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La finitura esterna di un edificio ne stabilisce non solo il carattere formale ed estetico ma, fattore di altrettanta importanza, la durabilità nel tempo e la resistenza agli attacchi atmosferici. Da tempo ormai ai tradizionali intonaci si affianca la possibilità di rivestire le costruzioni con lastre in ceramica, metodologia che consente di ottenere una coltre esterna dalla forte valenza decorativa accompagnata da un elevatissimo grado di protezione dell’ossatura muraria sottostante. Una metodologia apparentemente semplice quella della posa di rivestimenti ceramici in facciata che, in realtà, nasconde più di una insidia realizzativa. Il risultato finale, infatti, e soprattutto la sua durata nel tempo dipende considerevolmente dal rispetto di una serie di prescrizioni concernenti la tecnica, i prodotti, i tempi della messa in opera del prodotto ceramico. Non va dimenticato, in particolare, che la struttura di supporto su cui interveniamo è molto variabile è può essere costituita da murature in laterizio di tipo tradizionale, pannelli prefabbricati, calcestruzzo gettato in opera, solo per fare qualche esempio. Una serie di variabili non indifferenti, dunque, che debbono essere conosciute e controllate in fase di progettazione dell’intervento. Interazioni supporto-rivestimento Tra i principali elementi di rischio da considerare ci sono i movimenti differenziali tra rivestimento ceramico e supporto. Tali microspostamenti, che frequentemente si innescano anche dopo anni dalla posa in opera, sono principalmente dovuti al comportamento diverso che hanno, in occasione delle variazioni di temperatura ad esempio, il prodotto ceramico e il materiale di supporto su cui viene installato. Proprio le variazioni climatiche – sole, pioggia, vento, gelo, disgelo- accelerano tali fenomeni, determinando delle tensioni nel sistema incollato. Molte le possibilità per ovviare a questo inconveniente, che spesso provoca il distacco totale del prodotto ceramico. Tra le più diffuse l’adozione di un adesivo flessbile e resistente all’acqua e al gelo, la realizzazione di fughe di calibro consistente, l’inserimento di giunti di dilatazione oltre all’impiego di piastrelle di dimensioni ridotte e di colore chiaro, che assorbano quantità inferiori di calore. Palazzo di Giustizi ad Ostrava, nella Repubblica Ceca, rivestito in lastre ceramiche in gres porcellanato. La preparazione del supporto La durata del rivestimento dipende in maniera diretta dalla compattezza e dalla solidità del supporto e, proprio per questo, particolare cura deve essere posta a tutte le fasi di preparazione della parete e di quelle successive. Tradizionalmente le piastrelle da rivestimento di facciata (monocotture, klinker, grès ceramico, ecc.) sono posate su un fondo di regolarizzazione costituito da un intonaco cementizio applicato sulla muratura. Nel caso, invece, di strutture prefabbricate in pannelli o in calcestruzzo, la posa viene eseguita direttamente e preceduta da un attenta verifica della perfetta planarità delle pareti e dalla totale assenza d’umidità di risulta. Proprio la planarità è uno dei fattori che richiedono più attenzione: utilizzando un regolo metallico non si devono riscontrare frecce superiori a 2 cm nel caso di murature in laterizio e a 5 mm nel caso di murature in calcestruzzo. Pareti, angoli interni e spigoli della struttura stessa debbono essere verticali e presentare eventuali fuoripiombo non superiori a 3 mm per ogni metro d’altezza. La posa dell’intonaco, poi, deve necessariamente avvenire solo dopo che siano state completate tutte le operazione di risarcitura delle tracce realizzate per il passaggio degli impianti e della rete di dispersione delle acque meteoriche. L’intonaco di posa è costituito da cemento Portland 32,5 normale o di tipo R, miscelato in opportune proporzioni con inerti costituiti da sabbia con granulometria assortita da 0 a 2 millimetri, perfettamente puliti, compatti, non assorbenti e resistenti al gelo. Frequentemente, per aumentare la lavorabilità dell’impasto e contenere il rapporto acqua/cemento, si aggiunge all’impasto un additivo fluidificante, mentre è preferibile evitare l’aggiunta di calce che potrebbe interferire negativamente sulla resa finale generando efflorescente antiestetiche e dannose sul rivestimento finito. La malta può essere indifferentemente preparata in betoniera o in macchina miscelatrice con l’accortezza, però, di mescolare a secco cemento ed inerti e di aggiungere, poi, l’acqua a piccole dosi. L’impasto così ottenuto deve essere omogeneo, di colore uniforme e sufficientemente plastico. Prima della stesura della manta vengono realizzate – con lo stesso impasto – delle guide per consentire la perfetta lisciatura dello strato. Ultima operazione prima della stesura dell’intonaco è la bagnatura, sino a rifiuto, del supporto che deve essere privato d’eventuali parti incoerenti e di depositi di polvere. Il prodotto posato, poi, va reso perfettamente liscio impiegando una staggia fatta scorrere in tutte le direzioni lungo le guide di riferimento. L’operazione di lisciatura serve, oltre che a rendere perfettamente complanare il piano di posa, anche ad evidenziare eventuali irregolarità che vanno prontamente colmate e livellate. Il risultato finale, dunque, deve essere un supporto perfettamente complanare e con un adeguato livello di rugosità che favorisca l’aggrappaggio del prodotto ceramico. A Parma ceramica per l’Ospedale dei bambini “Pietro Barilla” Il piano di posa Lo spessore finale dello strato di intonaco non deve essere superiore ai 15 mm anche se, soprattutto nel caso di ristrutturazioni, è necessario intervenire in più fasi per ottenere una superficie adatta a ricevere il rivestimento. Nel caso di strati successivi questi si aggirano intono agli 8-10 mm di spessore e contengono – quando è prevista la posa di pannelli coibenti, guaine oppure quanto lo spessore complessivo dello strato supera i 25 mm – una rete elettrosaldata fissata alla muratura previo elementi inossidabili. Molti i controlli da effettuare prima della posa del rivestimento, in particolare: – verifica della qualità del fondo; – verifica della planarità del fondo. La presenza di eventuali irregolarità, ad esempio, può essere individuata utilizzando una staggia metallica di 2 m disposta in tutte le direzioni. Va ricordato che fondi troppo lisci debbono essere opportunamente irruviditi con raschietti, spazzolatrici meccaniche, sabbiatrici. Non è da tralasciare, infine, il grado di umidità finale del supporto. Brandhorst Museum di Monaco è l’evidente conferma del riuscito rapporto tra funzionalità e utilizzo della ceramica. Gli adesivi I materiali maggiormente usati per la posa sono gli adesivi per ceramica resistenti ai cicli di gelo e disgelo. Nel caso di supporti particolarmente stabili e di piastrelle da rivestimenti assorbenti, comunque, può essere sufficiente impiegare un prodotto a normale flessibilità da stendere a spessore. La soluzione è adottabile esclusivamente nei casi di piastrelle con dimensioni massime di 20×20 cm e di colore chiaro, da applicare su piani non soggette e consistenti escursioni termiche. Differente il caso in cui si posino piastrelle inassorbenti come il mosaico o il grès porcellanato e di formati consistenti (oltre i 30×30 cm) è opportuno utilizzare adesivi additivati con prodotti elasticizzanti o lattici a base di elastomeri. In tutti i casi, comunque, si tratta di prodotti che, una volta posati, non colano e si caratterizzano per l’elevata bagnabilità. Di fondamentale importanza, comunque, è l’attenta osservazione di tutte le indicazioni di preparazione riportate sulla confezione del prodotto, in particolare in riferimento all’acqua di impasto. La malta deve essere preparata in contenitori puliti impiegando un comune trapano a frusta sino a ottenere un impasto liscio e plastico. Attenzione anche alle quantità di prodotto preparato: buona norma realizzare solo il volume che si può stendere sul piano durante il tempo di durata dell’impasto. La messa in opera avviene impiegando una spatola di cui si utilizzano, in fasi successive, la parte liscia a quella dentata. Lo spessore dei denti della spazzola, poi, deve essere scelto in funzione del formato e della presenza di eventuali risalti sul retro della piastrella da posare. Le piastrelle, perfettamente pulite sul retro, vengono posizionate sul piano cosparso di adesivo nella posizione definitiva e premute in modo uniforme. Nel caso di rivestimenti in facciata e in relazione alle alte sollecitazioni cui sono soggette questo genere di realizzazioni, l’aderenza della piastrella al sottofondo deve essere totale. La messa in opera del rivestimento deve procedere per filari orizzontali partendo dal basso. Come guida si impiegano generalmente dei distanziatori. Ogni operazione di messa in opera deve essere interrotta nel caso la temperatura superi i 30° C o scenda al disotto dei 5° C. Torre Arcobaleno rivestita in piastrelle di ceramica colorate, costruita a Milano nel 1964 e ristrutturata lo scorso 2015. Le fughe La definizione del corretto spessore delle fughe, degli stucchi e dei sigillanti deve essere frutto di valutazioni relative al formato da posare, al prodotto impiegato, alle sollecitazioni cui sarà sottoposto il rivestimento. La fuga, infatti, assorbe la dilatazione del materiale in seguito alle variazioni di temperatura ed eventuali movimenti del supporto. In ogni caso non deve mai essere inferiore ai 3 mm e superiore ai 10 mm. Eventuali piccole quantità di collante che, durante la messa in opera, rifluiscono dalle fughe debbono essere prontamente rimosse. Una volta posato il rivestimento si procede con il riempimento delle fughe utilizzando prodotti cementizi preconfezionati. La malta da stuccatura, preparata con lattici in dispersione o acqua, viene stesa quando le piastrelle sono sufficientemente stabili sul supporto. Un volta che il prodotto è quasi completamente asciugato è possibile procedere alla rimozione degli eccessi sul piano piastrellato. 22 facciate colorate, fatte di 121.000 piastrelle in ceramica smaltata, per il Central St Giles di Londra ad opera di Renzo Piano Building Workshop, in collaborazione con Fletcher Priest Architects I giunti Spesso trascurati i giunti, invece, rappresentano uno dei requisiti indispensabili per ottenere un buon rivestimento ceramico. Servano principalmente a frazionare il piano piastrellato in superfici indipendenti e vengono posizionati ad intervalli regolari. L’obiettivo è creare comparti con estensione non superiore a 12 metri quadrati. Generalmente non hanno una larghezza superiore ai 6 mm e sono distanziati tra loro dai 3 ai 6 metri. I giunti di frazionamento debbono essere inseriti anche all’altezza del marcapiano, nel punto in cui il solaio si collega alla parete esterna e nei punti in cui i pilastri sono affiancati dai tamponamenti. Per la loro sigillatura si ricorre normalmente a materiale colorato nella stessa tonalità delle fughe e dotato di elasticità permanente: si tratta di resine siliconiche stese mediante pistola di erogazione. Il prodotto deve garantire nel tempo una completa tenuta all’aria, all’acqua e alla polvere e, proprio per questo, viene soventemente preceduto dalla stesura di un primer applicato sui lati del giunto stesso. Nel caso l’impiego di siliconi non sia possibile – soprattutto in relazione al colore delle piastrelle di rivestimento – si possono adottare prodotti a base polisulfurica o poliuretanica. La superficie di sigillatura deve essere lisciata a filo utilizzando una spatola bagnata. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento