La Fabbrica di San Pietro: storia della Basilica Vaticana

La Fabbrica di San Pietro: origine ed evoluzione della Basilica Vaticana. Storia della più famosa chiesa cristiana, da Bramante al Bernini, passando per Michelangelo e Carlo Maderno. Idee, progetti e miti.

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La Fabbrica di San Pietro: storia della Basilica Vaticana

La Fabbrica di San Pietro è la storia della nascita del più celebre edificio religioso al mondo, una vicenda che narra le gesta di una moltitudine di personaggi, artisti, pontefici e geni. Spalmata in un arco temporale lunghissimo: l’intero processo, dalla posa della prima pietra (1506) al completamento della piazza antistante con i portici (1667) è durato oltre un secolo e mezzo. E bisogna attendere ulteriori secoli affinché si raggiunga l’attuale risultato visivo di via della Conciliazione.

La Basilica di San Pietro a Roma è nota in tutto il mondo per la potente valenza religiosa, simbolo universale, principale tempio della Cristianità. La frase del Vangelo di Matteo, testimonia il primato di Pietro quale pilastro della Chiesa Cattolica: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra resterà legato nei cieli e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra resterà sciolto nei cieli” (Mt 16, 18-19).

Capolavoro del Rinascimento Italiano, il Tempio Vaticano è una delle meraviglie dell’architettura storica moderna, tra le prime opere prodotte dalla nuova cultura umanista sviluppatasi a partire dalla fine del Medioevo.

La fabbrica di San Pietro ha una storia lunga e travagliata. Numerosi artisti ed architetti, i maggiori geni del Rinascimento e Barocco Romano, si sono avvicendati per permettere la sua realizzazione (Bramante, Raffaello Sanzio, Baldassarre Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Carlo Maderno, Michelangelo, Giacomo della Porta, Gian Lorenzo Bernini) apportando il loro personale contributo nell’arco di 160 anni. Un’opera corale, in gran parte pagata con gli introiti derivanti dalla vendita delle indulgenze. Ancora oggi l’espressione “è come la fabbrica di San Pietro” sta ad indicare quell’incertezza di qualcosa che comincia e pare non finire mai, un’impresa smisurata, indeterminata.

La Reverenda Fabbrica di San Pietro

Un cantiere mastodontico, per impegno di uomini e di mezzi, e tra i più longevi della storia è la Reverenda Fabbrica di San Pietro a Roma. Considerata la madre di tutte le basiliche, radice della fede cattolica (come la Pagoda lo è per il Buddismo), il Tempio Vaticano è il frutto della progettazione delle menti più illuminate del Cinquecento e Seicento, i principali maestri dell’architettura del Rinascimento e Barocco: Donato Bramante, Raffaello Sanzio, Baldassarre Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo Buonarroti, Giacomo Della Porta, Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini. Tutte le archistar dell’epoca unite assieme per lavorare su un obiettivo comune: far diventare la basilica di San Pietro un riferimento universale, sia religioso che architettonico, un monumento eterno ammirato in tutto il mondo per la magnificenza dell’arte e della tecnica. La rinascita dei fasti dell’architettura romana.

Basilica di San Pietro a Roma
Basilica di San Pietro. A sinistra: vista dall’alto. A destra: avvicinamento.

Ufficialmente istituita da Clemente VII nel 1523, la Reverenda Fabrica Sancti Petri era una commissione stabile di sessanta periti alle dirette dipendenze della Santa Sede, con il compito di curare la costruzione e l’amministrazione della Basilica. Nei secoli la sua funzione era talmente sconfinata, da indurre papa Giovanni Paolo II, nel 1988, a porre per iscritto un chiarimento risolutivo, stabilendo che “la Fabbrica di San Pietro secondo le proprie leggi continuerà ad occuparsi di tutto quanto riguarda la Basilica del Principe degli Apostoli sia per la conservazione e il decoro dell’edificio sia per la disciplina interna dei custodi e dei pellegrini che accedono per visitare il tempio“.

La Basilica di San Pietro vista dal fiume Tevere
La Basilica di San Pietro vista dal fiume Tevere

La prima pietra fu posata nel 1506 con la benedizione dell’allora Papa Giulio II. La vecchia basilica costantiniana del 324 venne demolita un pezzo alla volta e rimase in piedi fino al completamento del nuovo edificio, per permettere la continuità del culto religioso.

Le Basiliche di San Pietro e il Circo di Nerone (Poleni, 1748)
Le Basiliche di San Pietro e il Circo di Nerone (Poleni, 1748)

Da quando si cominciò a costruire la nuova Basilica, per tutto il Cinquecento, essa si trovò a condividere il suo spazio con l’antica basilica costantiniana, felice espressione dell’architettura Paleocristiana. E per un secolo è “mancato il coraggio” di demolire l’ultima parte della navata paleocristiana, dov’era stata relegata la funzione religiosa in attesa del completamento dell’opera. Si è proceduto per parti: ad ogni demolizione corrispondeva un nuovo pezzo della Chiesa futura. Per molto tempo, quindi, le “due basiliche” convissero spalla a spalla, unendo le due anime, quella antica a quella moderna.

La Basilica costantiniana

Fu demolita a partire dal Cinquecento per far spazio alla nuova Basilica rinascimentale: il prestigio della vecchia Basilica, non corrispondeva infatti più alla sua solidità. Nonostante le numerose opere di ristrutturazione eseguite negli anni, la Fabbrica della vecchia basilica era talmente logora per i mille anni di vita, che Papa Niccolò V (divenuto Pontefice nel 1447) aveva immaginato di costruirne una nuova.

Incoronazione di Carlo Magno (Jean Fouquet, 1460)
Incoronazione di Carlo Magno (Jean Fouquet, 1460)

La basilica paleocristiana fu edificata nel 324 d.C. sulla tomba dell’Apostolo Pietro, per volere dell’imperatore Costantino il Grande (imperatore romano dal 306 al 337). Costruita in parte sui ruderi dell’antico Circo di Caligola (o Nerone), il tipico impianto per spettacoli dell’antica Roma (di cui il più famoso esistente è il Circo Massimo): iniziato da Caligola nel 37 d.C. che vi fece collocare un Obelisco egizio (oggi in piazza San Pietro), fu terminato da Nerone. Abbandonato già dal II sec. d.C., l’area fu occupata da tombe fino a divenire una piccola necropoli. Sulla tomba più celebre, quella dell’apostolo Pietro, venne edificata la prima Chiesa della Cristianità, capostipite e modello per tutte quelle costruite in seguito.

La basilica paleocristiana di San Pietro

Costantino fece interrare la necropoli e costruire una Basilica paleocristiana, grandiosa per dimensioni (lunga 119×63 metri di larghezza e 37 m di altezza). Dalla pianta a croce latina per cinque navate e copertura sostenuta da capriate lignee e tetto a falde.

Raffaello, Incendio di Borgo, 1514
Raffaello, Incendio di Borgo, 1514

La Basilica aveva un corpo longitudinale con transetto terminante in un’abside. Sul fronte era addossato un quadriportico quadrangolare che ne delimitava la piazza antistante l’ingresso.

La Basilica paleocristiana di San Pietro nel 1450
La Basilica paleocristiana di San Pietro nel 1450 (ricostruzione di H.W. Brewer)

La Basilica costantiniana superò indenne numerosi secoli finché un giorno, oltre mille anni dopo, intorno alla metà del XV secolo, un papa decise di volgersi alla modernità. Le condizioni dell’edificio erano ormai divenute critiche e la Chiesa abbisognava di migliori spazi per la fede, più ampi e capaci di esprimere la nuova cultura del tempo.

Il coro di Niccolò V e il principio del nuovo

Il Giubileo del 1450, promosso da Papa Niccolò V, mise in evidenza tutti i limiti (spaziali e strutturali) dell’antica basilica. Notizie approfondite di quel periodo sono custodite nel manoscritto “Vita di Niccolò V”, scritto da Giannozzo Manetti – il biografo del papa – nel 1455.

Come testimoniato anche da Leon Battista Alberti nella prima stesura del libro De re aedificatoria presentata a Niccolò V nel 1452, la basilica paleocristiana di Costantino versava ormai in uno stato di degrado che ne comprometteva la stabilità strutturale. Il millennio che portava sulle spalle, era divenuto un peso insopportabile.

Il Coro di Niccolò V e Rossellino, aggiunto alla vecchia basilica di San Pietro
Il Coro di Niccolò V e Rossellino, aggiunto alla vecchia basilica. A sinistra, ricostruzione del Ferrabosco. A destra, modellino. A sinistra, ricostruzione del Ferrabosco. A destra, modellino.

Il papa chiamò l’architetto di Pienza Bernardo Rossellino con l’ardito compito di modernizzare San Pietro. Ambiva infatti ad avere più spazio per le celebrazioni, oltre ad una maggiore visibilità e mantenendo intatto il vecchio nucleo per risparmiare tempo e denaro. Rossellino progettò l’ampliamento della basilica verso ovest, un nuovo coro più ampio e luminoso e massiccio, tale da sostenere il peso delle nuove volte a crociera previste e, all’incrocio tra il più ampio transetto ed il coro, una cupola. L’architetto, intendeva preservare il corpo longitudinale della vecchia basilica a cinque navate che doveva unirsi alla nuova parte, in un organismo unitario.

Vecchia e nuova Basilica di San Pietro
Il principio della Nuova Basilica con il Coro di Niccolò V rilevato da Alfarano e, a destra, il progetto di Bramante.

Le tracce più fedeli che conservano le intenzioni di rinnovamento avviate da Niccolò V, sono espresse graficamente nei primi progetti del Bramante e nella celebre composizione di Tiberio Alfarano. Bramante, tra i numerosi ragionamenti intorno alla centralità della pianta a croce greca, approda ad una soluzione (progetto 20 A) diversa, un impianto longitudinale a 5 navate che ricalcava l’esempio dell’antico edificio costantiniano, inglobandolo al suo interno.

La pianta – o ichnographia – dell’antica basilica di San Pietro di Tiberio Alfarano, presentata a papa Gregorio XIII (1572-1585) nel 1582, è l’esito del lavoro ventennale di ricerca, misure, rilievi e registrazioni dirette. Il disegno rappresenta l’antica struttura della chiesa entro il perimetro di quella nuova in costruzione. Fu data alle stampe nel 1590 col titolo “De Basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura”.

Alla morte di Niccolò V tutto si fermò per molti anni a venire, fino al pontificato di Giulio II (1503-1513). Sebbene del progetto iniziale sia stato realizzato pochissimo – solo qualche pietra di fondazione – questo ha influito pesantemente sui successivi sviluppi.

La nuova Basilica rinascimentale di Giulio II

Per quasi cinquant’anni le idee di Niccolò V rimasero ferme, bloccate, immobili. Fino al 1503, anno di salita al soglio pontificio di Giulio II. Egli assunse la missione del suo predecessore, incaricando l’architetto Donato Bramante dell’oneroso compito.

Bramante, Michelangelo e Raffaello mostrano i loro progetti per San Pietro a Papa Giulio II
Bramante, Michelangelo e Raffaello mostrano i loro progetti per San Pietro a Papa Giulio II (dipinto di Jean Vernet)

Egli fu soltanto il primo di una lunga serie di architetti e artisti che hanno dato il loro contributo alla creazione del Tempio Vaticano. A Bramante seguirono Raffaello, Baldassarre Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo, Giacomo della Porta, Domenico Fontana, Carlo Maderno, Gianlorenzo Bernini. Senza considerare le centinaia di maestranze ed operai che ci lavoravano quotidianamente (i cosiddetti “sampietrini”).

Gli architetti che hanno contribuito alla creazione del Tempio Vaticano

La prima pietra fu posata nel 1506 con la benedizione dell’allora Papa Giulio II. La vecchia basilica costantiniana del IV sec. venne demolita un pezzo alla volta e rimase in piedi fin quasi al completamento del nuovo edificio, per permettere la continuità del culto religioso.

1. Le origini: il progetto di Bramante (1505-1514)

Giulio II (1503-1513), che già nel 1503 – appena eletto papa – aveva commissionato il cortile del Belvedere in Vaticano a Bramante, gli affidò anche il compito di progettare e realizzare la nuova Basilica di San Pietro. Si ricorda che, appena pochi anni prima, oltre alla raffinata Tribuna di Santa Maria delle Grazie a Milano, aveva terminato di realizzare a Roma il suo piccolo capolavoro, una delizia compositiva secondo i canoni classici di bellezza, armonia e proporzioni alla “moderna” maniera rinascimentale: il Tempietto di San Pietro in Montorio.

A Bramante, che aveva dunque già dimostrato abilità straordinarie, venne affidato il solenne e delicato compito di costruire il maggiore tempio della cristianità, fulcro e massimo riferimento per tutti i fedeli in ogni angolo del pianeta.

Il progetto di Bramante per San Pietro
Il progetto di Bramante per San Pietro. A sinistra: pianta. A destra: prospetto della Basilica Vaticana (Medaglia del Caradosso, 1506)

L’unica raffigurazione prospettica del progetto bramantesco giunta fino a noi, è contenuta in una faccia della cosiddetta “Medaglia del Caradosso”, coniata per commemorare la cerimonia della posa della prima pietra della nuova basilica di San Pietro in Vaticano, avvenuta il 18 aprile 1506. L’architetto prese spunto da due opere pagane simbolo dell’architettura Romana: il Pantheon e la Basilica di Massenzio. Dal Pantheon rubò la cupola e la impostò sulla pianta della Basilica di Massenzio. Bramante ripropose cioè l’impianto centrale: pianta a croce greca con navata e transetto di pari dimensioni che convergono al centro dello spazio dove una maestosa cupola emisferica s’innalza svettando elegante e possente per essere ammirata da ogni dove.

San Pietro in costruzione nel 1565 (Hieronymus Cock)
San Pietro in costruzione nel 1565 (Hieronymus Cock)

Appena ultimato il piccolo capolavoro di San Pietro in Montorio, Bramante riprese il motivo planimetrico della pianta centrale simmetrica a croce greca inscritta in un quadrato. Al centro immaginava un’enorme cupola emisferica che doveva, per bellezza e mole, rivaleggiare con quella del Pantheon.

La Basilica di San Pietro nel 1532
La Basilica di San Pietro nel 1532 (Pieter Jansz Saenredam, 1629)

La prima pietra fu posata in corrispondenza del “Pilone della Veronica”, uno dei quattro piloni centrali che sosterrà la futura cupola michelangiolesca. Oltre a la Veronica, i pilastri sottostanti la cupola e che ospitano le reliquie più importanti della Basilica di San Pietro, sono dedicati a Sant’Elena, San Longino e Sant’Andrea. Alla sua morte erano edificati solo i 4 pilastri centrali, uniti dalle rispettive volte.

2. Raffaello (1514-1520)

Alla morte del Bramante, solo i quattro pilastri centrali erano stati eretti. Raffaello Sanzio, ne proseguì le gesta, apportando il suo personale contributo. Stravolse l’impianto centrale del Bramante, prolungando la pianta da croce greca a croce latina.

Raffaello probabilmente fu portato ad una forma longitudinale da probabili indicazioni di Papa Leone X, salito a soglio pontificio nel 1513, per esigenze di carattere liturgico e per riuscire ad accogliere un maggior numero di fedeli.

La Fabbrica di San Pietro: da Bramante a Raffaello.
La Fabbrica di San Pietro: da Bramante a Raffaello.

D’altra parte c’era l’esigenza di recuperare le origini della Chiesa Cattolica, dopo lo “strappo” di Martin Lutero che in quegli anni criticava aspramente i dettami ecclesiastici dominanti: un ritorno, quindi, alla pianta longitudinale della Basilica paleocristiana di Costantino. Ma la sua breve presenza alla Fabbrica di San Pietro, non gli permise di affinare le sue idee. L’unica testimonianza pervenuta è una pianta contenuta all’interno del Terzo Libro del Trattato di Sebastiano Serlio.

3. Peruzzi (1520-1536)

Tra i numerosi artisti toscani giunti a Roma per lavorare alla corte di Papa Giulio II, nell’ottica di rinnovamento della Chiesa Cattolica, vi era Baldassarre Peruzzi. Alla morte di Raffaello, Leone X (1513-1521) gli affidò, assieme ad Antonio da Sangallo il Giovane, il compito di proseguire la costruzione della Fabbrica di San Pietro.

Il San Pietro di Peruzzi: pianta e prospetto
Il San Pietro di Peruzzi: pianta e prospetto

Il successivo Pontefice Paolo III (1534-1549), lo confermò nel 1534 nel ruolo di architetto alla fabbrica di San Pietro (anno in cui Peruzzi progetta l’articolata fortezza dalla forma d’aquila di Rocca Sinibalda in provincia di Rieti).

L’architetto senese scartò la proposta di Raffaello, tornando a ragionare sull’idea bramantesca della pianta centrale. Sebbene il suo stile elegante e sobrio fece proseliti, morì in povertà, schiacciato dalle “lobby” bramantesche e sangallesche.

4. Antonio da Sangallo (1520-1546)

Sangallo il Giovane prosegue l’idea della pianta centrale bramantesca ereditata dal Peruzzi, ma ne prolunga le navate in avanti, dandogli un’impronta longitudinale sull’esempio di Raffaello.

Il San Pietro di Sangallo: pianta e prospetto
Il San Pietro di Sangallo: pianta e prospetto

Celebre è il colossale modello ligneo realizzato per la Fabbrica di San Pietro dalla mole impressionante: lungo 7.36 metri, largo 6.02 e alto 4.68 m. Impiegò 7 anni per realizzarlo e costò come una vera chiesa.

Il modello ligneo del San Pietro Sangalliano
Il modello ligneo del San Pietro Sangalliano (7.36×6.02×4.68 m).

Sangallo realizzò le cosiddette “sale ottagone” (per la loro forma) sopra i piloni che sorreggono la cupola. Sono delle stanze private dove sono conservati, tra l’altro, progetti e modelli lignei della Basilica Vaticana. La Chiesa, a causa della sua morte improvvisa non fu realizzata. Venne chiamato l’allora 72enne Michelangelo per completare l’opera.

5. Michelangelo (1546-1564)

Alla morte del Sangallo, nel 1564, l’incarico di portare a compimento la Chiesa, venne affidato al genio di Michelangelo Buonarroti. Ormai 72 enne, non si tirò indietro dalla chiamata di papa Paolo III e dalla necessità di dare una copertura alla tomba di San Pietro. La visse come una missione divina: rifiutò infatti, per questo compito, di ricevere alcun compenso. Dopo tanti anni di ipotesi, congetture, progetti e ripensamenti, finalmente la nuova Basilica di San Pietro può proseguire sulle orme tracciate dal Bramante.

L'intervento di Michelangelo per la Basilica di San Pietro

Michelangelo ha le idee chiare e appare subito avverso alla posizione del suo predecessore. Egli considera il progetto di Sangallo il Giovane troppo complesso e intricato, più vicino all’architettura gotica che non a quella moderna. Secondo il Vasari (Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568) egli asserì infatti pubblicamente “che aveva di fuori troppi ordini di colonne l’un sopra l’altro, e che con tanti risalti, aguglie e tritumi di membri teneva molto più dell’opera tedesca, che del buon modo antico o della vaga e bella maniera moderna”. E ne vede la magniloquenza, quale insensato spreco di tempo e denari: “si poteva risparmiare cinquanta anni di tempo a finirla e più di trecento mila scudi di spesa, e condurla con più maestà e grandezza e facilità, e maggior disegno di ordine, bellezza e comodità”.

Michelangelo accusa il Sangallo di aver tradito le originali intenzioni del Bramante, allontanandosi dalla verità:

“[…] non si può negare che Bramante non fussi valente nella architectura quante ogni altro che sia stato dagli antichi in qua. Lui pose la prima pianta di Santo Pietro, non piena di confusione ma chiara e schietta, luminosa e isolata a torno, in modo che non nuoceva chosa nessuna del Palazzo; e fu tenuta cosa bella, come ancora è manifesto; in modo che chiunche s’è discostato da decto ordine di Bramante, come à facto il Sangallo, s’è discostato dalla verità” (lettera di Michelangelo Buonarroti a Bartolomeo Ferratino, 1546-47).

Accantonato dunque il progetto di Sangallo, Michelangelo va alla ricerca di maggior semplicità, ordine, bellezza e comodità. Torna all’idea primordiale del Bramante: pianta centrale a croce greca inscritta in un quadrato. Lascia i soli pilastri del Bramante (e li ingrandisce) che fanno penetrare più luce nell’ambiente e, nell’abside, inserisce paraste giganti che sostengono un’alta cornice.

Sezione della Basilica vaticana e cupola di San Pietro secondo il progetto di Michelangelo
Sezione della Basilica vaticana e cupola di San Pietro secondo il progetto di Michelangelo (Etienne Duperac, 1569)

Sistemata la Basilica si dedicò alla maestosa cupola. La fece a doppia calotta, sull’esempio di quella fiorentina del Brunelleschi, ma solo all’esterno era rialzata a sesto acuto, internamente formava un emiciclo a tutto sesto. Al di sotto, l’imponente tamburo è ritmato da colonne binate, in corrispondenza dei 16 costoloni e, tra loro altrettante finestre che catturano la luce all’interno. In alto, una grossa lanterna ne lambisce il cielo sorreggendo una croce.

La Basilica di San Pietro in costruzione, 1555
La Basilica di San Pietro in costruzione, 1555. In alto si nota la cupola arrivata fino al tamburo (Lafreri, Speculum)

Pur lavorando ininterrottamente fino all’ultimo, non riuscì a portare a termine la cupola (alla sua morte la costruzione era arrivata al tamburo). Ma Michelangelo aveva previsto tutto. Essendo consapevole della sua età, lavorò duramente ad una riproduzione fedele e scrupolosa della cupola, un “modellino” in scala 1:15 in legno di tiglio (una specie legnosa facile da lavorare), ricco di dettagli costruttivi. L’eredità del Maestro è il progetto esecutivo che si fa solida materia per istruire minuziosamente le future maestranze.

La Basilica di San Pietro in costruzione
La Basilica di San Pietro in costruzione: a destra si può vedere quel che resta della vecchia chiesa costantiniana (Fontana, 1694).

La cupola sarà completata anni dopo da Giacomo della Porta (con l’ausilio di Domenico Fontana), che la terminerà in appena 22 mesi, a partire dal 1588.

6. Giacomo Della Porta (1574-1602)

Gregorio XIII (papa dal 1572 al 1585) conferì la direzione della Fabbrica di San Pietro a Giacomo della Porta. Egli proseguirà le gesta di Michelangelo, in particolare nella cupola (ancora mancante).

San Pietro: apertura della Porta Santa in occasione del Giubileo del 1575
San Pietro: apertura della Porta Santa in occasione del Giubileo del 1575 (Giovan Battista de’ Cavalieri)

Egli ne apportò alcune correzioni. La più importante riguarda la curvatura delle due calotte: quella interna non sarà più emisferica (come la voleva Michelangelo), ma viene rialzata di 8 metri ad un rapporto tra raggio e altezza molto simile a quello della cupola del Brunelleschi. Della Porta capisce infatti che la curvatura a tutto sesto di Michelangelo avrebbe generato delle spinte troppo elevate sul tamburo sottostante e solleva l’arco a sesto acuto, diminuendone la spinta a favore della stabilità.

Evoluzione della cupola michelangiolesca di San Pietro, da Michelangelo a Della Porta.
Evoluzione della cupola michelangiolesca, da Michelangelo a Della Porta.

Le dimensioni della cupola sono impressionanti: 42 metri il diametro interno, 133.30 metri l’altezza esterna dal piano stradale alla sommità della croce, 117 metri l’altezza interna della calotta fino alla volta della lanterna, 14 mila tonnellate di peso.

Il cantiere della Fabbrica di San Pietro alla fine del 500 con la cupola in costruzione
Il cantiere della Fabbrica di San Pietro alla fine del 500 con la cupola in costruzione (opera in CG di Daniel Bayona)

Sarà Sisto V (il papa che ha rinnovato il volto della Città Eterna, ripristinando gli acquedotti romani e costruendo il suo acquedotto Felice, fontane, palazzi e strade e facendo erigere obelischi nelle principali piazze), il giorno 18 aprile 1590, ben 84 anni dopo la posa della prima pietra, a inaugurare l’ultimazione della cupola della nuova Basilica di San Pietro secondo il progetto michelangiolesco.

Piazza S. Pietro durante l’innalzamento dell’obelisco, scuola di Cesare Nebbia, 1588-1589
Piazza S. Pietro durante l’innalzamento dell’obelisco, scuola di Cesare Nebbia, 1588-1589

Ci vorranno, tuttavia, ancora alcuni anni prima che l’intera Fabbrica Vaticana sia portata a compimento, con la realizzazione dell’iconica piazza barocca e della facciata di Carlo Maderno. Qualche anno prima, nel 1586, l’Obelisco vaticano fu spostato nella sua posizione attuale al centro della piazza, dinanzi la Basilica.

La cupola di San Pietro: esterno ed interno.
La cupola di San Pietro (o Cupolone): esterno ed interno.

Terminata la cupola, non restava che concludere la Basilica. Bisognerà attendere ancora qualche anno, fino al pontificato di Paolo V che diede finalmente compito all’architetto Carlo Maderno di demolire le ultime tracce della vecchia basilica e prolungarla per accogliere un maggior numero di fedeli.

7. Carlo Maderno (1602-1626)

Alla morte di Giacomo della Porta, che aveva portato la cupola a compimento, subentrò Carlo Maderno (nipote di Domenico Fontana, che aveva fatto erigere l’obelisco nella piazza): nel 1607 vinse un concorso per il prolungamento della chiesa e la realizzazione della facciata. Fino a quel momento le due basiliche, quella paleocristiana e quella rinascimentale, erano addossate l’un l’altra come un unico organismo eterogeneo.

La Basilica di San Pietro alla fine del 500, dopo il completamento della cupola
La Basilica di San Pietro alla fine del 500, dopo il completamento della cupola (mappa di Antonio Tempesta, 1593)

Un compito delicato perché, da una parte avrebbe dovuto relazionarsi con l’armonia compositiva di Michelangelo allungandone la sagoma e dilatando lo spazio senza tuttavia alterarne l’equilibrio complessivo originale, e dall’altra aveva il duro compito di creare una facciata monumentale che non oscurasse la maestosa cupola michelangiolesca.

Ipotesi di Carlo Maderno di completamento della basilica di San Pietro
Ipotesi di completamento della basilica di San Pietro

Tra le varie proposte presentate (Rughesi, Buonanni, etc.…), fu preferita quella del Maderno. In seguito la pianta venne modificata, allargando la facciata sui due lati (inizialmente erano previsti due campanili, mai realizzati).

Fabbrica di San Pietro: la facciata e il prolungamento della pianta del Maderno
Fabbrica di San Pietro: la facciata e il prolungamento della pianta del Maderno

Ma, mentre le modifiche all’impianto della basilica sono state felicemente risolte, lo stesso non può dirsi per il fronte. Nonostante Maderno optò per una facciata bassa e larga, sormontata da statue, venne criticato perché dalla piazza la cupola appariva schiacciata. L’allungamento del corpo della basilica di oltre 50 metri verso il fronte, fa perdere l’idea del podio e impedisce la visione della cupola dalla piazza antistante.

Facciata della Basilica di San Pietro a Roma, opera di Carlo Maderno.
Facciata della Basilica di San Pietro a Roma, opera di Carlo Maderno.

Anni dopo Bernini risolse il problema dilatando la piazza e lo sguardo che, da lontano, sarebbe finalmente riuscito a cogliere la figura della cupola stagliarsi imponente nel cielo dell’Urbe. La Basilica ha dimensioni impressionanti: 218 metri di lunghezza e 133,30 metri di altezza (fino alla sommità della croce che sormonta la cupola), per un’area coperta di 23.000 metri quadrati.

Con la facciata del Maderno, poteva finalmente dirsi ultimata la Basilica di San Pietro vera e propria (fu inaugurata da Urbano VIII nel 1626, esattamente 120 anni dopo l’inizio della costruzione), ma la Fabbrica no. Mancavano infatti ancora le opere e le decorazioni interne, oltre alla sistemazione del piazzale antistante che avverrà soltanto più tardi, in piena età barocca.

Piazza e colonnato di San Pietro

Il prolungamento del volume della basilica coronato dalla maestosa facciata messo a punto dal Maderno, aveva ridotto la visione della Cupola dal piazzale antistante, che grossomodo occupava solo la parte dell’attuale Sagrato. Gian Lorenzo Bernini, maestro del Barocco Romano, incaricato nel 1655 da papa Alessandro VII del progetto della sistemazione dello spazio esterno, risolse abilmente il problema.

Visione della cupola dalla piazza: il cono visivo
Visione della cupola dalla piazza: il cono visivo

Bernini, prima di arrivare alla forma definitiva, fece diversi tentativi, esplorandone le forme e le relazioni attraverso numerosi disegni. Alla fine, la soluzione formale prescelta evocava l’idea che la chiesa si prolungasse verso i fedeli riuniti nella piazza in un grande abbraccio. Come due braccia protese a proteggere ed accogliere i cristiani ma anche gli infedeli e gli eretici per riunirli alla fede e alla Chiesa (secondo le volontà di Papa Alessandro VII).

La Basilica di san Pietro con il colonnato progettato dal Bernini
La Basilica con il colonnato progettato dal Bernini. Prospetto e pianta.

La costruzione del colonnato durò quasi dieci anni, dal 1657 al 1665. Il progetto definitivo prevedeva due piazze, una trapezoidale antistante la basilica (il sagrato) ch’è evocativa del Campidoglio di Michelangelo e una più ampia di forma ellittica. Tutt’intorno un colossale colonnato coperto di tipo quadruplo (quattro colonne allineate sormontate da un capitello dorico). La piazza non è un vero ellisse, ma ha origine dall’unione di due cerchi (dove oggi insistono le due fontane laterali): è un espediente del Bernini per meglio distribuire le colonne dei due bracci curvi.

Vista dalla Cupola di San Pietro
Vista dalla Cupola di San Pietro

La piazza ellittica è talmente grande da poter accogliere l’intero Colosseo al suo interno (Fontana, 1694). Una fila di 284 colonne e 88 pilastri ne disegna il portico, dalla basilica verso la città ed il fiume. Le colonne hanno un diametro variabile da 1,46 a 1,60 metri che aumenta verso il raggio esterno della curva, per compensare l’effetto ottico dell’allontanamento tra loro. Ad ogni colonna posta sulla fila interna verso la piazza corrisponde, in alto, una statua.

Fabbrica di San Pietro: il colonnato e la piazza del Bernini (G.B. Fadda, 1665)
Fabbrica di San Pietro: il colonnato e la piazza del Bernini (G.B. Fadda, 1665)

Al centro della piazza s’erge un obelisco egizio, che un tempo ornava il Circo di Caligola. Poco distante da dove si trova adesso, venne fatto sistemare lì da Papa Sisto V nel 1586. Ai suoi lati sono poste due fontane, una del Maderno e una gemella del Bernini, alimentate dall’Acquedotto Traiano che, per l’occasione, è stato ampliato da Paolo V per farlo giungere in Vaticano.

Velleità dei campanili

Per risolvere il problema della visione della Cupola, come primo intervento – quando ancora la facciata era in via di completamento – papa Paolo V, affidò al Maderno una modifica in corso d’opera: la realizzazione di due campanili alle estremità. Questi, avrebbero dovuto incanalare lo sguardo dell’osservatore convogliandolo al centro verso la cupola.

Nel 1629, alla morte del Maderno, Bernini viene nominato nuovo architetto della Fabbrica di San Pietro e si occuperà di una serie di lavori relativi al completamento della Basilica di San Pietro, da poco ultimata. Il successivo papa, Urbano VIII, era ostinato a portare a compimento il progetto dei campanili, di cui solo le fondamenta erano state realizzate.

I campanili della Basilica di San Pietro

L’incarico venne affidato al Bernini, che accettò la sfida. Egli modificò il progetto dei campanili del Maderno, innalzandoli a farli divenire più imponenti e pesanti. Ma, quando era quasi completato il campanile sinistro, si vennero a creare vistose lesioni sulla parte sottostante della facciata. Forse aveva esagerato con la mole dei campanili (alti fino a 30 metri), forse il terreno di fondazione non era così solido, fatto sta che i lavori nel 1642 dovettero interrompersi. Il nuovo pontefice Innocenzo X, convocò architetti e tecnici per stilare una perizia tecnica. Alla fine, nel 1646 ordinò di abbattere quella parte di campanile fino ad allora realizzato.

Basilica di San Pietro, il progetto del Bernini
A sinistra: la parte di campanile sinistro realizzato e poi demolito. A destra: il progetto del Bernini (Fontana, 1964).

Una sorte simile, nello stesso periodo tocca al Pantheon. I due campanili realizzati in facciata (denominati “orecchie d’asino”) verranno poi rimossi un paio di secoli dopo, alla fine dell’Ottocento.

Gli interni: allestimenti e decorazioni

L’interno della Basilica nasconde un tripudio di tesori: dai raffinati marmi colorati che risaltano dai pavimenti sulle colonne fin sopra la testa, al gigantesco baldacchino tortile del Bernini che sovrasta l’altare al centro dell’ambiente (presbiterio) sotto la cupola, la celebre statua “La Pietà” di Michelangelo, alle statue, bassorilievi e decorazioni che rivestono tutte le superfici a perdita d’occhio, ai mosaici e affreschi che seducono lo sguardo in ogni direzione.

Interni della Basilica di San Pietro. A sinistra: La Pietà di Michelangelo. A destra: la navata centrale col Baldacchino del Bernini.Interni della Basilica di San Pietro. A sinistra: La Pietà di Michelangelo. A destra: la navata centrale col Baldacchino del Bernini.
Interni della Basilica di San Pietro. A sinistra: La Pietà di Michelangelo. A destra: la navata centrale col Baldacchino del Bernini.

Gian Lorenzo Bernini, nominato nel 1629 nuovo architetto della Fabbrica di San Pietro e si occuperà di una serie di lavori finalizzati al completamento della Basilica di San Pietro, da poco ultimata. Tra le opere di finitura e arredo, spicca il colossale Baldacchino (1624-1633) alto 28,5 metri che s’erge al centro della chiesa per identificare il luogo del sepolcro di San Pietro. Versione barocca del ciborio paleocristiano, mescolanza di scultura e architettura, è interamente in bronzo dorato e caratterizzato da eleganti colonne tortili alte 11 metri.

Demolizioni moderne e via della Conciliazione

Nel Novecento, in epoca fascista, l’architettura modifica profondamente il volto delle città italiane. E anche la Fabbrica di San Pietro ne risulta coinvolta. Tra le varie demolizioni che interessarono il centro storico di Roma (come via dei Fori imperiali), merita un approfondimento quello che genererà l’attuale via delle Conciliazione. Per realizzarla fu demolito un intero quartiere medievale (la cosiddetta “spina di borgo”) esistente a ridosso della Basilica e del Colonnato di San Pietro.

San Pietro: a sinistra: la spina di Borgo (1930). A destra: via della Conciliazione oggi.
A sinistra: la spina di Borgo (1930). A destra: via della Conciliazione oggi.

Già almeno dal 1690, come si evince dal progetto riportato dal Fontana, esisteva l’idea di aprire visivamente un asse che, dal colonnato del Bernini, unisse San Pietro con il fiume Tevere e l’esistente Castel Sant’Angelo. Idea poi accantonata per oltre due secoli: dobbiamo infatti arrivare agli anni Trenta del Novecento per veder realizzata l’opera.

Gli sventramenti operati dagli architetti Piacentini e Spaccarelli a partire dal 1936, seppur già immaginati nel passato, hanno provocato le ire di molti intellettuali e tecnici. L’accusa dominante è rivolta alla mutata percezione della Basilica di San Pietro che, a parer loro, non può più essere “scoperta” tramite un avvicinamento progressivo e discreto, asimmetrico e culminante in un’espressione di meraviglioso stupore nella sua apparizione improvvisa. Secondo la critica, quell’atmosfera originaria, si è perduta irrimediabilmente.

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