Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Indice degli argomenti Toggle Premo Pritzker 2023Tradizione & modernità: il tempo della permanenzaRiver & Rowing Museum, 1997The Neues Museum, 2009Turner Contemporary, 2011The Hepworth Wakefield, 2011Saint Louis Art Museum, 2013Inagawa Cemetery chapel and visitor centre, Hyogo, 2013–17James Simon Galerie, 2018Ristrutturazione della Neue Nationalgalerie, 2021Procuratie Vecchie, 2022 Il 7 marzo 2023 l’architetto inglese Sir David Alan Chipperfield è stato insignito del Nobel dell’Architettura, il celebre Premio Pritzker 2023, la più alta onorificenza nel campo del costruire. La cerimonia di premiazione avverrà tra due mesi, soltanto a maggio. L’architetto inglese va ad unirsi al suo conterraneo Sir Richard Rogers (2007), al giapponese Arata Isozaki (2019), l’indiano Balkrishna Doshi (2018), l’africano Francis Kéré (2022), e l’italiano Renzo Piano (1998). DCA (David Chipperfield Architects) in quattro decenni ha prodotto oltre cento opere, estese per tipologia e sparse nel Globo, spaziando da edifici civili, culturali e accademici a residenze e piani urbanistici in Asia, Europa e Nord America. Celebre per la sua spiccata sensibilità artistica, e il devoto rispetto per la storia e le tradizioni, le sue opere sono spesso vocate alla riqualificazione funzionale ed estetica dell’esistente. Egli usa gli elementi dell’architettura moderna per relazionarsi con eleganza e sobrietà in rapporto all’antico, alla preesistenza (o permanenza). Premo Pritzker 2023 “È sicuro ma senza arroganza, evitando costantemente le tendenze per affrontare e sostenere le connessioni tra tradizione e innovazione, al servizio della storia e dell’umanità“, commenta Tom Pritzker, presidente della Hyatt Foundation, che sponsorizza il premio. “Mentre le sue opere sono elegantemente magistrali, misura i risultati dei suoi progetti in base al benessere sociale e ambientale per migliorare la qualità della vita di tutta la civiltà“. La giuria del Pritzker 2023 riconosce le spiccate qualità dell’architetto inglese per “Questo impegno per un’architettura di presenza civica sobria ma trasformativa e la definizione, anche attraverso commissioni private, della sfera pubblica, è fatto sempre con austerità, evitando spostamenti e deviazioni inutili libero da tendenze e mode, tutto ciò è un messaggio molto rilevante per la nostra società contemporanea. Tale capacità di distillare e compiere meditate operazioni progettuali è una dimensione della sostenibilità non scontata negli ultimi anni: la sostenibilità come pertinenza, non solo elimina il superfluo ma è anche il primo passo per creare strutture in grado di durare, fisicamente e culturalmente“. “Non vediamo un edificio di David Chipperfield immediatamente riconoscibile in diverse città, ma diversi edifici di David Chipperfield progettati specificamente per ogni circostanza. Ciascuno afferma la propria presenza anche se i suoi edifici creano nuove connessioni con il quartiere”, continua la citazione della giuria. “Il suo linguaggio architettonico bilancia la coerenza con i principi fondamentali del design e la flessibilità nei confronti delle culture locali… Il lavoro di David Chipperfield unifica il classicismo europeo, la natura complessa della Gran Bretagna e persino la delicatezza del Giappone. È la fruizione della diversità culturale”. L’architetto cileno Alejandro Aravena, presidente della giuria e vincitore a sua volta del Pritzker 2016, spiega: “In un mondo in cui molti architetti vedono una commissione come un’opportunità da aggiungere al proprio portfolio, risponde a ogni progetto con strumenti specifici che ha selezionato con precisione e grande cura. A volte richiede un gesto forte e monumentale, mentre altre volte richiede che quasi scompaia. Ma i suoi edifici resisteranno sempre alla prova del tempo perché l’obiettivo finale della sua operazione è servire il bene superiore. L’evitamento di ciò che è di moda gli ha permesso di rimanere permanente”. Chipperfield osserva con gratitudine: “Sono strabiliato di ricevere questo straordinario onore e di essere associato ai precedenti vincitori che hanno tutti dato così tanta ispirazione alla professione. Prendo questo premio come un incoraggiamento per continuare a rivolgere la mia attenzione non solo alla sostanza dell’architettura e al suo significato, ma anche al contributo che possiamo dare come architetti per affrontare le sfide esistenziali del cambiamento climatico e della disuguaglianza sociale. Sappiamo che, come architetti, possiamo avere un ruolo più importante e impegnato nella creazione non solo di un mondo più bello, ma anche più equo e sostenibile. Dobbiamo raccogliere questa sfida e contribuire a ispirare la prossima generazione ad abbracciare questa responsabilità con visione e coraggio”. Tradizione & modernità: il tempo della permanenza Chipperfield si è confrontato sovente con l’antichità in rapporto con il nuovo, storia e contemporaneità in architettura, valutando gli impatti ambientali e storici della permanenza sul territorio, progettando e intervenendo in dialogo con il tempo e il luogo alla ricerca di un linguaggio architettonico site-specific. Molte sue opere, a metà strada tra ristrutturazione e restauro, si relazionano con le preesistenze (ambiente costruito e naturale), l’antico, il passato, reinventandone la funzionalità e l’accessibilità in chiave moderna per dare nuovo impulso allo sviluppo delle relazioni sociali, alla città, mostrando un devoto rispetto per la storia, le tradizioni e la cultura. “Progettare non è inventare colori e forme. Si tratta di sviluppare una serie di domande e idee che hanno un certo rigore e conseguenze per loro”. James Simon Galerie: la modernità si relaziona con l’esistente Le sue opere di ristrutturazione che si relazionano con l’esistente, si pongono in una posizione di fecondo dialogo, ove gli elementi moderni vogliono arricchire di funzionalità e design le parti storiche per restituirle alla città – in quanto custodi della memoria collettiva – anziché soppiantarle. Le sue opere sono in grado di generare nuovi spazi cacaci di integrare con eleganza e sobrietà il tessuto esistente. “Come architetto, sono in un certo senso il custode del significato, della memoria e del patrimonio. Le città sono documenti storici e l’architettura dopo un certo momento è un documento storico. Le città sono dinamiche, quindi non si limitano a stare lì, si evolvono. E in quell’evoluzione, togliamo gli edifici e li sostituiamo con altri. Scegliamo noi stessi e il concetto di proteggere solo il meglio non è sufficiente. Si tratta anche di proteggere il carattere e le qualità che riflettono la ricchezza dell’evoluzione di una città”. Sir David Alan Chipperfield è nato nel 1953 a Londra ma è cresciuto in una fattoria di campagna nel Devon, nel sud-ovest dell’Inghilterra. Prima di fondare lo studio David Chipperfield Architects a Londra nel 1985, ha lavorato, tra gli altri, con Norman Foster, vincitore del Pritzker nel 1999, e il compianto Richard Rogers, vincitore del Pritzker nel 2007. All’inizio della sua carriera progetta gli interni di un negozio per il celebre stilista giapponese Issey Miyake, il cui successo lo porterà a lavorare fino in Giappone. Ma l’edificio che segna l’esordio nel suo paese natale è il River and Rowing Museum (UK, 1989–1997). Ha continuato poi il suo lavoro all’estero, con la ricostruzione e reinvenzione del Neues Museum (Berlino, 1993–2009) e per la costruzione della James-Simon-Galerie. Nella sua lunga carriera da architetto ha ricevuto numerosi premi, è stato il curatore della 13a Biennale di Architettura nel 2012 e guest editor per Domus nel 2020. Come accademico, è stato Professore di Architettura presso la Staatliche Akademie der Bildenden Künste di Stoccarda dal 1995 al 2001 e Norman R. Foster Visiting Professor of Architectural Design presso la Yale University nel 2011. River & Rowing Museum, 1997 I primi schizzi per il museo della piccola cittadina inglese Henley-on-Thames famosa per il canottaggio, sono stati ispirati dalle rimesse per barche fluviali locali e dai tradizionali fienili in legno dell’Oxfordshire: un’idea architettonica semplice e chiara che crea associazioni naturali con l’area circostante. L’edificio completato è virtualmente una diretta materializzazione di questi primi schizzi, ottenuti per mezzo di forme lunghe, parallele, rivestite di quercia con tetti rivestiti di piombo a falda ripida. Sebbene sia chiaramente un edificio moderno, risuona anche con una tradizione architettonica locale. River & Rowing Museum, Londra, 1997 (foto: Richard Bryant) Adagiato sulla riva sud del Tamigi, vicino al centro di Henley, il museo ospita una significativa collezione di barche a remi. Il suo scopo è triplice: documentare la storia dello sport del canottaggio, del Tamigi e della città di Henley. Il museo, che è sopraelevato rispetto al suolo su pilastri di cemento a causa delle occasionali esondazioni del fiume, è concepito in due parti: un piano d’ingresso trasparente e aperto contenente aree pubbliche e una sequenza di gallerie del primo piano, racchiuse e illuminate da lucernari. Ogni sala nautica a timpano ha porte di accesso diretto all’esterno, che consentono l’ingresso diretto degli scafi. Questi spazi superiori sono rivestiti interamente con legname di quercia verde non trattato, un legno che si indurisce e resiste bene con l’età, evocando il vernacolo locale. The Neues Museum, 2009 Il Neues Museum sull’Isola dei Musei di Berlino è stato progettato da Friedrich August Stüler e costruito tra il 1841 e il 1859. I massicci bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale hanno lasciato l’edificio in rovina, con intere sezioni completamente mancanti e altre gravemente danneggiate. Dopo la guerra furono fatti pochi tentativi di riparazione e la struttura fu lasciata esposta alla natura. Nel 1997, David Chipperfield Architects ha vinto il concorso internazionale per la ricostruzione del Neues Museum in collaborazione con l’architetto britannico Julian Harrap. The Neues Museum, Berlino, 1993-2009 (foto: Ute Zscharnt) L’obiettivo principale del progetto era quello di ricompletare il volume originario, e comprendeva la riparazione e il restauro delle parti rimaste dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale. La sequenza originaria degli ambienti è stata ripristinata con nuove sezioni edilizie che creano continuità con la struttura esistente. Il restauro archeologico ha seguito le linee guida della Carta di Venezia, rispettando la struttura storica nei suoi diversi stati di conservazione. Tutte le lacune della struttura esistente sono state colmate senza competere con la struttura esistente in termini di luminosità e superficie. Il restauro e la riparazione dell’esistente sono guidati dall’idea che la struttura originale debba essere enfatizzata nel suo contesto spaziale e nella sua materialità originaria: il nuovo riflette il perduto senza imitarlo. Le nuove sale espositive sono costruite con elementi prefabbricati in cemento di grande formato costituiti da cemento bianco mescolato con graniglia di marmo sassone. Formata dagli stessi elementi in cemento, la nuova scala principale ripete l’originale senza replicarla, e si trova all’interno di un maestoso salone che si conserva solo come un volume in mattoni, privo della sua decorazione originale. Altri nuovi volumi – l’ala nord-ovest, con la corte egizia e l’Apollo risalito, l’abside nel cortile greco e la cupola sud – sono costruiti con mattoni fatti a mano riciclati, a complemento delle sezioni conservate. Con il ripristino e il completamento del colonnato in gran parte conservato sul lato orientale e meridionale del Neues Museum, la situazione urbana prebellica viene ristabilita a est. Finalmente nel 2009, dopo più di sessant’anni di rovina, il Neues Museum ha riaperto al pubblico, esponendo le collezioni del Museo Egizio e del Museo di Preistoria e Protostoria. Turner Contemporary, 2011 Turner Contemporary è una nuova galleria a Margate, sulla costa settentrionale del Kent. Il suo nome è stato ispirato dall’associazione della città con il pittore inglese JMW Turner, che esclamò: “… i cieli sopra Thanet [la punta nord-orientale del Kent] sono i più belli di tutta Europa“. La galleria si trova su un importante lungomare, precedentemente un parcheggio, dove un tempo sorgeva una pensione frequentata da Turner. Turner Contemporary (foto: Simon Menges) Il nuovo edificio a due piani è progettato per massimizzare sia l’ambientazione drammatica tra mare e terra sia le straordinarie condizioni di luce uniche di quest’area che hanno ispirato Turner ben oltre un secolo fa. È composto da sei volumi cristallini identici con tetti a falda unica che forniscono luce da nord agli spazi della galleria e rivelano cambiamenti di luce giornalieri e stagionali. Turner Contemporary offre viste spettacolari sul mare, collegando i visitatori al paesaggio e incoraggiando un senso di partecipazione nella comunità. La galleria è visibile dalla stazione ferroviaria attraverso la spiaggia sabbiosa e forma un punto focale all’orizzonte. Poiché il lungomare è occasionalmente allagato, l’edificio è stato rialzato su un basamento in cemento armato su pilastri. La galleria pubblica, che non ha una collezione permanente, presenta sia opere storiche che contemporanee, nonché un programma di eventi educativi e culturali con un ampio richiamo comunitario. Gli spazi al piano terra comprendono un’area reception, uno spazio per eventi flessibile e una caffetteria, tutti indipendenti dagli spazi espositivi climatizzati che occupano il piano superiore. La luce del giorno diretta entra nell’edificio dalle finestre del lucernario sul lato nord e la luce solare diffusa dai lucernari sopra ciascuno dei sei volumi. L’edificio è costruito con un telaio in cemento e una pelle trasparente di vetro acidato o satinato. L’involucro è resiliente, dovendo resistere alla natura corrosiva del mare, agli alti livelli di umidità, ai forti venti e alle occasionali onde che sovrastano l’edificio. Le facciate sono principalmente di vetro con finestre rinforzate. All’interno, il rivestimento a secco è pensato per facilitare l’allestimento di mostre temporanee. The Hepworth Wakefield, 2011 L’Hepworth Wakefield prende il nome dalla defunta artista inglese Barbara Hepworth, nata a Wakefield nel 1903. Si tratta di una galleria d’arte appositamente costruita, situata all’interno dell’area protetta del lungomare di Wakefield, che protegge una serie di importanti edifici industriali che un tempo ospitavano floride attività. Il nuovo edificio si trova su un’ansa a gomito del fiume Calder, con gli immediati dintorni dominati da un ponte stradale del XX secolo e da una serie di chiuse. The Hepworth Wakefield (foto: Iwan Baan) L’edificio è su due piani: il primo piano è adibito esclusivamente a spazio espositivo; il piano terra contiene la reception, il negozio, la caffetteria, l’auditorium e gli studi di apprendimento, oltre a uffici, archivi e depositi. La caffetteria ha una generosa terrazza vicino alla reception principale e tutte le aree pubbliche godono di vista esterna. Al centro dell’edificio si trova una scala centrale illuminata naturalmente che conduce alle gallerie del piano superiore. La maggior parte delle stanze al piano superiore ospita le collezioni permanenti della galleria, che vanno da sculture e gessi di grandi dimensioni di Barbara Hepworth e altri, a opere su carta altamente sensibili alla luce provenienti dalla collezione di arte britannica della città di Wakefield. Tutte le gallerie utilizzano lo stesso linguaggio neutro, consentendo future reinterpretazioni e rappresentazioni di opere d’arte. Le porte aperte collegano gli spazi della galleria in sequenze fluide e varie, offrendo invitanti scorci di altre opere e del mondo esterno. La principale fonte di luce in ogni galleria è una fessura che corre lungo l’intera larghezza del soffitto all’estremità più alta dello spazio. Gli angoli variabili del soffitto di ogni blocco sono stati calcolati per ammettere e diffondere la luce nel modo più efficace, integrando il sistema di illuminazione artificiale. Le feritoie consentono di regolare o addirittura bloccare completamente la luce. Inoltre, molte delle gallerie presentano una finestra panoramica che incornicia un aspetto dei dintorni, collegando le sculture di Hepworth al paesaggio in cui è cresciuta. Saint Louis Art Museum, 2013 Il Saint Louis Art Museum ospita una delle collezioni d’arte più complete degli Stati Uniti e si trova nel Forest Park cittadino. L’edificio originale e principale, progettato da Cass Gilbert, fu costruito come uno dei padiglioni espositivi per l’Esposizione Universale di St Louis, tenutasi nel 1904. Cinque anni dopo divenne la nuova sede della collezione d’arte della città. La crescita significativa della collezione negli ultimi anni, combinata con le dimensioni sempre crescenti delle opere d’arte contemporanea e la necessità di aumentare la disponibilità di parcheggi sotterranei come parte del restauro del parco, ha portato a una nuova importante commissione per migliorare il museo. Saint Louis Art Museum (foto: Simon Menges) Il nuovo East Building ospita le collezioni d’arte moderna e contemporanea del museo, insieme a spazi espositivi temporanei, un nuovo negozio del museo e un’importante sala da pranzo. Rispetta la posizione dell’originale Cass Gilbert come punto focale nel parco e si presenta come un padiglione a un piano che esce e torna indietro in quattro direzioni, mantenendo al minimo il suo impatto visivo sull’ambiente circostante e sul suo ambiente più ampio. L’edificio poggia su un basso basamento che concilia la topografia circostante del parco allineando anche il suo livello interno al piano nobile dell’edificio Gilbert. Stabilisce inoltre due collegamenti attraverso le porte esistenti sud-est e sud-ovest, rispettando l’assialità esistente. Quattro grandi finestre dal pavimento al soffitto offrono una vista verso il Grand Basin, il parco e il nuovo giardino paesaggistico. Questo paesaggio è un aspetto importante del progetto e presenta un nuovo ingresso, un piazzale e giardini di sculture che si fondono con Forest Park. Le facciate sono rivestite di cemento scuro contenente aggregati locali gettati e lucidati in loco, conferendo al padiglione una solida presenza tra gli alberi. Il padiglione è sormontato da un soffitto a cassettoni in cemento che copre l’intero spazio. Oltre al suo ruolo di griglia strutturale, il soffitto modula e filtra la luce del giorno nello spazio. Il sistema funziona grazie alla profondità e al colore dei cassettoni e alla stratificazione dei materiali intermedi: vetro traslucido in alto e un diffusore di luce multistrato in basso. Il soffitto a cassettoni consente di ricollocare le pareti interne secondo il modulo del reticolo, creando una certa flessibilità nella disposizione delle gallerie. Le soglie tra gli spazi della galleria sono definite dall’assenza di muri piuttosto che da porte, consentendo viste ininterrotte attraverso le gallerie e verso il paesaggio al di là. Inagawa Cemetery chapel and visitor centre, Hyogo, 2013–17 Il cimitero di Inagawa si trova su un ripido sito nella catena montuosa di Hokusetsu nella prefettura di Hyogo, a circa 40 chilometri a nord di Osaka. Il cimitero è disposto su terrazze e diviso in due da una monumentale scalinata che conduce a un santuario nel punto più alto, un asse che orienta l’intero progetto. Inagawa Cemetery Chapel and Visitor Center (foto: Keiko Sasaoka) Il centro visitatori e la cappella sono concepiti come una marcata soglia tra il mondo esterno e uno spazio più tranquillo all’interno per la contemplazione. Allineati con la scalinata centrale, e come contrappunto al santuario, gli spazi del visitatore e della cappella sono raccolti attorno a un cortile. Il programma funzionale è organizzato sotto un unico piano del tetto spiovente, seguendo la linea di vista dall’ingresso fino al santuario. Le stanze del centro visitatori si aprono sul giardino del cortile mentre la cappella appartata rimane separata. Una stanza disadorna e tranquilla con riscaldamento minimo e illuminazione artificiale offre uno spazio contemplativo aconfessionale, puro nella sua forma. Facendo affidamento sulla luce solare indiretta proveniente dai giardini su entrambi i lati, il visitatore della cappella trova isolamento e la sua attenzione è attratta dai ritmi essenziali del tempo scanditi dalla natura attraverso la fluttuazione della luce diurna ed i cambiamenti stagionali del fogliame. Sull’angolo diagonalmente opposto del cortile si trova il centro visitatori. Due grandi sale all’estremità inferiore del tetto prevedono riunioni di famiglia e commemorazioni. La sala visitatori offre un’area informale per riposare e mangiare. James Simon Galerie, 2018 Come continuazione dell’architettura del forum di Friedrich August Stüler, la James-Simon-Galerie funge da nuovo edificio d’ingresso per l’Isola dei Musei, completando l’insieme tra il canale Kupfergraben e il Neues Museum. Insieme alla “Passeggiata archeologica”, costituisce la spina dorsale del piano generale sviluppato nel 1999 e adottato come base per tutta l’ulteriore pianificazione dell’Isola dei Musei. James-Simon-Galerie In quanto nuova porta d’accesso all’Isola dei Musei, la James-Simon-Galerie svolge un ruolo significativo ed è adatta ad accogliere un gran numero di visitatori, ospitando tutti i servizi richiesti dal frequentatore di musei contemporaneo. La James-Simon-Galerie forma un collegamento fisico con il Pergamon Museum e collega il museo attraverso la passeggiata archeologica al piano interrato con il Neues Museum, l’Altes Museum e il Bode Museum. Esili colonne diventano un leitmotiv, che ricorda il famoso bozzetto di Federico Guglielmo IV per la sua “acropoli culturale”. Proseguono in forma contemporanea il colonnato di Stüler che originariamente terminava al Neues Museum, creando un nuovo piccolo cortile colonnato tra il Neues Museum e la JamesSimon-Galerie. invitare i visitatori nell’edificio. Arrivando al livello superiore, i visitatori entrano in un generoso foyer, con sportelli per informazioni e biglietti e accesso diretto al piano espositivo principale del Pergamon Museum. Il foyer racchiude anche la caffetteria e si apre su una grande terrazza che, lungo il canale Kupfergraben, percorre l’intera lunghezza dell’edificio. Il linguaggio architettonico della James-Simon-Galerie adotta elementi esistenti dell’Isola dei Musei, principalmente dall’architettura esterna, come i colonnati e le scale esterne, facendo riferimento a Schinkel, Stüler e agli altri architetti coinvolti nella creazione del Museo Isola. Ristrutturazione della Neue Nationalgalerie, 2021 Da quando è emigrato negli USA, la Neue Nationalgalerie di Berlino è l’ultimo nonché unico edificio costruito in Europa da Mies Van Der Rohe, ultima opera architettonica del celebre architetto che è considerata un’icona dell’architettura moderna, conosciuta in tutto il mondo. Neue Nationalgalerie Dopo quasi cinquant’anni di uso intensivo, l’edificio storico necessitava di una completa ristrutturazione. Il tessuto esistente è stato ristrutturato e aggiornato agli standard tecnici attuali con un minimo sacrificio rispetto all’aspetto originale dell’edificio. Gli aggiornamenti funzionali e tecnici includono aria condizionata, illuminazione artificiale, sicurezza e strutture per i visitatori, come guardaroba, caffetteria e negozio del museo, oltre a migliorare l’accesso ai disabili e la gestione delle opere d’arte. La necessità di un’ampia riparazione dell’involucro in cemento armato e il completo rinnovamento degli impianti tecnici dell’edificio hanno richiesto un profondo intervento. Per esporre la costruzione a guscio, sono stati smantellati circa 35.000 componenti originali dell’edificio, come il rivestimento in pietra e tutti gli arredi interni. Dopo il loro restauro e le modifiche ove necessario, sono stati reinstallati nelle loro precise posizioni originarie. La chiave del complesso processo di pianificazione di questo progetto è stata trovare un giusto equilibrio tra la conservazione del monumento e l’uso dell’edificio come museo moderno. Sebbene le aggiunte essenziali rimangano subordinate al progetto esistente dell’edificio, sono comunque discretamente leggibili come elementi contemporanei. Il progetto di ristrutturazione non rappresenta una nuova interpretazione, ma piuttosto una riparazione rispettosa di questo edificio simbolo dell’International Style. Procuratie Vecchie, 2022 Piazza San Marco a Venezia è una delle piazze più riconoscibili al mondo e una straordinaria ed esplicita dimostrazione di ordinato spazio pubblico. Le Procuratie Vecchie si svilupparono lungo tutto il lato nord della piazza nella prima metà del Cinquecento sotto il programma di renovatio urbis del doge Andrea Gritti. Al progetto hanno lavorato gli architetti Mauro Codussi, Bartolomeo Bon e Jacopo Sansovino, stabilendo il nuovo linguaggio architettonico di ispirazione classica adottato dai successivi sviluppi sui lati sud e ovest della piazza. Procuratie Vecchie (foto: Alessandra Chemollo) Il progetto è stato commissionato dalle Generali, società che ha iniziato la sua vita nelle Procuratie Vecchie e da allora ha acquisito la quasi totalità dell’edificio. Oltre ad ospitare uffici e spazi di co-working per Generali e The Human Safety Net – l’iniziativa sociale globale dell’azienda – l’edificio ospita ora mostre ed eventi, aprendo le aree al pubblico per la prima volta nella sua storia. Attraverso questo nuovo programma, il progetto cerca di reintegrare le Procuratie Vecchie nella vita della città, sostenendo Venezia come luogo di attività, innovazione e scopo sociale. Più che un singolo concetto o gesto, il progetto architettonico è definito da un approccio flessibile che affronta la complessità della struttura cinquecentesca e le sue successive modifiche, integrandole con una serie di nuovi interventi per creare un insieme più coerente. Tra questi, il restauro degli interni storici al primo e al secondo piano, la nuova circolazione verticale e la ristrutturazione del terzo piano, con l’accesso del pubblico agli spazi espositivi, oltre a spazi di lavoro, spazi per eventi e un auditorium. Un nuovo padiglione sul tetto fornisce l’accesso a terrazze incassate con vista sullo skyline della città. I rilievi e l’analisi delle diverse parti delle Procuratie Vecchie, unitamente alla ricerca e allo studio delle fonti documentarie, hanno permesso di definire un approccio rispondente a ciascun elemento del tessuto edilizio. Al primo e al secondo piano si svelano parti di pavimenti, soffitti, intonaci e affreschi storici in terrazzo alla veneziana. Al terzo piano sono stati scoperti i muri in mattoni che mostrano le tracce delle trasformazioni di oltre 500 anni. Sia che si tratti di riparare il tessuto storico o aggiungere nuovi elementi, sono state utilizzate tecniche di costruzione e artigianato antiche, locali e tradizionali per creare una continuità materiale in tutto l’edificio e rafforzarne l’integrità. La muratura interna è rivestita in marmorino o rifinita con scialbatura (grasso di calce) conferendo leggibilità e uniformità alle varie superfici. Per la pavimentazione vengono utilizzati pastellone e terrazzone, entrambi composti dagli stessi inerti lapidei, mentre gli archi ei portali sono realizzati in pietra ricostituita. La muratura esterna del nuovo padiglione di copertura è rivestita in cocciopesto e le terrazze rivestite in cotto ricomposto, creando un dialogo tra vecchio e nuovo. Per approfondire: Fernandez-Galiano Luis, David Chipperfield Architects 1994–2021, Arquitectura Viva S.L., 2021 Jodidio Philip, Chipperfield, Taschen, 2015 davidchipperfield.com www.pritzkerprize.com Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento