Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Lo stock abitativo in italia è a dir poco vetusto. Il 53% delle case ha più di quarant’anni e non risponde a requisiti antisismici. Alla luce del terremoto di ieri, tra il Lazio e le Marche, che ha causato gravissimi danni e decine di morti, è evidente la necessità di intervenire al più presto anche sugli edifici costruiti prima delle Leggi Antisismiche degli anni Settanta. Le caratteristiche dello stato abitativo in Italia rappresentano un elemento da considerare ai fini dell’analisi, soprattutto con riferimento ai possibili orientamenti futuri del mercato. In Italia, secondo i dati del Censimento Istat della popolazione e delle abitazioni 2011, risultano 12.187.698 edifici adibiti ad uso residenziale per 31.208.161 abitazioni. Di queste una quota significativa (il 53,7%), pari a circa 16,5 milioni di unità, hanno più di 40 anni (essendo state costruite prima del 1970); un ulteriore 31% è stato edificato nel ventennio successivo (1971-1990) e il 7,4% nel periodo 1991-2000. Tra il 2001 e il 2011 è stato edificato il restante 7,9% del patrimonio abitativo. Si tratta, pertanto, di un patrimonio edilizio vetusto e per una quota rilevante (circa il 70% dei fabbricati) costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica (1974). Calo della nuova produzione abitativa e lo sviluppo della riqualificazione Alla luce del quadro sopra descritto, la grande sfida che si pone oggi è questa: “rinnovare” il patrimonio edilizio esistente; la riqualificazione dovrà essere ispirata a una nuova progettualità: occorre far sì che le tematiche legate all’efficientamento siano affrontate con interventi integrati, in grado di interessare contemporaneamente involucro edilizio ed impianti, interventi preferibili dal punto di vista energetico, ambientale e anche economico. Per questo è necessario puntare su tipologie di intervento “complesse”, rendendole sempre più economicamente convenienti. Ciò implica una attenta riflessione sugli strumenti incentivanti ad oggi vigenti. Al fine di portare a compimento un progetto di vera e propria “rigenerazione” del tessuto urbano, appare indispensabile rendere permanente la detrazione fiscale del 65% per gli interventi di risparmio energetico, attualmente applicabile solo fino al 31 dicembre 2016 o, quantomeno, stabilizzarla almeno fino al 2020. In quest’ottica, appare, altresì, necessario valutare l’opportunità di “rimodulare” il beneficio, in modo da premiare gli interventi di riqualificazione che consentano di ottenere i migliori risultati in termini di risparmio energetico ed economico, ad esempio attraverso una differenziazione della percentuale e del limite di detrazione commisurata all’effettivo miglioramento conseguito. La riqualificazione dell’esistente rappresenta senz’altro una enorme opportunità da cogliere. I dati Ance evidenziano che nel corso della crisi settoriale l’attività di riqualificazione delle abitazioni è l’unica a registrare un segno positivo (+19,1% tra il 2008 ed il 2015) a fronte di flessioni significative per tutti gli altri comparti di attività. Nel 2015 gli investimenti in manutenzione straordinaria residenziale sono giunti a rappresentare il 36,3% degli investimenti in costruzioni (nel 2007 era il 20%). Di contro il comparto della nuova edilizia abitativa risulta essere il più colpito dalla crisi con una flessione del 61% tra il 2008 e il 2015. Tale dinamica riflette la drastica riduzione del numero dei permessi di costruire ritirati che si protrae ormai da quasi un decennio. Dal picco del 2005 (305.706 abitazioni), il numero dei permessi ritirati per la costruzione di nuove abitazioni e ampliamenti è infatti progressivamente diminuito, e, nel 2014, si stima che il numero di abitazioni concesse sia di circa 54.000 con una flessione complessiva dell’82,3%. Si tratta del livello più basso mai raggiunto se si escludono gli anni del secondo conflitto mondiale. Fonte ANCE Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento