Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Le tecniche costruttive fanno passi da gigante, i costi dell’architettura naturale sono ormai uguali a quelli dell’edilizia tradizionale, i vantaggi ambientali sono enormi. Eppure fra progettisti e maestranze c’è scetticismo e scarsa conoscenza. A tutto vantaggio del Sistema Italia. Mentre la maggior parte fra progettisti, costruttori e proprietari di casa ancora fatica a capire i vantaggi delle più elementari forme di risparmio energetico negli edifici italiani, la ricerca fa passi da gigante. E le avanguardie già si confrontano su termini quali “neoedilizia” e “post-sostenibilità”. Di esempi concreti di questa nuova filosofia edilizia ce ne sono a bizzeffe: usare la canapa per eseguire mattoni, ad esempio. Una tecnica con radici antiche, ma vista con scetticismo nell’edilizia tradizionale. “Eppure un suo utilizzo permette di risparmiare il 90% di acqua in meno rispetto a quella necessaria nel caso del cemento e poco meno di un terzo di energia” spiega Erich Trevisiol, docente di Progettazione sostenibile all’università IUAV di Venezia e moderatore del convegno organizzato da ANAB (Associazione nazionale Architettura bioecologica) al Klimahouse di Bolzano, la fiera internazionale specializzata nell’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia. “In più – aggiunge Trevisiol – usare la canapa vuol dire poterla coltivare e produrre davanti al cantiere, in modo da poter avere la materia prima davvero a chilometro zero”. Un approccio non più procrastinabile, visto che il settore delle costruzioni incide per il 40% sui consumi di energia, per il 30% sull’uso di risorse naturali e sulla produzione di rifiuti, per il 20% sul consumo d’acqua ed è causa del 40% delle emissioni di anidride carbonica. Dati che fanno comprendere meglio il concetto alla base della neoedilizia: “Ormai, viste le tecniche costruttive che abbiano già a disposizione, per poter essere davvero sostenibile, l’edilizia deve preoccuparsi del nesso esistente tra acqua, energia e cibo, puntando quindi a ridurre quanto più possibile il consumo di questi tre fattori”, spiega Trevisiol. Una approccio rivoluzionario per il settore delle costruzioni. Una rivoluzione per giunta pronta ad esplodere, perché dal punto di vista tecnico non ci sono ostacoli da superare per una diffusione su larga scala dei principi dell’architettura naturale. Ma mentre la ricerca va avanti, a far da freno, c’è paradossalmente lo scarso aggiornamento di architetti, ingegneri e operai edili. “Se non entriamo nella testa dei progettisti, i clienti non arriveranno mai a sapere che esiste la possibilità di costruire in modo diverso e con maggiori vantaggi ambientali ed economici”, ammette Trevisiol, che denuncia: “La cosa più difficile da fare è convincere gli operai e imprese a usare questi materiali”. Una ritrosia che non è (più) giustificabile con un aumento dei costi di costruzione, che di anno in anno sono diminuiti, fino ad essere assolutamente comparabili con quelli dell’edilizia tradizionale. “Dieci anni fa era attorno al 15%. Oggi il differenziale è a zero” conferma Trevisiol. E allo scarso know how di progettisti e maestranze si aggiunge la normativa italiana, spesso poco attenta a stimolare la diffusione di soluzioni a basso impatto. Con l’ulteriore paradosso che, essendo la normativa sull’edilizia demandata agli enti locali, a pochi chilometri di distanza convivono eccellenze e norme più arretrate. “L’Italia è a macchia di leopardo. Ogni Regione ha le sue norme. Addirittura i nuovi materiali non trovano spazio nei prezziari di molte realtà locali. È difficile pure insegnare le normative all’università. Una situazione di arretratezza che dobbiamo sconfiggere, perché se non puntiamo con decisione su questi nuovi tipi di produzioni non usciremo mai dalla crisi”. Canapa al posto del cemento 1 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento