Da cemento e calcestruzzo segnali incoraggianti

Il 2018 si è chiuso con un segno più in termini di volumi realizzati, sulla falsa riga del 2017. Incertezza invece sui fatturati, messi a dura prova dalla crisi delle principali imprese di costruzioni italiane. Per il 2019 gli operatori si dimostrano ottimisti. Parlano i presidenti di Federbeton e Atecap.Analisi Crescme, Da cemento e calcestruzzo segnali incoraggiantiSecondo il XXVI° Rapporto congiunturale del Cresme, dal comparto del cemento e calcestruzzo provengono segnali incoraggianti: dopo nove anni continui di riduzione dei fatturati, il dato del 2017 è tornato a crescere. Sulla base del campione del centro studi romano, infatti, l’aumento complessivo del fatturato di quell’esercizio è stato dell’1,2%. Un dato lontano dai tassi di crescita dei prefabbricati o dell’acciaio, ma è un segnale che finalmente fa sperare in una inversione di tendenza.

Il calo che in questi anni si è registrato in Italia è un dato che si può estendere a livello mondiale. Secondo i dati di Aitec – l’associazione tecnico economica del cemento, che è organo di rappresentanza dell’industria cementiera nazionale, che aderisce a Confindustria e a cui sono associate tutte le principali aziende del settore che, con oltre 57 unità produttive distribuite sul territorio nazionale, rappresentano oltre il 90% della produzione nazionale – nel 2017 i consumi mondiali di cemento sono diminuiti di circa 55 milioni di tonnellate (-1,4%) rispetto all’anno precedente, attestandosi a quota 3,91 miliardi. La Cina, con i suoi 2,31 miliardi di tonnellate consumate nel 2017, resta sempre il mercato più importante, che vale il 59,1% di tutti i consumi mondiali.

Per quanto riguarda il nostro Paese, nel 2017, la produzione di cemento è stata di 19,3 milioni di tonnellate, ferma ai livelli del 2016, ma dopo dieci anni di interrotte contrazioni e una perdita complessiva del 60% dei volumi, i consumi nazionali sono tornati a crescere segnando un aumento dello 0,3%, attestandosi a 18,7 milioni di tonnellate. Una variazione di tendenza imputabile, secondo l’Aitec, quasi esclusivamente alle costruzioni non residenziali private (+1,5% rispetto al 2016), che hanno beneficiato delle agevolazioni previste dal Piano nazionale Impresa 4.0 (variazione positiva che però non è riuscita a bilanciare la dinamica negativa delle opere pubbliche e l’inconsistente recupero degli investimenti finalizzati alla realizzazione di nuova edilizia residenziale).

Secondo Aitec, degno di nota è il dato relativo all’andamento dei permessi di costruzione riferiti all’edilizia residenziale, tradizionale anticipatore della ripartenza dei consumi di cemento, che l’Istat aveva annunciato essere in crescita. Per il 2018, le stime Aitec di qualche mese fa parlavano di uno scenario caratterizzato da un prudente ottimismo, con i consumi di cemento a quota di 19 milioni di tonnellate.

Anche secondo l’altra associazione di categoria, l’Atecap, l’Associazione tecnico economica del calcestruzzo preconfezionato, il settore ha frenato la contrazione e ha chiuso il 2017 con un +0,5% rispetto al 2016, invertendo una tendenza che andava avanti dal 2013, con una produzione ridotta del 25%, percentuale che tradotta in termini di volumi ha significato passare dagli oltre 36 milioni di metri cubi del 2013 a poco meno di 28 nel 2017.

Produzione calcestruzzo in Italia nel periodo 2013-2017
L’Italia del calcestruzzo preconfezionato nel 2013 e nel 2017 (fonte Atecap)

Le previsioni di qualche mese fa di Atecap per il 2018, parlavano di una crescita del 2% della produzione di calcestruzzo preconfezionato, a consolidamento dell’interruzione del trend negativo che ha caratterizzato l’ultimo decennio del settore.

Parlano i presidenti

ANDREA BOLONDI«Il 2018 ha confermato il dato di crescita dei volumi del 2017 – afferma Andrea Bolondi, presidente di Atecap e vice presidente di Federbeton, nonché direttore operativo di Unical -. Non così però per quanto riguarda i fatturati. Nel 2018 sono avvenuti alcuni fatti gravi, come la crisi delle principali imprese di costruzioni italiane: Astaldi, Grandi lavori Fincosit, Cmc e altre ancora che, pur in forme differenti, sono entrate chi in amministrazione straordinaria, chi in concordato preventivo, lasciando sul campo numerosi insoluti, cioè pagamenti non effettuati. Una situazione che ha pesato sui fatturati delle nostre società. E con le imprese si sono fermati anche i relativi cantieri: la galleria del Col di Tenda, la metropolitana di Catania, la statale Siracusa-Gela, una diga in Sardegna, i lavori al porto di Genova. Una situazione che ha bloccato anche i nuovi affidamenti. Per questo il 2018 è stato definito  l’“anno zero” delle costruzioni. Lo scorso anno poi abbiamo registrato le dimissioni dei consigli di amministrazione di Anas e Fs, due dei maggiori player del settore, con il cambio anche delle loro strategie dovuto al cambio di governo. Per non parlare della situazione di Autostrade per l’Italia dopo il crollo del ponte di Genova dell’agosto scorso. Infine, altro grosso problema ha riguardato il blocco delle attività dei Comuni alle prese con le nuove norme anticorruzione».

Un quadro allarmante, non c’è che dire. Ma nonostante tutto, il presidente Bolondi non sembra disperare.

“Non disperiamo perché, a fronte di questo quadro negativo, negli ultimi mesi qualcosa è successo in questo Paese. La politica, il governo, i mass media, l’opinione pubblica hanno colto che senza ripresa delle costruzioni non c’è ripresa dell’economia del Paese. Il tema degli investimenti è oggi, finalmente, in cima all’agenda politica dei nostri governanti. Parliamo del decreto sblocca cantieri, di riforma del Codice degli appalti, di grandi opere da rilanciare. Per questo, nonostante tutto, dobbiamo essere ottimisti. Crediamo che nei confronti del nostro settore esista oggi un’attenzione che prima non c’era e questo può consentirci di voltare finalmente pagina. Per questo mi schiero dalla parte degli ottimisti».

ROBERTO CALLIERI, PREESIDENTE DI ATEC E FEDERBETONChi si sofferma sulla pesante crisi attraversata dalla filiera del cemento e del calcestruzzo nel decennio 2008-2018, è Roberto Callieri, presidente di Aitec e di Federbeton, la Federazione che in Confindustria rappresenta la filiera del cemento e del calcestruzzo.

«Negli ultimi dieci anni – afferma Callieri – il nostro settore ha subìto la chiusura di circa 12mila imprese, la diminuzione di un terzo del fatturato totale, sceso del 40%, da 20 a 12,5 miliardi di euro, alla perdita di oltre 50 mila addetti. Emblematico è stato il crollo dei volumi di cemento, scesi da 43 milioni di tonnellate prodotte nel 2008 a 19 milioni circa dieci anni dopo. Tra l’altro, la filiera del cemento e del calcestruzzo, legata al comparto delle nuove costruzioni e delle grandi opere, non ha potuto beneficiare né dell’export né degli incentivi fiscali per le ristrutturazioni e il bonus energetico. Da anni, le imprese del calcestruzzo e del cemento assistono al sostanziale blocco dei cantieri di molte infrastrutture. Opere che, grandi o piccole, sono da sempre sinonimo di connessione, sviluppo, progresso. Malgrado la reale complessità  di questa congiuntura economica, le imprese del cemento e del calcestruzzo non hanno mai smesso di investire in innovazione e sono in grado di contribuire in maniera decisiva al rilancio dell’economia del Paese. Centrale risulta quindi l’accelerazione degli investimenti pubblici già  programmati, per mantenere i livelli minimi di attività  per il comparto, realizzando le opere necessarie in tempi ragionevoli».

 

I primi dieci del settore

Come per altri settori, anche per quello del cemento e calcestruzzo, per l’anno 2017 Cresme ha stilato la classifica per fatturato delle prime dieci società produttrici. Saldamente in testa è Italcementi, con 419,6 milioni di euro, anche se ha fatto registrare un -2,3% sull’anno precedente. Al secondo posto Buzzi Unicem con 244 milioni (4,3% sul 2016), seguito da Unical con 204,5 (+1,3%). Dalla quarta alla decima posizione, troviamo Colacem (192,2; -3,5%), Superbeton (165,7; +13,4%), Calcestruzzi (148,8; -4%), Colabeton (109,4; +3,1%), Grigolin (81,1; +7,9%), Cemitaly (ex Cementir con 77,8; +1,1%) e infine Italsacci (70,1; +222%). Il totale del campione porta un valore di fatturato delle prime dieci società a 2miliardi e 20 milioni di euro, con un incremento sul 2016 dell’1,2%.


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