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Indice degli argomenti Toggle Cos’è la biofiliaBiofilia in architettura: l’importanza del biophilic design, in teoria…… e l’applicazione praticaArchitettura biofilica, alcuni esempi in Italia e nel mondoKengo Kuma e l’ufficio green del futuroHeadquarter Oppo: tra innovazione e sostenibilità ambientaleKhoo Teck Puat Hospital, l’ospedale ecosostenibile di Singapore Introdurre la biofilia in architettura significa rispondere al bisogno innato dell’uomo di stare a contatto con la natura e di vivere questo legame anche negli ambienti confinati, quali sono la casa o l’ufficio. È stato infatti dimostrato da più fonti che la natura fornisce numerosi benefici agli esseri umani che ne fanno esperienza quotidiana, tra cui alcuni scienziati della Deakin University, in un articolo pubblicato su Frontiers Psychology. Si tratta del risultato di una ricerca basata su 49 studi, con un campione combinato di 3.201 partecipanti. Riporta che “l’esposizione agli ambienti naturali ha avuto un effetto medio-grande sia sull’aumento degli affetti positivi che sulla diminuzione degli affetti negativi. Questa scoperta supporta la dimensione emotiva anticipata dell’ipotesi della biofilia e conferisce credibilità alla teoria della progettazione biofilica.” Per questo motivo è utile arricchire la progettazione con i principi dell’architettura biofilica , un modus operandi che consente di configurare lo spazio in modo da generare ed alimentare tali connessioni. Cos’è la biofilia Prima di parlare di come declinare i principi biofilici in architettura, è opportuno approfondire la definizione del termine “biofilia”. Esso è stato usato per la prima volta nel 1973 dallo psicoanalista Erich Fromm, che l’ha intesa come “l’amore appassionato per la vita e per tutto ciò che è vivo”. Successivamente il sociobiologo Edward Osborne Wilson, negli anni Ottanta, ha espresso una definizione più specifica, ovvero la “tendenza innata a concentrarsi sulla vita e sui processi simili alla vita”. Nel suo libro Biophilia (1984) lo stesso ha ipotizzato che la biofilia rappresenti la tendenza degli esseri umani a concentrarsi e ad affiliarsi alla natura e in genere alle forme di vita. Non solo: secondo Wilson tale tendenza ha, in parte, una base genetica. Questa attrazione dell’uomo nei confronti della natura ed il conseguente bisogno di connessione con essa possono, anzi dovrebbero, essere soddisfatti anche attraverso l’ambiente costruito. «L’architettura biofilica è la risposta a questa necessità, che si concretizza progettando ambienti sani con l’impiego di elementi quali la luce naturale, i materiali bioedili (naturali e preferibilmente locali) e le piante ( facendo attenzione a ricreare le condizioni ideali per la loro crescita), oltre che caratterizzati da un impatto ridotto nei confronti del nostro pianeta», afferma Beatrice Spirandelli, architetto ed esperta di biofilia, titolare dello studio di progettazione in bioedilizia Mens sana in casa sana. Lei stessa sostiene che: «l’architettura biofilica contribuisce a prevenire significativamente le forme di stress a cui il corpo e la mente sono sottoposti quando si trovano in un ambiente costruito non propriamente “a misura d’uomo”. Essa, agendo a livello ancestrale e quindi sul nostro patrimonio genetico, è capace di innalzare il livello di salubrità e quindi di renderci più lucidi e reattivi, oltre che più sani sia mentalmente che fisicamente.» Oggi viviamo circa il 90% del nostro tempo in ambienti confinati, che sempre più spesso sono poco salubri. Spesso la concentrazione delle sostanze inquinanti indoor è peggiore di quella degli agenti che contaminano l’aria esterna e la maggior parte dei progetti non tendono conto di questo e delle propensioni naturali degli occupanti. «Anche l’uso della luce e l’impiego di colori e di materiali sempre più artificiali e lontani da quelli che la natura ci fornisce spontaneamente, che sono quelli a cui siamo istintivamente portati, non aiutano a ricreare le condizioni ottimali per vivere bene negli edifici. Quando si progetta sarebbe bene quindi ricordare e considerare questo fisiologico bisogno di natura: basterebbe già fare entrare nel modo corretto la luce del sole negli ambienti confinati per parlare di biofilia». Biofilia in architettura: l’importanza del biophilic design, in teoria… Per quanto riguarda l’impiego della biofilia in architettura, esistono alcuni esempi di edifici espressamente pensati, soprattutto negli Stati Uniti. Anche in Italia c’è qualche caso virtuoso: a Gressoney-La-Trinité, in Valle d’Aosta, è sorta due anni fa la prima scuola biofila d’Italia, realizzata secondo i canoni del biophilic design. Ma quali sono i principi basilari del biophilic design? Secondo il principale teorizzatore, Stephen Kellert sono cinque i punti essenziali: primo tra tutti un impegno ripetuto e prolungato con la natura. Essa si concentra sugli adattamenti umani al mondo naturale che, nel corso del tempo evolutivo, hanno migliorato la salute, la forma fisica e il benessere delle persone. La progettazione biofilica “incoraggia un attaccamento emotivo a particolari ambienti e luoghi”. Essa promuove interazioni positive tra le persone e la natura che incoraggiano un senso ampliato di relazione e responsabilità per le comunità umane e naturali. Infine il biophilic design “stimola il rafforzamento reciproco, l’interconnessione e l’integrazione di soluzioni architettoniche”. … e l’applicazione pratica Come si coniughino in pratica questi principi lo spiega Beatrice Spirandelli: «Occorre prevedere la presenza di piante negli ambienti confinati, ma anche ospitare animali domestici – quando e se possibile – aiuta molto. Un punto essenziale è prevedere l’impiego di materiali naturali, soprattutto nei rivestimenti, sia che si tratti di nuove costruzioni o in interventi di ristrutturazione. Un ulteriore accorgimento importante è la possibilità di poter godere di una vista su un contesto quanto più possibile naturale quando ci sia affaccia dalla finestra, basta anche un albero che ci ricordi il passare delle stagioni». Fondamentale è anche prendere spunto dalla natura nella progettazione delle forme e delle proporzioni (biomorfismo) attraverso cui si sviluppano gli spazi. «Un terzo principio è prevedere una traccia dei processi che avvengono in natura, come ad esempio realizzare ambienti che riportino la patina del tempo. Inoltre, è importante contemplare gerarchie tra gli ambienti e negli spazi di collegamento, come pure considerare soluzioni decorative ispirate ai frattali, motivi geometrici che si ripetono nella forma allo stesso modo su scale diverse e che stimolano il nostro sistema mente-corpo-emozioni. Essi possono essere riportati su semplici rivestimenti come le carte da parati. Un ulteriore elemento da tenere presente è la qualità della luce che illumina gli spazi di vita, che deve essere privilegiata nella sua componente naturale e quando non è possibile ispirata ad essa nella variazione nell’arco della giornata e nel rispetto del rapporto luce/ombra ad esempio. Anche il genius loci, ovvero lo spirito del luogo intrinseco del territorio in cui si progetta, va considerato in una corretta progettazione biofilica. A questo proposito, si può pensare di adottare materiali locali o di riprendere una tecnica costruttiva tipica della zona. Infine si deve cercare di replicare quella relazione terapeutica che la natura può offrire all’uomo e che si concretizza nel piacere della scoperta, come la sensazione che si può sperimentare passeggiando in un bosco. La rivelazione e l’inaspettato sono elementi replicabili anche in architettura per restituire esperienze emozionali positive, capaci di alimentare la mente e il cuore. Per richiamare questo legame istintivo basta poco: alcune semplici immagini, riportate con i colori e le proporzioni giuste, possono riportarci a contesti naturali, soprattutto se abbinate alla luce naturale o ad una illuminazione artificiale che ne replichi le caratteristiche. In tutto questo si può ritrovare una connessione tra biofilia e bioedilizia, concretizzabile nella ricerca della salubrità nell’ambiente costruito che non può prescindere dall’adozione di principi e materiali naturali. Architettura biofilica, alcuni esempi in Italia e nel mondo Kengo Kuma e l’ufficio green del futuro Molto più di un semplice luogo di lavoro: Welcome, feeling at work è un perfetto esempio di architettura biofilica, un luogo virtuoso in cui la progettazione architettonica e la natura si fondono. Parco Lambro a Milano ospiterà presto il nuovo progetto firmato dall’archistar Kengo Kuma, il cui obiettivo è quello di creare uno spazio di lavoro perfettamente integrato in maniera armonica con il panorama circostante. La presenza della natura è rigenerante per lo spirito e per la mente: l’ufficio biofilico di Kuma sarà un luogo accogliente capace di infondere calma e benessere nelle persone. Welcome, feeling at work si configura come un complesso di 50.000 mq organizzato in sei strutture flessibili che si aprono verso il parco. Un’area multifunzionale dedicata non solo al lavoro: qui troveranno spazio anche aree wellness, ristoranti, negozi un supermercato, una hall per i meeting e anche uno spazio per eventi.La piazza sarà circondata dalle colline, le terrazze ospiteranno fiori e vegetazione e le corti open air offriranno lo spazio per riunione en plein air. L’elemento naturale è parte integrante del progetto: da questa commistione tra natura e tecnologia nasce l’ufficio del futuro, più ecosostenibile e a misura d’uomo. Headquarter Oppo: tra innovazione e sostenibilità ambientale Anche Bjarke Ingels ha scelto di abbracciare la visione biofilica nella progettazione del nuovo headquarter di Oppo, la nota azienda cinese produttrice di smartphone di ultima generazione. Headquarter Oppo, Img by Studio di Architettura BIG La O-Tower sarà un hub tecnologico internazionale, un edificio avveniristico dal design unico che richiama la forma di un cilindro tagliato in diagonale. Una scelta fatta dai progettisti per consentire all’edificio di auto-ombreggiarsi così da massimizzare l’esposizione ai raggi solari e ridurre il consumo di energia. Img by Studio di Architettura BIG La O-Tower presenta terrazze e ponti sospesi disseminate di fiori e piante. Seguendo il principio della biofilia, il progetto di BIG è pensato per connettere la natura e l’architettura. Un luogo accogliente in cui la connettività tra gli spazi esalta l’interazione umana, un’esperienza resa ancora più piacevole e stimolante dalla presenza del verde. Khoo Teck Puat Hospital, l’ospedale ecosostenibile di Singapore Solitamente l’architettura legata agli ambienti sanitari è minimal e lineare. Il Khoo Teck Puat Hospital di Singapore rovescia questo paradigma: l’edificio, progettato da RMJM, integra soluzioni naturali per creare un ambiente di grande benessere per i pazienti. Khoo Teck Puat Hospital – Img by RMJM La struttura ospedaliera si presenta come una distesa di spazi verdi, disseminati in ogni piano. Il verde come “cura”: il contatto con la natura ha un potere benefico per il paziente, aiutandolo nel suo percorso di guarigione dalla malattia. Khoo Teck Puat Hospital – Img by RMJM Dal punto di vista progettuale, l’edificio di RMJM è realizzato in modo da convogliare la circolazione dell’aria e ridurre l’uso di sistemi di ventilazione meccanica fino al 60%. Il verde è funzionale anche per il comfort termico: grazie alle piante si crea un microclima fresco e un’aria più salubre. Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 2021 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento