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Il futuro del riscaldamento passa dalle caldaie a idrogeno. Non è utopia, ma un progetto serio su cui lavora Baxi, racconta Andrea Manini, head of Hydrogen & fuel cells program BDR Thermea Group Indice degli argomenti: Le potenzialità della caldaia a idrogeno Perché puntare sulla caldaia a idrogeno? La caldaia a idrogeno: vantaggi per il risparmio energetico e complessità A livello di componentistica che complessità pone la caldaia all’idrogeno? Il mercato in cui si pone la caldaia a idrogeno è davvero notevole: in Europa sono installate 140 milioni di caldaie a gas. Se la tanto sospirata transizione energetica deve prendere piede, può cominciare a farlo da qui: dal passaggio dalle fossili a una delle fonti rinnovabili più “gettonate” l’idrogeno verde – passando dalla decarbonizzazione delle case, la stragrande maggioranza delle quali è riscaldata col metano. In Italia c’è chi ha deciso di puntare sulla tecnologia 100% H2. È Baxi, storica azienda veneta parte di BDR Thermea Group che ha deciso di investire forte per sviluppare quella che reputa essere più che una semplice scommessa. Le potenzialità della caldaia all’idrogeno Sulle potenzialità dell’idrogeno e soprattutto sull’idrogeno verde sono in molti a crederci: sebbene oggi sia un prodotto di nicchia – solo il 4% del totale prodotto da elettrolisi e da fonti rinnovabili – gli obiettivi internazionali guardano con forte interesse al suo sviluppo. L’Unione Europea, nella strategia dedicata presentata nel 2020, ritiene fattibile l’installazione di almeno 6 GW di elettrolizzatori entro il 2024 e 40 GW entro il 2030; l’European Clean Hydrogen Alliance punta come obiettivo al 2050 alla copertura del 14% della domanda energetica mediante idrogeno verde. Le aziende ci credono: Bosch, per esempio, si aspetta che il mercato dei componenti per l’elettrolisi raggiunga un volume globale di circa 14 miliardi di euro entro 2030, come ha affermato Stefan Hartung, presidente del cda societario. Si aggiungano anche le intenzioni di diversi Paesi di bandire le caldaie a gas entro i prossimi anni: il Regno Unito l’avrebbe già prospettato per il 2025. La stessa Commissione Europea starebbe meditando di fissare una quota pari al 20% di idrogeno per le caldaie a gas. Le nuove caldaie a gas immesse sul mercato europeo potrebbero presto essere obbligate a funzionare con “almeno il 20% di idrogeno” secondo i nuovi standard previsti a livello UE. In ogni caso, perché una realtà come Baxi e BDR Thermea Group, ha deciso di lavorare sullo sviluppo di una caldaia a idrogeno al 100% con un piano di produzione atteso a 400 impianti l’anno e arrivare, entro il 2025, alla diffusione su larga scala di caldaie alimentate interamente a idrogeno con zero emissioni nell’utilizzo della caldaia? Quali vantaggi e complessità comporta una scelta di questo genere? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Manini, head of Hydrogen & fuel cells program BDR Thermea Group. Perché puntare sulla caldaia a idrogeno? È una scelta che parte dal momento in cui il mondo si è accorto della degenerazione climatica in atto, del riscaldamento globale che pone la Terra – e tutti noi – in una situazione a rischio irreversersibile. Dobbiamo rimediare e agire. Lo si è detto a Glasgow, alla COP26 in occasione della quale BDR Thermea Group ha mostrato la propria caldaia a idrogeno per proporre la propria visione e uno strumento utile al cambiamento. L’idrogeno è legato all’acqua, si ottiene separandolo dall’ossigeno e quando viene bruciato rilascia vapore acqueo. È un vettore energetico necessario per decarbonizzare un settore altamente impattante. Ma oggi l’idrogeno è prodotto per lo più da fonti fossili, una scelta inefficiente oltre che fortemente impattante a livello ambientale. Nel futuro, quando si arriverà a produrre sufficiente energia da fonti rinnovabili per creare un surplus pronto per essere sfruttato dagli elettrolizzatori, potremo avere disponibilità ampie di green hydrogen. È una prospettiva su cui l’Unione Europea ha programmi ambiziosi: si punta all’obiettivo net zero nel 2050. Questo impone un drastico cambio di paradigma, anche a livello energetico. Occorre sostituire il quantitativo di gas oggi impiegato per gli scopi energetici e di riscaldamento e che arriva a coprire l’80% dei consumi odierni. L’idrogeno può essere poi trasportato attraverso le condotte del gas: buona parte delle quali già oggi possono farlo. Ci sono anche altre possibilità. Già oggi il Giappone, che punta da tempo sull’idrogeno, sta costruendo navi per il trasporto di H2. C’è poi un innegabile vantaggio dell’idrogeno… Quale? La possibilità di mantenere infrastrutture già oggi presenti e alimentare le caldaie a idrogeno, con tempi uguali in termini di riscaldamento e mantenendo le abitudini ormai consolidati in milioni di utenti. In Europa si contano 140 milioni di caldaie installate. Certo, c’è anche la possibilità di passare alle pompe di calore, ma non è un’opportunità così facile in molte abitazioni, specie quelle datate quasi il 70% delle case italiane sono state costruite prima degli anni Ottanta e non va meglio in Europa – nda. Fare il passaggio dalla caldaia a gas alla caldaia all’idrogeno implica contare su 70mila installatori italiani che già oggi potrebbero tranquillamente passare all’idrogeno senza particolari problemi. La caldaia a idrogeno offre vantaggi dal punto di vista del risparmio energetico? Partiamo da un livello di alta efficienza, nel campo delle caldaie a gas, da cui la caldaia a idrogeno ha molte assonanze a livello di componentistica (per l’80% è uguale). Quindi, l’obiettivo minimo è assicurare lo stesso livello di efficienza. Parliamo però di un prodotto a emissioni zero: sostituendo il metano con l’idrogeno verde, a parità di prestazioni le emissioni di CO2 sono azzerate. È un vantaggio innegabile. Quali sono le complessità che comporta l’adozione dell’idrogeno? L’ostacolo più grande è convincere gli enti erogatori a sostenere la distribuzione dell’idrogeno. Un vantaggio di questo elemento è la possibilità di essere veicolato attraverso la maggior parte delle condutture della rete già esistente. Nel diametro di un tubo oggi impiegato per il gas naturale può viaggiare molta più energia rispetto a un cavo elettrico delle stesse dimensioni. Questo perché la dispersione sui cavi dell’energia elettrica dovute all’attrito è sensibile. Quando si ha una produzione eccessiva in Puglia da rinnovabili, inviarla tramite rete elettrica in Lombardia è impensabile per i costi e per la dispersione. È lo stesso problema che scontano i Paesi del Nord Europa nei momenti di picchi produttivi. Comunque è una questione di tempo per il passaggio dal metano all’idrogeno verde, come abbiamo vissuto il passaggio dal gas di città al gas naturale. L’Italia come si pone nella volontà di supportare la transizione all’idrogeno? A livello normativo e decisionale è priva di una strategia di supporto manca persino un programma di lavoro mirato per lo sfruttamento dell’idrogeno per riscaldamento. È un peccato perché si tratta di un mercato potenzialmente molto interessante. A livello di componentistica che complessità pone la caldaia all’idrogeno? Come detto, per l’80% le parti sono analoghe alle più avanzate caldaie a metano. Il bruciatore è la parte più evidente soggetta al cambiamento. Ma ci stiamo lavorando da anni: già dal 2016 ci siamo mossi, coinvolgendo anche alcuni fornitori nella progettazione e ottimizzazione delle parti utili per il passaggio. Certo, il collaudo implica un’attenzione maggiore rispetto a una tecnologia a gas tradizionale. Abbiamo lavorato sul design del prodotto e su quello di processo per realizzare i prototipi: è stato un investimento “al buio”, ma supportato da una tendenza già viva in Nord Europa e che ci ha spronato ad avviare la ricerca e la sperimentazione a partire proprio da lì, supportando la visione di cambiamento esistente in UK e in altri Paesi. Prima linea Europea per la produzione di caldaie funzionanti a idrogeno puro Anche la realizzazione del nostro impianto per la produzione di idrogeno verde in sede ha fatto parte di questo progetto, per consentirci di produrre in casa la materia prima utile. Quali saranno i prossimi passi? Attualmente siamo concentrati su field test in Olanda, nel Regno Unito, in Germania, in Francia. Estenderemo poi il campo di sperimentazione con dimostrativi in Spagna e Italia: si sono proposti anche Polonia, Repubblica Ceca, Belgio. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento