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Tre esempi di recupero industriale sul territorio milanese mostrano le potenzialità dell’architettura dei luoghi di lavoro della prima metà del Novecento, insieme alla diversità di approcci interpretativi Le Officine del Volo Indice degli argomenti: Le Officine del Volo Magna Pars Suites Hotel Nhow Milano Tra i grandi recuperi più recenti c’è la Città delle Culture di Chipperfield, nell’area dell’ex Ansaldo di via Bergognone e, sempre in zona Tortona, a ridosso di Porta Genova, la rinascita dell’ex fabbrica di profumi fondata da Vincenzo Martone (ICR Industrie Cosmetiche Riunite S.p.A.) che nel 2013 viene trasformata in lussuoso hotel a cinque stelle, l’Hotel Magna Pars Suites Milano, primo “hotel à parfum” del mondo, dove trascorrere un soggiorno indimenticabile e acquistare una delle esclusive fragranze create nel laboratorio attiguo (omaggio alle origini dell’edificio). Ma Milano, con il proprio dna industriale, presenta una costellazione di edifici e quartieri nati nei primi decenni del ‘900 come zone di produzione industriale e oggi trasformati in luoghi di cultura, eleganti aree residenziali, indirizzi della ricettività di tenedenza e ancora showroom, laboratori d’arte e spazi polifunzionali. Basti pensare alla Fabbrica del Vapore, Sempione, o all’area della Bicocca, un tempo sede delle industrie Pirelli o al Palazzo dei Frigoriferi Milanesi, solo per citarne alcuni. Più o meno fedeli all’originale, più o meno eleganti o patinati, i nuovi edifici frutto della reinterpretazione dell’archeologia industriale hanno fatto di Milano un modello internazionale in materia di recupero, proprio perché nella grande maggioranza di essi si è voluto applicare il concetto di “recupero filologico”tradizionalmente utilizzato nei restauri di opere storiche e dei beni culturali, mantenendo cioè chiara la leggibilità delle origini di quella architettura, se possibile anche il passaggio a destinazioni d’uso diverse nel tempo. E il risultato è straordinario. Ecco tre esempi riletti come hotel di design e spazi dedicati ai grandi eventi. Le Officine del Volo Nel 2003 è tornata a nuova vita la struttura delle ex Officine Aeronautiche Caproni, in via Mecenate, quartiere Forlanini. L’architetto Nicola Gisonda che si è occupato dell’opera durata due anni e conclusasi con la realizzazione della location Le Officine del Volo, ha sposato la filosofia filologica di Camillo Boito, attraverso quattro passaggi fondamentali: rifiuto del restauro stilistico (alla maniera dell’architetto francese Viollet-Le-Duc), conservazione dei segni del tempo, esistenza di una gerarchia tra interventi (la cui evidenza deve essere mantenuta), restauro leggibile (quando le opere di restauro si rendono indispensabili per il mantenimento dell’edificio, allora queste devono essere fatte in modo che le aggiunte non possano essere confuse con le parti originarie). Oggi nelle sale degli antichi hangar (Sala Eliche, Sala Biplano, Sala Monoplano, in totale 1.500 mq), ancora assolutamente riconoscibili nella loro originaria funzione, si organizzano eventi di varia natura, aziendali e privati. Contributo dell’architetto Nicola Gisonda “C’è stata un’auto-imposizione da parte mia a rispettare i concetti che Camillo Boito professava: trasformare questa struttura per una nuova funzione ma mantenendo il sapore originale. Boito rifiutava il restauro stilistico e amava fare cose leggibili. All’interno delle Officine si può ancora leggere bene l’impianto della Caproni originale, ma anche il successivo frazionamento della fabbrica negli anni Cinquanta, quando Caproni chiude e la struttura viene destinata a diverse aziende. Il recupero fine a sé stesso non ha molto senso. Deve continuare la vita di questi edifici, i diversi passaggi valorizzano la struttura. Le difficoltà maggiori sono state proprio nel conservare i segni del tempo. In questo restauro non sono state praticate sabbiature e sono state mantenute le patine, realizzate interamente a mano. Le capriate del legno, del primo piano sono state pulite con la spazzola, conservando le ossidazioni. Durante il lavoro mi mettevo in un angolo e osservavo a distanza il lavoro, per assorbire l’atmosfera. Poi ovviamente la struttura è stata messa a norma in maniera da poter ospitare eventi mondani. Abbiamo recuperato tutto quello che era recuperabile, ed eventualmente eliminato qualcosa. I materiali sono: mattone a vista, ferro e cemento (per la pavimentazione). Ho disegnato l’ascensore (anch’essa in vetro e metallo) e all’esterno, sulla parete d’ingresso, quinta perfetta per una scala, è collocata la struttura in acciaio corten. All’interno l’intento è stato quello di restituire al massimo il sapore del luogo di lavoro, per questo ho voluto i bagni con boiserie in lastre di cemento pesanti per ricondurre all’idea del lavoro pesante della fabbrica. I costi sostenuti sono stati altissimi ma la struttura ha acquisito un valore altrettanto alto”. Magna Pars Suites Hotel In un’altra zona di Milano, la ormai mondana via Tortona, centro nevralgico per gli eventi della moda e del design, gli architetti Paola Benelli e Roberto Murgia hanno trasformato la ex azienda profumiera ICR in un hotel a cinque stelle dove l’esaltazione del carattere industriale è stata perseguita attraverso precise scelte stilistiche e architettoniche, ma il concetto di “lavoro di fabbrica” qui è più un’evocazione, una “recherche proustiana” che si trasmette attraverso l’olfatto, stimolato dalle avvolgenti fragranze che arrivano dal Labsolue, il laboratorio di profumi interno alla struttura. Il progetto ha ampliato la struttura originaria con un corpo di fabbrica che, proseguendo la costruzione lungo via Forcella, ha permesso di ricavare all’interno un giardino privato. La continuità della nuova struttura con l’antica è stata perseguita nella facciata vetrata sul lato di via Forcella. Mentre l’evocazione della struttura industriale si ha con il ricorso ai brick-walls (re-interpretazione delle pareti in laterizio della fabbrica originari) che caratterizzano il fronte di via Bugatti e la nuova scala di collegamento all’edificio esistente. Sono realizzati con griglie in acciaio verniciate, che rappresentano la texture della malta di allettamento tra i mattoni, all’interno delle quali trovano spazio secondo un equilibrio di pieni e vuoti mattoni realizzati da San Marco, su disegno dei progettisti. (Credit fotografico Francesco Jodice, Giovanna Silva, Vito Corvasce) Nhow Milano Un altro originale esempio di recupero industriale e riconversione ad uso ricettivo è quello dell’hotel Nhow Milano, ancora in zona Tortona. Si trova in quella che ai primi del Novecento era la sede della General Electric e il suo progetto d’interni è firmato da Matteo Thun. ©LadoBelkouar L’hotel è anche spazio espositivo e forse l’espressione che meglio lo identifica è Ceci n’est pas un hotel (questo non è un albergo), titolo di una mostra sul surrealismo che ha ospitato nel 2010. La sua vera natura ibrida (a metà tra hotel e ambiente della cultura contemporanea) emerge soprattutto durante la Tortona Design Week (Salone Internazionale del Mobile), quando i suoi spazi comuni si riempiono di designer, progettisti, operatori della comunicazione e grandi marchi dell’arredo per meeting, spritz e dj set. ©giulio orian Dell’edificio originario è restato il soffitto a botte (24 metri di campata) e le strutture portanti in ferro e ghisa. Gli ambienti destinati a spazio espositivo appaiono ampi e scuri; mentre per la zona hotel, camere e ristorante, è stato scelto il bianco. ©giulio oriani “Il progetto di Thun per NHow traduce il suo slogan di “design fluido” in una realtà tangibile che risponde a due requisiti principali. Il primo è il tipo di richieste che ci si aspetta dall’ospite che sceglie di soggiornare in un hotel nel cuore del principale centro di design di Milano: industrial-chic trasmesso con gusto e stile, certamente, ma anche un rinfrescante senso di individualità nelle camere, tutte meticolosamente arredate con elementi modulari usati ogni volta in modo diverso. L’altro è l’esigenza dell’imprenditore alberghiero di offrire qualcosa di più della semplice “semplicità”: c’è molto spazio per eventi, sfilate di moda e una partnership con la Triennale di Milano per ospitare eventi paralleli, mentre ogni pianerottolo e corridoio è praticamente una galleria d’arte in miniatura. ©giulio oriani Il gigante industriale General Electric occupava la ferrovia, capannone industriale che Matteo Thun ha trasformato in un hotel spazioso con 256 camere, un’enorme suite presidenziale di 260 mq a due livelli e una suite spa, tutte ispirate alla spaziosa ariosità del classico loft americano, mantenendo l’essenziale delle radici industriali dell’edificio (travi in acciaio, volte a botte alte) ma tutte servite da aree pubbliche eclettiche, salotti, ristorante e bar con un’atmosfera elegantemente e giovane che unisce street art e il più raffinato degli elementi di design, il tutto racchiuso in un’imponente struttura grigia con un motivo di finestre generose”. Ufficio comunicazione Matteo Thun Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento