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La fine del più lungo boom del dopoguerra è realtà.Sono almeno tre o quattro anni che da più parti s’invoca la crisi del mattone come una correzione necessaria alle follie del mercato immobiliare dell’ultimo decennio. Il primo a sollevare il problema fu il prestigioso settimanale inglese L’Economist che, un paio d’anni dopo aver tessuto le lodi dell’economia immobiliare per aver ‘salvato il mondo’ da una recessione dopo lo sboom della new economy, si accorse per tempo dei pericoli insiti in una risalita senza freni dei prezzi. Una medicina che aveva sì alimentato la crescita economica ma che ora poteva tramutarsi nel suo esatto contrario, una droga che poteva portare alla rovina. Negli Stati Uniti la correzione sia dei prezzi che del numero di transazioni è già cominciata, abbastanza bruscamente come avviene di solito in quel paese, un anno fa e da allora le Borse mondiali e l’economia del globo sono entrate in fibrillazione. La crisi dei mutui subprime non è altro che la miccia che ha fatto detonare la polveriera e creato pericoli per la crescita economica internazionale. Guardando però agli altri mercati, soprattutto europei, non sembrava che la crisi immobiliare Usa e l’effettosubprime avesse sortito effetti di rilevo. I prezzi delle case del Vecchio Continente sembravano allegramente fregarsene di quanto stava accadendo in America. Qualche apprensione era venuta dalla Spagna all’inizio del 2007, dove improvvisamente avevano preso delle batoste in Borsa molte società di costruzione e immobiliari. La spiegazione che era stata offerta per questa ‘anomalia’ spagnola stava nel fatto che l’economia di quel paese è molto connessa al boom delle costruzioni, molto più di qualunque altra. Ultimamente, però, i segnali della fine del boom sono arrivati, in maniera inequivocabile, anche dall’Italia. I dati retrospettivi diffusi ancora qualche giorno fa avevano ancora una volta gettato una cortina fumogena sull’intera vicenda: i valori immobiliari del primo semestre 2007 sembravano ancora, mediamente, in salita. Ma è proprio la media a ingannare. A un’analisi più attenta si poteva vedere che ci sono città, aree, segmenti immobiliari già in sofferenza. A Firenze e a Cagliari, secondo i dati elaborati da Toscano, davanti alla crescita c’è già un segno meno. Se poi si passa a un’analisi per segmenti, come fa la società di consulenza Scenari Immobiliari, si nota che a resistere finora, sul fronte dei prezzi, sono state soltanto le aree più centrali delle grandi città. «Nei medi capoluoghi dice il direttore Mario Breglia il mercato è a crescita piatta da un paio di anni, a dimostrazione di un equilibrio tra domanda e offerta. Il numero di scambi non è aumentato. In tante città (basti pensare a Modena, Piacenza, Vercelli, Udine…) c’è una valida alternativa nei comuni esterni, dove i prezzi delle case sono più bassi che in città e c’è grande offerta». Nei piccoli centri è invece già in atto una tendenza alla riduzione dei prezzi: «Qui dice Breglia sono attese riduzioni dei valori anche nel corso del 2008 (e la tendenza già si nota in questo fine anno). Ma perché accade questo fenomeno? Intanto qui si concentrano le nuove realizzazioni ed i costruttori, pur di vendere in fretta, sono disponibili a ridurre le quotazioni. Inoltre, qui c’è anche la domanda che più ha bisogno di un mutuo per comprare e allora i tempi di vendita si allungano e per chiudere una compravendita è necessario ridurre il prezzo richiesto». Resistono, come si è detto, i prezzi delle aree più centrali e pregiate delle grandi città. Chi ha un immobile che oltrepassa il valore di 800 mila un milione di euro è in un mercato diverso, che tende a rimanere stabile. Chi vende un pezzo pregiato resiste sul prezzo, preferisce arroccarsi e attendere più tempo, ma non svende, anche perché non ne quasi mai bisogno. Ma anche in questo segmento, che potremmo definire ‘alto di gamma’, secondo gli operatori ci sarà qualche limatura nei prossimi mesi. «In generale dice Luca Dondi, economista di Nomista esperto di mercato immobiliare già dalla fine di quest’anno vedremo i prezzi in sia pure leggera discesa e tale trend continuerà anche nel 2008». Il fatto è che tutti gli indicatori del settore immobiliare sono contemporaneamente rivolti al brutto e indicano una direzione di marcia già segnata. La gente chiede meno mutui (anche perché sono più cari), compra meno case (e la riduzione nel 2007 sarà di circa il 3,5 per cento), aspetta più tempo per portare a termine una transazione (a Milano si arriva ad attendere in media otto mesi). La correzione del mercato, dopo un boom durato dieci anni, è salutata come un fatto positivo da molti. Per una questione tecnica, prima di tutto. Perché anche nelle Borse ogni tanto esistono le correzioni più o meno profonde che consentono agli operatori di riposizionarsi: impossibile, del resto, pensare a un boom infinito. Ma anche per un fatto sistemico: la Banca centrale europea, a partire dallo scorso anno aveva più volte segnalato la necessità di un’inversione di marcia. Oltre certi limiti di prezzo il settore immobiliare si trasforma da motore dell’economia in forza che drena risorse e danneggia il ciclo virtuoso della produzione e dei consumi. Dunque benvenuta, correzione. Ma adesso tra gli addetti al settore circola un po’ di paura. La domanda è la seguente: quanto sarà profonda questa correzione? Sarà un atterraggio morbido o duro? In genere gli operatori sperano in un soft landing, cioè in un’inversione del ciclo da positivo a negativo in maniera morbida, in modo che tutti abbiano modo di riposizionarsi sul mercato senza gravi perdite. Ma il mattone è adesso a un bivio. «Se i tassi d’interesse dovessero continuare ad aumentare dice Lorenzo Bellicini dell’istituto di ricerca Cresme temo che ciò avrebbe effetti gravissimi sul settore delle costruzioni. Non bisogna infatti dimenticare che ben il 40 per cento delle compravendite totali è alimentato dall’onda delle nuove costruzioni. Ciò vuol dire che, se dovessero ancora aumentare i tassi, i costruttori entrerebbero in gravi difficoltà. Già le nuove costruzioni attese per il 2008 sono circa 326 mila, contro le 333 mila del 2007». Gli economisti come Luca Dondi temono effetti negativi a catena sull’economia italiana se la crisi immobiliare diventasse profonda: «Il peso sul Pil di questo settore è passato dal 5 al 5,7 per cento dal 1999 al 2006, generando anche molti nuovi posti di lavoro. Una forte crisi del settore si ripercuoterebbe su tutta l’economia italiana». Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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