Residenze di dimensioni contenute e condivisione di spazi comuni come lavanderie, cucine ampie, sale hobby, giardini e biblioteche definiscono il concetto di cohousing.
Ma dove nasce questo innovativo concetto? Nasce in Danimarca negli anni ‘60, quando Jan Gødmand Høyer, architetto danese, si adopera per la creazione della comunità di Skråplanet. Un fenomeno che ha avuto un grande impatto: negli anni ’70 il cohousing inizia a diffondersi nel resto del Nord Europa, riuscendo ad attecchire anche negli Stati Uniti. Il modello abitativo cohousing sta guadagnando terreno anche in Italia: un nuovo modo di abitare, che consente la creazione di abitazioni più compatte, con notevoli risparmi in termini di energia e costi gestionali.
Come funziona il Cohousing
Il cohousing si basa sulla creazione di comunità progettate e gestite dai propri membri. Gli abitanti partecipano al processo decisionale riguardo alla progettazione, alla gestione e alle attività quotidiane della comunità.
Ogni nucleo familiare dispone di una residenza privata, ma gli spazi comuni sono progettati per incoraggiare l’interazione sociale. Questi spazi possono includere cucine comuni, sale da pranzo, aree ricreative e giardini condivisi.
Una caratteristica chiave è l’attenzione alla sostenibilità, sia ambientale che sociale. Le comunità di cohousing spesso promuovono la condivisione di risorse, riducono gli sprechi e adottano pratiche ecologiche come l’uso di energie rinnovabili e la coltivazione sostenibile.
Principi fondamentali del Cohousing
Definire il co-housing implica considerare una serie di caratteristiche, sebbene ogni progetto sia unico nella sua storia e differisca dagli altri. Tuttavia, esistono tratti comuni che delineano questo innovativo modello abitativo.
Spesso, il cohousing è il risultato dell’iniziativa individuale di coloro che desiderano creare una comunità per realizzare un progetto di coresidenza. Queste comunità, note come comunità intenzionali, possono essere avviate da singoli individui o da enti promotori privati o pubblici.
La struttura abitativa può variare da un’unità singola con diversi alloggi a un insieme di unità abitative che formano un vero e proprio villaggio. In entrambi i casi, la presenza di ampi spazi e servizi comuni è essenziale. Questi includono lavanderie, micronidi, laboratori per il fai da te, stanze per gli ospiti, orti, giardini, sale delle feste con cucine professionali, piscine, palestre, internet cafè e spazi di coworking. Pur godendo dei vantaggi della condivisione, si preserva l’individualità e la privacy di ogni abitazione.
La progettazione del cohousing coinvolge attivamente i futuri abitanti, che partecipano alla definizione degli spazi comuni e alla decisione su come gestirli. Questo approccio non deriva da un concept studiato dall’alto, ma cresce organicamente dalla base, rendendo i cohousers una comunità ancor prima di abitare insieme.
Gli spazi comuni sono progettati per favorire la socialità. Gli abitanti, in collaborazione con gli architetti, decidono la disposizione degli spazi, promuovendo relazioni di vicinato e la crescita della comunità.
L’importanza della comunità
Le comunità di cohousing aggregano persone con esperienze diverse che scelgono di formare un gruppo promotore. La coesione si consolida con la formazione di una visione comune condivisa.
La community beneficia di economie di scala, ottenendo vantaggi di mercato attraverso gruppi di acquisto e condivisione di servizi come il car sharing, garantendo condizioni favorevoli che un individuo singolo non potrebbe ottenere.
La gestione delle comunità di cohousing è locale e democratica. Gli abitanti partecipano direttamente all’amministrazione, decidendo democraticamente la suddivisione degli spazi, i lavori di manutenzione e la gestione generale della community. Questa struttura organizzativa favorisce la partecipazione e la responsabilità condivisa.
I tre pilastri di sostenibilità: ambientale, sociale ed economica
Abbracciare il cohousing implica focalizzarsi su tre pilastri principali, solidamente ancorati al cardine della sostenibilità, tema a cui ci siamo precedentemente dedicati. Questi tre pilastri si identificano chiaramente con la sostenibilità sociale, ambientale ed economica.
La sostenibilità ambientale, oggi più che mai, assume un ruolo centrale nelle nostre riflessioni. Si tratta di adottare comportamenti finalizzati al rispetto dell’ambiente in ogni aspetto della vita quotidiana, compresa la sfera alimentare e la progettazione di abitazioni improntate all’ecosostenibilità.
La sostenibilità sociale, a sua volta, si concretizza nella possibilità di abbracciare uno stile di vita basato su relazioni improntate al rispetto reciproco e a una comunicazione consapevole.
Infine, la sostenibilità economica rappresenta un tassello essenziale per orientarsi verso una riduzione degli sprechi, la produzione autonoma di beni e servizi, e il riutilizzo consapevole degli oggetti. Questo approccio dimostra inequivocabilmente che il benessere non si identifica con la mera acquisizione a ogni costo.
Esempi di Cohousing
Il cohousing si sta rapidamente espandendo e sono molti gli esempi presenti anche in Italia o che si stanno cercando di portare.
Cohousing Milano: sostenibilità con COventidue
Il capoluogo meneghino è vibrante e cosmopolita, una città sempre molto attenta al tema dell’innovazione e della sostenibilità. Proprio nel cuore della città sorge questo nuovo progetto di cohousing: stiamo parlando di COventidue, progetto di cohousing in città, un innovativo edificio green che porta la firma dell’architetto Leopoldo Freyrie. Il cohousing sta radicalmente cambiando il modo di intendere gli spazi, introducendo un nuovo concetto di stile di vita improntato alla condivisione e alla socialità.
Milano è pronta ad accogliere il progetto di coresidenza nella cornice di Corso XXII Marzo. Il progetto di COventidue destina alcuni spazi ad alloggi privati e altri ambienti all’uso comune: l’obiettivo è quello di incoraggiare socialità, oltre a stabilire rapporti di buon vicinato e di collaborazione. Gli spazi collettivi sono fruibili da tutti, in un clima di armonia e condivisione.
Due le caratteristiche distintive di COventidue: l’ampio utilizzo di sistemi di domotica tecnologici, progettati non solo per migliorare il comfort degli abitanti ma anche per anticipare le esigenze di uno stile di vita sempre più connesso e efficiente, e il suo impegno nei confronti dell’ambiente. Il progetto si adatta ai principi della filosofia green, concentrando l’attenzione sulle risorse ambientali ed ecologiche.
Il team di Freyrie si è occupato della ristrutturazione dell’edificio che ospita circa 60 appartamenti: si tratta di un palazzo elegante, dal caratteristico stile liberty.
Un progetto di coresidenza prevede non solo ambienti privati, ma anche aree destinate all’uso comune: COventidue è dotato di spazi per il co-working, oltre a spazi ad uso lavanderia, un’area giochi per i bambini e una dedicata agli animali domestici.
Ca’ Nostra a Modena
In Italia c’è anche Ca’ Nostra, un alloggio di proprietà comunale situato a Modena destinato ad ospitare anziani affetti da demenza o deficit cognitivi.
Questa residenza è gestita in collaborazione tra le famiglie coinvolte, che si avvalgono del sostegno di volontari e istituzioni. Le famiglie partecipanti condividono le spese e sono attivamente coinvolte nella gestione delle attività quotidiane. Ca’ Nostra si distingue soprattutto per essere un luogo in cui si condividono apertamente problemi e si trovano soluzioni, promuovendo un profondo senso di comunità e valorizzando le relazioni umane.
Ferrara: l’esperienza del quartiere di San Giorgio
Anche la città di Ferrara ha il suo progetto di cohousing. A maggio del 2009 è nata l’Associazione Cohousing Solidaria, il cui obiettivo è quello di proporre uno stile di vita basato sul modello di condivisione, socialità, rispetto dell’ambiente. Dopo una lunga ricerca tra immobili, case e terreni, nel 2013 l’Associazione ha acquistato un terreno nel quartiere di San Giorgio. I cohouser hanno scelto di avviare il loro progetto in città per muoversi liberamente a piedi o in bicicletta.
Rizoma Architetture è lo studio che si è occupato del progetto: il Cohousing SanGiorgio è edificato su un lotto di 900 mq più una zona di 120 mq dedicata ai garage. Nel complesso l’edificio di 810 mq si distribuisce su 3 piani e copre un’area di 210 mq con 7 appartamenti. I restanti 690 mq sono destinati all’orto e al giardino.
Quali sono gli spazi comuni? I cohouser hanno a disposizione oltre 50 mq che comprendono una sala comune con zona cucina, salotto con grande camino, libreria, bagno per disabili e una lavanderia comune.
Il cohousing è stato realizzato dando grande importanza al tema della bioedilizia con la struttura portante realizzata in legno con tecnologia X-LAM coibentato con un cappotto esterno costituito da un doppio strato di isolante in fibra di legno. L’edificio è stato costruito nel pieno rispetto delle normative sul risparmio energetico: la classe energetica raggiunta è la A4 ( secondo le nuove classi energetiche in vigore dal 1° luglio 2015) pari ad una prestazione inferiore ai 16,25 Kwh/mq anno. Sono stati inoltre installati degli impianti solari fotovoltaici centralizzati per una superficie di 90 mq e 11 kWp a copertura delle parti comuni consentendo di azzerare le spese condominiali.
Questo edificio green ha ottenuto un importante premio: nel 2016 il Cohousing SanGiorgio ha vinto il Green Building Solution Awards, il concorso internazionale che ogni anno premia i progetti ecosostenibili.
Numero Zero: coabitare a Torino
Il multietnico e vivace quartiere di Porta Palazzo a Torino ospita il progetto di cohousing Numero Zero, un edificio ottocentesco in cui vivono le otto famiglie che hanno deciso di cogliere l’opportunità di cambiare il proprio stile di vita.
A lanciare il progetto è l’Associazione culturale Coabitare che ha scelto di realizzare il cohousing in un ambiente totalmente urbano, con una particolare attenzione all’integrazione con il quartiere.
Le otto famiglie hanno partecipato attivamente alla progettazione e alla realizzazione di Numero Zero: vivere in maniera “condivisa” significa creare un forte legame con il vicinato allargato, favorendo l’aumento delle opportunità relazionali.
Il gruppo di coabitanti ha deciso di porre particolare attenzione al risparmio energetico delle singole abitazioni e degli spazi comuni: l’edificio è ben coibentato, sono stati installati serramenti ad alte prestazioni termiche, riscaldamento a pavimento, pannello solari termici e un impianto di recupero di acqua piovana.
Come è strutturato Numero Zero? Il cohousing torinese prevede 1 piano interrato di 330 mq, 3 piani fuori terra e sottotetto per circa 785 mq, un negozio al piano terra di circa 120 mq, un giardino di 90 mq e infine un terrazzo di 90 mq. Gli spazi comuni sono diversi: dal cortile-giardino alla terrazza, ma non manca una cucina-soggiorno al piano terra e due sale multifunzionali.
Marmalade Lane Cohousing – Cambridge
In Inghilterra, a Cambridge, c’è invece il Marmalade Lane Cohousing, che occupa un terreno con 42 unità indipendenti, ideate dallo studio Mole Architects.
Questo complesso, che si estende su una superficie di 8600 metri quadrati, vanta aree e servizi comuni. Tra questi spiccano un orto, un’area giochi, uno spazio dedicato alla socializzazione, una zona per la gestione dei rifiuti e la “Common House” con tre camere da letto prenotabili dai residenti per ospitare eventuali visitatori.
Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 2021
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