I microinquinanti organici dell?aria

Questo particolare tipo di inquinamento ha caratteristiche uniche, sia per ciò che riguarda la sua formazione sia per la successiva evoluzione dinamica. Lo studio dell’inquinamento indoor riveste un notevole interesse dal punto di vista della salute pubblica perché è quello cui è maggiormente esposta la popolazione: si pensi che mediamente un cittadino di un paese industrializzato passa più del 80-90% del proprio tempo in spazi confinati (ad esempio in ambienti domestici, lavorativi o all’interno di automezzi).
L’inquinamento dell’aria indoor inoltre è spesso caratterizzato da una composizione molto differente (e molto più variabile) di quello riscontrabile nell’aria atmosferica esterna. Tipicamente per molte sostanze inquinanti si registrano valori di concentrazione indoor superiori a quelle presenti nello stesso momento all’esterno dell’ambiente stesso e molto comunemente si registra la presenza di sostanze inquinanti non rilevabili all’esterno.
La peculiarità dell’inquinamento dell’aria indoor è causata dalla stretta interazione che si stabilisce tra la composizione degli inquinanti nell’aria, i materiali esposti all’aria all’interno dell’ambiente stesso, le attività che vi si svolgono e la dinamica di circolazione e ricambio dell’aria. Lo studio dell’inquinamento indoor è quindi inscindibile dallo studio dei materiali che costituiscono l’ambiente stesso e ne caratterizzano le superfici interne, nonché dei diversi processi che possono rilasciare, eliminare o trasformare gli inquinati all’interno dell’ambiente stesso.

Lo studio delle emissioni dei materiali
Le emissioni di composti volatili, in particolare quelli organici (VOC), possono essere studiate in laboratorio per mezzo di apposite camere ambientali. Questi sistemi permettono di collocare un campione in un microambiente controllato dove sono note temperatura, umidità e i parametri di ricambio e rimescolamento dell’aria interna. La camera ambientale è costruita con materiali che presentano proprietà di adsorbimento minime dei composti volatili in studio, e vengono alimentate con aria di elevata purezza per minimizzare il rumore di fondo dovuto a contaminanti estranei al campione in analisi. Le caratteristiche qualitative e quantitative di emissione del materiale in studio vengono determinate analizzando la composizione dell’aria interna alla camera ambientale e ricavando da questi dati la composizione delle emissioni stesse e il flusso di cessione degli inquinanti all’ambiente, solitamente espresso in microgrammi per metro quadro per ora.
I laboratori ITC hanno sviluppato e implementato una serie di camere ambientali specificamente progettate per la determinazione delle emissioni di VOC da materiali di interesse edilizio, quali i rivestimenti resilienti per pavimentazioni, gli adesivi, i rivestimenti per pareti e le vernici. Le camere ambientali realizzate nei laboratori ITC permettono di effettuare studi in condizioni dinamiche (cioé in presenza di un ricambio di aria controllato e uniforme) e in condizioni statiche (assenza di ricambio di aria). La prima modalità consente di ottenere dati quantitativi sul flusso di emissione dei singoli composti organici mentre la seconda consente di avere indicazioni sulla concentrazione all’equilibrio delle emissioni in presenza del materiale stesso. Quest’ultimo dato è una indicazione del massimo grado di concentrazione potenziale di un determinato inquinante dovuto alla presenza di un materiale nelle condizioni peggiori (assenza di ricambio di aria).
Le camere ambientali forniscono indicazioni precise sulle proprietà di emissione dei singoli materiali. Tuttavia, il grado finale di inquinamento di un ambiente confinato dipende dalla somma delle emissioni delle diverse sorgenti e soprattutto dall’interazione di queste con i materiali esposti all’aria interna. Infatti molti materiali possono agire da adsorbitori di determinate sostanze, che vengono in questo modo rimosse dall’ambiente. Queste sostanze possono essere riemesse in un secondo tempo, dando luogo a emissioni secondarie. Lo studio di questi fenomeni può essere effettuato in laboratorio con studi di interazione tra i materiali e atmosfere artificiali contenenti quantita controllate di microinquinanti organici. Si possono inoltre effettuare studi in ambienti a dimensione reale (testing house) dove è possibile analizzare gli effetti della posa e delle interazioni di diversi materiali e prodotti in un ambiente realizzato con le ordinarie tecniche edili. Nei laboratori ITC sono stati realizzati sistemi di prova in grado di esporre i materiali ad atmosfere artificiali con grado arbitrario di inquinamento. Sono inoltre stati realizzati sistemi in scala reale in grado di operare in condizioni controllate, permettendo di effettuare sperimentazioni con sistemi posati in grandezza naturale integrabili con i dati di laboratorio.
Nelle prove di laboratorio è importante operare in condizioni controllate e riproducibili. In particolare vengono utilizzate condizioni operative per le camere ambientali il più possibile paragonabili con quelle reali. Oltre alla temperatura e umidità dell’aria, sono cruciali la velocità di ricambio della stessa all’interno della camera (usualmente espressa in volumi per ora) ed il fattore di carico, che è il rapporto tra la superficie esposta del campione e il volume della camera (usualmente espresso in m2/m3). Quest’ultimo parametro è determinato dal tipo di applicazione del prodotto in esame. In uno studio in corso in collaborazione con il Centro di Informazione sul PVC (Milano) è stata realizzata una camera specificamente progettata per operare con alti fattori di carico, necessari per provare in condizioni realistiche le emissioni di rivestimenti per pareti in materiale sintetico.
Un esempio tipico di marcata interazione tra emissioni e ambiente interno si ha nel caso di composti chimici polari facilmente adsorbibili da superfici inorganiche quali il gesso. Un caso particolarmente evidente è emerso durante uno studio effettuato con la Mapei S.p.A. (Milano), dove un campione di una vernice epossidica per rivestimento di pavimentazioni è stato provato in laboratorio e in scala reale. Analizzando le emissioni di alcol benzilico, si è osservato in laboratorio un picco di emissione elevato (ed una conseguentemente alta concentrazione in aria) con il prodotto liquido al momento della posa e una caduta delle stesse dopo alcune ore in seguito alla reticolazione del prodotto stesso. Ripetendo l’esperimento in scala reale in una cella con le pareti finite a gesso si è tuttavia misurata una concentrazione significativamente minore di quella riscontrata in laboratorio, a causa dell’adsorbimento dell’alcol benzilico sulle pareti. Esperimenti specifici in laboratorio hanno confermato che l’entità dell’adsorbimento nella fase iniziale dovuto alla presenza delle pareti era in grado di spiegare l’abbassamento di concentrazione osservato. Tuttavia gli esperimenti in laboratorio hanno anche dimostrato la potenziale reversibilità del fenomeno, dovuta al fatto che i composti adsorbiti possono essere successivamente riemessi nell’ambiente.

VOC e beni culturali
Un’applicazione particolare, ma molto interessante dell’impatto dei materiali costruttivi sulla qualità dell’aria indoor è relativa alla protezione dei beni culturali conservati in musei e collezioni.
Come per gli studi generali sull’inquinamento, nel campo della conservazione dei beni culturali è ben nota da tempo l’importanza dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sul degrado dei beni artistici esposti alle intemperie. In particolare sono molto studiati gli effetti degli inquinanti presenti nell’aria esterna come le pioggie acide e le deposioni particellari chimico-microbiologiche che, nel tempo, possono essere responsabili di gravi danni a opere artistiche e architettoniche.
Per ciò che concerne i beni custoditi in ambienti indoor, come musei, biblioteche e pinacoteche, sono stati effettuati e sono tutt’ora in corso numerosi studi sui possibli danni da agenti fisici quali le variazioni di temperatura e di umidità e gli effetti della luce visibile e ultravioletta. Più recentemente sono stati studiati gli effetti dell’inquinamento chimico, tra cui in particolare i gas reattivi inorganici tra cui gli ossidi di azoto e di zolfo, l’ozono, e l’acido solfidrico. Il controllo della concentrazione di questi agenti inquinanti sta affiancando, in tempi recenti, il più tradizionale controllo dei parametri microclimatici di temperatura e umidità nel monitoraggio delle condizioni ambientali in sale museali, archivi storici e collezioni.
Tuttavia, per proteggere gli oggetti più suscettibili al degrado e all’attacco degli inquinanti presenti nell’aria indoor o semplicemente per ragioni di sicurezza molti manufatti vengono conservati in contenitori espositivi che spesso sono costruiti minimizzando gli scambi d’aria con l’esterno. All’interno della vetrina si viene quindi a creare un micro-ambiente le cui caratteristiche, in termini di qualità dell’aria, dipendono fortemente dai materiali costruttivi e dai materiali conservati e abbastanza debolmente dalle caratteristiche di inquinamento dell’aria del locale in cui sono poste. In questo ambiente micro-indoor, l’aria può presentare livelli significativamente elevati di composti volatili organici (VOC) emessi dalla struttura espositiva, dai materiali di finitura, dagli adesivi e sigillanti utilizzati e, in alcuni casi, dai manufatti artistici stessi.
L’effetto di alcuni specifici VOC sugli oggetti conservati nei musei era stato osservato già agli inizi del 1900 su manufatti in piombo e oggetti calcarei conservati in teche costruite con legno, ma solo in questi ultimi anni gli studi hanno permesso di identificare i composti maggiormante responsabili di fenomeni di degrado e corrosione e di ipotizzare azioni sinergiche tra inquinanti e fattori termoigrometrici. Tra i composti volatili meritano una particolare attenzione quelli che mostrano proprietà acide e corrosive ed in particolare, per ciò che concerne i composti organici, acido formico, acido acetico, formaldeide e acetaldeide. I meccanismi di interazione tra questi composti e le superfici delle opere d’arte non sono ancora completamente chiariti ma sembra che sia determinante la presenza dell’acqua, rendendo quindi importante studiare e controllare l’effetto sinergico dovuto all’umidità.
Per altri composti quali idrocarburi alifatici e aromatici, alcoli, aldeidi e chetoni superiori non si conoscono i percorsi di interazione, ma la loro presenza non può essere ignorata.
A livello di opere conservate all’interno di sale museali ma esposte direttamente all’atmosfera delle sale si possono applicare direttamente gli studi e le considerazioni valide per gli ambienti indoor. Di particolare interesse per la salute degli operatori dei musei e dei visitatori sono anche i composti alogenati derivati dai trattamenti conservativi e preventivi delle opere lignee e che vengono emessi nell’atmosfera circostante dalle opere stesse.
Nella tabella della foto 2 sono riportati schematicamente alcuni materiali sorgenti di inquinanti indoor di particolare interesse per l’ambiente museale.
Gli oggetti d’arte più suscettibili all’azione corrosiva dei VOC acidi sono i manufatti in piombo, zinco, rame e relative leghe, i materiali calcarei come conchiglie, cammei, madreperle, i gusci d’uovo nelle collezioni naturalistiche, le terrecotte, alcuni minerali, i fossili, i manufatti cartacei e tessili.
Un’indagine qualitativa e quantitativa dei VOC presenti in una teca è stata condotta dai laboratori ITC in collaborazione con la Casa-Museo Fantoni di Rovetta (BG) e con la Astarte s.r.l (Molinetto di Mazzano – BS). In particolare è stato analizzato il contenuto di VOC in una teca di recente realizzazione contenente bozzetti su carta risalenti al 1700. Successivamente le emissioni dei materiali di costruzione e di finitura della teca sono state studiate in laboratorio in camere di prova da 30L. In questi studi sono state effettuate prove in condizioni dinamiche cioè di ricambio di aria e in condizioni statiche. Tra i materiali analizzati, i pannelli di legno truciolare e la carta da parati in PVC per la finitura interna della teca hanno manifestato le maggiori emissioni i cui i prodotti principali sono stati identificati come acido acetico ed esilaldeide per il legno e fenolo, 2-etilesanoico e acido 2-etilesanoico per il PVC. Interessanti si sono rivelate le prove in condizioni statiche, perché simulano le effettive condizioni operative della teca. Una buona correlazione è stata trovata tra i composti caratteristici delle emissioni dei principali materiali di finitura cioè legno e PVC e il contenuto di VOC nell’atmosfera interna della teca. Il monitoraggio dei VOC presenti nell’ambiente micro-indoor dei contenitori espositivi è molto importante per individuare situazioni di rischio o diagnosticare eventi di danneggiamento e corrosione. Altrettanto importante è però lavorare in condizioni preventive attraverso prove di laboratorio che permettono la caratterizzazione qualitativa e quantitativa delle emissioni dei materiali construttivi da utilizzare.

I materiali fotocatalitici
Da qualche tempo sono allo studio le applicazioni di alcuni fotocatalizzatori basati su diossido di titanio (TiO2) ai materiali edili. Un’applicazione di questi composti consiste nello sviluppo di nuovi materiali con proprietà autopulenti. In questo caso il fotocatalizzatore additivato a materiali cementizi o a prodotti di finitura promuove la decomposizione ossidativa dei materiali organici che si depositano sulle superfici trattate. Il processo di ossidazione mediato da questi catalizzatori è promosso dalla luce, e sono quindi allo studio applicazioni sulle superfici esterne di edifici o altri manufatti architettonici. Se gli studi in corso permetteranno lo sviluppo di prodotti commerciali si potranno ottenere notevoli miglioramenti nell’economia di gestione dei manufatti stessi grazie alla diminuzione degli interventi di manutenzione delle superfici esterne. Una ulteriore interessante proprietà di questi prodotti consiste nell’azione degradativa di alcuni inquinanti dell’aria, come i microinquinanti organici (ad esempio il benzene) e gli ossidi di azoto (NOx). In questo caso gli inquinanti vengono degradati per fotocatalisi ossidativa in seguito all’adsorbimento sulle superfici fotocatalitiche. Un progetto di ricerca europeo mirato allo studio di questi materiali è stato varato con la partecipazione congiunta di centri di ricerca e aziende produttrici. Il progetto PICADA (www.picada-project.com) si propone di studiare le formulazioni e le proprietà in scala di laboratorio ed in scala reale di una serie di materiali fotocatalitici per impiego edile basati sul diossido di titanio. La partecipazione dell’ITC a questo progetto verte sullo studio delle proprietà disinquinanti relative ai microinquinanti organici presenti nell’aria. In particolare sono in fase di studio le proprietà di abbattimento di una miscela di microinquinanti aromatici costituita da benzene, toluene, etilbenzene e xilene (BTEX). L’esperienza pluriennale del laboratori dell’Istituto nel campo della misura delle emissioni di composti volatili organici dai materiali si è rivelata preziosa nella messa a punto dei metodi di prova e analisi delle proprietà disinquinanti di questi materiali, che devono dimostrare la loro validità nell’abbattimento di tracce di inquinanti organici (da parti per miliardo a parti per milione).

Didascalia
Foto 4. Prova comparata laboratorio-scala reale. Le emissioni di un campione di vernice per pavimentazioni misurate in camera ambientale (verde) danno concentrazioni più elevate di quelle registrate in un ambiente reale (rosso) a causa dell’adsorbimento dovuto alle pareti. Tuttavia i composti adsorbiti possono essere riemessi in seguito, come dimostrato dall’esperimento con superfici adsorbenti in camere di laboratorio (blu)

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