Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Il 24 gennaio 2023, ad Ahmedabad in India, è scomparso l’architetto, urbanista e professore indiano Balkrishna Doshi. Morto all’età di 95 anni, ha alle spalle una lunga carriera professionale con all’attivo oltre cento opere realizzate tra edifici e progetti urbani, esperienze accademiche e didattiche, concorsi, sperimentazioni e collaborazioni con i principali maestri nel campo dell’architettura del XX secolo come Le Corbusier e Louis Khan. Ciononostante, solamente nel 2018 – ormai novantenne – viene insignito del Premio Pritzker, il premio Nobel dell’architettura, il più alto riconoscimento esistente nel campo del costruire, assegnato per la prima volta ad un architetto indiano. Prima dell’ultimo premiato – l’africano Francis Kéré (2022) – e qualche anno dopo Sir Richard Rogers (2007) e Renzo Piano (1998). La giuria del Pritzker ha proclamato la vittoria di Doshi sostenendo che “ha sempre creato un’architettura seria, mai appariscente o seguace delle tendenze” notando il suo “profondo senso di responsabilità e il desiderio di contribuire al suo paese e alla sua gente attraverso un’architettura autentica e di alta qualità“. Glenn Murcutt, celebre architetto australiano, tra i membri della giuria e vincitore a sua volta del Pritzker nel 2002, rimarca che “Doshi si è dedicato ai problemi affrontati dalle persone che vivono intorno a lui: il bisogno di alloggi, l’importanza dell’istruzione e il senso di una comunità condivisa”. Indice degli argomenti Toggle Premo Pritzker 2018L’influenza dei maestri: Le Corbusier e Louis KahnKamala House, 1959Institute of Indology, 1962School of Architecture (CEPT), 1966Sangath: lo studio dell’architetto, 1980Aranya Low cost housing, 1989Indian Institute of Management (IIM), 1992Amdavad Ni Gufa, 1994 Premo Pritzker 2018 Primo architetto indiano insignito del prestigioso premio Pritzker, Doshi ha ottenuto la più alta onorificenza nel campo dell’architettura, portando a casa la 40esima edizione della competizione internazionale. La giuria del Pritzker evidenzia che: “Nel corso degli anni, Balkrishna Doshi ha sempre creato un’architettura seria, mai appariscente o seguace delle tendenze. Con un profondo senso di responsabilità e il desiderio di contribuire al suo paese e alla sua gente attraverso un’architettura autentica e di alta qualità, ha creato progetti per pubbliche amministrazioni e servizi pubblici, istituzioni educative e culturali e residenze per clienti privati, tra gli altri.” E continua: “Doshi è profondamente consapevole del contesto in cui si trovano i suoi edifici. Le sue soluzioni tengono conto delle dimensioni sociale, ambientale ed economica, e quindi la sua architettura è totalmente impegnata con la sostenibilità”. L’architettura di Doshi esplora le relazioni tra i bisogni fondamentali della vita umana, la connettività al sé e alla cultura e la comprensione delle tradizioni sociali, nel contesto di un luogo e del suo ambiente, e attraverso una risposta al Modernismo. I ricordi dell’infanzia, dai ritmi del tempo al suono delle campane del tempio, informano i suoi progetti. Descrive l’architettura come un’estensione del corpo e la sua capacità di affrontare attentamente la funzione riguardo al clima, al paesaggio e all’urbanizzazione è dimostrata attraverso la scelta dei materiali, gli spazi sovrapposti e l’utilizzo di elementi naturali e armonizzanti. Nel ringraziare la giuria “per questo riconoscimento profondamente toccante e gratificante” egli ne coglie la conferma del suo lavoro nel quale “lo stile di vita e l’architettura si fondono“. “Le mie opere sono un’estensione della mia vita, filosofia e sogni che cercano di creare un tesoro dello spirito architettonico. Devo questo prestigioso premio al mio guru, Le Corbusier. I suoi insegnamenti mi hanno portato a mettere in discussione l’identità e mi hanno spinto a scoprire nuove espressioni contemporanee adottate a livello regionale per un habitat olistico sostenibile“, commenta Doshi. L’influenza dei maestri: Le Corbusier e Louis Kahn Nato il 26 agosto 1927 a Pune (una grande città del Maharashtra, uno stato dell’India Occidentale), Balkrishna Vithaldas Doshi è oggi celebrato come architetto di fama internazionale. Nonostante la sua famiglia da due generazioni fosse dedicata al settore dei mobili, egli si interessò all’architettura e nel 1947 si iscrisse alla JJ School of Architecture di Mumbai prima di andare a Parigi per lavorare con Le Corbusier tra il 1951 e il 1954. Tornato ad Ahmedabad per supervisionare i progetti di Le Corbusier, tra cui il Mill Owners Association Building e il Villa Sarabhai, alla fine si stabilì in quella città, dove progettò la sua residenza chiamata Kamala House in onore di sua moglie. Doshi insieme a Le Corbusier A partire dal 1962, Doshi ha anche lavorato con Louis Kahn come socio per costruire l’Indian Institute of Management ad Ahmedabad, e hanno continuato a collaborare su altri progetti per oltre un decennio. Doshi insieme a Louis Khan Nel 1958 è stato membro della Graham Foundation for Advanced Studies in the Fine Arts. Ha poi avviato la Scuola di Architettura nel 1962. Kamala House, 1959 Doshi si stabilì definitivamente ad Ahmedabad, dove progettò tra gli altri, la sua residenza chiamata Kamala House in onore di sua moglie. La ricerca dell’identità dell’architetto è culminata nella storia di “quattro colonne e una scala” in una fornace di mattoni. Questa è diventata la base per il design della sua casa di famiglia. La casa utilizza mattoni locali come materiale di base per la costruzione e ha un orientamento adeguato al controllo del clima. La griglia a croce della pianta quadrata è sostenuta da quattro colonne quadrate con muri portanti in mattoni. Volumi quadrati dinamici all’interno della pianta a croce trasformano gli spazi in soggiorno, sala da pranzo e camera da letto che si aprono sul giardino come luoghi panoramici e per sfruttare la ventilazione naturale. Di sera, l’apertura dei grandi spazi verso il giardino retrostante trasforma la casa in un padiglione all’interno di un giardino. La piccola scala di meno di due piani conferisce alla casa un carattere originale e suggestivo. Institute of Indology, 1962 L’Istituto di Indologia è stato progettato per ospitare antichi manoscritti, un centro di ricerca e, infine, un museo. L’architetto confessa che “Tutti gli elementi che si trovano negli edifici indiani sono presenti [qui]. Avevo studiato un Jain upashraya, una casa per monaci, prima di progettarlo. Avevo anche incontrato diversi santi giainisti in città per capire l’architettura tradizionale di questo tipo di edificio”. Institute of Indology: Ingresso e facciata nord I due piani dell’edificio, l’alto piedistallo e la veranda a tutta lunghezza sono tutti componenti degli edifici tradizionali indiani. Il progetto dell’edificio tiene in debita considerazione i livelli di illuminazione, temperatura e umidità allo scopo di preservare gli antichi manufatti conservati all’interno. Per preservare i rari manoscritti l’architetto propone un seminterrato luminoso e areato, orientato secondo l’asse nord-sud. Il piano rialzato è adibito all’amministrazione e il primo piano ad una sala convegni con ballatoi periferici. L’incorporazione di queste soluzioni in una struttura in cemento armato ha conferito all’edificio la forma di una nave e i dettagli di un haveli in legno (casa tradizionale storica in India, Pakistan, Nepal e Bangladesh). School of Architecture (CEPT), 1966 Doshi è stato fondatore, ex direttore ed ex presidente della School of Architecture and Planning (Ahmedabad, 1966–2012), ribattezzata CEPT University nel 2002. La presenza di una fornace di mattoni evoca i ricordi dell’infanzia. Allo stesso modo, l’educazione senza porte trasmette sia scambi formali che informali. I vincoli diventano una virtù e si traducono in un edificio semplice, frugale, che combina la tecnologia con le risorse di luce, ventilazione e verde. Grandi lucernai catturano la luce diffusa del nord e la irradiano con armonia dall’alto nelle aule studio. L’immagine risultante è una fabbrica illuminata a nord: alberi sparsi e capanne preesistenti si trasformano in una nuova generazione di aule. Sangath: lo studio dell’architetto, 1980 Dell’enorme gamma di edifici completati, che includono istituzioni, complessi ad uso misto, progetti abitativi, spazi pubblici, gallerie e residenze private, Doshi ricorda uno dei suoi sforzi più personali, Sangath (Ahmedabad, 1980), il suo studio di architettura. “Sangath fonde immagini e associazioni di stili di vita indiani. Il campus si integra, e le memorie dei luoghi visitati si scontrano, evocando e connettendo episodi dimenticati. Sangath è una scuola continua dove si impara, si disimpara e si riapprende. È diventato un santuario della cultura, dell’arte e della sostenibilità dove vengono enfatizzate la ricerca, le strutture istituzionali e la massima sostenibilità”. Sangath si traduce in “muoversi insieme“: la collocazione degli spazi comuni, tra cui un giardino e un anfiteatro all’aperto, evidenzia il rispetto di Doshi per la collaborazione e la responsabilità sociale. Tetti a volta, rivestimenti in piastrelle di porcellana a mosaico, aree erbose e spazi ribassati mitigano il caldo estremo indiano. Il dettaglio delle tessere di mosaico è ripreso nel tetto ispirato al guscio di tartaruga di Amdavad Ni Gufa, una galleria d’arte ondulata, simile a una caverna in cemento posta sottoterra, con opere di Maqbool Fida Husain. Sangath Campus integra i ricordi dei luoghi visitati in collisione: si fondono nel paesaggio, evocano e collegano episodi dimenticati. Allo stesso modo gli interni, popolati da attività multistrato assemblate in modo caotico, ricordano gli artisti del Rinascimento. In breve, Sangath è una scuola continua dove si impara, si disimpara e si riapprende. Come afferma lo storico modernista William Curtis: “Sangath è al limite tra l’industrialismo e il primitivismo, tra architettura moderna e forma vernacolare“. Aranya Low cost housing, 1989 Balkrishna Doshi ha intrapreso il suo primo progetto per alloggi a basso reddito negli anni ’50. Come dichiarò nel 1954: “Sembra che dovrei fare un giuramento e ricordarlo per tutta la vita: fornire alla classe più bassa l’abitazione adeguata“. Ha mantenuto la sua promessa in progetti come Aranya Low-cost Housing a Indore, Co-Operative Middle Income Housing del 1982, e molti altri. L’alloggio come rifugio è solo un aspetto di questi progetti. L’intera pianificazione della comunità, la creazione di spazi pubblici, semi-pubblici e privati sono una testimonianza della sua comprensione di come funzionano le città e dell’importanza del design urbano. Aranya Low Cost Housing è un complesso di abitazioni popolari realizzata nel distretto di Indore nel 1989, una comunità che attualmente ospita oltre 80.000 persone attraverso un sistema di case, cortili e un labirinto di percorsi interni. Oltre 6.500 residenze vanno da modeste unità di una stanza a case spaziose, che ospitano residenti a basso e medio reddito. Strati sovrapposti e aree di transizione incoraggiano condizioni di vita fluide e adattabili, consuete nella società indiana. Il master-plan prevede alloggi per le sezioni economicamente più deboli (EWS), oltre a famiglie a reddito medio e alto. Nel nucleo interno di ciascun settore, a ciascuna famiglia EWS è stato assegnato un terreno di 30 mq con zoccolo in mattoni, servizi igienici costruiti, acqua ed elettricità. Le sessanta case campione dimostrative iniziali mostravano le possibili variazioni tipologiche per singola famiglia, con la possibilità di un’ulteriore crescita spaziale per consentire il miglioramento della qualità della vita degli abitanti. In trent’anni, l’intera comunità completamente sviluppata, armonizza le virtù della scelta, della libertà e della solidarietà sociale. Come previsto, i gruppi EWS emulano la massimizzazione degli usi multipli dello spazio con il minimo sforzo. Indian Institute of Management (IIM), 1992 Cortili interconnessi con alti corridoi, intervallati da santuari e templi offrono pause per attività personali e sociali. È così che i templi dell’India meridionale sono diventati una seconda casa per tutti, oltre ad essere centri sociali e culturali. Allo stesso modo, i campus educativi dovrebbero essere senza confini e senza porte, per soddisfare questa esigenza come in un luogo sacro. Nel masterplan dell’IIM, Doshi reinterpreta diversi pergolati, corridoi e cortili aperti e coperti che collegano tra loro varie strutture come aule, sale per seminari, biblioteca, dormitori ecc. di tempo. Allo stesso modo, i muri esterni in pietra sono ricoperti dai rampicanti. Amdavad Ni Gufa, 1994 Le sfide tra un artista e un architetto danno vita ai risultati più inaspettati. Cercare l’insolito significava sollevare domande fondamentali: significato di funzione, significato di spazio, significato di tecnologia, struttura e forma. L’unica costante qui espressa è la modulazione della luce naturale, movimenti naturali che forniscono risposte non ricercate. Amdavad Ni Gufa è stato progettato per dimostrare la collaborazione tra un artista e un architetto. Una galleria sotterranea che ospita le opere dell’artista Maqbool Fida Husain, il design di Doshi è stato ispirato da una discussione tra i due avvenuta trent’anni prima del progetto. Si trattava di una risposta al clima e ai benefici degli spazi interrati o ipogei. Nel progettare il paesaggio e l’ingresso, l’architetto collega l’edificio al mondo esteso. “Amdavad Ni Gufa, concepita come una galleria d’arte, si è trasformata ed è diventata un organismo vivente e un centro socioculturale grazie alla sua insolita combinazione di progettazione assistita da computer, utilizzo di forme mobili in ferro-cemento e artigianato di artigiani locali che utilizzano prodotti di scarto”. Per approfondire: Meet Kumar, Critical Analysis of Aranya Low-cost housing : Housing – 5th Semester B.Planning, 2002 https://www.pritzkerprize.com/laureates/balkrishna-doshi https://www.sangath.org Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento