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Ogni intervento edilizio per essere autorizzato necessita della verifica di conformità dell’immobile rispetto alle normative urbanistico edilizie. Per beneficiare del superbonus, è essenziale che non ci siano abusi. Indice degli argomenti: La conformità edilizia per l’accesso ai bonus Il titolo abilitativo edilizio La richiesta di accesso agli atti Abuso edilizio: totale o parziale difformità e variazioni essenziali La difformità o abuso edilizio: sanatoria o condono? Scia o Permesso di costruire in sanatoria Procedure più rapide grazie al decreto semplificazioni bis La prima operazione da fare, per assicurarsi l’accesso alle agevolazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica, ristrutturazione, ecobonus, sismabonus e superbonus al 110%, è la verifica della conformità edilizia del manufatto oggetto di intervento. In sostanza, occorre verificare che l’immobile, nel suo complesso, sia costruito in accordo alle norme urbanistiche e cioè che non sia stato commesso nessun illecito o abuso edilizio. Pena, la decadenza del beneficio. Come fare? L’accertamento può essere eseguito rapidamente in catasto, attraverso una visura della planimetria catastale. Ma, come ben sappiamo il Catasto non ha carattere probatorio, è puramente fiscale. Per avere una prova certa e definitiva, occorrerà dunque procurarsi il titolo abilitativo edilizio. Di recente mi sono imbattuto proprio in questa particolare procedura edilizia. Vedremo quindi, con l’ausilio del Testo Unico dell’edilizia (DPR 380/01), la modalità di verifica dello stato di fatto dell’immobile (accertamento di conformità) e, la procedura di sanatoria, ove possibile, ben diversa dal condono. Se, infatti, l’eventuale abuso edilizio è sanabile, si può comunque accedere ai bonus (previa regolarizzazione). Il recentissimo Decreto Semplificazioni (Dl 16 luglio 2020, n. 76) convertito in legge in data 11 settembre 2020, n. 120 che mirava a correggere la condizione di doppia conformità, implicita nella procedura di sanatoria, ha deluso le aspettative sulla parte relativa agli abusi e illeciti edilizi. Il governo, infatti, temendo un nuovo condono, ha fatto saltare la norma. La conformità edilizia per l’accesso ai bonus Ogni opera di intervento edilizio sull’esistente – ristrutturazione, riqualificazione energetica, restauro e conservazione – prima di essere avviata, deve dimostrare l’esistenza di due condizioni inderogabili: la legittimità, e la conformità del bene, oggetto di lavori. La legittimità, altro non è che la proprietà, ed è facilmente dimostrabile. Per quanto riguarda la seconda, va verificato che l’immobile sia conforme alle prescrizioni urbanistico-edilizie, attraverso un accertamento di conformità (art.36 del DPR 380/01 o TU edilizia). Questo verifica che lo stato attuale dell’immobile, in ogni sua parte, comprese modifiche/integrazioni nel tempo, sia perfettamente in regola con le normative e le autorizzazioni necessarie. Ai fini delle agevolazioni fiscali di ecobonus, sismabonus e superbonus, è assolutamente necessario che non siano presenti abusi edilizi. Infatti, gli “interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione.” (art. 49 T.U. edilizia). In questi casi, si può usufruire delle agevolazioni fiscali, previa presentazione della richiesta di sanatoria, a condizione che venga presentata “contestualmente all’atto da registrare, all’amministrazione cui compete la registrazione.” In attesa del provvedimento definitivo di sanatoria deve essere inviata all’amministrazione competente, “al momento della registrazione dell’atto, copia della domanda di permesso in sanatoria presentata al comune, con la relativa ricevuta rilasciata dal comune stesso. L’interessato, a pena di decadenza dai benefici, deve presentare al competente ufficio dell’amministrazione finanziaria copia del provvedimento definitivo di sanatoria entro sei mesi dalla sua notifica o, nel caso che questo non sia intervenuto, a richiesta dell’ufficio, dichiarazione del comune che attesti che la domanda non ha ancora ottenuto definizione”. (art. 50 TU edilizia) La omessa o tardiva presentazione del provvedimento di sanatoria comporta la decadenza dei benefici fiscali e il pagamento delle imposte nella misura ordinaria, e gli eventuali interessi di mora. Il titolo abilitativo edilizio Per conoscere, con assoluta certezza, la conformità alle normative edilizie e urbanistiche dell’edificio, bisogna ottenere i titoli edilizi relativi alla storia dell’immobile: dal momento della sua realizzazione, le modifiche, ristrutturazioni, aggiunte o demolizioni che si sono succedute nel tempo. La richiesta va presentata al SUE (Sportello Unico per l’Edilizia) del comune, ove è sito il fabbricato. Qui hanno inizio, per i non addetti ai lavori, le prime difficoltà. Cosa si intende per titolo abilitativo? Volendo semplificare, è quel permesso che il comune concede nel caso di interventi edilizi, esuli dal campo dell’edilizia libera, che assevera il rispetto del progetto alle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Attualmente le principali sono due: la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizia Attività) e il Permesso di costruire. Ma se consideriamo che l’edificio può avere un età significativa, e che le normative negli ultimi decenni hanno apportato numerose novità, il titolo abilitativo, in funzione dell’epoca di costruzione dell’immobile e delle opere nel tempo, può dover far riferimento a una pluralità di titoli. Nel tempo, infatti, si sono susseguiti: Licenza edilizia (introdotta dalla LUN del 1942 e in vigore fino al 1977) Concessione edilizia (legge Bucalossi 10/1977) Dopo il T.U. dell’edilizia (dal 2001): DIA (Dichiarazione di Inizio Attività) – scompare nel 2017 Permesso di Costruire SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) SCIA in alternativa al PdC CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) Nel caso l’edificio sia nato prima del 1977, e sia stato rimaneggiato più volte negli anni, potremmo aver bisogno di tutti i documenti elencati sopra. Questo, ovviamente va specificato nella domanda di accesso agli atti che, dovrà prevedere, anche l’elenco dei proprietari che eventualmente si sono succeduti negli anni. Questo per aver un quadro completo ed esauriente circa lo stato di fatto del manufatto. La richiesta di accesso agli atti Bisogna presentare al SUE una richiesta di accesso agli atti. Nel caso di grandi Comuni, esistono dei moduli da stampare, compilare in ogni sua parte e consegnare, insieme alla firma e una copia del documento d’identità del proprietario dell’immobile. In caso di altra persona, è necessaria una delega. I piccoli comuni invece, spesso ne sono sprovvisti e occorre prepararsi da sé un’autocertificazione secondo il fac-simile o le indicazioni del tecnico comunale. La procedura varia in base al Comune. In alcuni casi è previsto il pagamento di un contributo (circa 50 euro), in altri una marca da bollo, o entrambi, o ancora, è gratuita. La stessa domanda può essere presentata, a seconda dei casi, a mano o via posta elettronica o via fax. Nel caso in cui si dovesse constatare il verificarsi di un abuso edilizio, bisognerà procedere, nei casi e nei modi indicati successivamente, ad una sanatoria. Esempio: modulo Comune di Roma – modulo Comune di Frosinone I gradi di abuso edilizio: totale, parziale difformità e variazioni essenziali Il DPR 380/2001 (TU edilizia), fa riferimento a tre specifici casi di non conformità edilizia, rispetto al titolo abilitativo. In base alla gravità del fatto le sanzioni si inaspriscono. Esistono 3 fattispecie: parziale difformità totale difformità variazione essenziale La parziale difformità è regolamentata dall’art.34. “Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell’abuso”. “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”. Le disposizioni si applicano anche agli interventi edilizi subordinati a segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire (articolo 23) eseguiti in parziale difformità dal titolo. Non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali. Per sanare un intervento di questo tipo, il pagamento a titolo di oblazione da corrispondere “è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso”. L’art.31, definisce come interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, “quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o d‘uso da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonoma- mente utilizzabile”. Constatato l’abuso, il Comune ordina la demolizione. In caso di inottemperanza, lo stesso, acquisisce l’area e “irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro”. Gli interventi di ristrutturazione edilizia soggetti a SCIA (art.23, comma 1) o a permesso di costruire (art.10, comma1) realizzati in assenza di titolo o in totale difformità da esso, devono essere rimossi ovvero demoliti e gli edifici resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi (art.33). Qualora non fosse possibile il ripristino dei luoghi allo stato originario, si applica una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile (salvo che lo stesso non sia vincolato, ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490). L’art.32 definisce le variazioni essenziali al progetto approvato. Esse sono stabilite dalle regioni, al verificarsi di una o più delle seguenti condizioni: mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal DM 1444/1968 (decreto ministeriale 2 aprile 1968); aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio; modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato; mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito; violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative. Gli interventi effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Difformità o abuso edilizio: sanatoria o condono? La sanatoria di un abuso edilizio può se questo risulta in possesso del requisito della doppia conformità e cioè che sia costruito in accordo alle norme edilizie ed urbanistiche vigenti, sia al momento della costruzione, che al momento attuale di presentazione della domanda. Come ha specificato una sentenza della Corte d’Appello: “la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall’art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica. Fattispecie relativa ad illegittimo rilascio di un permesso di costruire in sanatoria rilasciato per intervento eseguito su particella catastale alla quale, successivamente all’abuso, era stata asservita altra particella al fine di superare il limite di cubatura è stabilito dalle previsioni urbanistiche” (Sez. 3′; n. 7405 del 15/01/2015 – dep. 19/02/2015, Bonarota, Rv. 26242201). Il condono edilizio è invece una misura straordinaria, prevista da una legge ad hoc, e limitata nel tempo. La procedura non è presente nel TU dell’edilizia e non ha bisogno del requisito della doppia conformità, prevista invece per la sanatoria. Scia o Permesso di costruire in sanatoria: la doppia conformità Ferme restando le responsabilità civili e penali di un abuso edilizio, vediamo i casi dove è possibile, previo pagamento di una sanzione o del contributo di costruzione, sanare l’illecito edilizio o abuso. Gli artt. 36 e 36 del DPR 380/2001, definiscono casistiche e modalità per ottenere i titoli abilitativi edilizi, come la SCIA o il permesso di costruire in sanatoria. Per gli interventi costruiti in assenza o difformità del permesso di costruire o della SCIA in alternativa al PdC, entro la scadenza dei termini di demolizione stabiliti dal Comune (se presenti), e la ricezione delle sanzioni collegate, è possibile ottenere il Permesso in Sanatoria se rispettano il requisito della doppia conformità. L’intervento deve cioè risultare conforme alle normative edilizie e urbanistiche, sia al tempo della realizzazione che al momento della presentazione della domanda (art.36 del T.U.). “Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso”. Sulla richiesta vige il principio del silenzio-diniego: se entro 60 giorni l’ufficio “comunale non si pronuncia, con adeguata motivazione, la richiesta s’intende rifiutata”. La Segnalazione Certificata di Inizio Attività in sanatoria è sempre possibile, per i seguenti interventi (costruiti in assenza o difformità di SCIA): manutenzione straordinaria che riguardino le parti strutturali dell’edificio; restauro e di risanamento conservativo che riguardino le parti strutturali dell’edificio; ristrutturazione edilizia Questi interventi possono essere sanati sempre secondo il principio già espresso della doppia conformità. In tal caso, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere una Segnalazione certificata in sanatoria, previo pagamento di una somma compresa tra 516 e 5164 euro, “stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio” (art 37). Il rilascio della SCIA o del permesso di costruire in sanatoria, in conformità alla disciplina urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione dell’abuso (D.P.R. 380/01 (art. 36) L.R. 15/08 (art. 22) e della presentazione della domanda, prevede una serie di documenti da allegare all’istanza: attestazione concernente il titolo di legittimazione, elaborati progettuali ed eventuali documenti previsti dalla parte II del DPR (normativa tecnica), dichiarazione del progettista che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, al regolamento edilizio vigente e alle altre normative di settore come quelle antisismiche, antincendio, igienico sanitarie e di sicurezza. Il procedimento amministrativo della sanatoria sospende l’azione penale relativa alle violazioni edilizie, fino alla fine del processo. “Il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti”. (art.44 T.U.) Procedure più rapide grazie al decreto semplificazioni bis Il 31 maggio 2021 il Governo ha approvato il cd. “Decreto Semplificazioni bis”, con lo scopo di snellire e velocizzare le procedure amministrative degli interventi edilizi volti al miglioramento del parco immobiliare nazionale. L’art. 33 del dlgs 77/2021, modificando l’art. 119 del Decreto Rilancio (DL 34/2020), prevede misure di semplificazione in materia di incentivi per l’efficienza energetica e la rigenerazione urbana. Ma è il nuovo comma 13-ter sostituito al Decreto Rilancio, a rappresentare la vera rivoluzione in materia semplificativa ai fini del Superbonus. Tutti gli interventi previsti dall’art.119, sia di efficientamento energetico (superbonus) che di messa in sicurezza sismica (sismabonus), esclusi i casi di demolizione e ricostruzione, sono ora considerati dalla normativa come manutenzione straordinaria e necessitano di una semplice CILA (comunicazione di inizio lavori asseverata) per essere realizzati. Che, oltretutto, non necessita di dover attestare lo stato legittimo o conformità edilizia dell’immobile. Il rinnovato comma 13-ter, partorito dal Dlgs 77/2021, recita infatti: “Gli interventi di cui al presente articolo, con esclusione di quelli comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA). Nella CILA sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione ovvero è attestato che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967. La presentazione della CILA non richiede l’attestazione dello stato legittimo di cui all’ articolo 9-bis, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Per gli interventi di cui al presente comma, la decadenza del beneficio fiscale previsto dall’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 opera esclusivamente nei seguenti casi: mancata presentazione della CILA; interventi realizzati in difformità dalla CILA; assenza dell’attestazione dei dati di cui al secondo periodo; non corrispondenza al vero delle attestazioni ai sensi del comma 14. Resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento”. Questa modifica, superando di fatto la verifica di conformità edilizia, ha lo scopo di limitare ritardi e rallentamenti in presenza di difformità o abusi, a vantaggio della ripartenza della macchina edilizia del Paese, con il miglioramento sismico ed energetico del parco immobiliare nazionale. La norma però rimette in capo all’amministrazione pubblica il ruolo di vigilanza sulle correttezze procedurali con il rischio che, a metà lavori per un accertamento di conformità in corso d’opera dall’esito negativo, tutto si blocchi e si debba pure demolire le opere già compiute. Nella Cila vanno infatti riportati solo gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile e non tutti i successivi ed eventuali interventi. Il consiglio è sempre quello di rivolgersi ad un professionista per verificare la presenza o meno di irregolarità edilizie ed evitare così brutte sorprese. Per approfondire: Decreto semplificazioni, decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 Decreto Semplificazioni bis, decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 Decreto Rilancio, dlgs 34/2020 LEGGE 11 settembre 2020, n. 120 T.U. Edilizia, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 25 settembre 2020 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento