Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Il XXVI Rapporto congiunturale e previsionale del Cresme dedicato al mercato delle costruzioni e allo scenario di medio periodo parla chiaro: in Italia il volume delle opere pubbliche cresce, ma ancora poco. Per una ripresa occorre attendere il 2019. Segnali incoraggianti per l’edilizia abitativa di nuova costruzione a cura di Pietro Mezzi In Italia, crescono gli investimenti in opere pubbliche, ma per registrare aumenti significativi occorrerà attendere il triennio 2019-2021. È questa una delle numerose indicazioni che scaturiscono dalla lettura del XXVI Rapporto congiunturale e previsionale del mercato delle costruzioni 2019 del Cresme, presentato qualche giorno fa a Milano. Il 2018, infatti, si è chiuso con un incremento rispetto all’anno precedente dell’1,5%. Un incremento contenuto, dipeso dalla frenata della spesa per investimenti dei Comuni e degli altri enti locali nel triennio 2016-2018, alle prese con il recepimento delle nuove regole di finanza pubblica e con le innovazioni procedurali del nuovo codice dei contratti, fattori questi che non hanno favorito l’apertura di nuovi cantieri. Un andamento, quello fatto registrare dal settore delle opere pubbliche, che contraddice la sensibile ripresa, avvenuta nel 2018, degli investimenti dello Stato, delle Regioni e di alcune delle principali imprese nazionali e locali del settore pubblico allargato. “A partire dal 2019 si dovrebbe avvertire anche la ripresa degli investimenti degli enti locali – ha sostenuto Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme – spinti dalle ingenti risorse pubbliche messe a disposizione del settore nel triennio 2016-2018, e dalle risorse private dei concessionari autostradali, dei gestori degli aeroporti nazionali e dei gestori delle reti idriche, energetiche e per le telecomunicazioni”. Il nuovo ciclo degli investimenti – secondo i dati contenuti nel XXVI Rapporto – dovrebbe durare almeno fino al 2023, anche se resta incerta la loro intensità e durata. “In questa situazione, i tassi di crescita attesi nel quinquennio 2019-2023 – prosegue Bellicini – sono del 3,2% nel 2019, del 3,9% nel 2020, del 3,6% nel 2021, del 2,3% nel 2022 e dell’1,2% nel 2023”. Milano, cantiere M5 I motori trainanti sono gli investimenti nelle infrastrutture di trasporto (ferrovie, strade, ponti, aeroporti e metropolitane): tra queste rientrano anche quelle strategiche e prioritarie in corso di realizzazione per le telecomunicazioni a banda ultra larga, per il servizio idrico integrato, per il potenziamento della rete di trasmissione elettrica nazionale e per l’efficientamento energetico degli impianti di illuminazione, per il trasporto e la distribuzione del gas e per la gestione dei rifiuti. Dal 2019 dovrebbero riprendere a crescere anche gli investimenti in edilizia non residenziale pubblica sostenuti da nuove opere, principalmente nuove strutture ospedaliere e da interventi per la valorizzazione, la manutenzione, l’adeguamento statico e sismico, l’adeguamento funzionale, tecnologico e la messa a norma degli impianti e per la riqualificazione energetica degli immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche centrali. La nuova edilizia abitativa Se il settore delle opere pubbliche deve attendere il prossimo anno per ricominciare a crescere, quello dell’edilizia abitativa – sempre secondo la Congiunturale 2019 – registra alcuni dati incoraggianti. In questi ultimi anni infatti i permessi di costruire per la nuova edilizia abitativa sono cresciuti del +3,9% nel 2016, dell’11,3% nel 2017 e dell’8,7% nel primo trimestre di quest’anno. È anche cresciuto il consumo interno di cemento (+1%) e sono cresciute, dopo un lunghissimo numero di anni, le vendite di laterizio da muro (+2,8% nel primo trimestre del 2018). Seppur di poco, sono anche aumentati i finanziamenti agli investimenti per l’edilizia residenziale (+0,6%) e per quella non residenziale (+33%); i lavori di recupero edilizio e di riqualificazione energetica sono cresciuti dell’1,7% nei primi otto mesi di quest’anno; il mercato immobiliare residenziale e non residenziale è in crescita nel 2018 con tassi intorno al 5%. “Insomma, i segnali di un nuova fase di mercato ci sono tutti – ha sostenuto Bellicini – e se il clima generale non degenera, dalle costruzioni potrebbe venire un contributo importante per il ritorno alla crescita. Certo, non tornando più a livelli espansivi del sesto ciclo edilizio del secondo Dopoguerra, nemmeno a quel settore delle costruzioni”. Il XXVI Rapporto del Cresme infine sostiene che nel 2018 il valore della produzione del mercato delle costruzioni si dovrebbe attestare su 171 miliardi di euro contro i 167 dell’anno prima. Il 73,8% di questo mercato è costituito da interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria del patrimonio esistente: nel 2017 il dato era pari al 74,2%. Gli interventi di manutenzione ordinaria valgono oggi 36,8 milioni di euro, quelli di straordinaria 89,4 milioni, le nuove costruzioni salgono dai 41,4 miliardi del 2017 a 43,1 miliardi del 2018. Nel 2017 le opere di genio civile valevano, secondo le stime Cresme, 23 miliardi di euro: nel 2018 la crescita è stata modesta, vale a dire solo uno 0,2% in più. Nel quadriennio 2019-2022, sempre secondo il XXVI Rapporto, tutti i motori delle costruzioni dovrebbero essere accesi e determinare una crescita del settore con tassi superiori al 2% tra il 1999 e 2021, ma con dinamiche calanti: +2,5% il 2019,; +2,3% il 2020; +2,1% il 2021. Nel 2022 si dovrebbe scender sotto il 2% (1,7% per l’esattezza). Nel 2023 dovrebbe arrestarsi la nuova produzione residenziale, con una crescita ferma al tasso dell’1%. Vedi gli articoli dedicati agli andamenti di mercato di altri settori a partire dal XXVI° Rapporto congiunturale del Cresme – Serramenti metallici, la svolta c’è – Piastrelle di ceramica, un 2018 positivo ma non troppo – Macchine per l’edilizia, la crescita continua – Climatizzazione, una crescita a due cifre Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento