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Intervista a Marco d’Orazio, professore associato presso l’Università Politecnica delle Marche (Ancona), recentemente nominato coordinatore del Gruppo di Lavoro “Coperture discontinue” dell’UNI, l’ente normativo italiano responsabile della redazione di norme sia a livello nazionale che europeo. Da diversi anni si occupa dei sistemi di copertura e può vantare all’attivo numerose ricerche, tra le quali, le più recenti hanno indagato circa l’influenza della ventilazione sul comfort indoor.Progettare una copertura richiede di affrontare problematiche sempre più complesse attraverso approcci multidisciplinari. Oramai, non è più il singolo prodotto ma è il sistema di involucro che, nell’insieme dei suoi componenti, deve rispondere alla gamma estremamente complessa di esigenze del costruire moderno (efficienza energetica, sicurezza strutturale, compatibilità ambientale, affidabilità nel lungo periodo, ridotti costi di manutenzione, riqualificazione dell’esistente, ecc.), prescindendo dal semplice ruolo di protezione dagli agenti atmosferici. Intervista a Marco d’Orazio Quale è secondo Lei la filosofia progettuale che, tenendo conto dei problemi energetici ed ambientali, dovrà guidare le realizzazioni nel prossimo futuro? Il problema correlato al “progettare oggi” non è limitato solo all’approccio multisciplinare con il quale è inevitabile oggi fare i conti. Purtroppo da tempo, si assiste ad un certo livello di “schizofrenia” normativa, che porta ad estremizzare ogni singolo aspetto chiedendo al progettista di individuare la soluzione ottimale, da un determinato punto di vista, senza considerare che a lui spetta trovare, data la molteplicità degli obiettivi da verificare, ottimi “relativi” e non ottimi “assoluti”. In questo contesto, per i progettisti, far riferimento a singoli prodotti è diventato enormemente complicato, perché, una volta individuato il sistema di involucro, essi devono verificare che questo, ed i materiali che lo costituiscono, garantiscano i necessari requisiti (a volte anche tra loro incongruenti o in contrasto per “disattenzione” dei normatori). Pertanto, più che una particolare filosofia progettuale, si verificherà un graduale spostamento dei progettisti e, di conseguenza anche delle aziende, verso soluzioni tecniche, o prodotti pluricomponenti, sicuramente ad elevata complessità funzionale, in grado di soddisfare in modo esauriente le aspettative. Vista la particolare attenzione al tema ambientale, nel futuro tali soluzioni dovranno essere necessariamente improntate ad un “basso impatto” dal punto di vista della loro sostenibilità. Quali pensa che siano i sistemi edilizi in grado di rispondere efficacemente alle problematiche relative a comfort e risparmio energetico, soprattutto nel periodo estivo, lasciate ancora insolute dalle nuove norme in campo termico (DLgs 192/05, 311/06 e smi)? In linea generale, riferendosi all’intero involucro edilizio (pareti e coperture), bisogna ammettere che il legislatore ha dimostrato una forte attenzione al contenimento dei consumi energetici in fase estiva. Ma questo non significa che si avrà maggior comfort. Anzi, è più facile che accada il contrario. Si pensi semplicemente al fatto che si avranno edifici nei quali il calore ed il vapore prodotti internamente difficilmente saranno smaltiti, con conseguenze negative sul comfort degli occupanti. In questo contesto, i sistemi costruttivi dotati di massa saranno avvantaggiati, in quanto agiranno come “volano” evitando un innalzamento eccessivo delle temperature, in estate, e delle umidità relative in fase invernale, riducendo sensibilmente il ricorso ad energivori impianti di climatizzazione (i consumi estivi saranno il nuovo muro da abbattere nel prossimo futuro). Se si circoscrive l’ambito alle sole coperture, avranno certamente maggiori opportunità i sistemi capaci di garantire il minor dispendio energetico in produzione e i minori consumi energetici in fase estiva, agendo sia all’esterno dell’involucro (massa e ventilazione) che all’interno degli spazi abitati (per limitare inaccettabili surriscaldamenti dovuti ad eccessi di isolamento). Quale sarà il ruolo del manto di copertura e dei tetti ventilati nei prossimi anni alla luce delle recenti evoluzioni normative? La strategia di fortissimo isolamento proposta dal legislatore tenderà a cambiare ruolo alla ventilazione: nelle zone più fredde sarà lo strumento necessario per garantire adeguate prestazioni del sistema (abbassamento delle temperature a ridosso dell’isolante in fase estiva e controllo igrometrico); nelle zone calde, viceversa, vista la più contenuta richiesta di isolamento, risulterà determinante per il controllo del comfort ambientale interno. Quali sono, dal Suo punto di vista, le potenzialità di integrazione architettonica delle coperture in laterizio per lo sfruttamento delle energie rinnovabili? Moltissime. Occorre sottolineare come i sistemi fotovoltaici soffrano di perdite di efficienza correlate all’innalzamento delle temperature di esercizio. Oltretutto, per ovvi motivi estetici, i progettisti tendono a soluzioni di totale integrazione dei pannelli nel manto, con una accentuazione di tale problematica. E’ evidente che, nel momento in cui si realizza un sistema fotovoltaico completamente integrato nella copertura in laterizio si può sfruttare il benefico effetto della ventilazione sotto manto come sistema di raffrescamento aggiuntivo del pannello, in modo da minimizzare le perdite di efficienza. In base all’esperienza sperimentale consolidata, quale reputa siano i vantaggi delle attuali coperture discontinue in laterizio? E’ innegabile che per un certo periodo, ha prevalso il “concetto di assoluto”. Si è preteso di avere coperture “assolutamente” impermeabili, “assolutamente” a tenuta all’aria, “assolutamente” isolanti, … e si potrebbe continuare per molto. Poi ci si è accorti che l’assoluto non esiste e i che sistemi così concepiti generavano problematiche grandissime ( ad esempio, ciò che entra, in termini di calore, non esce più in caso di soluzioni iperisolate). Per questo è necessario recuperare il concetto di “adattabilità”. E’ proprio qui che risiede il vantaggio principale di una copertura in laterizio. Essa non garantisce prestazioni assolute ma ha una enorme capacità di adattamento, di flessibilità progettuale, nelle più variegate condizioni. E ciò è una riprova della sua grande diffusione a scala nazionale. La sua tenuta alla pioggia, ad esempio, è basata sull’assorbimento e sul rilascio graduale di acqua. La sua tenuta all’aria è sufficiente ad impedire problematiche negli ambienti sottostanti ma, nello stesso tempo, permette una ventilazione efficace, quando necessario, con vantaggi sia per il comfort interno che per il funzionamento dei sistemi costruttivi. E poi non dà sicuramente problemi nel tempo. Il suo vantaggio principale, dunque, sta nella sua capacità di adattarsi alle diverse situazioni ambientali, e di garantire le prestazioni necessarie quando e come serve. Con particolare riferimento agli aspetti ambientali e alla “durabilità” nel lungo periodo delle soluzioni di coperture oggi disponibili, quali indicazioni possono essere date ai progettisti per agevolare un approccio tecnicamente corretto? Occorre, innanzitutto, essere prudenti. Le strategie commerciali di molte aziende del settore sfruttano, da diverso tempo, uno dei punti cardine del marketing: la diversificazione produttiva. E’ un po’ come per chi produce panettoni: per evitare confronti diretti con i concorrenti, si immettono prodotti sul mercato diversificandoli rispetto a ciò che esiste (con o senza uvetta, crema, ecc.). Anche per le coperture si sta verificando qualcosa di simile. Vengono continuamente immessi sul mercato molti prodotti e, per la logica di diversificazione, continuamente sostituiti da nuovi prodotti. Questo accorcia però il tempo di vita programmato del prodotto stesso (chi lo immette sul mercato sa che sarà sostituito in pochi anni), al punto che colui che ne sperimenta veramente la durata reale è chi lo acquista piuttosto che chi lo vende. E’ vero che migliorano le tecnologie, e quindi possono essere migliorati i sistemi, ma purtroppo sono molti gli esempi di prodotti per il manto che a distanza di 20-30 anni (meno dell’attesa di vita) hanno manifestato problematiche significative. Dunque, prudenza. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento