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Per centrare gli obiettivi 2030 occorre aumentare la potenza installata del fotovoltaico. Per l’agricoltura è un’opportunità da non perdere, perché lo spiega il Coordinamento FREE Indice degli argomenti: Fotovoltaico in agricoltura: un tema assai delicato Transizione energetica e sostenibilità: agricoltura e fotovoltaico al centro Fotovoltaico sul tetto: le coperture rurali sono il primo punto, ma non l’unico Agro-fotovoltaico: le potenzialità del “solare sospeso” Fotovoltaico a terra: tra nuova vita green per le aree inquinate e comunità energetiche Agricoltura e fotovoltaico possono e devono convivere. Per l’Italia è una necessità, dato che per centrare gli obiettivi del PNIEC al 2030 in materia di produzione di energie rinnovabili lo sforzo da fare è significativo: entro 10 anni si intende riuscire a soddisfare il 55% del fabbisogno elettrico da rinnovabili, richiedendo un contributo essenziale dalla produzione fotovoltaica. Nel nostro Paese non si parte da zero: al 31 dicembre 2019 risultano installati 29.421 impianti fotovoltaici inseriti nell’ambito di aziende agricole e di allevamento per una potenza complessiva di 2.548 MW e una produzione lorda di 2.942 GWh (di cui 674 GWh di autoconsumo). Serve però uno sforzo in più, come ha messo in luce Marino Berton, del consiglio direttivo del Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica), nel corso del convegno “Fonti rinnovabili e imprese agricole: un matrimonio possibile” svoltosi in occasione di Key Energy. Fotovoltaico in agricoltura: un tema assai delicato Come ha anticipato il presidente del Coordinamento FREE, Giovanni Battista Zorzoli «siamo consapevoli di quanto sia delicato il tema del fotovoltaico in agricoltura, anche per una serie di criticità emerse in passato, ma si tratta di una fase che deve essere superata e devono essere considerati i risultati raggiunti oggi dalle migliaia di imprese agricole che ne hanno sostenuto la crescita e delle ulteriori ricadute che potrebbero derivare da un nuovo e più importante sviluppo del fotovoltaico». E ha invitato a guardare la questione sotto un altro punto di vista: «se alziamo lo sguardo in campagna notiamo quanti tralicci dell’alta tensione siano presenti. Sono infrastrutture considerate necessarie», su cui non vi è alcun dibattito in atto. «Questo perché il paesaggio non è statico. Il paesaggio agrario è frutto del lavoro dell’uomo». Ciò non vuol dire che si può fare ciò che si vuole, «ma prima ancora è necessario riconoscere che il paesaggio possa essere modificato per coniugare bellezza ed armonia con la necessità di rendere vivibile un territorio», ha puntualizzato. Naturalmente, nella giusta integrazione tra fotovoltaico (e rinnovabili) e agricoltura «è necessario un pieno coinvolgimento degli imprenditori agricoli», ha puntualizzato, facendo comunque notare che il fotovoltaico in agricoltura sia davvero fondamentale per due motivi: economico e ambientale. Il Coordinamento FREE (associazione che raccoglie, in qualità di Soci, altre 26 associazioni) ha predisposto un documento dedicato, avviando un primo confronto pubblico in vista anche delle decisioni che verranno prese in tema di transizione energetica e di sostenibilità ambientale. Transizione energetica e sostenibilità: agricoltura e fotovoltaico al centro Un nuovo sviluppo del fotovoltaico in agricoltura, con l’integrazione di reddito conseguente, «potrà essere lo strumento con cui le aziende agricole potranno mantenere o migliorare la produttività e la sostenibilità delle produzioni e la gestione del suolo, riportando, ove ne ricorrano le condizioni, ad attività agro pastorale anche terreni marginali», ha detto Berton, dando voce al documento, in cui è scritto che tale opportunità potrà essere un’occasione di valorizzazione energetica dei terreni abbandonati o non idonei alla produzione agricola che, in assenza di specifici interventi, sono destinati al totale abbandono. «L’obiettivo al 2030 fissato dal PNIEC per il fotovoltaico, e ancor più quello maggiormente sfidante che verrà richiesto dal nuovo target di riduzione delle emissioni climalteranti, impongono di affrontare la questione di un nuovo e più importante sviluppo del fotovoltaico con approccio oggettivo», rileva il consigliere, fornendo dei numeri per comprendere di quanto sia necessario, in termini di superfici utili, per riuscire a centrare gli obiettivi attesi dal Piano nazionale Integrato Energia e Clima. Da una stima fatta dallo stesso Coordinamento FREE si è stimato che “per raggiungere i nuovi obiettivi al 2030 occorrerà prevedere un utilizzo di superficie agricola tra 30.000-40.000 ettari, un valore inferiore allo 0,5% della Superficie Agricola Totale.” Fotovoltaico sul tetto: le coperture rurali sono il primo punto, ma non l’unico La Commissione Europea propone di innalzare dal 40% al 55% la riduzione entro il 2030 delle emissioni nette di gas climalteranti rispetto ai livelli del 1990. Ciò comporta la necessità di revisione a rialzo degli obiettivi nazionali del PNIEC. «Sarà quindi fondamentale il ruolo dell’energia prodotta dal settore fotovoltaico dato che in larghissima misura il gap dovrà essere coperto da nuova capacità fotovoltaica Invece dei 51mila MW previsi dal PNIEC, si dovrà salire almeno 65mila MW», sottolinea Berton, dando voce al documento del Coordinamento FREE. Questo si traduce in un aumento di circa 44 GW rispetto ai 20,8 installati in Italia a fine 2019. Bisogna quindi, triplicare la potenza fotovoltaica installata in Italia nel prossimo decennio. Il massimale potenzialmente installabile sulle coperture degli edifici è realisticamente stimabile entro il 2030 in 15-20 GW. «Certamente la copertura fotovoltaica degli edifici rurali con particolare riferimento agli edifici strumentali all’attività agricola, è il primo punto su cui lavorare per favorire una più ampia diffusione degli impianti in ambito agricolo. Ma potremmo ottenere risultati significativi solo se potremo contare su specifici strumenti, vere e proprie leve finalizzate a raggiungere obiettivi concreti», ha spiegato ancora Berton, leggendo il documento. Agro-fotovoltaico: le potenzialità del “solare sospeso” Il tema assai delicato del consumo di suolo è chiaro nei pensieri. Non ci si può certo permettere di usare suolo agricolo per scopi diversi da quelli alimentari. “Occorrono quindi soluzioni tecnologiche in grado di garantire la compatibilità, tra la produzione agricola e la produzione energetica”, nel rispetto della legge per la tutela del paesaggio. Il modello dell’agro-fotovoltaico potrebbe essere la giusta via per coniugare coltivazione e produzione di energia. I modelli già ci sono: campi coltivati dotati di un’infrastruttura con tracker monoassiali, campi con pannelli solari bifacciali. Sono solo alcuni esempi di come il fotovoltaico sia utilizzato “in sospensione” sui campi agricoli, tenendo sempre in mente che la priorità è integrare gli impianti nel contesto rurale e di paesaggio. Fotovoltaico a terra: tra nuova vita green per le aree inquinate e comunità energetiche Se però si vogliono centrare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 occorrerà consentire e favorire anche la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra. In questo caso si può pensare a farlo, come detto, su aree agricole abbandonate, marginali o comunque dichiarate non idonee alla coltivazione sulle quali poter realizzare iniziative totalmente dedicate alla produzione di energia rinnovabile, d’intesa con i proprietari agricoli. «A tale proposito riteniamo possano anche essere considerate anche le aree agricole contaminate come definite dal Decreto 1 marzo 2019 n 46» in materia di interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d’emergenza delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento. In questo modo sarebbe possibile mettere a frutto le aree prospicenti l’ILVA di Taranto. Un’altra via da percorrere per favorire l’installazione del fotovoltaico a terra è la possibilità di costituire comunità di energia rinnovabile, come le definisce la direttiva UE 2018/2001 come soggetto giuridico autonomo basato sulla partecipazione di persone, PMI o autorità locali (amministrazioni comunali incluse). In questo caso va favorita la nascita di comunità energetiche costituite da aziende agricole limitrofe “che decidono autonomamente e congiuntamente dove e come installare un impianto sia in bassa che in media tensione”. Il Coordinamento FREE ha voluto così aprire un primo punto di dibattito su questi temi, richiedendo un confronto immediato con i ministeri interessati oltre che con Arera e con il GSE, volendo anche chiedere alle strutture di ricerca, in primis il CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, approfondimenti in supporto. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento