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L’uso dell’idrogeno, specie verde, apre grandi potenzialità, soprattutto in edilizia e nel riscaldamento, ma va preparato al meglio. Ecco come stanno lavorando industria, istituzioni e ricerca Indice degli argomenti: Idrogeno per la transizione energetica in Veneto: una rivoluzione da gestire Idrogeno in edilizia: il settore è l’unico già pronto Idrogeno nella transizione energetica in Italia: stato dell’arte, reti gas e hydrogen valley Il ruolo dell’idrogeno nella transizione energetica è ancora tutto o quasi da scoprire. Ma già si lavora per sfruttare al meglio le potenzialità offerte da questo elemento che può abilitare una vera e propria rivoluzione energetica. Diventa quindi fondamentale conoscere più da vicino la transizione energetica e comprendere i risvolti e i futuri scenari che coinvolgeranno rinnovabili, gas e idrogeno. Lo ha affermato Alberto Favero, managing director di BAXIorganizzatore insieme a Confindustria Vicenza del convegno “Rivoluzione energetica: l’idrogeno come vettore per la decarbonizzazione”. È una partita fondamentale, anche dal punto di vista economico e occupazionale, ha sottolineato lo stesso Favero. Per questo «sono importanti i tempi con cui questa transizione verrà attuata». Idrogeno per la transizione energetica in Veneto: una rivoluzione da gestire Che implicazioni avrà la transizione energetica dal punto di vista occupazionale per un contesto importante qual è il Veneto, in cui opera più del 10% delle imprese del manifatturiero italiano, che è secondo in Europa solo alla Germania? Se lo è chiesto Laura Dalla Vecchia, imprenditrice e presidente di Confindustria Vicenza. Ha evidenziato il concetto di «rivoluzione energetica, non una transizione, che non sarà né semplice né neutra, anzi sarà fortemente impattante per la nostra economia. Dalle decisioni che verranno prese oggi a livello regionale dipenderà il futuro di 7mila persone direttamente occupate nel settore del riscaldamento del Veneto e che sviluppano 2 miliardi di fatturato per questo territorio. Sono persone messe in pericolo se non si tiene in debito conto cosa significhi fare questa rivoluzione energetica». L’impatto si avrà anche in altri settori, dalla componentistica dell’automotive che comprende i comparti plastico, elettronico e conciario. «Se avremo un atteggiamento passivo nei confronti di quanto ci richiede la rivoluzione energetica il rischio è che queste produzioni spariranno dal Veneto e dall’Italia. Non c’è una via di mezzo né un compromesso. Se però lavoriamo in modo coordinato e consapevole sono convinta che il Veneto potrà essere la Cupertino dell’energia», sottolineando il parallelismo con la terra che ospita il colosso Apple, ma anche diverse aziende di vari settori, divenute famose nel mondo. «Il Veneto è l’unica regione in Europa a concentrare centri di ricerca e sviluppo, imprese, know-how a livello scientifico e industriale tali da aprire una nuova via energetica e nel riscaldamento». E lancia una visione: Vicenza, Verona, Padova insieme a “Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità” devono diventare il distretto della transizione energetica, capace di assommare progettazione e produzione. Sul tema delle rinnovabili e dell’idrogeno nella transizione energetica è l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Veneto, Roberto Marcato a parlare segnalando che sui due fattori la Regione «ci sta lavorando da due anni, portando in Giunta la delibera che oggi si incardina su “Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità”. A questo proposito abbiamo voluto creare un comitato tecnico scientifico di altissimo livello, cui abbiamo chiesto fondamentale due cose: la prima è farci sapere quali sarebbero state le traiettorie di medio e lungo termine su cui concentrare l’attenzione dei prossimi 20/30 anni del Veneto la seconda è confezionare insieme alle imprese venete dei progetti da subito messi a bando con il PNRR. A quest’ultimo proposito si è lavorato in particolare sul tema delle rinnovabili e dell’H2». Marcato ha sottolineato in particolare che «l’idrogeno è uno degli elementi chiave di sviluppo della Regione Veneto». Idrogeno in edilizia: il settore è l’unico già pronto A proposito di idrogeno nella transizione energetica, la sua importanza passa anche dal suo utilizzo in edilizia. Lo ha messo in luce Federica Sabbati, segretario generale di EHI European Heating Industry, associazione di riferimento dell’industria europea del riscaldamento in cui sono occupati 125mila persone, investe 1miliardi di euro l’anno in R&D e assomma un fatturato annuo di 28,5 miliardi di euro. L’idrogeno in edilizia è fondamentale nell’azione di decarbonizzazione dell’UE, che passano dagli obiettivi climatici al 2030 e al 2050 oltre a quelli di sicurezza e indipendenza energetica fissati con REPower EU. Questo ha impatti significativi in edilizia, settore energivoro e che abbisogna di rigenerazione. Come raggiungere gli obiettivi? In due modi almeno: sostituendo i combustibili fossili con rinnovabili per il riscaldamento – e in questo senso REPowerEU ha aumentato il target per pompe di calore oltre che di impianti per produzione di biometano e idrogeno –; facendo efficienza energetica puntando su soluzioni di isolamento termico e su apparecchi di riscaldamento di elevata classe energetica. A questo secondo riguardo va ricordato che il tasso di sostituzione deve essere decisamente più rapido di quello finora attuato (4% all’anno contro un tasso di almeno 6% al 2030). Parlando di soluzioni innovative, sul mercato già compaiono soluzioni che possono prevedere una miscela che può contemplare idrogeno e gas. «Oltre al 2030 lo scenario atteso nell’EU Climate Target Plan e quello previsto dalla Commissione Europea per la decarbonizazione degli edifici residenziali al 2050 vedono un impiego minore del 40% dell’elettrificazione per riscaldamento. Le reti gas ed elettriche vedono un ruolo in crescita per l’elettrico ma anche per i green gas: si prevedono 600-900 TWh di gas “verdi” al 2050 nel terziario e residenziale. Servono entrambe le soluzioni in un portafoglio multi risorse», tenendo conto delle potenzialità e limiti, specie nell’elettrificazione. Ecco allora che l’idrogeno, per centrare i nuovi target UE, assume un ruolo centrale insieme al biometano per l’indipendenza UE dal gas russo. Ce n’è bisogno di un aumento sensibile, ma intanto si aprono prospettive per l’uso dell’idrogeno contando su soluzioni tecnologiche “ready for H2”. «La maggior parte dei nuovi apparecchi è compatibile con miscele variabili di idrogeno fino al 20%; sono in corso field test in diversi paesi europei con apparecchi 100% idrogeno o che possono essere convertiti come tali dal metano, mediante un kit specifico. L’edilizia è l’unico settore dove le tecnologie per l’idrogeno sono già pronte. È quindi un’opportunità per far crescere l’idrogeno che ha già una domanda», evidenzia Sabbati. Non ci sono solo prodotti, ma diversi progetti R&D per l’uso di idrogeno in edilizia. Se ne contano già 83 in tutta Europa. Idrogeno nella transizione energetica in Italia: stato dell’arte, reti gas e hydrogen valley Detto questo, come è messa l’Italia nello sviluppo dell’idrogeno nella transizione energetica? Cristina Maggi, direttrice H2IT ha illustrato lo stato dell’arte normativo (le più recenti delle quali sono le linee guida preliminari del 2020 per una strategia italiana sull’idrogeno che prevede investimenti fino a 10 miliardi e il PNRR con 3,64 miliardi di euro finanziato con Fondo IPCEI dedicato). A proposito dell’impiego dell’idrogeno nell’edilizia, anche in questo caso è stato sottolineata l’opportunità offerta dal suo uso per decarbonizzare un settore, a partire dal riscaldamento, tenendo conto che il gas naturale è il principale combustibile utilizzato per il riscaldamento degli edifici in Europa: il 42% delle famiglie lo impiega. In prospettiva sarà l’idrogeno verde un abilitatore della transizione energetica e il suo utilizzo in uno scenario di autoproduzione da impianti rinnovabili rappresenta un valido strumento nel medio-lungo periodo per stoccare energia e rendere il sistema resiliente e sostenibile, in particolare nel 2030-2050. Può essere contemplata anche la possibilità di aprire le comunità energetiche all’uso dell’idrogeno in virtù della loro caratteristica a essere alimentate da biocombustibili o idrogeno verde anche autoprodotto. Al momento però resta interessante l’uso di idrogeno trasportato mediante reti gas. in questo senso, il riferimento nazionale è Snam: conta su 32mila km, per il 70% delle quali già “ready for H2” senza riduzioni della capacità di trasporto, ha spiegato Alessio Gambato, manager business unit Hydrogen della società. Snam lavora allo sviluppo dell’infrastruttura dell’idrogeno sotto tre fronti principali: disponibilità delle risorse, sotto forma di pipeline, componenti, unità di compressione gas (già oggi le reti possono già contemplare un blend del 5-10% di idrogeno nelle reti gas) e siti di stoccaggio; disegno del sistema, che tiene conto di scenari a lungo termine, evoluzione della rete e standard tecnici che sviluppino regole comuni sull’H2 in Italia e in Europa; sviluppo della filiera, attraverso partnership, progetti pilota e scouting di tecnologie promettenti. A proposito di ricerca, ENEA si è attivata da tempo puntando sullo sviluppo delle hydrogen valley, la cui prima sperimentazione in Italia è quella sviluppata nella sede del Centro Ricerche Casaccia, il più grande complesso di laboratori e impianti dell’Agenzia Nazionale. Un progetto, ha ricordato Paola Gislon, Ricercatrice ENEA, di durata triennale su cui saranno investiti 14 milioni di euro. La ricerca qui condotta sarà fondamentale in quanto nella cittadella verranno sperimentate hydrogen technology, ponendo le basi perché la ricerca si traduca in applicazioni industriali. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento