Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
La separazione dei rifiuti di cantiere sta prendendo sempre più piede, la demolizione selettiva è il primo passo verso l’economia circolare nelle costruzioni. Nata dieci anni fa negli Usa, la decostruzione conta oggi in Italia un centinaio di imprese specializzate. È una tecnica che possiede regole ben codificate. In Italia si stima che i rifiuti da C&D provengano, per il 53%, da micro demolizioni residenziali , il 39% da quelle non residenziali e l’8% dalla demolizione di interi edifici. Vantaggi e costi della demolizione selettiva. Parla Matteo Zanella, direttore dell’area recupero ambientale della società trentina Ecoopera. Le fasi della demolizione selettiva Indice degli interventi Demolizione selettiva, che cos’è? Obiettivi e fasi della demolizione selettiva I pro e contro dello strip-out È una strategia, una strategia per la demolizione. Stiamo parlando della demolizione selettiva, vale a dire della modalità di separazione dei rifiuti di cantiere per frazioni omogenee, finalizzata al riciclo e al riutilizzo dei materiali di cui è costituito un edificio o impianto. È ancora poco praticata, perché la cultura tecnica edilizia è dura da scalfire e cambiare e perché i costi diretti che la selezione impone sono più alti in quanto serve più manodopera, ma se vogliamo perseguire la strada della circolarità in economia e le indicazioni che provengono da Bruxelles, non si può pensare di demolire come si è sempre fatto all’infinito. I rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) in Europa rappresentano il 10-30% dei rifiuti conferiti in discarica e derivano dalle attività di scavo e demolizione (40-50%), di ampliamento e rinnovo degli edifici esistenti (30-50%) e di costruzione di nuovi edifici (20-30%). Rimanendo in campo europeo, si può effettuare un’ulteriore stima e suddivisione della produzione europea di rifiuti, in base al segmento di mercato di appartenenza: il 33% proviene dal comparto non residenziale, il 25% dalla riqualificazione e manutenzione, il 24% dall’edilizia residenziale e il 18% dall’ingegneria civile. Per quanto riguarda il nostro Paese, in base al tipo di attività edilizia possiamo stimare che il 53% proviene da micro demolizioni residenziali, il 39% da micro demolizioni non residenziali e l’8% dalla demolizione di interi edifici. Demolizione selettiva, che cos’è? Per demolizione selettiva si intende quell’attività finalizzata a separare gli elementi riusabili da quelli non riusabili e per allontanare dai rifiuti da demolizione le eventuali sostanze inquinanti. I prodotti della demolizione selettiva appartengono a diverse categorie: componenti o elementi riutilizzabili tali e quali; componenti o elementi reimpiegabili con funzioni differenti da quelle originarie; materie prime seconde (Mps) reimpiegabili come materiali uguali a quelli d’origine dopo processi di trattamento, ma con diversa funzione e forma; materie prime seconde diverse dai materiali d’origine per forma e funzione, reimpiegabili dopo processi di trattamento come materiale diverso da quello d’origine. In un’accezione più moderna, la demolizione selettiva può essere intesa come decostruzione programmata: un momento programmato che segna la fase di fine vita di un edificio, contemplandone contemporaneamente la nascita di un altro. Obiettivi e fasi della demolizione selettiva La demolizione selettiva ha lo scopo di ottenere frazioni di mono materiali omogenei e adatti al trattamento per valorizzare gli scarti ottenuti, aumentare la riciclabilità degli scarti generati sul cantiere di demolizione e migliorare la qualità del materiale ottenibile dal riciclaggio. In altre parole ancora, gli obiettivi della demolizione selettiva vogliono affermare la circolarità della trasformazione delle risorse, in cui le materie prime utilizzate per la realizzazione di un immobile vengono reimmesse nell’ambiente in una qualche forma. Per questo motivo è necessario attuare un riciclo di alta qualità, con rifiuti altamente selezionati. La decostruzione non si compone solo di elementi teorici, ma essendo una tecnica, come tutte le tecniche, possiede delle precise regole. La prima regola consiste nel compiere la cosiddetta valutazione preliminare, la seconda nella rimozione e nel trattamento dei rifiuti pericolosi (bonifica), poi nello smontaggio dei componenti riutilizzabili, infine, nella demolizione selettiva dei materiali riciclabili (strip-out). Tutte queste fasi si compongono a loro volta di numerose sotto fasi. La fase dello strip-out presuppone anche delle competenze tecniche del personale impiegato nelle operazioni. Devono essere infatti dei tecnici formati in materia di rifiuti e bonifiche e di campionamento dei rifiuti da portare alla successiva valutazione in laboratorio; servono anche dei laboratori accreditati e tecnici per la ricerca dei parametri caratteristici del rifiuto campionato. Nella fase esecutiva vera e propria occorrono infine maestranze in grado di riconoscere immediatamente eventuali criticità legate ai rifiuti di cantiere, abili nell’interpretare le mappature realizzate nella fase preliminare. I pro e contro dello strip-out I vantaggi della fase di selezione della demolizione sono facilmente comprensibili: infatti è possibile riutilizzare i materiali di scarto, avere una minore quantità di rifiuti destinati in discarica, minori costi di trasporto e smaltimento, rifiuti omogenei e di maggior qualità, una migliore organizzazione del cantiere (in particolare nei centri storici cittadini dove si lavora spesso in spazi ristretti), una riduzione dei tempi di stoccaggio dei rifiuti in cantiere (quindi, tempi ridotti di cantiere e diminuzione di costi fissi). Per contro, invece, abbiamo tempi di demolizione mediamente più lunghi e maggior costo della manodopera. In conclusione, si può affermare, anche alla luce delle numerose esperienze di cantiere, che la demolizione selettiva, rispetto a quella tradizionale, contribuisce a ridurre l’impatto sull’ambiente delle lavorazioni edilizie grazie all’utilizzo di attrezzature meno invasive e rumorose, riduce i costi di smaltimento (in costante aumento) e riduce i tempi di cantierizzazione. Matteo Zanella, direttore tecnico dell’area recupero ambientale di Ecoopera «La tecnica è nata negli Stati Uniti una decina di anni fa e in Italia è impiegata in modo spinto da due-tre anni – afferma Matteo Zanella, direttore tecnico dell’area recupero ambientali di Ecoopera, società trentina che opera nel settore dei rifiuti e delle bonifiche dei siti contaminati e che conta 500 addetti di cui una trentina nel campo della decostruzione -. È una soluzione ottimale per i cantieri collocati nei centri storici privi di spazi di cantiere adeguati e impone un’organizzazione delle fasi lavorative differente da quella tradizionale e la disponibilità di personale esperto. Richiede maggior tempo nella fase iniziale del cantiere, perché occorre valutare, caratterizzare, separare e smaltire i rifiuti esistenti. Così facendo si risparmiano i costi di smaltimento indifferenziato, anche se serve più manodopera proprio nella fasi iniziali del lavoro. La utilizziamo soprattutto nei grandi cantieri delle città metropolitane promossi dalle pubbliche amministrazioni o da grandi operatori immobiliari, che devono rispondere o a norme sempre più stringenti oppure ad alti requisiti ambientali. Un impulso alla decostruzione è fornito dal continuo aumento dei costi di discarica dei materiali indifferenziati e il risparmio compensa il maggior costo della manodopera nella fase iniziale». img by Ecoopera Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento