Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Indice degli argomenti Toggle Approccio nature basedI numeri del dissesto idrogeologicoInterventi antidissesto dalla carta alla realtàTecnologia intelligente per l’adattamentoCittà spugna in espansioneBuone pratiche dai Paesi Bassi Ad aggravare le condizioni di rischio idrogeologico nelle diverse Regioni italiane, con esiti particolarmente critici nelle ultime settimane a partire dall’Emilia Romagna, non sono solo le conseguenze dovute al cambiamento climatico, come le variazioni di temperatura che influenzano intensità e frequenza delle precipitazioni. Ma anche – e soprattutto – una progettazione territoriale basata sull’eccessiva urbanizzazione e una cementificazione che ha compromesso la naturale permeabilità del suolo. Insieme con la cronica mancanza di manutenzione e riqualificazione di canali, fiumi e reti di drenaggio delle acque. Approccio nature based Il cambiamento delle temperature e del regime delle precipitazioni ha acquisito modalità fortemente variabili nel tempo e nello spazio anche grazie alle condizioni naturali e antropologiche dei diversi luoghi. In primis dovute alla cementificazione che riduce la permeabilità del suolo e alla scarsa manutenzione e rinnovamento delle opere idrauliche. Le piogge di breve durata e alta intensità accrescono, infatti, il rischio di alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, a cominciare dall’aumento delle portate e dei volumi di piena lungo i principali corsi d’acqua con piene improvvise e rapide soprattutto nei bacini di piccole e medie dimensioni (flash floods), e con vere e proprie alluvioni in ambiente urbano (pluvial floods), fenomeno dovuto principalmente all’incapacità del sistema di drenaggio di gestire e smaltire rapidamente grandi quantità di acqua piovana. L’approccio nature based può contribuire a contenere gli effetti distruttivi del cambiamento climatico in atto. A cominciare dalla manutenzione, dal rinnovamento e dal ripensamento in toto delle infrastrutture idriche e della stessa pianificazione urbana e territoriale, prevedendo per esempio l’uso di pavimentazioni drenanti, ma anche da politiche di rinverdimento, piantumazione e cura del verde urbano. Una risposta possibile per affrontare le crisi aperte dai cambiamenti climatici negli ambienti urbani arriva anche dal concetto di resilienza, un approccio olistico e integrato basato sull’adattamento e sulla capacità di un territorio di affrontare le diverse problematiche con una visione di intervento ambientale, sociale ed economica che permette di gestire in modo ottimale il processo di trasformazione. I numeri del dissesto idrogeologico A dare spessore e dimensione geografica alla gravità dei fenomeni in atto sono i numeri. Il Rapporto 2023 sulle alluvioni, redatto dall’osservatorio Città Clima di Legambiente, mette in luce che dal 2010 all’ottobre dello scorso anno fra le Regioni più colpite da allagamenti dovuti a piogge intense sono la Sicilia (86 casi), il Lazio (72), la Lombardia (66), l’Emilia Romagna (59), la Campania e la Puglia (49) e la Toscana (48). Parlando di esondazioni fluviali la Lombardia conta 30 casi, seguita dall’Emilia Romagna con 25 e dalla Sicilia con 18. Le frane da piogge intense hanno colpito in particolare in Lombardia (12 casi), Liguria (11), Calabria e Sicilia (9). Fra le grandi città per gli allagamenti da piogge intense spiccano Roma (49 eventi), seguita da Bari (21), Agrigento (15), Palermo (12), Ancora, Genova e Napoli (10). Per le esondazioni fluviali Milano conta almeno 20 casi per i fiumi Seveso e Lambro, seguita da Sciacca (AG) con quattro, da Genova e Senigallia (AN) con tre. E il bilancio tende ad aggravarsi. Per il WWF, solo da gennaio a settembre di quest’anno sono circa 2mila gli eventi estremi registrati in Italia con nubifragi, tornado e grandinate. Secondo IdroGEO, la piattaforma nazionale sul dissesto idrogeologico realizzata dall’Ispra, a maggio 2024 gli edifici italiani che si trovano nelle aree più esposte al rischio idrogeologico superano i 2 milioni e 115mila gli edifici, cui si aggiungono 727 mila imprese. Di queste, oltre 84mila ricadono nelle aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata, con oltre 220mila addetti esposti a rischio. Oltre 640mila imprese sono ubicate in aree a pericolosità per alluvioni nello scenario medio. Oltre 1 milione e 300mila abitanti e quasi 548mila famiglie vivono in zone a rischio frane, mentre sono quasi 7 i milioni di abitanti in aree soggette ad alluvione. IdroGEO contiene anche dati e informazioni sulla pericolosità associata a frane e alluvioni dell’intero territorio italiano: su una superficie nazionale di 302.068 km2, il 18,4% è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (55.609 km2). Degli oltre 213mila beni architettonici, monumentali e archeologici presenti in Italia, quelli potenzialmente soggetti a fenomeni franosi nelle aree a pericolosità elevata sono oltre 12mila; se si considerano anche quelli ubicati in aree a minore pericolosità, la quota arriva a 38mila unità. Interventi antidissesto dalla carta alla realtà La risposta legislativa prova a mettere in campo azioni e strumenti. Se un primo passo lo compie il decreto n.434 del 21 dicembre 2023 del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica con il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, documento guida che riconosce nelle frane, erosione dei suoli, esondazioni di canali, fiumi e torrenti, alluvioni come alcuni degli effetti del cambiamento climatico in atto, e delinea le basi per la pianificazione a breve e lungo termine alle diverse scale da quella nazionale alle Regioni, ai Comuni. Per far fronte alle emergenze delle ultime settimane in Emilia Romagna, Sicilia e Calabria, il decreto legge n.153 del 17 ottobre 2024 enuncia le disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese attraverso la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico, con lo scopo di accelerare le azioni di tutela del suolo e di lotta al dissesto idrogeologico a partire dal rafforzamento dei poteri assegnati in materia ai presidenti di Regione, in qualità di commissari, e riprogrammando la gestione delle risorse per i diversi interventi finanziati. Dalla carta alla realtà il passo (non) è breve. Finanziamenti disponibili e programmazione, in una logica di azione coordinata e condivisa fra i diversi livelli della governance del territorio fra Europa e Italia, e una cultura della protezione ambientale e della sicurezza consapevole (e rispettosa) delle fragilità del territorio italiano, sono ancora i nodi da sciogliere per il varo di politiche innovative di mitigazione dei rischi. Fra i fondi a disposizione, la Commissione europea ha recentemente concluso la nuova call for proposal del programma Life 2024, aperta a imprese, università, governi nazionali, regionali e locali e ong impegnate nella conservazione della natura, nella protezione dell’ambiente, nel campo del cambiamento climatico e della transizione energetica, per un budget complessivo di 571 milioni di euro. Fra i diversi ambiti di azione considerati, alla mitigazione dei cambiamenti climatici è stato assegnato un fondo di 61,98 milioni di euro. Qualcosa si muove anche in Italia. Dallo scorso luglio è operativo il Fondo progettazione per la mitigazione del rischio idrogeologico, introdotto dal decreto 28 marzo 2024 n.77: con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, a disposizione di Regioni e Province autonome, ha l’obiettivo di finanziare la progettazione di interventi di rimessa in efficienza delle opere idrauliche, così come il recupero e miglioramento della funzionalità idraulica e dei reticoli idrografici. Per fare fronte alle crescenti emergenze in atto dovute a dissesto idrogeologico sul territorio nazionale, con particolare incidenza nelle aree appenniniche e della pianura padana, nella prossima legge Finanziaria potrebbero arrivare su richiesta del Mase 2,5 miliardi di euro contro 1,84 miliardi di quest’anno. Così il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin durante un intervento di Question Time alla Camera lo scorso settembre. Tecnologia intelligente per l’adattamento Il rapporto vitale fra il verde e l’acqua all’interno dell’ambiente costruito è la chiave di un possibile equilibrio, in quanto la presenza degli alberi è in grado di intercettare una parte delle precipitazioni grazie alle foglie, ai rami e al tronco, l’acqua può evaporare direttamente dalle superfici coinvolte; gli alberi assorbono l’acqua dal suolo attraverso le radici e la rilasciano nell’atmosfera tramite la traspirazione. Rallentando i flussi di acqua legati alle elevate precipitazioni atmosferiche. Una dimostrazione concreta del ruolo attivo delle piante nel contenimento dei danni causati dal cambiamento climatico, in sinergia con la tecnologia e la scienza, la porta a Milano il progetto non profit Prospettiva Terra, fondato da Stefano Mancuso, accademico e divulgatore scientifico e da Marco Girelli, CEO di Omnicom Media Group Italia, con la partnership di BAM e Fondazione Riccardo Catella. All’interno del parco urbano della BAM-Biblioteca degli Alberi. Isabelle Bailet, ricercatrice di PNAT, partner scientifico Prospettiva Terra Il partner scientifico è Pnat, spin off dell’università di Firenze e think tank composto da un team multidisciplinare di architetti e scienziati vegetali, che si occupa di trasferire le conoscenze sul comportamento delle piante elaborando soluzioni tecnologiche innovative ispirate al modello vegetale in progetti dalla piccola fino alla grande scala con principale campo di intervento l’ambiente costruito. Con un manifesto in sette punti, il progetto traccia una road map che coinvolge in un unico percorso cittadini, istituzioni pubbliche, enti culturali, aziende e associazioni, insieme con il mondo della ricerca scientifica e tecnologica e – soprattutto – il mondo vegetale, portatore di sapienza ed esperienza nell’evoluzione e nella capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali. Lo spessore empirico al contributo del verde nel contenimento dei rischi dovuti al cambiamento climatico arriva da una raccolta dati in tempo reale. Sui trecento alberi delle foreste circolari presenti nel parco sono stati installati sensori IoT sviluppati da Pnat che, dalla scorsa primavera, raccolgono i dati relativi a quanta CO2 è stoccata dal patrimonio verde, la quantità in metri cubi di pioggia intercettata e quella delle polveri sottili rimosse dall’atmosfera. Informazioni rese accessibili in spazi dedicati all’interno della città. I vantaggi sono molteplici e aprono la porta a una gestione innovativa del patrimonio arboreo urbano nel lungo periodo. Secondo il progetto, le soluzioni tecnologiche ideate da PNAT possono offrire in tempo reale le indicazioni dettagliate sulla stabilità di ogni albero e sui benefici apportati per la cittadinanza, consentendo anche, nello stesso tempo, di intervenire con efficacia sugli alberi a rischio evitando, in questo modo, i danni ingenti causati dai fenomeni meteorologici estremi. Città spugna in espansione Fra le soluzioni nature based, la creazione di “città spugna” resilienti rispetto ai cambiamenti climatici si basa sull’utilizzo di piante ed elementi vegetali per facilitare l’assorbimento di acqua e inquinamento, sulla sostituzione dell’asfalto con superfici permeabili e sulla mitigazione delle isole di calore nel tessuto urbano. In Lombardia sono già diversi i progetti avviati in questa direzione. Città metropolitana spugna è il programma da 50 milioni di euro varato da Città metropolitana di Milano e Gruppo Cap (gestore del servizio idrico integrato). Il programma mira a realizzare molteplici interventi di drenaggio urbano sostenibile per far sì che le città siano in grado di assorbire l’acqua piovana, soprattutto negli eventi più intensi, senza intasare le reti fognarie ed evitando in questo modo gli allagamenti. Il finanziamento del PNRR da oltre 50 milioni di euro ottenuto da Città metropolitana consentirà di riqualificare un’area complessiva di 530mila metri quadrati attraverso 90 interventi in 32 Comuni per aumentare il grado di resilienza delle città attraverso una gestione più sostenibile delle acque meteoriche. Il piano prevede di realizzare circa 300mila metri quadrati di nuove superfici verdi, con 2mila nuove piante e 32mila nuovi arbusti, e consentirà di risparmiare 126mila kWh annui di energia, pari a 11 tonnellate equivalenti di petrolio. Nel quadro di questo programma, è stato presentato ad aprile il progetto di città spugna per Paderno Dugnano. L’intervento da oltre, 1,6 milioni di euro prevede la riqualificazione di un’area di 25.332 m2 situata presso il campo sportivo di via Serra, che sarà depavimentata e trasformata in uno spazio drenante per accogliere e assorbire le acque di prima pioggia all’interno di un rain garden, “giardino della pioggia” che consiste in una lieve depressione del suolo ricoperta di verde che può gestire e controllare i flussi dovuti alle grandi quantità di acqua piovana, rallentandone la velocità di scorrimento superficiale e di impatto sui sistemi fognari e permettendo, nel frattempo, un’azione di depurazione naturale. A Pieve Emanuele il progetto di riqualificazione comprende tre interventi su un’area complessiva di oltre 14mila m2 per un investimento che supera il valore di 1,2 milioni di euro. In particolare, piazza Allende sarà disconnessa della rete fognaria attraverso la realizzazione di box alberati, trincee drenanti e pozzi di infiltrazione. Gli altri due interventi consentiranno di realizzare un nuovo sistema di drenaggio della strada e del parcheggio di via dei Pini e via dei Gelsi, basato su trincee drenanti e pozzi di infiltrazione, oltre alla disconnessione dalla rete fognaria. Gli interventi consentiranno anche un risparmio energetico di oltre 4,5mila kWh all’anno. A Busto Arsizio, in provincia di Varese, la riqualificazione della zona ZTL è l’opportunità colta dall’amministrazione comunale, in corso di realizzazione, per trasformare un’area urbana cementificata in una città spugna, attraverso un processo di depaving e di rinverdimento di tre vie del centro storico. Dalla riqualificazione da parcheggio a spazio urbano di piazzale Dolomiti della frazione Tai prende forma la città spugna a Pieve di Cadore, in provincia di Belluno. Il progetto Interreg con le città di Brunico e Lienz è studiato per migliorare la vivibilità e la funzionalità dell’area attraverso una riprogettazione che comprende l’uso di materiali riciclati e la creazione di aree verdi, che contribuiscono ad assorbire e recuperare le acque piovane oltre che ad abbassare le temperature. A Seregno (MB), dopo i gravi danni subiti dalla città nel luglio 2023 a causa di una grandine eccezionale e mini trombe d’aria, l’amministrazione comunale ha elaborato il Piano Clima, redatto in collaborazione con il consorzio Cise (Construction Innovation and Sustainable Environment) del Politecnico di Milano, a cura di Elena Granata (docente di Urbanistica del Politecnico di Milano), Fiore de Lettera e Silvia Pompameo (Planet B) e con il supporto tecnico di Fabrizio Delfini (urbanista). Il documento traccia le linee strategiche per la resilienza climatica a tutela della salute e dell’ambiente portando all’interno di un approccio unitario l’intero corpus delle discipline e delle azioni di pianificazione, gestione del suolo e delle risorse, benessere della popolazione, protezione attiva dal rischio di eventi climatici estremi. Con un taglio fortemente partecipativo aperto a tutte le componenti della vita sociale, cittadinanza inclusa. La transizione verso la città-spugna mette in campo strumenti che comprendono interventi di piantumazione e rinverdimento urbano con tetti verdi, aiuole e parchi, stagni e laghi, strade sterrate, sabbia e altre superfici permeabili che possono assorbire l’acqua velocemente rallentandone il deflusso in superficie, insieme con la possibilità di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche. Le piazze inondabili si trasformano in bacini di raccolta e stoccaggio delle acque meteoriche riducendo l’impatto sul sistema fognario e rendendo disponibile una risorsa da riutilizzare nei momenti di siccità o stress idrico. La depavimentazione contiene i flussi di scorrimento superficiali e consente la ricarica delle falde acquifere. Le vasche volano intercettano le acque meteoriche dovute a precipitazioni eccezionali in deflusso dalle aree situate ai piedi delle zone collinari e ne limitano l’impatto sulla rete fognaria cittadina. Buone pratiche dai Paesi Bassi Nei Paesi Bassi la gestione efficiente, l’ammodernamento e il ripensamento dei sistemi infrastrutturali che governano il rapporto fra la sicurezza del territorio e le acque va di pari passo con la rinaturalizzazione. In Olanda sono diversi i progetti sostenuti dal Rijkswaterstaat (organo del ministero delle Infrastrutture) nel corso degli anni per rispondere alle esigenze di protezione e resilienza dei territori costieri dai danni provocati da alluvioni e inondazioni, con una visione temporale di ampio respiro. Il Piano Delta contro le mareggiate integra protezione, sostenibilità e corretta gestione delle acque ed è strutturato su un sistema di tre chiuse, sei dighe e quattro barriere ed è integrato con una rete di impianti che consente di gestire le acque nei periodi di siccità monitorandone, nel contempo, la qualità. Entro il 2050, data entro la quale i Paesi Bassi intendono diventare carbon neutral, il Piano Delta prevede investimenti su tre direttrici: gestione del rischio inondazioni con interventi di ammodernamento infrastrutturale, approvvigionamento di acqua dolce anche con opere di potabilizzazione dell’acqua di mare, riprogettazione del paesaggio. Integrando in modo stretto sostenibilità e gestione idrica ecoefficiente, il progetto Hydraloop permette di raccogliere, trattare e riutilizzare l’85 per cento dell’acqua proveniente da consumi domestici per l’irrigazione dei giardini, la pulizia e le piscine. La raccolta delle acque sotterranee avviata dalla società Vitens per la gestione delle acque potabili porta a recuperare e riutilizzare per altri scopi calcio, ferro e altre sostanze chimiche. L’approccio nature based alla resilienza agli eventi atmosferici estremi e alla riduzione del rischio di danni ambientali rilevanti passa dall’intervento sulle acque fluviali; a partire dai principali fiumi a delta come Reno e Mosa, già al centro di inondazioni negli anni Novanta. Il programma Room for the River, sviluppato dal governo olandese, ha attivato fra 2006 e 2018 trenta progetti per un investimento di circa 2,3 miliardi di euro con particolare attenzione per la sostenibilità e per una progettazione in armonia con la natura. Room to the River, cioè spazio al fiume: per consentire il deflusso delle acque in caso di eventi meteorologici estremi e quindi fare fronte ai rapidi innalzamenti del livello delle acque, il programma è basato su azioni di ripristino delle pianure alluvionali naturali e delle zone umide, attraverso un processo di depoldering e il recupero delle dighe esistenti. In particolare, il depoldering (tecnicamente riallineamento gestito) prevede lo spostamento delle protezioni delle dighe verso l’entroterra, liberando spazio per accogliere i flussi di ingenti quantità di acqua. A Rotterdam è, anche, la pianificazione urbana a giocare un ruolo di primo piano. In caso di precipitazioni, la piazza Benthemplein si trasforma in un bacino di raccolta delle acque collegato a un sistema di raccolta dei flussi che alleggerisce il carico sul sistema fognario e ne permette la raccolta e il riutilizzo in caso di siccità. Dagli Stati Uniti d’America arriva l’esperienza di integrazione fra politiche di sicurezza ambientale contro i danni delle inondazioni e gestione efficiente delle acque, condotta dal Gruppo Webuild. La prima riguarda la costruzione del Northeast Boundary Tunnel (Nebt), a Washington D.C.. Lungo circa 8 km, il tunnel aumenta la capacità del sistema fognario cittadino limitando la frequenza, la forza e l’impatto delle inondazioni con la riduzione del 98% del volume di acque non depurate e reflue nel fiume Anacostia. A Fort Wayne, città dello Stato dell’Indiana, Webuild ha lavorato al progetto Three Rivers Protection and Overflow Reduction Tunnel, sistema di tunnel combinati che consentono di gestire le acque reflue cittadine e il loro sversamento nei fiumi. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento