Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Presentato il Rapporto 2022 del CRCS. Nel 2020 consumati oltre cinquemila ettari di suolo. La logistica sotto la lente di ingrandimento: un’attività industriale che consuma enormi quantità di superfici per strade e capannoni. Sotto pressione i Comuni di piccole dimensioni e gli ambiti rurali vicini ai nodi infrastrutturali Indice degli argomenti: I danni della logistica Urbanisti e ambientalisti d’accordo Il progetto Soil4Life La risorsa naturale più importante del nostro Paese, il suolo, continua ad essere ad alto rischio, minacciata da processi di degrado oltre che dal suo progressivo consumo ad opera di trasformazioni di natura urbanistica ed infrastrutturale. È questa la fotografia del Rapporto 2022 del Centro Ricerche Consumo di SuoloCrcs, curato dal dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico di Milano, Legambiente e Istituto nazionale di urbanistica. L’edizione di quest’anno del rapporto restituisce anche gli esiti di Soil4Life, un progetto durato quattro anni, di cui è stata capofila Legambiente. Nel 2020 consumati oltre cinquemila ettari Dopo la fine dell’ondata speculativa sviluppatasi nei primi Anni 2000, nell’ultimo decennio i trend di crescita delle superfici urbanizzate, analizzate a livello nazionale da Ispra, non mostrano segni di riduzione: nel 2020, ad esempio, sono stati consumati 5.175 ettari di suolo. Di questo passo, da qui al 2050, l’Italia rischia di perdere definitivamente, cedendole all’urbanizzazione, 150mila ettari agricoli, per la metà nel Nord del Paese: per avere un termine di confronto, si tratta di una superficie che potrebbe essere sufficiente a generare un terzo della produzione nazionale di mais. I danni della logistica L’osservato speciale di questa fase è la logistica, che consuma enormi quantità di aree da destinare a infrastrutture di mobilità e a nuove superfici produttive, con elevati livelli di occupazione e impermeabilizzazione del suolo. Terminal di logistica Si tratta di un comparto industriale che, in tutta Europa, sta conoscendo una fase di crescita tumultuosa anche a causa della evoluzione dei comportamenti di acquisto da parte dei consumatori, sempre più propensi a utilizzare le piattaforme dell’e-commerce. Le caratteristiche odierne della logistica È proprio alla logistica che il rapporto Crcs 2022 dedica uno specifico approfondimento, con affondi sulle aree del Nord Italia laddove si concentra oltre il 70% di questo comparto nella sua componente immobiliare, con una fortissima polarizzazione sulla “regione logistica” che gravita su Milano, lungo le direttrici autostradali e ferroviarie di connessione con i valichi e i porti liguri e adriatici. Gli indicatori economici della logistica industriale evidenziano una crescente attrattività della domanda di aree da parte di vettori e investitori, anche speculativi. E, nonostante i dichiarati buoni propositi degli operatori, sempre più inclini a evidenziare la prestazione in chiave di sostenibilità delle superfici produttive, per le grandi piastre logistiche la scelta ricade quasi sempre su aree da urbanizzare ex novo, consumando terreni agricoli in posizioni molto periferiche rispetto ai poli di riferimento. Proprio la richiesta di elevate prestazioni tecnologiche e ambientali degli edifici adibiti a logistica determina infatti la rapida obsolescenza degli immobili esistenti, abbandonati o in via di dismissione, ma il riutilizzo di edifici o aree dismesse solo raramente si incrocia con gli investimenti degli operatori immobiliari, interessati a interventi di rapida realizzazione, secondo formati e localizzazioni che incontrino il massimo interesse da parte delle imprese interessate all’acquisto o all’affitto dei capannoni. I territori che si prestano alla trasformazione edilizia a servizio del settore logistico finiscono dunque per essere quelli ad uso agricolo (in Lombardia, il 79% delle aree trasformate sono terreni a seminativo o prato), amministrati da piccoli comuni (l’83% dei poli logistici, sempre in Lombardia, grava su comuni con meno di 10mila abitanti), in ambiti rurali con buone connessioni ai corridoi infrastrutturali. Logistica e infrastrutture Le infrastrutture prevalentemente investite dallo sviluppo dell’immobiliare logistico risultano le recenti arterie autostradali, come la BreBeMi e la Teem, o la prevista CremonaMantova, che attraversano vasti territori a bassa densità insediativa connettendoli con i grandi poli, a partire da quello della cosiddetta Regione Logistica Milanese, che comprende l’intera Lombardia e le province di Novara e Piacenza, in cui il settore logistico impegna oltre 12 milioni di metri quadrati, considerando la sola superficie coperta. Urbanisti e ambientalisti d’accordo «Nonostante la tensione alla sostenibilità, utile per accedere ai finanziamenti Pnrr, il settore immobiliare logistico procede con dinamiche simili a quelli che hanno generato le bolle speculative del passato: la negoziazione al ribasso con amministrazioni locali, piccole e vulnerabili, serve a portare rapidamente a buon fine investimenti i cui costi reali non sono contabilizzati, perché vengono scaricati sul territorio, principalmente come costi del consumo di suolo – dichiara Massimiliano Innocenti di Inu -. Mai come in questi anni pesa l’assenza di un livello di governo sovralocale, che assista i sindaci nel negoziato con operatori economici multinazionali e che stabilisca meccanismi e regole atte a orientare le scelte localizzative escludendo nuove perdite di suolo agricolo». «Servono regole per arginare il consumo di suolo. In Italia le norme continuano ad essere insufficienti, ed altrettanto dicasi per le politiche e i piani: la proposta di legge nazionale è ancora ferma ai blocchi di partenza dopo un decennio di dibattiti parlamentari sostiene Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente –. Anche in Europa manca ancora una direttiva comunitaria, per quanto tuttavia si sia messa in moto, nel solco del Green Deal lanciato dalla Commissione guidata da Von Der Leyen, la nuova strategia tematica sul suolo che, salvo imprevisti legati a una situazione geopolitica più che mai fluida, dovrebbe dare i natali, entro la scadenza di mandato, alla Direttiva europea per la salute del suolo». Il progetto Soil4Life Il progetto Soil4Life ha visto la collaborazione di un ampio partenariato, che ha coinvolto tra gli altri il Politecnico, le agenzie nazionali Ispra e Crea e l’ente lombardo Ersaf, insieme all’organizzazione agricola Cia, in uno sforzo di divulgazione e soprattutto di formazione di agricoltori, amministratori pubblici, tecnici e operatori nelle materie che, a diverso titolo, si confrontano con le problematiche di conservazione e gestione della salute del suolo. «Per poter pianificare il territorio in modo consapevole occorre che sia i decisori politici sia i tecnici e i professionisti acquisiscano competenze e strumenti conoscitivi e gestionali necessari a valutare i fenomeni in atto e gli impatti a medio e lungo termine delle scelte di sviluppo territoriale previste – sostiene Andrea Arcidiacono, docente e coordinatore del team DAStU -. In questo senso è andato lo sforzo coordinato sviluppato in questi anni dal progetto Soil4life». 4/1/2019 Consumo di suolo, difficile fermarlo Presentata a Milano la settima edizione del Rapporto sul consumo di suolo in Italia. Persi in un anno 52 chilometri quadrati di superfici libere: 15 ettari al giorno, 2 metri quadrati al secondo. Anche le aree protette subiscono l’aggressione del cemento: in 15 anni, 120 chilometri quadrati di territori vincolati sono stati urbanizzati Presentato il Rapporto 2018 sul consumo di suolo. Giunto alla sua settima edizione, il Rapporto è frutto del lavoro del Centro ricerche sui consumi di suolo, organismo formato da Politecnico di Milano, Istituto nazionale di urbanistica e Legambiente. Dopo anni di lavoro dedicati a quantificare il fenomeno dell’urbanizzazione, quest’anno gli studi del Crcs si sono concentrati sull’aggressione che anche i territori tutelati subiscono. L’affondo del Centro ricerche riguarda l’efficacia della tutela paesistica: le foreste, i parchi, le aree montane, lacustri e fluviali e i paesaggi di pregio sottoposti a specifica tutela in Lombardia si estendono per 13.500 chilometri quadrati, il 56% del territorio regionale. In gran parte si tratta di aree scarsamente accessibili per le condizioni geomorfologiche; eppure il dato di suolo consumato per questi territori è molto alto: 7% del territorio, che dovrebbe essere tutelato ma che in realtà è pesantemente antropizzato. Per di più, nel primo quindicennio del nuovo millennio, in Italia la trasformazione delle aree soggette a vincolo paesaggistico è cresciuta vertiginosamente: 120 chilometri quadrati di aree vincolate sono state trasformate, con una crescita tra il 1999 e il 2015 del 13,5%. Sicuramente tra le più rilevanti aggressioni vi è quella legata alle nuove infrastrutture, soprattutto stradali, realizzate nei primi anni di questo secolo anche all’interno di parchi naturali. La pressione derivante dai fenomeni turistici ha inoltre determinato una crescente urbanizzazione sulle sponde dei laghi, così come nelle aree montane a causa della realizzazione di nuovi impianti per lo sci. “I dati analizzati testimoniano una tutela paesaggistica che non è riuscita a fermare i processi di urbanizzazione anche quando, come nel caso delle forti pressioni insediative turistiche e sportive in zone lacustri e montane, queste hanno impattato pesantemente sui valori ambientali e paesaggistici dei territori tutelati – dichiara Andrea Arcidiacono, docente di urbanistica del Politecnico e vicepresidente nazionale di Inu -. Purtroppo in Lombardia continuiamo ad accusare ritardi proprio nella pianificazione paesistica: un elemento di forte preoccupazione, anche in vista di scenari possibili per il prossimo futuro, a partire dalla candidatura olimpica di Milano e della Lombardia, che potrebbe significare nuove pressioni e impatti per i suoli delle località montane collegate all’evento”. A fornire qualche numero aggiornato ci ha pensato, Michele Munafò, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. “In termini assoluti – ha affermato Munafò – il consumo di suolo ha intaccato ormai 23.063 chilometri quadrati del territorio nazionale. Nel 2017, epoca di riferimento dei nostri dati, la copertura artificiale, rispetto all’anno precedente, è cresciuta di 52 chilometri quadrati: circa 15 ettari al giorno, con una velocità di trasformazione di poco meno di due metri quadrati al secondo. Le aree più colpite risultano essere le pianure del Settentrione, dell’asse toscano tra Firenze e Pisa, del Lazio, della Campania e del Salento, le principali aree metropolitane, le fasce costiere, in particolare quelle adriatica, ligure, campana e siciliana”. Secondo i dati di Ispra, i valori più elevati si registrano in Lombardia (12.99%), Veneto (12,35%) e Campania (10,36%), seguono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Liguria, con valori compresi tra l’8 e il 10%. Il consumo di suolo in Italia: Anni ‘50 e 2015 (fonte Ispra) Tra le province, quella di Monza e Brianza conferma la percentuale di suolo artificiale più alta, con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie provinciale e un incremento di 35 ettari rispetto all’anno precedente. Seguono le province di Napoli (34%), Milano (32%), Trieste (23%) e Varese (22%). Il comune che nel 2017 ha fatto registrare il maggior incremento in termini assoluti è il piccolo comune di Sissa Trecasali in provincia di Parma: oltre 74 ettari di suolo urbanizzato. Il motivo è presto detto: la realizzazione del primo lotto della Tibre, la nuova autostrada Tirreno-Brennero. Articolo aggiornato Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento