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Da sempre il calcestruzzo è stato additivato con elementi fibrosi che ne migliorassero la qualità, andando a contrastare la formazione di crepe e fessure. Esempi di calcestruzzi ed opere murarie additivate con ‘fibre’ si ritrovano nelle opere più disparate: le cosiddette fibre erano spesso costituite da materiali di risulta quali appunto paglia, fibre legnose, pelo di suini, di bovini o crine di cavallo. Sorprendentemente, la pratica di addizionare malte e intonaci con peli animali o fibre vegetali è resistita nei secoli ed era applicata (anche in Europa) addirittura fino agli inizi del XX secolo. Lo stimolo di trovare nuove soluzioni, che potessero rispondere alle esigenze antifessurative in modo industriale e senza il ricorso ad espedienti d’ogni tipo, portarono in un primo tempo (si parla degli inizi del XX secolo) all’impiego delle fibre d’amianto: strutturalmente una buona soluzione, e ad un basso costo produttivo. Furono ovviamente abbandonate quando diventarono noti i danni che l’amianto comportava per la sulla salute umana e da quel momento, sono gli anni ’60, si svilupparono diverse tipologie di fibre che potessero sostituirle efficacemente come fibra costruttiva, producibili industrialmente, che avessero costi contenuti e che ovviamente non avessero indesiderati effetti secondari. Da allora la ricerca nel campo delle fibre per conglomerati cementizi o a base di calce ha provato con le tecnologie più disparate: furono sviluppate fibre in acciaio, fibre di vetro, fibre vegetali, fibre sintetiche e via via fino a soluzioni quali fibre in carbonio, basalto, alluminio o kevlar. Tra le varie tipologie di fibre per calcestruzzo, considerata l’enorme diffusione che hanno tutt’ora, rivestono particolare interesse storico le fibre in acciaio e le fibre sintetiche. Delle prime possiamo affermare che sono una semplice, e nondimeno brillante, rielaborazione in forma di filamento di un materiale che è stato combinato con il calcestruzzo sin dalle prime applicazioni del cemento armato, l’armatura in acciaio appunto. Quanto alle seconde, invece, la storia risale a metà degli anni ’70, quando un ingegnere svizzero di nome Rudolf Enzler pensò di applicare i progressi fatti nello studio delle catene polimeriche al campo delle fibre per l’edilizia. Per questi studi, al 5° Salone delle Invenzioni di Ginevra del 1976, l’ingegner Enzler si aggiudicò la medaglia d’oro, come miglior invenzione di quell’anno. Erano nate le prime fibre in materiale polimerico per il rinforzo del calcestruzzo ed i brevetti dell’ing. Enzler nel campo dei calcestruzzi fibrorinforzati si tradussero poi in campo industriale e di conseguenza nelle attività giornaliere. Da allora, le fibre polimeriche si sono ritagliate un posto d’eccezione nel panorama delle fibre di rinforzo per calcestruzzo. Ovviamente, nel corso degli anni, i progressi riguardanti le fibre sintetiche non sono mancati: dalle prime fibre in polipropilene si è passati alla sperimentazione di diversi polimeri, forme, dimensioni. Alle fibre sintetiche ausiliarie si sono recentemente aggiunte quelle strutturali, capaci di sostituirsi alle fibre in acciaio nelle applicazioni più disparate, o in certi casi addirittura di sopperire all’armatura in acciaio. Per quanto riguarda il panorama Italiano, la storia delle fibre per calcestruzzo “moderne” inizia nel lontano 1982, anno in cui fu eseguita la prima malta premiscelata fibrorinforzata. Si trattava del rivestimento di un canale Enel a Villadossola, eseguita con una malta cementizia tixotropica, decisamente innovativa in quanto appunto fibrorinforzata e modificata con fumi di silice, messa a punto dall’ing. Edoardo Mocco che sarebbe poi diventato il direttore ricerca e sviluppo di AZICHEM. Ad oggi, dopo oltre trent’anni da quella prima innovativa applicazione, Azichem si propone al mercato italiano con un’ampia gamma prodotti, tutti di altissima tecnologia e qualità, per qualunque esigenza applicativa (READYMESH). Le fessure Il calcestruzzo tende inevitabilmente a sviluppare degli assestamenti da ritiro durante la fase fluida/plastica (durante la quale l’impasto è strutturalmente molto debole). Il ritiro, che in caso di manufatti in calcestruzzo senza vincoli potrebbe anche non essere un fenomeno tanto pericoloso, lo diventa necessariamente in presenza di vincoli o contrasti, cioè nella quasi totalità dei casi. Il ritiro in presenza di contrasto infatti induce necessariamente tensioni strutturali autogene, che se non correttamente gestite danno luogo ad effetti indesiderati. Il ritiro è sostanzialmente dovuto a due azioni combinate: il ritiro autogeno ed il ritiro da essiccamento, detto anche igrometrico. Il primo è dovuto alla reazione di idratazione del cemento, la quale è una reazione cosiddetta a “debito di volume”. Questo significa che, in termini puramente di volume, la somma degli elementi reagenti è inferiore alla somma degli elementi risultanti dalla reazione. Il secondo effetto invece è dovuto semplicemente all’evaporazione dell’acqua di idratazione in eccesso contenuta nel calcestruzzo fresco (cioè la differenza tra l’acqua totale inizialmente nell’impasto e l’acqua chimicamente “combinata” nella reazione di idratazione). In generale, queste due diverse azioni sono semplicemente dette “ritiro plastico”, in virtù del fatto che esse concorrono allo stesso risultato, il quale è più accentuato durante le prime fasi di maturazione del conglomerato, quando esso cioè è ancora in fase plastica, e decresce via via che la maturazione va a compimento. Gli effetti del ritiro autogeno sono di molto inferiori a quelli del ritiro igrometrico, quindi è possibile approssimare il ritiro plastico complessivo al solo ritiro da essiccamento. Si noti che il fenomeno della fessurazione per cause igrometriche non è certo un fatto anomalo o un’esclusiva dei calcestruzzi… Il ritiro plastico igrometrico rappresenta la casistica base per cui le fibre antifessurative vengono usate. Ma le fessure in realtà possono avere molte altre cause oltre a quelle auto- indotte dal calcestruzzo stesso durante la maturazione. Tra queste, se ne possono identificare alcune dovute alla geometria del calcestruzzo posato in opera, altre relative ad una incorretta progettazione della struttura, ed altre ancora invece dovute a fattori esterni. Per quanto concerne le cause progettuali, esse banalmente dipendono dalla non adeguata previsione dei carichi statici e dinamici che il manufatto in calcestruzzo dovrà sostenere. Una struttura dimensionata per sostenere determinati carichi e che si trovasse a sostenere carichi maggiori potrebbe dar luogo a cedimenti, o nei casi peggiori a crolli. Questo è evidente: una strada dimensionata per sopportare una bicicletta non potrà certo resistere al transito di un carro armato! Va aggiunto che nella maggior parte dei casi in cui vi siano vizi progettuali di un certo rilievo, le fessure sono certamente l’ultimo dei problemi. Tra le cause dovute alla geometria, le principali sono le variazioni di spessore della sezione e la presenza di spigoli e cunei. La ragione per cui cambi di spessore troppo marcati possono essere causa di fessure e fratture, è che nei calcestruzzi a legante idraulico l’indurimento avviene dall’esterno all’interno, quindi nel caso di diverso spessore si avrebbero tensioni di ritiro che, oltre all’effetto classico di trazione lungo il profilo del manufatto, produrrebbero anche delle tensioni di taglio e di flessione che insistono sulla zona interna ancora in fase plastica. Un’altra situazione tipica in cui (se non adeguatamente gestita) è possibile riscontrare fessurazioni dovute alla geometria del manufatto, sono la presenza di spigoli. Anche in questo caso la presenza di un cuneo indebolisce localmente la struttura e contestualmente accentua lo sforzo che essa deve sostenere, facilitando la formazione di crepe e rotture. Azione delle fibre Innanzitutto le fibre per calcestruzzo intervengono proprio nella prima fase di maturazione (fino a circa 10 ore dalla posa in opera), quando il calcestruzzo è ancora plastico, e il ritiro complessivamente è più marcato. In questo contesto, il conglomerato cementizio potrebbe non avere la capacità strutturale di opporsi alle tensioni che si generano al suo interno: si vengono così a formare crepe e fessure. La proprietà antifessurativa delle fibre, dunque, agisce in questa fase iniziale, aumentando la resistenza iniziale del conglomerato in via di solidificazione, intervenendo prima ancora che le fessure si creino. Qualora alcune fessure debbano comunque generarsi, per uno qualunque dei motivi già elencati in precedenza, le fibre saranno comunque di grande beneficio, in quanto vanno a costituire una sorta di reticolo tridimensionale che aiuta a distribuire meglio gli sforzi che attraversano l’opera in calcestruzzo, aumentando la resistenza del manufatto stesso sia quando esso è perfettamente sano, sia qualora vi dovessero essere delle micro-fratture (anche interne). In tal caso, infatti, in presenza di un calcestruzzo adeguatamente fibro- rinforzato, la fessura sarebbe attraversata da un fascio di fibre che crea una sorta di continuità strutturale, la quale andrebbe ad alleviare le sollecitazioni sul calcestruzzo stesso, specialmente in corrispondenza dell’apice della fessura. E non è tutto: il reticolo 3D creato dalle fibre, nel caso delle fibre strutturali, consente di avere una certa resistenza anche qualora il calcestruzzo si fosse del tutto fratturato, proprio in virtù della miriade di microfilamenti che attraverserebbero la rottura capaci di sostenere limitati carichi strutturali (questo solamente per alcuni particolari modelli di fibre). Infine, le fibre hanno una caratteristica formidabile, cioè quella di creare moltissime micro- superfici di separazione tra fibra e matrice cementizia, disperse in tutto il volume del manufatto e orientate in tutte le direzioni. In presenza di una fessura in propagazione (cosa non infrequente, data la caratteristica fragile del calcestruzzo indurito), esse vanno a costituire una miriade di piccole trappole di Cook-Gordon nel momento in cui la fessura dovesse incontrare la fibra lungo il suo tragitto, molto spesso arrestandone l’avanzamento con successo. E’ chiaro dunque che le fibre, anche se certamente non possono essere la panacea di tutti i mali che troppo spesso affliggono le costruzioni in calcestruzzo, possono contribuire a migliorarne sensibilmente alcune caratteristiche e a prevenire svariati difetti intrinseci del materiale. ____________________________________________ Le Fibre Azichem Dal 1987, Azichem propone al mercato italiano la più vasta e completa gamma di fibre specifiche per il settore edile. Le fibre proposte: fibre in polipropilene multifilamento e fibrillate (antirito e strutturali), fibre in acciaio (al carbonio aciculare, zincate e inoxidabili), fibre di vetro, fibre di carbonio, fibre naturali di agave sisalana, ecc.. così come tutti i prodotti Azichem, sono caratterizzate da un’alta qualità ed una efficacia dimostrata sul campo nel corso di anni di lavori eseguiti e di problematiche risolte. Tutti i prodotti della gamma Fibre di Azichem sono studiati e realizzati per esprimere una superiore omogeneizzazione cementizia nel conglomerato, un’alta resistenza alla trazione ed una migliorata adesione alla matrice, senza penalizzare la lavorabilità del composto. La gamma di fibre Azichem comprende fibre per le più disparate esigenze applicative: intonaci, malte, betoncini, sottofondi, piccola e grande prefabbricazione, solai, platee, piloni, pavimenti industriali, calcestruzzo a spruzzo (spritz-beton), applicazioni bioedili, ripristino edilizio ed altre applicazioni speciali, ecc. Al fine di facilitare l’approccio al complesso mondo delle fibre per i meno esperti, per una consultazione più approfondita per i più esperti e un riferimento sicuro per gli addetti ai lavori, AZICHEM ha concepito e messo on line un sito completamente dedicato alle fibre per calcestruzzo e per l’edilizia in generale. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento