Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Le foreste urbane sono essenziali alle città. Occorre investire nel patrimonio green perché il verde arreca molteplici benefici, assicura Simone Borelli, Urban Forestry Officer della FAO Indice degli argomenti: Cosa sono le foreste urbane Foreste e verde urbano: qual è la situazione in Italia Come la tecnologia può aiutare a tutelare e sviluppare foreste e verde urbano Quali sono i benefici psico-fisici di foreste e verde urbano? C’è una quota minima da rispettare in tema di foreste urbane? Quali sono i passi necessari per realizzare foreste urbane ad hoc? Il futuro delle città lo si costruisce da foreste e verde urbano. Le foreste urbane sono il polmone verde delle città, migliorano la salute degli abitanti e contribuiscono alla loro capacità di affrontare eventi climatici avversi, sempre più frequenti. L’Italia riconosce e incentiva le città metropolitane mettendo a disposizione innanzitutto 18 milioni di euro col ‘Programma Sperimentale per la Riforestazione Urbana’ per progetti da presentare entro il prossimo 20 luglio. Ma soprattutto per le stesse 14 città metropolitane, “ormai sempre più esposte a problemi legati all’inquinamento atmosferico, all’impatto dei cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità”, si sottolinea nel PNRR. Per questo si stanziano 330 milioni per sviluppare boschi urbani e periurbani, piantando almeno 6,6 milioni di alberi (per 6.600 ettari di foreste urbane). Simone Borelli Ma tutte le città italiane hanno un notevole bisogno di verde. Ne è convinta la FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura, che sta portando avanti varie iniziative. «L’attività FAO è prima di tutto finalizzata al networking, al fare rete come testimonia il recente primo forum africano sulle foreste urbane, che ha avuto un’importante adesione (800 partecipanti circa) e che aiuta a mettere insieme esperienze e conoscenze utili per fare disseminazione», spiega Simone Borelli, Urban and Periurban Forestry Officer della FAO, che segue in prima persona il programma Tree Cities of the World. È un impegno internazionale per riconoscere le città e i paesi virtuosi, impegnati a garantire che le loro foreste urbane e gli alberi siano adeguatamente mantenuti, gestiti in modo sostenibile e considerati in modo degno della loro natura e importanza. Finora ci sono 120 città in 23 Paesi, di varia dimensione: solo per l’Italia vi sono metropoli come Milano e Torino e realtà come San Mango d’Aquino (Cosenza), piccolo Comune da poco più di 1500 abitanti. L’idea è anche di celebrare queste foreste, con una giornata dedicata. «L’idea di fondo è di avere città più verdi, più sane, più felici. Per questo, se potessi cambiare il mio titolo di lavoro mi piacerebbe definirmi Happiness Officer, funzionario della felicità. Le foreste urbane e periurbane possono contribuire sensibilmente alla felicità». Partiamo dalle foreste urbane. Cosa sono? Definire in modo univoco le foreste urbane è complesso. Ogni città ha una foresta che va considerata come la somma di tutte le parti verdi dello stesso tessuto cittadino: aree verdi, ma anche viali alberati, cimiteri comunali, orti urbani… Ci sono realtà che contano su vere e proprie foreste cittadine: penso, per esempio, a Città del Messico, New York o Vancouver. Ma è bene considerare che le urban forest in città sono tutte le aree verdi che, connesse, forniscono spazi e servizi importanti per i cittadini e di cui fanno parte anche piante e alberi dei cittadini. È bene rompere questo dualismo tra verde pubblico e privato: anche i residenti in città possono contribuire alla foresta urbana, ovvero a quell’infrastruttura verde integrata che aiuta a vivere meglio. Qual è la situazione oggi che si vive in Italia, a proposito di foreste e verde urbano? Tutto sommato, le città italiane sono abbastanza verdi. Pensiamo a Roma, per esempio, che è tuttora una delle città più verdi d’Europa. Ma non solo: Torino e Milano stanno lavorando per arricchire la forestazione urbana. Il capoluogo piemontese è particolarmente attivo non solo nello sviluppo del verde, ma anche per misurare il vero valore dei servizi che il verde fornisce alle città. È un aspetto molto importante perché occorre cambiare il punto di vista cui si è abituati. Perché è necessario considerare il verde come come un investimento e non un costo in grado di garantire migliori condizioni di salute degli abitanti, ma anche capace di elevare il valore economico della stessa città. L’esempio di Singapore è emblematico: sin dagli anni Cinquanta perseguiva un’idea di “città-giardino”, una città verde e pulita, partendo dall’idea che proprio una gestione attenta del verde fosse il miglior biglietto da visita per potenziali investitori. Oggi Singapore è nota come la città più verde del mondo, ma è anche una delle più ricche a livello globale. Singapore è anche considerata la regina delle smart city. Come la tecnologia può aiutare a tutelare e sviluppare foreste e verde urbano? La tecnologia può contribuire a minimizzare i costi delle infrastrutture verdi e la loro stessa gestione. In questo senso molte applicazioni Internet of Things stanno facilitando la possibilità di verificare e regolamentare molti parametri utili per la vita delle piante. Penso ai sensori in grado di monitorare l’umidità al suolo: un esempio è Tree Talker, un sistema di monitoraggio in tempo reale degli alberi che li rende capaci di “raccontare” il loro stato di salute grazie a sensori IoT interconnessi. Ci sono droni e sistemi LIDAR per ottimizzare e gestire al meglio gli alberi. Il verde poi aiuta a elevare l’efficienza energetica, riducendo il fabbisogno dei sistemi tecnologici di raffrescamento. Il verde può fare esso stesso parte anche dell’innovazione tecnologica e costruttiva: pensiamo al Bosco Verticale. Se restiamo ancora in tema, pensiamo anche alla vocazione green delle Big Tech, come Google & C. che hanno pensato alle loro sedi come ambienti in grado di coniugare verde e tecnologia, in modo da creare un ambiente lavorativo piacevole. Quali sono i benefici psico-fisici di foreste e verde urbano? Ci sono numerosissimi studi che confermano le virtù positive per la salute che apportano le foreste e il verde urbano. Ci sono evidenze sui benefici effetti sia sul sistema cardio-vascolare e persino in funzione anti tumorale. Le piante certamente non curano, ma contribuiscono a prevenire o a favorire una risposta immunitaria migliore. Basta sperimentare l’effetto di passeggiare in un parco urbano per cogliere realmente gli effetti. La presenza di aree verdi favorisce anche la voglia di fare attività fisica all’aria aperta, favorendo abitudini di vita più salubri. Ci sono anche correlazioni positive tra presenza di verde e microbioma. Alcuni studi rivelano che più si è a contatto con la biodiversità apportata dal verde e meglio sta la fiorente popolazione di microorganismi che fa parte di ognuno di noi. Quali sono i benefici di foreste e verde urbano? Ecco un’utile sintesi-video C’è una quota minima da rispettare in tema di foreste urbane? Come stabilisce la legge italiana (per la precisione il DM 1444/68) gli insediamenti residenziali devono avere 9 metri quadri di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade. Inoltre per le zone classificate di interesse pubblico la quota arriva a 15 mq per abitante. Ma è un parametro assai relativo. Statistiche e metri quadri a parte, è necessario che tutti, pubblico e privato, contribuiscano a sviluppare il verde in città. Anche con “iniziative dal basso”, coordinate dai cittadini. Gli esempi non mancano: penso alla Picasso Food Forest di Parma, uno dei primissimi esempi di sperimentazione di una “foresta edibile”, ovvero di una serie di piante da frutta, ortaggi e altre piante edibili creata nel 2012 a Parma. A New York è stato avviato GreenThumb (Pollice verde) il più grande programma di giardinaggio comunitario degli Stati Uniti, supportato dal Dipartimento Parchi e ricreazione, agenzia governativa della città. Lo stanziamento di 330 milioni del PNRR per le foreste urbane lo ritiene utile? Se sì, come devono essere pianificati finanziamenti come questi perché siano efficaci? Misure di questo genere possano certamente aiutare foreste e verde urbano. Resta però la necessità di progettare il verde scegliendo le piante adatte nel posto più idoneo. Il rischio è fare scelte dettate dalla pura comodità, come piantumare specie di risulta nei vivai. Invece occorre pianificare attentamente ogni intervento, scegliendo le piante adatte dal punto di vista psicologico e funzionale. Quali sono i passi necessari per realizzare foreste urbane ad hoc? Il primo è scegliere piante adatte al luogo, evitando piantagioni monospecifiche, favorendo invece la biodiversità, un ambiente quanto più naturale possibile. Poi vanno valutati anche i contesti e la loro storia e indicazione. Quando New York lanciò la campagna One Million Trees per soddisfare la richiesta furono interpellati i vivai. Qui ci si accorse che vi era disponibilità di pochissime specie perché erano le più richieste. Si partì così a stimolare la domanda di altre specie vegetali. Nel caso del PNRR si dovrà fare lo stesso: a fronte di una cospicua possibilità finanziaria si dovranno fare esplicite richieste al settore vivaistico per pianificare al meglio una campagna di forestazione urbana che tenga conto della biodiversità. Un errore da non commettere è partire avendo in mente unicamente la logica della quantità, e non della qualità. Servono progetti adeguati, non proclami. Per pianificare il verde va dato spazio ai professionisti esperti come agronomi e ingegneri forestali. Occorre pianificare con una logica di medio-lungo termine, consapevoli che la vita media di un albero può arrivare a 50/60 anni e oltre. Si deve programmare la piantumazione, ma altrettanto bene la manutenzione, gestita da arboristi qualificati (e se possibile certificati). Piantare un albero è l’inizio, non la fine di un processo. Stiamo parlando di specie viventi, che vanno tutelate in modo da mantenerle in vita quanto più a lungo possibile. La pianificazione dovrebbe anche prevedere il “fine-vita”, prevedendo già la sostituzione di una pianta giunta al termine della propria esistenza. Un altro aspetto utile è stimare il clima che vi sarà tra 20-30 anni, perché si potrà così prevedere che tipo di condizioni climatiche ci saranno per piantumare specie più resistenti e più adatte a vivere in un contesto più adatto loro. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento