parte della mattinata sono state lo spunto del dibattito dedicato al Sistema Italia e alle condizioni per far sì che le nostre imprese possano crescere all’estero. La tavola rotonda è stata introdotta dal presidente Agi Mario Lupo, che ha sottolineato come, tra le varie difficoltà incontrate dalle nostre imprese attive a livello internazionale, c’è anche quella di trovarsi ad operare in mercati ‘‘non solo meno maturi e sviluppati, ma anche più complessi, soprattutto sul fronte dell’incertezza normativa, rispetto a quelli in cui agiscono i nostri competitori europei’’. Tema centrale del dibattito seguito all’intervento di Lupo è stato il ruolo della committenza e delle istituzioni nazionali nel nostro Paese. Rispetto alla grande committenza, rappresentata dall’amministratore delegato Fs Mauro Moretti e dal condirettore generale Anas Stefano Granati, è stato sottolineato da un lato l’aspetto troppo spesso conflittuale dei rapporti con il sistema delle imprese e dall’altro l’esigenza di un impegno comune finalizzato a dotare il Paese non solo delle opere necessarie, ma anche di opere di eccellenza. Solo in questa maniera ciò che viene costruito sul nostro territorio potrà costituire un efficace ‘‘biglietto da visita per i mercati esteri, come lo è stato, ad esempio, il sistema autostradale realizzato in Italia negli anni ‘60 e ‘70.
La sessione pomeridiana del convegno è stata aperta dall’intervento del presidente dell’Oice Nicola Greco, che ha sottolineato prima di tutto l’estrema importanza del momento di riflessione comune fortemente voluto da Ance e Oice, e che rappresenta senz’altro il primo passo di una nuova e fondamentale sinergia tra i due comparti. Greco è poi tornato sulla questione dell’internazionalizzazione delle nostre imprese: un processo che per essere realmente efficace richiede un impegno forte, da parte del governo, non solo sul fronte delle risorse e delle politiche economiche, ma anche della formazione universitaria dei giovani, mirata al loro inserimento operativo nelle imprese o al loro ingresso come classe dirigente nelle rappresentanze diplomatiche o negli organismi internazionali.
Il dibattito del pomeriggio, seguito all’intervento di Greco, è stato centrato sul tema dei modelli e delle strategie adottati dagli altri Paesi europei per rafforzare la competitività delle proprie imprese sui mercati stranieri. Paesi come Olanda, Spagna o Germania che, è emerso dalla tavola rotonda, sono stati capaci di sostenere concretamente lo sviluppo internazionale delle aziende attraverso programmi di investimento certi e costanti, un utilizzo mirato dei fondi strutturali europei, una presenza e un’azione di lobby capillari nelle istituzioni internazionali.
I lavori del convegno si sono chiusi con l’intervento del sottosegretario del ministero per il Commercio internazionale Mauro Agostini, che ha ribadito l’impegno del governo ad affiancare le imprese – attraverso un lavoro di coordinamento e raccordo che coinvolga anche le banche di sviluppo, gli enti europei e i donatori internazionali – nel loro sviluppo oltreconfine. Uno sviluppo che comunque già oggi, ha sottolineato Agostini, può fare leva su strumenti e azioni importanti: dalle missioni imprenditoriali organizzate con Abi e Confindustria con l’obiettivo di promuovere gli investimenti italiani in nuovi mercati e creare opportunità di collaborazione commerciale e industriale alle tante iniziative dell’Ice (Istituto nazionale per il commercio estero), mirate a sostenere l’internazionalizzazione soprattutto delle piccole e medie imprese.

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