Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
FRP compositi fibrorinforzati: mediante l’applicazione di nastri e fogli di fibre polimeriche si realizza un tenace rinforzo strutturale di elementi inflessi o pressoinflessi. Indice degli argomenti: La storia degli FRP I materiali che compongono le fibre di rinforzo e le loro proprietà La diversa natura delle matrici I tessuti, fibre intrecciate da impregnare in loco e i pultrusi già pronti all’incollaggio Modalità di posa Con la sigla Frp si intende Fiber Reinforced Polymers, ovvero “materiali polimerici fibrorinforzati”. Si tratta, infatti, di prodotti appartenenti alla vasta famiglia dei “compositi strutturali”, che, come il cemento armato, sono costituiti da due o più fasi cui spettano funzioni e compiti diversi. Questi materiali sono composti dunque dalla fase “matrice”, che ha principalmente il compito di dare forma e geometria al materiale, e la fase “carica”, che è aggiunta come riempitivo in forma di particelle, e che rappresenta la parte veramente soggetta agli sforzi. L’unione di questi due materiali è finalizzata all’ottimizzazione delle prestazioni di entrambi. Nei compositi in questione, la matrice è costituita generalmente da una resina, mentre i rinforzi sono di fibre in materiali organici. La principale applicazione di questi materiali è quella del consolidamento e del rinforzo statico di strutture portanti in edifici di varia natura, con la possibilità di essere impiegati su supporti di vari materiali, dal cemento al laterizio, dalla pietra all’acciaio e al legno. Il funzionamento di questi strati di rinforzo applicati mediante specifici adesivi è quello di elementi collaboranti con la struttura. Data questa capacità degli Frp, è possibile intervenire in varie tipologie di situazioni in cui si necessita un aumento delle capacità portanti della struttura. Un primo esempio si trova nel restauro statico di strutture degradate, oppure nell’aumento di portanza di manufatti che necessitano di sopportare nuovi carichi, o ancora in caso di costruzioni in zona sismica che necessitano di migliorare il loro comportamento in presenza di vibrazioni. Il campo di applicazione si può però estendere anche a riparazioni di strutture danneggiate, interventi che possono essere eseguiti anche in tempi molto stretti, riportando velocemente a livelli di sicurezza sufficiente i manufatti interessati. Ovviamente non esiste un solo prodotto universale, bensì diverse tipologie di compositi. La loro classificazione può avvenire sia in base al tipo e alla morfologie della carica presente, sia in base alla natura della matrice. La storia degli FRP Sebbene gli Frp siano qui presentati come materiale innovativo, essi non devono essere considerati come materiali di recente invenzione. Il capostipite dei compositi strutturali fu, infatti, la vetroresina, costituita da fibre di vetro e resina al poliestere, utilizzata già nel 1942 per la realizzazione di un’imbarcazione. Solo agli inizi degli anni ’60 è cominciato l’utilizzo di fibre di boro e carbonio ad alta resistenza, mentre nel 1973 è stato depositato il brevetto delle fibre in aramide. Dobbiamo però considerare che per molti anni la complessità dei processi produttivi ha determinato l’elevato costo di questi materiali. Gli Frp sono infatti nati come materiali per i settori aeronautico e astronautico, caratterizzati da grandi disponibilità monetarie finalizzate all’impiego di materiali a massima performance. Un – seppur ridotto – calo dei costi di produzione dei materiali fibrorinforzati ha contribuito ad una loro maggiore diffusione, permettendo il trasferimento di questa tecnologia verso settori caratterizzati da materiali e sistemi costruttivi a basso costo. È così avvenuto l’ingresso degli Frp nel mondo dell’edilizia. Negli ultimi anni in particolare è stato possibile registrare nei Paesi più avanzati un notevole incremento dell’utilizzo di compositi strutturali a matrice polimerica nel settore delle costruzioni edili. Rinforzo strutturale in fibre di carbonio Nonostante però la riduzione dei costi, non è ancora conveniente l’utilizzo dei compositi strutturali per interventi di nuova costruzione, data l’impossibilità di competere con tecniche e materiali come il calcestruzzo, l’acciaio e il legno. Come già visto dunque l’utilizzo maggiore degli Frp nelle costruzioni riguarda essenzialmente il consolidamento statico di strutture esistenti, campo di applicazione perennemente in crescita dato l’invecchiamento progressivo del nostro patrimonio edilizio. I materiali che compongono le fibre di rinforzo e le loro proprietà La fibra, la vera parte resistente del composto, può essere costituita da diversi materiali con proprietà differenti l’uno dall’altro. Relativamente alle esigenze determinate dalla specifica applicazione, è possibile scegliere tra fibre di rinforzo costituite da materiali diversi, e caratterizzate quindi da proprietà tecniche variabili in base alla composizione chimica e al processo produttivo. Le fibre di carbonio, che sono le più diffuse e utilizzate, sono prodotte per carbonizzazione di particolari fibre organiche sottoposte ad uno stato di tensione con temperatura crescente fino a 1000-1500°C. In base al tipo di fibre organiche utilizzate nel processo, e alle variabili di processo, è possibile produrre fibre di carbonio con differenti caratteristiche di resistenza a trazione e modulo elastico. L’ampia gamma di esigenze coperte da questi prodotti estende il campo di applicazione delle fibre di carbonio alla maggior parte di tipologie di strutture. Le fibre di carbonio a modulo elastico medio-alto sono la tipologia maggiormente utilizzata per il rinforzo di elementi in cemento armato. Un rinforzo di tale rigidezza, però, potrebbe causare problemi su elementi portanti in muratura, dove si utilizzano in genere filamenti con modulo elastico inferiore come le fibre in aramide. Queste ultime sono invece ottenute dalla lavorazione di poliammidi aromatiche. Esse sono fibre polimeriche ad altissime prestazioni meccaniche, impiegate all’interno di fasci, alternati a fibre di carbonio. In questo modo viene aggiunto all’alto modulo elastico di queste un’elevata resistenza all’urto tipica delle fibre in aramide. Le fibre di boro sono ottenute per deposito di uno strato di boro su di un filamento in tungsteno. Si tratta di un materiale dal costo molto elevato al quale sono spesso preferite le fibre in carbonio che garantiscono le stesse prestazioni. La produzione delle fibre di vetro avviene infine per fusione e trafilatura di miscele di vari ossidi tra cui l’ossido di silicio, di calcio e di boro. La tipologia maggiormente impiegata è quello in vetro di tipo “E”, poiché, nonostante possieda prestazioni limitate, ha un costo nettamente inferiore alle altre tipologie, che potrebbero invece arrivare ad avere caratteristiche simili a quelle delle fibre in carbonio. Le fibre di vetro “E” sono infatti utilizzate per integrare impasti contenenti fibre di carbonio, con la finalità di limitare il costo complessivo dell’intervento. Solo alcune aziende utilizzano anche una categoria di fibre che presenta resistenze ancora inferiori, cioè le fibre di polivinilalcol. Materiali fibrorinforzati per il recupero Naturalmente una caratteristica fondamentale di tutte le fibre finora descritte è l’elevata bagnabilità nei confronti delle resine polimeriche utilizzate come matrice nei compositi strutturali. Solo alcuni prodotti prevedono una leggera apprettatura delle fibre per aumentare il collegamento tra i filamenti e la resina, e quindi la collaborazione meccanica tra i due componenti. La diversa natura delle matrici Anche le matrici in cui sono immerse le fibre possono essere di diversa natura. La possibilità di calibrare il modulo elastico del rinforzo, e quindi dell’insieme matrice polimerica-fibre, è influenzata anche dalla scelta della resina utilizzata. Nei compositi Frp la matrice può essere costituita infatti da una resina epossidica oppure da poliestere. La prima tipologia è da preferire all’altra, soprattutto per la sua maggiore capacità di adesione al supporto cementizio. Non bisogna dimenticare infatti che spesso l’incollaggio del composito al supporto costituisce l’anello debole di tutto il sistema. Il collasso dell’elemento strutturale avviene spesso, infatti, a causa dell’applicazione di forze di intensità molto minore rispetto a quelle sopportabili dal Frp utilizzato. Risulta quindi evidente l’inutilità di utilizzare fibre ad elevata resistenza meccanica quando spesso la crisi avviene per la perdita di aderenza tra rinforzo ed elemento rinforzato. Le resine da impiegare devono dunque possedere le caratteristiche adatte alla situazione specifica. In genere quasi tutti i prodotti hanno una buona lavorabilità e buone caratteristiche tissotropiche. La loro fluidità dipende dalla loro destinazione d’uso: quelle utilizzate per l’impregnazione dei tessuti saranno naturalmente di tipo fluido, mentre le altre più dense saranno da utilizzare con i prodotti più rigidi. Rinforzo in fibre Infine, una volta rivestite dalla resina, le fibre divengono inalterabili data l’impossibilità di subire aggressioni dall’esterno; ciò permette di mantenerle integre e in perfetta adesione con la matrice per molto tempo. I tessuti, fibre intrecciate da impregnare in loco Le fibre sintetiche sopra descritte sono utilizzate innanzitutto sotto forma di tessuti, unidirezionali o pluridirezionali, che vengono impregnati con le resine direttamente in opera. Essi sono disponibili in nastri di varia larghezza oppure in teli di grandi dimensioni. Una prima tipologia di tessuto è quella costituita da fibre disposte in una sola direzione (i tessuti unidirezionali realizzati con fibre di carbonio sono legati all’interno da sottili filamenti in fibra di vetro). Questi sistemi sono impiegati in genere come rinforzi a flessione, dato il loro comportamento monoassiale. Con questa funzione sono applicati spesso su intradossi di travi e solai. Molto ricorrente è però anche il loro utilizzo per la fasciatura esterna di elementi compressi o pressoinflessi come i pilastri, le pile da ponte, le ciminiere, ecc. Lo scopo di questi interventi è il contenimento delle deformazioni trasversali. Nei casi in cui oltre alla fasciatura, occorre aumentare anche la resistenza a flessione, vengono preferiti i tessuti bidirezionali. Le fibre possono infatti essere tessute anche nel senso della trama e dell’ordito, cioè con i filamenti orientati ortogonalmente tra loro. In questo caso si può ottenere un prodotto con caratteristiche tecniche di resistenza identiche in entrambe le direzioni, oppure si può privilegiare uno dei due orientamenti. Sono inoltre disponibili tessuti a struttura complessa quadriassiale che, oltre alla disposizione di trama e ordito, possiedono due ulteriori sviluppi nelle direzioni oblique. Questi sistemi sono utilizzati per risolvere problemi legati a sforzi di taglio, oppure per aumentare la duttilità in campo sismico dei nodi trave-pilastro. Utilizzando infatti una fasciatura in Frp in corrispondenza dell’attacco tra i due elementi, è possibile correggere gli eventuali errori di progettazione rinforzando il nodo caratterizzato da una staffatura inadeguata alle sollecitazioni sismiche. I tessuti in Frp infine, grazie alla loro capacità di adattarsi alla forma della struttura, consentono di completare gli interventi di rinforzo a flessione con fasciature nelle testate delle travi, allo scopo di eliminare eventuali debolezze nei confronti dell’azione di taglio. Anche il settore degli edifici in muratura si è rivelato un grande campo di applicazione di questi tessuti. In particolare essi si prestano al rinforzo delle murature tradizionali anche in edifici di valore storico, grazie alla scarsa invasività e alla loro leggerezza. Il rinforzo avviene mediante fasciatura dei maschi murari, in analogia alla fasciatura sopra descritta dei pilastri in cemento armato. Sempre nel campo delle murature, essi vengono usati per la cerchiatura di cupole lesionate e per il rinforzo antisismico delle strutture a volta. L’applicazione di queste tecniche è caratterizzata da una completa reversibilità data dalla rimovibilità degli adesivi anche a distanza di anni. I rinforzi, essendo costituiti da elementi discreti permettono inoltre la naturale evaporazione dell’umidità dalle murature, non contribuendo a peggiorare situazioni già compromesse. I pultrusi attraverso la pultrusione con la quale viene prodotta l’altra tipologia di prodotto, cioè quella delle lamine, elementi già pronti all’incollaggio perché già impregnati di resina. I compositi strutturali sono utilizzati anche sotto forma di elementi rigidi già impregnati con la resina, ottenuti per mezzo di un processo industriale di estrusione sotto trazione che prende il nome di pultrusione. Si tratta di rinforzi a lamina con spessore superiore a 1 mm, costituiti da fibre allineate in una matrice di resina epossidica. Queste lamine possono avere resistenza a trazione e modulo elastico particolarmente elevati data la possibilità di inserire al loro interno una percentuale di filamenti molto elevata. Gli elementi vengono incollati o inseriti nella struttura da consolidare mediante l’utilizzo di resine in pasta. La loro principale applicazione è finalizzata al rinforzo a flessione all’intradosso di travi in cemento oppure al rinforzo a taglio mediante staffatura esterna in corrispondenza dei punti critici. Altri campi di applicazione sono le murature tradizionali o di getto, rinforzate mediante incollaggio di elementi incrociati, come avviene anche nel consolidamento di solai, di pavimentazioni e di aperture nelle solette. Queste lamine possono essere applicate anche dopo un leggero pretensionamento, prima dell’incollaggio su travi sovraccaricate. Modalità di posa Per un corretto risultato è necessario verificare che le fasi di applicazione di questi prodotti siano eseguite attentamente. Il rinforzo strutturale attraverso nastri e fogli di Frp deve avvenire innanzitutto nella condizione di massimo sgravio possibile di carico. Prima dell’applicazione di tali prodotti deve essere effettuata una adeguata pulizia del supporto mediante sabbiatura o spazzolatura. In caso di elementi in cemento armato degradato, è necessaria una perfetta ricostruzione del copriferro con malte di caratteristiche meccaniche superiori al materiale esistente, naturalmente dopo l’apposito trattamento delle barre di armatura. La planarità delle superfici deve essere assicurata da un’accurata rasatura. Prima dell’incollaggio degli elementi in fibra è spesso indicata la stesura di un primer a base di resine epossidiche, dopo il quale, attraverso uno stucco anch’esso epossidico, viene regolarizzata la superficie, garantendo così l’allineamento dei rinforzi al supporto. Viene steso quindi il primo strato di resina epossidica bicomponente per l’incollaggio delle fibre, sopra alla quale sono applicati i nastri. E’ necessario avere cura che tutto il foglio impregnato da porre in opera risulti di colore omogeneo e privo di parti non bagnate dal polimero e privo di bolle d’aria. Viene poi steso il secondo strato di resina. Queste fasi vengono ripetute per tutti gli strati previsti dal progetto. A questo punto della posa, viene applicato un ciclo di pressione uniforme finalizzato a garantire una completa adesione delle fibre al primer e tra i vari strati di nastri o fogli di fibre e l’impregnazione del tessuto mediante l’intasamento di tutti i vuoti. Ciò facilita inoltre l’adattamento del rinforzo anche alle forme più complesse. Questa operazione è necessaria anche per poter asportare la resina in eccesso, che darebbe luogo a fenomeni di scorrimento viscoso. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento