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Earth Cycle è un progetto europeo della durata di quattro anni prova a mettere insieme circolarità dei prodotti e occupazione in un territorio difficile della banlieue parigina. Mattoni, pannelli, intonaci e malte realizzati con le terre di scavo della linea metropolitana. Intervista a Silvia Devescovi, project manager italiana che coordina l’iniziativa Indice degli argomenti: I contenuti del progetto Parla la project manager Tre Atex per Earth Cycle Mattoni e formazione del personale Sevran è un comune dell’Ile de France, a nord est di Parigi, non lontano dall’aeroporto di Roissy Charles de Gaulle. Con i suoi 50mila abitanti è noto alle cronache nazionali per essere una delle banlieue della capitale, con non pochi problemi sociali dovuti alla disoccupazione e alla mancata integrazione. Proprio a Sevran, tre anni fa, è partito un progetto europeo di economia circolare legato alle costruzioni dai forti risvolti occupazionali e sociali. Earth Cycle è il suo nome, vale più di 6 milioni di euro ed è finanziato all’80% dall’Unione; alla sua guida c’è una giovane donna italiana, Silvia Devescovi, che lavora per la municipalità della città francese e che oggi è la project manager dell’iniziativa che raggruppa 13 partner, tutti quanti transalpini. Il titolo del progettoRiutilizzo del terreno estratto per i lavori di realizzazione della linea metropolitana e impatto sull’economia circolare – spiega solo in parte la complessità dell’operazione, che nei suoi tre anni di vita si è misurata con non pochi problemi di carattere normativo e ambientale. I contenuti del progetto Il progetto punta a verificare come e a quali condizioni è possibile riutilizzare a fini costruttivi le terre di scavo derivanti dalla realizzazione della linea metropolitana che attraverserà il comune parigino. Terre di scavo selezionate per tipologia (©amaco) Un esempio virtuoso di economia circolare il cui obiettivo, oltre ai vantaggi ambientali legati al reimpiego di materiali e prodotti, è anche generare impatti positivi sull’economia locale, sull’occupazione e sulle condizioni sociali della popolazione residente. Più nel dettaglio si tratta di riutilizzare il terreno di escavazione delle stazioni di Grand Paris e Sevran della linea metropolitana, eseguire delle prove per definire il prodotto più adatto per il suo reimpiego nelle costruzioni, trasformare le terre estratte in prodotti in terra cruda (misto di argilla e inerti naturali) per l’edilizia e, infine, collocare i prodotti in altri cantieri. Le terre di scavo (©amaco) Questi gli obiettivi generali del progetto riduzione delle emissioni di gas serra nelle costruzioni, messa a punto di processi e tecnologie utili al miglior reimpiego dei prodotti, minor impiego di risorse naturali quali sabbia e aggregati, creazione di posti di lavoro. Parla la project manager I lavori veri e propri sono iniziati nella primavera di due anni fa con i primi scavi di prova, sono poi proseguiti con la ricerca dell’impresa a cui affidare i lavori e, nella primavera dello scorso anno, si è provveduto a definire le modalità di stoccaggio delle terre scavate. Dopo quest’ultima fase si è passati alla validazione del processo di produzione in fabbrica e a effettuare i primi di test di verifica. Mattoni in terra estrusa (©amaco) Come tutti i progetti innovativi che si rispettino, non sono mancate le criticità e le sorprese, tanto che, rispetto ai tempi previsti, si registrano alcuni slittamenti dei tempi. A Silvia Devescovi, capo progetto di Earth Cycle, abbiamo chiesto di fare il punto del progetto e nel contempo di approfondire alcuni aspetti tecnici dell’operazione. «Abbiamo avuto alcuni problemi, ancor prima del Covid 19 – attacca Devscovi -. Noi oggi disponiamo dell’autorizzazione a realizzare i prodotti ottenuti dalle terre di scavo, ma non inizieremo a maggio come da programma, ma a ottobre. In questi tre anni i problemi non sono mancati. La prima criticità incontrata ha riguardato la consistenza dei terreni: non tutti infatti hanno l’identica resistenza e sono adatti a essere lavorati. Poi ci siamo scontrati con l’assenza, nell’area parigina, di una tradizione costruttiva basata sul mattone in terra cruda. Dopodiché abbiamo dovuto modificare il progetto: inizialmente infatti avevamo ipotizzato più siti produttivi da impiantare nei pressi dei singoli cantieri. Una soluzione, quest’ultima, che è stata valutata diseconomica e poco efficace e che abbiamo abbandonato. Abbiamo quindi optato per un unico sito madre, che funzionasse da punto di riferimento di diversi cantieri di scavo. In futuro potremmo anche pensare a linee produttive mobili, con macchine sul cantiere che saranno comunque gestite dal sito principale, o anche alla duplicazione dei siti di produzione in aree geografiche diverse. Le terre di scavo, com’è noto, sono intrise d’acqua e per la loro asciugatura servono tempo e soprattutto grandi spazi. Inoltre, eventuali ritardi legati alle lavorazioni in cantiere avrebbero avuto delle ripercussioni negative sulla nostra attività». A oggi si sta lavorando all’omologazione dei prodotti affinché sia garantita la loro qualità. Ma per arrivare a realizzare un prodotto garantito occorre che la terra venga frantumata, polverizzata e selezionata. Dopodiché è previsto l’intervento delle macchine, che lavorano i materiali per il mescolamento e per l’impasto delle terra con fibre vegetali. Per questo si utilizzano la pressa e la molatrice, macchine necessarie per l’ottimizzazione delle terre. «Contiamo di essere operativi nel 2021 – sostiene la project manager. I tempi sono slittati, anche perché si sono frapposti dei vincoli di legge: le terre di scavo sono oggi considerate, dal punto di vista normativo, rifiuto. Solo attraverso un processo produttivo industriale è possibile non considerarle più tali. Per tutte queste ragioni, abbiamo dovuto anche ridimensionare le nostre ambizioni produttive, per cui, alla fine, riusciremo a produrre 8mila tonnellate di terra contro le 25mila previste inizialmente. E questo per problemi di ordine ambientale che ci hanno imposto di modificare il sito di escavazione e di ridimensionare i quantitativi». Tre Atex per Earth Cycle Come in molti campi innovativi, la produzione di materiali in argilla cruda, non potendo contare su riferimenti normativi precisi, non offre una piena garanzia per quanto riguarda le prestazioni e l’uso. Per compensare questa carenza verranno condotte delle validazioni tecniche, denominate Atex, gestite dal Cstb (Centre Scientifique et Technique du Bâtiment). L’obiettivo degli Atex è dotare l’industria delle costruzioni di informazioni tecniche affidabili: attualmente nei prodotti di terra cruda non esistono dei certificati tecnici in grado di garantire la qualità dei prodotti. L’Atex è insomma una valutazione tecnica di un prodotto ancora non certificato che si intende sperimentare. Per la sede della Conservatoire des sols à Orléans, dello studio Design & Architecture, sono state utilizzate terre da scavo (©Inra) Tre sono i tipi di Atex esistenti: Atex A fa riferimento alle tecniche che saranno utilizzate in più cantieri; Atex B a quelle impiegate in un unico cantiere; Atex C è identico al B esteso però a un secondo sito. Per il progetto Earth Cycle, l’Atex più adatto è il tipo A. I partner del progetto hanno scelto di utilizzare l’Atex per i seguenti prodotti: partizioni e contro partizioni realizzate con pannelli di terra cruda; partizioni e contro partizioni realizzate con blocchi di terra compressa; rivestimento con blocchi di terra compressa. L’Atex viene assegnato dopo alcuni test sui criteri di progettazione e di sviluppo dei prodotti. Tra qualche mese verrà effettuata una seconda campagna di test per confermare le prestazioni dei processi e la loro idoneità per gli usi previsti. Al termineesperti del Cstb esaminano gli Atex e decidono per la loro collocazione sul mercato, operazione che per il progetto europeo dovrebbe avvenire nell’autunno di quest’anno. Mattoni e formazione del personale Un output importante del progetto ha riguardato la formazione. «Il comune di Sevran ha aderito al progetto in quanto si trattava di un’iniziativa che prevedeva ricadute economiche e occupazionali importanti, capaci di dare lavoro e offrire profili professionali adeguati alle persone del luogo – conclude Devescovi -. Al termine del progetto avremo formato 200 persone, impiegate con livelli e competenze differenziate. Alcune persone saranno pronte a riconoscere le terre di scavo, altri diventeranno muratori, altri ancora saranno in grado di lavorare ai reparti di produzione». Per la scuola Myriam Makéba a Nanterre, dello studio Toa; sono state utilizzate terre da scavo (credits, Toa) Riutilizzo delle terre di scavo in economia circolare Località: Sevran, Ile de France Partner: 13 (Grand Paris Aménagement, Societè du Grand Paris, Quartus, Groupe Antea, Joly & Loiret, Ifsttar, Sciences-Po Paris, Ensag, Amàco, Craterre) Progetto: europeo Finanziamento: Ue (Urban Innovative) Valore del progetto: 6,1 milioni di euro (80%, dalla Ue; 20% dai partner del progetto) Inizio progetto: Marzo 2018 Fine progetto: Marzo 2021 (salvo proroghe) Stato dei lavori: Deposito dei permessi di costruzione, progetto delle linee di produzione, scelta dei macchinari e costituzione della società operativa Fase attuale: Ottenimento delle certificazioni tecniche e formazione del personale Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento