Dell’insostituibile importanza, per il paesaggio delle Apuane, della presenza di cave attive

In questi mesi, in Regione Toscana, si discute del futuro delle cave ricomprese nel comprensorio del Parco delle Apuane. Il presente articolo intende essere un contributo alla chiarificazione di alcuni concetti che, prendendo spunto da tale caso, si ritiene debbano presiedere a una giusta definizione di “paesaggio” e alla sua tutela, guidandone le politiche relative.

Fronti e bancate di cava nell’Alta Versilia
Fronti e bancate di cava nell’Alta Versilia

“…Ora in queste cose, una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine, i fiumi stretti infra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente. In modo che la vista di ogni paese abitato da qualunque generazione di uomini civili, eziandio non considerando le città, e gli altri luoghi dove gli uomini si riducono a stare insieme, è cosa artificiata, e diversa molto da quella che sarebbe in natura”.

Giacomo Leopardi, Elogio degli uccelli.

Fronti e bancate di cava nell’Alta Versilia
Fronti e bancate di cava nell’Alta Versilia

Nella citazione di incipit alla sua celebre “Storia del paesaggio agrario italiano”, Emilio Sereni introduceva questa acuta osservazione di Giacomo Leopardi sull’artificialità della natura in un contesto densamente antropizzato o, se si vuole, della naturale azione di trasformazione dell’ambiente operata dall’uomo.
Che, del resto, è proprio la nozione di paesaggio1, con il suo ineludibile rimando a un fattore soggettivo e culturale, di percezione identitaria e di attribuzione di senso operata da una comunità, a definire il concetto come un ponte di mediazione tra uomo e natura.

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E forse l’Italia, sotto il profilo per l’appunto del paesaggio così correttamente inteso, è uno dei Paesi di maggior ricchezza e suggestione al mondo, in relazione a sedimentate e strettamente interrelate pratiche culturali di utilizzo del territorio, in cui il dato antropico e quello naturale appaiono a tal punto intimamente avvinti da non poter essere separati senza produrne un lacerante e reciproco impoverimento.

Riguardato da questo punto di vista, il caso della Versilia e delle Alpi Apuane è paradigmatico di quanto si vuol venire sostenendo in queste seppur sintetiche note.

Lastre in lavorazione
Lastre in lavorazione

Dal pontile caricatore delle spiagge di Forte dei Marmi, alla vetta dell’Altissimo, ai resti di Luni, alle Chiese di Pietrasanta, tutto parla di una storia antichissima, che ha legato paesi e popolazioni, compagini sociali e retaggi culturali, manifestazioni politiche e civiche ed espressioni artistiche, caratteri tipologici alla scala del territorio e dettagli di architettura degli edifici, processi produttivi e lavoro dell’uomo. Una storia fondata sul marmo e a questo radicata, che ha costituito, in senso proprio e metaforico, il materiale su cui si è venuta strutturando l’identità delle Comunità della Versilia e, a un tempo, ne ha permesso l’apertura al mondo e agli orizzonti delle relazioni internazionali.

Una storia, ancora, vera fonte del Parnaso cui si alimentano e si sono alimentate  l’Arte e l’Architettura italiane e mondiali, che senza la sfida e la promessa di bellezza, racchiuse in ogni blocco di marmo, avrebbero dovuto prendere strade altre, comunque diverse da quelle percorse. Non è, infatti, solo questione della necessità, che sarebbe occorsa, di ricorrere a materiali differenti per esprimere un mondo di forme comunque altrimenti capace di codificarsi in astratta autonomia dalla specifica natura del mezzo del suo farsi, quanto piuttosto dell’impossibilità, per l’invece intima e consustanziale correlazione di forma e materia propria dell’atto artistico, di procedere a quella codifica di senso secondo le linee di evoluzione e sviluppo poi inveratesi della prassi e della teoria dell’Arte occidentale.

Il carroponte, sinonimo di piazzale e di movimentazione blocchi nella lavorazione del marmo
Il carroponte, sinonimo di piazzale e di movimentazione blocchi nella lavorazione del marmo

Nel salire dal mare al monte, lungo strade che sanno di un Italia del primo Dopoguerra, con parapetti in muratura di pietrame e listature di mattoni, passando per paesi – lontani pochi chilometri in linea d’aria e anni luce per atmosfera – dalle “vasche serali” della Versilia turistica ed estiva, si coglie subito il senso di comunità orgogliose, fondate sul duro lavoro e non sulla più facile rendita del turismo d’élite o sulla resa agricola di fianchi peraltro in ombra e di scarsa feracità. Piccoli centri, di fondovalle e di mezzacosta, abbarbicati alle pendici delle montagne, che hanno nella strada che li attraversa il loro centro e la loro ragione, ché lungo di essa passano quei blocchi bianchi e lucenti, estratti dalle profondità del monte, in cui sono scolpite le fatiche e le soddisfazioni, le asprezze e le passioni di generazioni di cavatori. Strade disseminate di sculture e di installazioni, che – prima che al tema specifico cui sono dedicate – celebrano il materiale stesso, ovvero quel marmo che, per secoli, ha significato da queste parti il pane quotidiano.

Dalle segherie del piano e dei fondi valle, ai frantoi per la lavorazione e la produzione degli inerti, alle antiche strade di lizza, ai ravaneti, su su, fino alle cave, non esiste paesaggio dell’Alta Versilia che non sia tale perché permeato della cultura antica e pur innovativa del marmo e della sua lavorazione.

Provate a raggiungere le cave più alte, a 1200, 1300 metri, e intrattenetevi per qualche ora (non vi sembrerà possibile di meno) con i direttori di cava. Troverete uomini ricchi di ricordi e di saperi, dall’amore sconfinato e quasi ingenuo per la propria attività e per quel fronte bianco, scolpito come un gigantesco ghiacciaio dall’opera dell’uomo. Vi racconteranno di storia, di leggende, di aneddoti, di tragedie… Vi narreranno una vita spesa in quota, a trarre dalla terra, non una risorsa inerte di mera utilità, ma una ricchezza ideale da porre al servizio del genio dell’uomo e della sua creatività. E troverete in loro, nelle loro parole e nel loro sguardo, la saggezza di chi è in armonia con il creato: di chi sa che prende, ma per celebrarne la grandezza e con essa quella dell’uomo.

Scendete, poi, al piano, ma senza raggiungere le spiagge. Fermatevi poco prima, nei laboratori e nei piazzali. Troverete altri uomini, non necessariamente istruiti, ma colti; colti di quella cultura che solo la competenza e il confronto con altri mondi sanno dare. Sentirete il tipico accento di queste parti naturalmente virare all’inglese internazionale delle transazioni d’oltreoceano o di oltreoceani. Troverete persone dinamiche e mentalmente aperte, dotate di spirito d’impresa e di spirito d’azienda; orgogliose del proprio saper fare e del proprio produrre ricchezza, indipendentemente da quella che altri gli portano, per pochi mesi all’anno, dai rispettivi Paesi.

Togliete tutto questo alla Versilia; chiudete le sue cave e fermate le sue segherie; arrestate i camion che fanno la spola dal piano al monte; interrompete i contatti con l’Estremo Oriente e con le Americhe… e perderete la sua identità, le sue strutture sociali, la sua stessa lingua. Preparatevi a un lento declino, come la Venezia dei Dogi, allo smarrirsi delle sue rotte e dei suoi commerci.

Certo, l’alternativa del turismo ambientalista è sempre possibile. Ma è un’alternativa, in questo caso, priva di spessore. Non fondata sulla storia. Non risonante negli animi e nei selciati dei paesi che la punteggiano: non centrata sull’idea di paesaggio (quale connubio di uomo e natura) unico al mondo che è e che (almeno spero, io, ambientalista convinto) deve restare la Versilia.

Claudio Sangiorgi

Architetto e Docente a contratto del Politecnico di Milano. E’ Presidente della Commissione Paesaggio del Comune di Buscate (Milano). Ha svolto attività di volontariato presso il WWF e compiuto il Servizio Civile presso il Parco Lombardo della Valle del Ticino, in ausilio al servizio di Guardiaparco. E’ Presidente dell’Associazione Culturale “Hortus 2015”, per il recupero delle antiche tecniche orticole nell’area urbana di Milano.

Note

1. Nella convenzione europea del paesaggio, definito come: < “Landscape” means an area, as perceived by people, whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors >.

 

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