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Indice degli argomenti Toggle Perché lo studio di ENEA sul patrimonio edilizio italianoGli APE degli edifici residenzialiGli APE degli edifici non residenziali Le prestazioni energetiche del patrimonio edilizio italiano, anche a seguito delle recenti novità normative, dovranno raggiungere livelli di efficienza sempre maggiori. Con l’avvento del Green Deal, infatti, l’attenzione al tema ambientale è aumentata e l’UE ha deciso di puntare al target della neutralità climatica entro il 2050. In questo contesto, il ruolo degli edifici diventa primario, in quanto sono responsabili di una buona fetta di consumi energetici e di emissioni in atmosfera. Il tragitto da percorrere è stato definito, anche grazie all’introduzione di misure quali il pacchetto “Fit for 55”, che definisce obiettivi intermedi altrettanto sfidanti. Rientra in questo filone anche l’aggiornamento della direttiva EPBD, nota ora come “Direttiva Case Green”. Le richieste a cui l’Italia deve rispondere ora non sono di poco conto, considerando la vetustità del patrimonio esistente e le scarse prestazioni che si registrano. Nei prossimi anni sarà fondamentale dare una forte accelerata alla riqualificazione degli edifici più energivori, con un piano di interventi strutturato ed efficace. Chiaramente, il punto di partenza è conoscere effettivamente la situazione di attuale, così da valutare in modo più concreto il percorso di efficientamento che ci attende. Da questo punto di vista è molto interessate il report pubblicato da ENEA nel mese di luglio, intitolato “La consistenza del parco immobiliare nazionale”. Perché lo studio di ENEA sul patrimonio edilizio italiano Lo studio elaborato da ENEA si pone l’obiettivo di fornire una fotografia attendibile che mostri le condizioni attuali del patrimonio edilizio italiano. Ciò significa, prima di tutto, eseguire una mappatura degli immobili, definendone le principali caratteristiche, come la superficie, l’anno di costruzione e la destinazione d’uso. Da considerare in fase di analisi anche la loro distribuzione geografica, che impatta sulla zona climatica e, quindi, su diversi parametri significativi quando si parla di efficienza energetica. La mappatura delle superfici riguarda anche gli immobili pubblici, di cui si valuta la quota che risulta essere sottoposta a vincoli. Per l’analisi del patrimonio pubblico si è optato per una clusterizzazione, che ha previsto le seguenti categorie: uffici; abitazioni ERP; abitazioni alloggio di servizio, foresterie e alloggi per studenti; abitazioni usate dalla PA; residenze collettive, incluse quelle sanitarie; ospedali; ambulatori; edifici scolastici; penitenziari; caserme militari e non militari; musei e biblioteche; palazzi storici; edifici a uso pubblico. Il report, infine, riporta anche le prestazioni energetiche del parco immobiliare, definendo un “punto di partenza” per il percorso di miglioramento richiesto dalla Direttiva EPBD. Alla base della ricerca vi sono diverse fonti di dati, tra cui censimenti dell’ISTAT, statistiche dell’Agenzia delle Entrate e dati del Ministero della Transizione Ecologica e dell’Istruzione. Gli APE degli edifici residenziali Secondo quanto riportato nel report, in Italia ci sono circa 12 milioni di edifici residenziali, a cui si aggiungono più di un milione e mezzo di edifici ad altra destinazione. In totale, includendo anche quelli non utilizzati, si mappano nel 2021 circa 14 milioni e mezzo di edifici totali. Andando oltre il solo numero, viene richiamato un rapporto del CRESME del 2018 che sottolineava come più del 60% del totale degli edifici ad uso residenziale sia stato costruito più di 45 anni prima. Non stupisce, pertanto, quanto emerge dall’analisi degli APE, gli Attestati di Prestazione Energetica, effettuata valutando i dati presenti sul SIAPE, il sistema informativo utilizzato per la raccolta nazionale degli APE. Da dicembre 2019 sono stati caricati 1.614.921 APE di edifici residenziali e il 74,1% degli immobili ricade nelle classi energetiche meno efficienti, che vanno dalla G alla E. Solo l’8,1% è in classe superiore alla B. Allo stesso tempo, però è aumentato dell’11% il numero di edifici in Classe da A1 a A4, a dimostrazione anche della sempre maggior attenzione al tema dell’efficienza energetica. Gli APE degli edifici non residenziali Non va molto meglio agli edifici non residenziali, per i quali c’è altrettanto lavoro da fare. Infatti, il campione antecedente al 2019 rileva un 56% degli immobili in una classe energetica tra G ed E, mentre si trova in classe A solo il 6,2% degli edifici. Un dato, in questo caso, peggiorato anche dal fatto che i fabbricati con destinazione industriale e artigianali si contraddistinguono proprio per bassissime prestazioni energetiche. Togliendo questa destinazione d’uso, infatti, i dati cambiano leggermente con il 51,2% degli edifici nelle classi peggiori e il 7,3% in classe A. Negli ultimi anni i dati migliorano ulteriormente: se si arriva fino al 2023 aumentano gli edifici in Classe A e si riducono di 2 punti percentuale quelli in classe E, F e G. Per la precisione, togliendo sempre gli immobili industriali e artigianali, in classe A si trova l’8,8% dei fabbricati, mentre in classe E, F e G il 49,9%. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento