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La durabilità delle costruzioni in legno è un tema molto importante e sempre più di attualità. Riempimento non completo sotto il cordolo in larice di fondazione. indicativamente pari al 50%. Un antico detto recita “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” ed in questo specifico caso la chiave di lettura può essere la seguente: basta una sola casa fatta male che marcisce per annullare l’effetto di mille costruite bene. Di seguito viene esposto il punto di vista di un tecnico del settore con riferimento al comportamento richiesto ai colleghi progettisti ed alle aziende costruttrici. Il futuro del mercato delle costruzioni in legno e la sua crescita sono indissolubilmente legati a queste tematiche. La situazione di mercato Il tema della durabilità delle costruzioni in legno è sicuramente uno dei più importanti e pone delle sfide non semplici da affrontare, senza accettare facilmente dei compromessi. Basta un piccolo errore per ridurre sensibilmente la durata dell’intera struttura con conseguenze che possiamo facilmente immaginare. E’ però necessario fare un passo indietro per inquadrare meglio la situazione del mercato degli edifici in legno in Italia. L’edilizia sta affrontando un periodo che sicuramente non verrà ricordato come di “forte crescita”: la domanda di immobili è costantemente in calo negli ultimi 4-5 anni ed i committenti chiedono qualcosa di diverso, qualcosa che si differenzi da quanto hanno già visto e vissuto per anni. Molte persone prima di procedere all’acquisto di un’abitazione si informano e sanno quindi cosa chiedere, conoscono il significato della parola “risparmio energetico” e sempre più spesso conoscono alcune tematiche meglio dei progettisti stessi. Va detto inoltre che purtroppo il mercato cosiddetto “tradizionale” fatto di mattoni e cemento ci ha spesso costretti ad una convivenza forzata con problemi di muffe, condense, etc. I tragici eventi sismici avuti negli ultimi anni (L’Aquila 2009 ed Emilia 2012) hanno fatto conoscere l’esistenza degli edifici in legno al grande pubblico. Sono moltissime infatti le strutture provvisorie o definitive realizzate in legno nel periodo post-terremoto in tempi ridottissimi. Giorno dopo giorno, mese dopo mese anche i non addetti ai lavori hanno cominciato a prendere confidenza con questo materiale erroneamente definito come “nuovo” e soprattutto hanno cominciato a chiedere che venga utilizzato per le loro abitazioni. Ad una richiesta in aumento il mercato ha logicamente e più o meno tempestivamente reagito con una maggiore offerta. Progettisti e costruttori La domanda a questo punto è la seguente: questi nuovi soggetti sono tutti realmente in grado di realizzare un intero edificio in legno garantendo sicurezza statica, tenuta all’aria, assenze di condense e durabilità? Sono sufficientemente formati per farlo? Saper montare una copertura ci autorizza a pensare che siano in grado di montare anche una casa intera? Le problematiche da affrontare sono le stesse? Ovviamente la risposta è no: purtroppo non tutti hanno una preparazione sufficiente ad affrontare questa nuova sfida. Non sempre è inoltre sufficiente dimostrare di avere un certo numero di anni di esperienza maturati nel settore delle costruzioni: per esempio la tenuta all’aria è una tematica tutto sommato nuova, come anche la normativa sismica che impone determinate scelte e richiede molta attenzione in fase di realizzazione. Allo stesso modo non sempre è sufficiente avere la sede all’estero seppur in zone dove il legno viene tradizionalmente utilizzato per realizzare abitazioni. La situazione appare quindi piuttosto complessa ed il quadro normativo italiano nel bene e nel male non pone nessun sbarramento all’ingresso di nuovi soggetti sul mercato. Ovvero: chiunque al momento può acquistare un avvitatore a batteria e proporsi come “Costruttore di case in legno”. In mancanza di specifiche indicazioni normative-legislative a chi spetta il compito di distinguere tra aziende capaci ed aziende non-capaci? La risposta è molto semplice: ai progettisti! In questa fase di mercato stagnante e di profonda crisi noi progettisti abbiamo una responsabilità molto importante ovvero quella di saper guidare il nostro committente, illuminato o meno, nella scelta dell’azienda più idonea che meglio possa soddisfare le sue esigenze. Tutto questo però richiede uno sforzo notevole da parte di tutti: ingegneri, geometri, architetti, periti, etc. devono formarsi e capire le differenze rispetto ad una costruzione tradizionale. Il mondo delle costruzioni in legno ne trarrà indubbiamente grandi vantaggi in quanto le aziende meno meritevoli saranno necessariamente forzate a migliorarsi ed elevare i propri standard qualitativi per poter restare sul mercato. Il quadro legislativo italiano al momento assegna giustamente al direttore lavori la responsabilità di tutto ciò che accade nel bene e nel male sul cantiere. Se l’edificio durante la sua vita presenta problemi legati alla durabilità, sicurezza statica, etc. il direttore dei lavori è chiamato a rispondere personalmente. Appare subito chiaro quindi come non ci si possa affidare alle aziende sperando (o incrociando le dita) che sappiano cosa fare e pensare di poter scaricare in toto la responsabilità di quanto accade sulle loro spalle. Quando si parla di durabilità del legno viene spesso automatico pensare alla marcescenza, muffa, formazione di funghi sulla superficie, e così via. In realtà anche resistere al carico della neve e del vento o persino del terremoto fa parte del concetto di durabilità. Fattori che influenzano la durata Il legno presenta caratteristiche eccezionali sotto molto punti di vista: elevatissima resistenza meccanica in rapporto al suo peso anche in caso di importanti eventi sismici; presenta dilatazioni termiche praticamente nulle; resiste molto bene alle sostanze aggressive-acide; conduce male il calore e svolge egregiamente la funzione di polmone igrometrico. A tutto questo va però aggiunto un vero e proprio tallone d’Achille: il legno non tollera la permanenza di acqua abbinata alla presenza di ossigeno che permette lo sviluppo di organismi che si nutrono di legno (xilofagi). Basti pensare ai pali di fondazione in legno su cui poggiano da secoli i magnifici ed imponenti palazzi di Venezia: pur essendo immersi totalmente in acqua non si degradano in assenza di ossigeno. Discorso diverso per i pali che invece delimitano le vie d’acqua (le cosiddette briccole): la parte deteriorata è quella a pelo d’acqua soggetta al moto ondoso ed alle periodiche maree. Quella zona è continuamente bagnata ed esposta all’aria e quindi si deteriora riducendo la propria sezione che rimane invece pressochè invariata nelle porzioni totalmente immerse (condizioni di anossia) e totalmente emerse (l’esposizione all’aria consente al legno di asciugarsi). Gli stessi concetti possono essere trasferiti in ambito strutturale: un edificio con struttura in legno può bagnarsi durante le fasi di montaggio, per esempio per via di un acquazzone improvviso, ma dovranno essere garantite le seguenti condizioni: possibilità di asciugarsi totalmente; totale assenza di accumulo d’acqua nelle zone di contatto con la fondazione in cemento o sui nodi legno-legno. La ricerca della durabilità del legno passa pertanto necessariamente dalla gestione dell’acqua. Il progetto della durabilità In qualità di progettisti siamo tutti abituati a fare un progetto architettonico, uno per gli impianti (elettrico ed idraulico), uno per le sistemazioni esterne, uno per le strutture e così via. Il legno, ma è bene chiarire fin da subito che il concetto riguarda anche tutti gli altri materiali, richiede un vero e proprio progetto specifico per garantire la durata. Questo elaborato dovrà prevedere e fare in modo che si possano prevenire accumuli e ristagni d’acqua dando indicazioni ben specifiche su come evitare questi pericolosi fenomeni. Le linee guida e i consigli potranno/dovranno essere integrati diffusamente in tutti gli elaborati grafici che stanno alla base del progetto. Un requisito base è che questi dettagli vengano studiati di comune accordo con l’azienda costruttrice per poter così ottimizzare i tempi delle lavorazioni e soprattutto definire esattamente la tipologia di materiali. Il mercato infatti offre attualmente una enorme varietà di prodotti tra cui scegliere con caratteristiche, prezzi, prestazioni e modalità di posa molto diversi tra loro. Come in generale in tutti gli ambiti progettuali non esiste un’unica soluzione ma esistono virtualmente infinite soluzioni per raggiungere sempre lo stesso obiettivo ovvero quello di garantire lunga durata alla costruzione. Attacco a terra: il dettaglio più importante Soluzione per l’attacco a terra con innalzamento della quota di pavimento interno rispetto alla quota del pavimento esterno non drenante (fonte: DIN 68800-2-:2012-2). Il dettaglio a terra è indubbiamente quello più importante tra tutti in quanto deve soddisfare nello stesso momento tre requisiti che si riportano di seguito: sicurezza statica: continuità dell‘appoggio per la parete e garanzia di fissaggio con idonee staffe; durata: impedire accumulo e ristagno d’acqua; ponte termico limitato ed assenza di condense interstiziali. Dal punto di vista progettuale e di esecuzione non è un risultato semplice da raggiungere e come si può ben immaginare richiede un attento studio fin dalle prime fasi che potrebbe influenzare anche l’aspetto architettonico. Allo stato attuale in Italia non esistono normative né di tipo prescrittivo né di tipo prestazionale per garantire la durata degli edifici in legno. La situazione cambia quando si va a vedere oltre confine e nello specifico in Germania dove la normativa DIN 68800-2:2012-2 tratta il tema della durabilità fornendo numerosi consigli e indicazioni. E’ importante sottolineare il fatto che questa normativa non ha valore prescrittivo: la sua applicazione è su base volontaria. Il concetto base che permea tutto il documento è quello della protezione passiva ovvero cercare di garantire l’assenza di accumuli attraverso lo studio del dettaglio e non solo grazie alle membrane la cui efficienza nel tempo non sempre è garantita soprattutto in condizioni particolarmente critiche. Ecco quindi che il dettaglio proposto per l’attacco a terra prevede di portare la quota di appoggio parete in legno (9) più in alto rispetto a quella del pavimento finito esterno (10) (fig.1). Soluzione per l’attacco a terra con innalzamento della quota di pavimento interno rispetto allaquota del pavimento esterno drenante (fonte: DIN 68800-2-:2012-2). La DIN distingue tra pavimento esterno non-drenante (vedi immagine precedente) e drenante (per almeno 30 cm in orizzontale come riportato in fig. 2) dando due diverse quote minime da rispettare: 15 cm e 5 cm rispettivamente nel primo e nel secondo caso. I numeri (12) e (11) riguardano rispettivamente la quota del pavimento finito esterno e di appoggio delle pareti perimetrali. Un aspetto molto importante è che queste indicazioni valgono per qualunque tipologia costruttiva: telaio, Xlam o altre. Come si può vedere i disegni non escludono l’utilizzo delle membrane che sono ritenute essenziali per garantire la durata: il loro ruolo è però secondario rispetto al dettaglio che prevede la protezione passiva grazie alla differenza di quota tra il pavimento finito esterno e l’appoggio della parete. 3. Esempio di dettaglio di attacco a terra per una parete a pannello Xlam (fonte: Piva F., Legno… Costruire…Abitare, RoofRox, 3Therm e Riwega, 2014, p. 188). Dal punto di vista statico è molto importante riuscire ad avere una superficie continua ed uniforme per l’appoggio della parete in maniera tale da evitare cedimenti e garantire un corretto fissaggio delle staffe a terra. In generale si possono seguire due possibili strade: 1. creare uno strato di livellamento prima della posa delle pareti; 2. riempire lo spazio parete-fondazione con malta speciale dopo la posa degli elementi in legno. Nel secondo caso bisogna però prestare particolare attenzione al prodotto utilizzato ed alle sue modalità di posa: le malte espansive vanno necessariamente colate liquide e non posate come una malta normale. Il rischio è quello di ottenere risultati come quelli riportati nella fig. 4. Esito del controllo del grado di riempimento dopo rimozione del cordolo in larice. L’indice di “vuoto” è indicativamente pari al 50%. Tratto da Build the future. Progetto e costruzione dell’architettura sostenibile Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento