Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Il rilievo di una villa liberty. Villa Zanelli a Savona Le tecniche di rilievo fotogrammetrico sono per definizione, quelle che hanno come obiettivo l’indagine geometrica di un oggetto a partire da una o più immagini dello stesso. In questo senso la foto costituirebbe solo un momento di passaggio che consente di arrivare all’oggetto indirettamente. Prima dell’avvento della fotogrammetria digitale, la fotogrammetria analitica classica, anche nelle applicazioni di alto livello forniva come prodotto finale un dato numerico bi- o tri- dimensionale che trovava la sua esplicitazione grafica nella forma vettoriale del tratto, della griglia di punti (DTM) o della curva di livello. I prodotti fotogrammetrici in versione fotografica, fotopiani ed ortofotopiani, erano di scarsa diffusione se non a livello cartografico, perché economicamente e tecnicamente impegnativi. L’ingresso dell’immagine digitale nel settore del rilievo ha prodotto una rivoluzione, non certo da un punto di vista teorico, in quanto i fondamenti scientifici sono i medesimi della fotogrammetria analitica, ma soprattutto in ragione di due aspetti fondamentali. Da una parte, la possibilità di lavorare su un’immagine digitale, quindi numerica, attraverso un semplice computer consente di abbassare in modo netto i costi di produzione rispetto a quelli necessari alla gestione di sistemi fotogrammetrici analitici costosi e complessi. La diretta conseguenza di ciò è l’ampliarsi della fascia dei cosiddetti “addetti ai lavori” cui non sono più richiesti investimenti economici consistenti e soprattutto formazione specialistica di alto livello. Accanto a questo aspetto di natura strettamente economica se ne aggiunge un altro di estremo e forse inaspettato interesse. Ciò è particolarmente evidente nel caso della tecnica di raddrizzamento mediante immagini digitali. Il dato di partenza è un’immagine digitale – ottenuta mediante scansione o prodotta direttamente da una camera digitale – prospettica di un oggetto piano o pressoché tale. Il dato finale è un’immagine ancora digitale, che non ha perso nulla della qualità descrittiva tipica di una fotografia, ma che in più è anche metrica, in quanto corrisponde ad una proiezione ortogonale dello stesso oggetto. Il passaggio successivo, in accordo con quella che è stata la precedente prassi, può essere quello della vettorializzazione dell’immagine, ossia quella sorta di lucidatura che ricostruisce per segni grafici discreti l’oggetto secondo una modalità di rappresentazione tipica del disegno. In tale modo si vengono a perdere, però, tutte le informazioni di natura qualitativa che invece l’immagine contiene. La tentazione allora è quella di provare a concepire una modalità di restituzione che integri in sé le peculiarità proprie del rilievo in termini di rigorosità metrica e quelle descrittivo-mimetiche racchiuse in una immagine fotografica. Questo è l’obbiettivo che ci si è posto, affrontando il rilievo di Villa Zanelli. Il rilievo è il risultato dell’applicazione integrata di tutte le tecniche ormai consolidate, topografia, fotogrammetria analitica classica e digitale, longimetria rigorosa. Per contro le tavole finali di restituzione sono il prodotto di un elaborazione tutt’altro che consolidata a causa dei problemi e delle difficoltà che la scelta operata ha determinato. Nella successiva descrizione delle varie fasi di lavoro, si potranno trovare le indicazioni per comprendere ed interpretare in modo corretto il lavoro svolto seguendo i passaggi che hanno portato alla costruzione degli elaborati finali. La segnalizzazione La segnalizzazione é la fase in cui vengono apposti sulla superficie dell’edificio e nelle aree limitrofe opportuni segnali idonei ad essere univocamente riconosciuti nei diversi momenti di rilievo, sia di campagna, sia di restituzione. Nel settore topografico, la segnalizzazione riguarda il posizionamento dei vertici di rete in modo stabile e duraturo, almeno per la durata di tutta la campagna; essi devono consentire il centramento della stazione in corrispondenza di un punto ben individuato. In esterno sono stati utilizzati picchetti in legno con inseriti chiodi in