Cemento carbon-negative: la ricerca lavora su soluzioni naturali

L’industria del cemento intende raggiungere l’obiettivo net zero al 2050. Per riuscirci, deve abbattere le emissioni. La ricerca lavora da tempo per trovare nuove soluzioni: dall’impiego di minerali naturali all’iniezione della CO2 nel calcestruzzo, ecco alcune delle idee più interessanti

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Cemento carbon-negative: la ricerca lavora su soluzioni naturali

Puntare a creare cemento carbon-negative è un obiettivo cui ambisce la ricerca e l’industria per rendere sostenibile la produzione del composito più importante, generato dal cemento: il calcestruzzo. Fondamentale per le costruzioni e le infrastrutture in tutto il mondo, dagli edifici ai ponti, dalle pavimentazioni alle dighe, il calcestruzzo rilascia ogni anno una quantità assai elevate di CO2.

Non potrebbe essere altrimenti: è il prodotto più consumato sulla terra, ricorda Princeton Student Climate Initiative. Si spiega così il fatto che oltre 4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno vengano emesse a causa dell’industria.

L’interesse di mercato che genera, giustifica ampiamente il suo utilizzo: a livello globale, il mercato del calcestruzzo è stato valutato a 617 miliardi di dollari nel 2020 e si prevede che raggiungerà i 972 miliardi di dollari entro il 2030 (fonte: Allied Market Research).

C’è però un’urgenza: combattere il climate change, riducendo notevolmente le emissioni di CO2. Tra gli interventi complessivi per riuscirci, anche l’industria del cemento deve puntare a raggiungere l’obiettivo net zero entro il 2050.

Come riuscirci? Anche grazie alla ricerca e all’impiego di opportuni materiali naturali. Uno di questi è l’olivina, il minerale più abbondante sulla Terra.

Cemento carbon-negative grazie all’olivina

L’olivina è un silicato di magnesio e ferro ed è il componente principale del mantello superiore della Terra. È usata in diverse applicazioni industriali ed è apprezzata per le sue caratteristiche che ne fanno un ottimo materiale di “carbon capture”: essa, infatti, è in grado di assorbire l’anidride carbonica in un rapporto 1:1 rispetto alla propria massa quando viene macinata e dispersa in un processo chiamato carbonatazione minerale. Il suo contenuto di silice e di solfato di magnesio può essere estratto e reagisce anche con l’anidride carbonica, provocando il sequestro.

È questo suo potere che ha attratto l’interesse di un team di scienziati dei materiali e ingegneri ambientali dell’Imperial College di Londra per un suo impiego utile a creare cemento carbon negative. Come detto, la produzione del cemento è uno dei principali fattori che contribuiscono al rilascio di biossido di carbonio: ciò avviene quando il calcare viene riscaldato per produrre il clinker, componente base per produrre cemento ottenuto mediante un processo che richiede temperature elevate. L’équipe dell’ateneo inglese ha messo a punto un sostituto del clinker che non comporta emissioni di CO2, proprio grazie all’impiego dell’olivina. L’aggiunta di questo minerale, attraverso prodotti derivati ​​da esso, alla miscela, al posto del clinker, ha prodotto un cemento decisamente meno impattante, ma anche più forte e durevole.

Cemento carbon-negative grazie all’olivina

Nel proprio lavoro, il gruppo di ricerca ha ricavato silice e nesquehonite dall’olivina mediante la sua dissoluzione con acido solforico, e la separazione del gel di silice e del solfato di magnesio/ferro, utilizzando alcol isopropilico. Il gel di silice viene quindi essiccato per formare silice amorfa precipitata insolubile, utilizzabile come materiale cementizio supplementare nel calcestruzzo. Nell’articolo pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science, i ricercatori spiegano che:

«la carbonatazione della soluzione di solfato di magnesio forma nesquehonite, che può essere utilizzato come legante, riempitivo o aggregato in altri prodotti da costruzione a basso contenuto di carbonio come mattoni, blocchi e pannelli».

Inoltre, sottolineano che se il processo venisse ampliato, l’anidride carbonica utilizzata potrebbe essere estratta direttamente dall’aria intorno all’impianto o catturando il gas emesso dai combustibili fossili durante la combustione durante il riscaldamento della miscela.

Il prodotto di silice derivante dalla dissoluzione acida dell’olivina ha una struttura tale da renderlo altamente reattivo e prezioso come materiale cementizio supplementare utilizzabile per formare cemento carbon negative e calcestruzzo a basso contenuto di carbonio. La nesquehonite può essere trasformata in blocchi, mattoni e pannelli low carbon. Si tratta di un processo di cattura del carbonio a base chimica a basso costo che genera due prodotti finali con valore commerciale come materiali da costruzione a basso contenuto di carbonio. «Nessun altro processo di sistemi di cattura e utilizzo del carbonio fornisce attualmente questi vantaggi unici», è la conclusione dei ricercatori dell’Imperial College.

Calcestruzzo verde: le soluzioni ideate per un mercato in netta crescita

La ricerca svolta nel Regno Unito è un ulteriore elemento che si aggiunge all’interesse della ricerca e dell’industria a puntare sul calcestruzzo verde, il cui mercato è previsto in netta crescita: valutato 34 miliardi nel 2023, si stima raggiungerà gli 80 miliardi nel 2030.

Ma ancora più interessante in questo percorso è contare sul cemento carbon-negative: un’altra ricerca a questo proposito è stata condotta da un team del MIT Concrete Sustainability Hub del Massachusetts Institute of Technology per mineralizzare e immagazzinare in modo permanente la CO2 nel cemento. A differenza dei tradizionali metodi di carbonatazione forzata, il processo (denominato CIPCC, Chemically-induced pre-cure carbonation) messo a punto dal team introduce l’anidride carbonica nella miscela di calcestruzzo sotto forma di polvere solida, in particolare bicarbonato di sodio. Questo approccio è vantaggioso perché offre praticità per le applicazioni gettate in opera, facilitando l’integrazione dell’uso della CO2 nei progetti dedicati.

CIPCC consente, tra l’altro, un controllo preciso sulla quantità di biossido di carbonio sequestrato nel calcestruzzo.

Negli Stati Uniti c’è anche chi lavora per intrappolare l’anidride carbonica nel calcestruzzo. È il caso della statunitense CarbonCure specializzata in questa soluzione tecnologica. Una volta iniettata, la CO₂ subisce un processo di mineralizzazione e rimane permanentemente incorporata nel calcestruzzo. Il suo processo ha destato l’interesse di molte realtà, tra cui Amazon e Breakthrough Energy Ventures (fondo d’investimento sulle clean technology fondato da Bill Gates), che gli hanno permesso di raccogliere 80 milioni di dollari in un round di finanziamento.

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