acciaio; all’interno sono stati usati segnali in cartoncino plastificato incollati con silicone. Per ciò che riguarda il rilievo longimetrico, i punti livellati, oggetto di trilaterazione, sono stati segnalizzati con cartoncino adesivo. In campo fotogrammetrico, la segnalizzazione serve a predisporre sull’edificio dei punti che siano facilmente riconoscibili sulle fotografie e sulle prese fotogrammetriche; inoltre la collimazione topografica di una mira artificiale è assai più agevole rispetto a quella di una punto naturale, la cui osservazione al cannocchiale può essere ingannevole, per l’elevato potere di ingrandimento delle lenti e per la non tridimensionalità dell’immagine; altrettanto difficile è poi il successivo riconoscimento durante la fase di restituzione. Lo stesso tipo di segnale è stato adottato per i punti da utilizzare nelle procedure di orientamento analitico (fotogrammetria classica stereoscopica) e per quelli necessari alle operazioni di raddrizzamento digitale. Si tratta di un cartoncino di dimensioni maggiori rispetto a quelli interni usati nel rilievo longimetrico, dotati di mira e numero di riconoscimento. La collocazione di tali segnali, pur avendo un buon margine di variazione deve però rispettare le modalità di copertura fotografica prevista dal progetto di rilievo; per tale motivo non è stato possibile utilizzare esclusivamente segnali artificiali. Nelle aree di impossibile accessibilità si è dovuto fare ricorso all’uso di segnali naturali, che fortunatamente, date le caratteristiche dell’edificio, non è stato difficoltoso individuare. La Rilievo topografico Il progetto di rilievo topografico è stato sviluppato per rispondere alle esigenze di inquadramento generale dell’edificio attraverso la costruzione di un ossatura di aggancio per le operazioni longimetriche e per la lettura dei punti di appoggio fotogrammetrico. La prevista copertura fotogrammetrica tridimensionale estesa a tutte le superfici esterne ha consentito di limitare la misura ai soli punti di appoggio, potendo successivamente desumere qualsiasi informazione metrica delle prese fotogrammetriche. Un primo stadio è stato quello della costruzione di una poligonale chiusa esterna integrata da alcune sottoreti necessarie a fornire i punti di osservazione di ogni parte dell’edificio. La distribuzione di tali punti ha dovute tenere conto degli ostacoli visuali rappresentati dagli alberi, particolarmente ingombranti soprattutto sul fronte nord. Si sono poi aggiunte altre sottoreti interne per raggiungere tutti i piani dell’edificio, compreso quello delle coperture. All’interno, oltre ai punti di rete sono stati battuti almeno due punti in tutti i vani principali, utilizzati per il concatenamento delle trilaterazioni al rilievo topografico. Rilievo longimetrico Le fasi del rilievo longimetrico prevedono in primo luogo la livellazione e segnalizzazione dei punti da determinare mediante il metodo della trilaterazione. Tali punti sono in genere quelli idonei a definire la geometria fondamentale di ogni vano. Inoltre, almeno due dei punti individuati sono stati collegati topograficamente alla rete; in tale modo tutto il vano risulta automaticamente agganciato al sistema topografico. Successivamente si è proceduto all’acquisizione di misure di integrazione a partire dai punti trilaterati, da quelle più generali sino a quelle di dettaglio. Per le misure in alzato si è utilizzato il metodo delle coordinate cartesiane utilizzando le direzioni date dal livello e dalla verticale individuata dal filo a piombo. Rilievo fotogrammetrico Il progetto di rilievo fotogrammetrico prevedeva l’esecuzione di due fasi da svolgersi in parallelo, pur avendo finalità differenti. Infatti si è previsto si ricoprire stereoscopicamente tutte le superfici esterne realizzando fotogrammi in scala media 1:200 da utilizzare quali componenti di modelli fotogrammetrici classici (tridimensionali). Inoltre sono stati eseguiti fotogrammi singoli con coperture ridotte rispetto a quelle delle prese da utilizzare per i raddrizzamenti digitali. La segnalizzazione precedentemente effettuata rispondeva dunque a questa duplice finalità. ßLa necessità di eseguire fotogrammi a quote elevate da terra, irrinunciabile per le realizzazione di prese classiche, si è rivelata utile anche per l’acquisizione delle immagini da utilizzare per i raddrizzamenti digitali. Le riprese eseguite in condizione di pseudo-ortogonalità dell’asse della camera rispetto all’oggetto consentono di minimizzare gli errori residui di prospettiva che inevitabilmente interessano per le parti di edificio aggettanti rispetto al piano di riferimento utilizzato nel raddrizzamento. La maggior parte delle prese e delle foto degli esterni sono state realizzate utilizzando una piattaforma aerea in grado di raggiungere, quasi ovunque, le parti più elevate dell’edificio. Anche in questo caso le difficoltà maggiori si sono riscontrate nel lato nord in cui l’area più ristretta e la presenza di alberi di alto fusto ed abbondanti fronde hanno costretto a variare le modalità previste dal progetto adattandole alle reali condizioni di lavoro. Documentazione fotografica La documentazione fotografica, indipendentemente dall’utilizzo che può esserne fatto nell’ambito di tecniche fotogrammetriche, costituisce un patrimonio informativo insostituibile e indispensabile a qualunque tipo di analisi conoscitiva. In questo caso, inoltre la scelta di integrare nel modo più esteso e possibile le informazioni geometriche del rilievo con quelle qualitative offerte dall’immagine fotografica ha determinato la produzione di una documentazione fotografica estesa e sistematica volta a fornire il massimo livello di informazione. Accanto infatti alla produzione fotografica finalizzata d operazioni di rilievo (prese fotogrammetriche e raddrizzamenti) si sono aggiunte, in modo particolare per gli interni, tutte le riprese ritenute necessarie a descrivere ogni singolo spazio od ambiente con un criterio più generale laddove non erano necessari approfondimenti e più spinto in relazione ad oggetti di particolare interesse. Nei vani di maggior interesse è stato utilizzato un ponteggio mobile per poter riprendere in modo frontale i particolari decorativi a stucco; ove possibile il ponteggio è stato utilizzato anche per fotografare i pavimenti : lo scatto dall’alto consente infatti di ridurre l’effetto prospetti a vantaggio della omogeneità di informazione nelle successive immagini raddrizzate. Si è preferito utilizzare per l’acquisizione delle immagini, una camera di tipo analogico e di utilizzare camere digitali solo per la documentazione cosiddetta di “servizio” ed aiuto alle fasi di restituzione. Elaborazione dei dati L’insieme dei dati topografici acquisiti durante la campagna, ordinati e suddivisi per rispondere agli schemi geometrici previsti dal progetto, è stato elaborato e predisposto ai trattamenti specifici dei software di calcolo. In primo luogo è stata la calcolata la poligonale chiusa di inquadramento dell’edificio; successivamente si sono aggiunte le sottoreti esterne ed interne. Ove possibile è stata eseguita la compensazione rigorosa dei dati. Una volta definite le coordinate finali dei vertici di rete, a ciascuno di essi sono state riferite le misure per irraggiamento relative ai punti di appoggio fotogrammetrico artificiali e naturali e quelli interni necessari per l’aggancio delle trilaterazioni. L’esito di ciò si concretizza in un insieme di punti, definiti nelle loro tre coordinate (x, y, z) e tutti riferiti ad un medesimo sistema di riferimento. Da questo insieme numerico è stato generato automaticamente un file Cad tridimensionale – la nuvola di punti – che costituisce la base per tutte le restituzioni successive, sia di tipo longimetrico, sia di tipo fotogrammetrico. Restituzione dei dati La nuvola dei punti costituisce la prima forma di restituzione da cui dipendono necessariamente tutte le altre. All’interno della nuvola vengono selezionati i dati che servono di volta in volta a costruire gli elaborati grafici secondo passaggi più o meno complessi che vanno dalle semplici integrazioni per interpolazione, a quelle più impegnative che necessitano del contributo di misure longimetriche, fino ad arrivare a quelle più complesse che fanno riferimento a metodi fotogrammetrici semplificati e classici. La restituzione del rilievo longimetrico Questa modalità di restituzione è la più semplice e tradizionale in quanto consiste in una costruzione grafica mediante Cad dei dati acquisiti durante le diverse fasi del rilievo longimetrico. A partire da punti battuti topograficamente, sono state costruite le trilaterazioni per l’individuazione di tutti gli altri punti fondamentali, tramite i quali, per semplice interpolazione, si può ottenere una prima forma di restituzione; successivamente si sono aggiunte le integrazioni, secondo passaggi sempre più di dettaglio, sino a arrivare alla costruzione geometrica completa di ogni singolo vano. Da questa operazione sì è ottenuta un serie di planimetrie ai diversi livelli (A, B, C, D, E) riguardanti esclusivamente i profili interni dei vari vani. Il completamento delle restituzioni, per la parte riguardante gli esterni, si è appoggiata ai punti battuti topograficamente sulle pareti ed alle restituzioni fotogrammetriche. Anche le tavole di sezione si sono ottenute dalle classiche operazioni di proiezione dalle piante ai vari livelli e dall’integrazione di profili fotogrammetrici esterni e dati topografici. La restituzione fotogrammetrica classica Tutti i modelli realizzati sono stati orientati e restituiti secondo un criterio che rispondesse ad una triplice finalità: a) definire le geometrie fondamentali utili a verificare la qualità metrica dei successivi raddrizzamenti digitali e correggere, ove possibile, gli errori residui di prospettiva sugli elementi non appartenenti al piano raddrizzato; b) definire i profili di sezione orizzontali e verticali necessari al completamento di piante e sezioni; c) restituire in forma completa quelle parti che, non essendo in alcun modo assimilabili ad oggetti piani, non possono essere trattate con le modalità del raddrizzamento fotogrammetrico digitale. In particolare rientrano in questa serie gli scaloni esterni, la parte centrale del loggiato sud ed in parte anche il corpo sud sporgente (bow-window) il cui orientamento diagonale rispetto al piano di rappresentazione, determina una proiezione in scorcio. Ciò ha suggerito di trattare solo parzialmente questo oggetto mediante raddrizzamento e di completarne la restituzione in forma vettoriale classica mediante fotogrammetria analitica tridimensionale. La restituzione fotogrammetrica digitale – Raddrizzamenti semplici e mosaicati Il procedimento di raddrizzamento digitale dell’immagine prevede come fase preliminare la digitalizzazione delle foto prodotte con camere di tipo tradizionale e stampate su carta.; ciò non è necessario utilizzando i fotogrammi acquisiti con camere digitali. Successivamente si procede al riconoscimento sull’immagine dei punti di appoggio, cui viene associata la corrispondente coordinata. Il riconoscimento dei punti è facilitato degli eidotipi contenenti le mappe dei segnali artificiali e naturali (opportunamente monografati). Al termine di ciò il programma, utilizzando le equazioni di trasformazione omografica, è in grado di produrre una nuova immagine digitale ortogonalizzata, ossia corrispondente ad una proiezione ortogonale dell’oggetto. Il metodo è applicabile ad oggetti piani e pertanto la non perfetta planeità delle superfici comporta la presenza di parti in cui la proiezione non risulta corretta. Per minimizzare questo inconveniente, si è cercato, in fase di campagna di effettuare riprese il più possibile frontali rispetto al soggetto, rese possibili, come già precedentemente illustrato, dall’utilizzo di una piattaforma aerea. Le immagini raddrizzate contengono una serie di fattori di disturbo che possono essere così riassunti: a) i segni residui di mosaicatura derivanti dalla disomogeneità di esposizione di due immagini adiacenti, tanto maggiori quanto più la loro ripresa risulta avvenuta in orari diversi della giornata o in condizioni di luce molto instabili; b) la presenza di ingombri che nascondono parte dell’immagine, quali ad esempio cespugli, fronde e rami di alberi o parti di edificio stesso aggettanti; c) le aree di sfondo dell’immagine contenenti elementi estranei all’edificio; d) gli errori residui di prospettiva dovuti alla non planeità dell’oggetto, più esaltati nelle aree di bordo delle singole immagini e tanto maggiori quanto più forte è l’entità dell’aggetto rispetto al piano raddrizzato. Le modalità di correzione di tali inconvenienti sono illustrate nel capitolo successivo. L’editing grafico L’editing grafico in senso stretto è quell’operazione che serve a trasformare il dato grezzo prodotto dalle restituzioni fotogrammetriche mediante una fase di pulitura e di rifinitura grafica in ambiente Cad per eliminare la sovrapposizione di segni, per raccordare eventuali linee interrotte, per integrare, se necessario, le “zone d’ombra” (parti nascoste), per portare, in sostanza, il disegno alla sua forma definitiva. Questo tipo di editing è stato effettuato per le parti non trattate in forma raster (immagini digitali) ma restituite in forma vettoriale. Un lavoro diverso e, certamente più impegnativo, è richiesto per il trattamento delle immagini utilizzate per costruire gli elaborati relativi ai prospetti e alle sezioni ed in questo senso più che di editing occorre parlare di image processing (elaborazione digitale dell’immagine). In primo luogo, è necessario cercare di ottimizzare e rendere omogenea la qualità cromatica delle immagini, per far sì che risultino poco visibili i segni dell’unione di più fotogrammi. Questi trattamenti vanno, in genere, a modificare fattori quali la luminosità od il contrasto, il bilanciamento dei colori, ecc. Successivamente, occorre eliminare tutti i particolari estranei al soggetto interessato o non visibili nel piano di rappresentazione. Queste operazioni richiedono un accurato e paziente ritaglio dei contorni e l’eventuale integrazione di porzioni che possono risultare mancanti. Per ciò che riguarda le modifiche sugli errori residui di prospettiva, occorre precisare che esse possono essere effettuate solo se si dispone di strumenti di controllo rigorosi, quale il supporto della restituzione fotogrammetrica classica utilizzata, in questo caso come base per correggere gli “stiramenti”, gli slittamenti o le deformazioni prospettiche residue di tutti gli elementi fuori piano. Questo tipo di manipolazione di carattere geometrico richiede tempi di elaborazione differenti in funzione del tipo di “modifica” da effettuare. Il più semplice dei trattamenti e quello relativo alle parti che, pur essendo fuori dal piano di raddrizzamento, sono anch’esse piane e parallele al piano di riferimento; in questo caso è sufficiente, una piccola traslazione ed eventualmente una correzione tramite un fattore di scala per riportare queste aree nella loro posizione corretta in proiezione ortogonale. Questa operazione è richiesta sempre qualora si parta da foto scorciate, mentre spesso può essere evitata se la foto di partenza è ortogonale rispetto all’oggetto. Di maggior impegno è, invece la modifica che riguarda parti in forte aggetto come cornici o sporti di gronda. La loro posizione, sull’immagine raddrizzata è, infatti, oltre che slittata anche stirata in entità sempre maggiore man mano che ci si allontana dal piano. Per queste correzioni è necessario disporre del supporto geometrico della restituzione fotogrammetrica da sovrapporre all’immagine e da utilizzare come riferimento per gli spostamenti e le modifiche da effettuare nelle parti interessate. Una terza possibile trasformazione riguarda quegli elementi non piani, fortemente aggettanti e discontinui, quali ad esempio le mensole sottogronda. Ogni singola mensola presenta infatti una deformazione prospettica differente in ragione della propria posizione rispetto al centro del fotogramma (meno scorciate al centro, più scorciate ai margini del fotogramma). L’unica possibile forma di correzione rigorosa è data dalla disponibilità di foto ortogonali di ciascuna mensola da inserire, seguendo i contorni fotogrammetrici al posto della corrispondente scorciata. Ciò comporta un lavoro lungo, paziente e di notevole appesantimento dei file di lavoro, dovendo lavorare a risoluzioni molto elevate necessarie ad operazioni di estremo dettaglio; inoltre ciò significa poter disporre di una quantità elevata di immagini ausiliarie distribuite omogeneamente su tutto l’edificio. Per questi motivi si è scelto di trattare con queste modalità solo un fronte della villa, il prospetto est, riservando agli altri tutte le forme di correzione precedentemente descritte, esclusa quest’ultima relativa agli errori di prospettiva di piccoli dettagli in aggetto. Le parti digitali inserite nelle planimetrie e nelle sezioni hanno anch’esse subito trattamenti simili quelli dei prospetti; in particolare, i raddrizzamenti dei pavimenti hanno richiesto solo interventi sulle differenti qualità cromatiche delle immagini, in quanto non si sono presentati “difetti” geometrici, data la quasi perfetta planeità dell’oggetto. I risultati migliori sulle immagini raddrizzate dei pavimenti si sono ottenute nei casi in cui è stato possibile eseguire fotografie dall’alto, ossia dal ponteggio mobile; nelle stanze più piccole, dove le immagini sono state acquisite da terra o al massimo dalla sommità di una scala si presenta l’inconveniente del differente grado di definizione tra le parti più vicine, più definite, e quelle più lontane, meno definite. Il lavoro sugli elaborati di sezione è stato molto più di montaggio di immagini digitali che di raddrizzamento vero e proprio; l’impegno maggiore infatti è stato speso per tutto l’apparato decorativo dei mensoloni e degli stucchi, che in ogni modo non sono elementi “raddrizzabili”. Il criterio è stato quello dell’acquisizione e montaggio di immagini ortogonali, per le parti di dettaglio, insieme a quelle più generali relative alla superficie delle pareti, il tutto controllato dalle geometrie fondamentali definite del rilievo longimetrico e topografico. Ovviamente, mancando il supporto di una restituzione fotogrammetrica di appoggio, così come è avvenuto per gli esterni, il livello di attendibilità metrica sulle immagini è inferiore rispetto a quello dei prospetti. L’ultima fase di editing grafico è l’arricchimento dell’elaborato prodotto di tutte quelle informazioni che possono aiutarne la comprensione, sia in termini di modalità rappresentative, sia in funzione del necessario lavoro di integrazione tra dati raster, le immagini, e dati vettoriali , il disegno al tratto. Il forte impatto reso dalla presenza delle immagini tende a oscurare il dato vettoriale sia nei prospetti sia nelle piante e sezioni. Per questo motivo si è scelto di smorzare questo contrasto attribuendo, nei prospetti, un sfondo colorato a tutte le parti restituite al tratto, nelle piante e sezioni evidenziando le parti sezionate, che altrimenti avrebbero rischiato di non risaltare in alcun modo, anche in questo caso, con un fondo colorato di particolare risalto. Catalogo fotografico. La documentazione fotografica relativa agli esterni è ampiamente contenuta all’interno delle tavole di restituzione dei prospetti che, come in precedenza illustrato, sono trattate in modo pressoché integrale in forma raster. Per ciò che riguarda gli interni, solo parzialmente documentati dalle tavole di sezione, si è scelto di organizzare l’elevato numero delle immagini fotografiche in un catalogo navigabile; ciò allo scopo di facilitare ed abbreviare i tempi di ricerca e consultazione, altrimenti inevitabili in una schedatura di tipo cartaceo tradizionale. Il catalogo è strutturato a partire da una esplorazione generale delle piante dei vari piani scegliendo successivamente la stanza oggetto di ricerca, all’interno della quale si trovano i riferimenti per richiamare le immagini relative a quell’ambiente; la distribuzione delle immagini è più fitta nelle stanze di maggior interesse e più rada e generale in tutte le altre. Arch. Gabriella Garello Committente: ASL2 Savonese Responsabile scientifico: prof. arch. Stefano F. Musso Referente per la committenza: arch. Cesare Branchetti Rilievo: Direzione e coordinamento tecnico, arch. Gabriella Garello Gruppo di lavoro: arch. Francesca Ballocca, arch. Andrea Canziani, arch. Antonella Guarneri, arch. Simona Martini, arch. Valerie Piquerez, arch. Maria Angela Fantoni Analisi dei materiali e delle condizioni di degrado: arch Rita Vecchiattini – Collaboratori: arch. Carolina Lastrico, geom. Roberto Ricci Contributi tecnico scientifici: laboratorio MARSC – Direttore prof. B. Paolo Torsello Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Recuperare l’Edilizia nº 38, marzo 2004 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento