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Indice degli argomenti Toggle Come potrebbe essere coinvolta maggiormente la filiera italiana del legno per la riqualificazione energetica?Buona parte della materia prima è importata, malgrado il Paese possa soddisfare le esigenze contando su un patrimonio forestale da primato in Europa. Come si può migliorare questa situazione?La nuova versione della direttiva EPBD che conseguenze potrà avere anche per un maggiore impiego del legno per costruzioni?Qual è la dote che più vi piace nel legno per le costruzioni? Il legno per costruzioni vanta una storia plurimillenaria. Eppure, malgrado mode e materiali si siano susseguiti nel tempo, è ancora uno dei protagonisti in edilizia. Diversi Paesi (Francia, Paesi Bassi) stanno ragionando sulla possibilità di elevare la percentuale di edifici costruiti in legno; l’Italia può vantare una posizione “da podio” in Europa. È il terzo produttore di soluzioni abitative in legno dopo Germania e Svezia, con una crescita del 33% sul 2020. Alla base del successo del legno, ci sono le sue caratteristiche che lo rendono ideale per gli usi più disparati: in Svezia si lavora a pale eoliche con questo materiale (il progetto Modvion insegna), la Kyoto University e la Sumitomo Forestry stanno procedendo allo sviluppo del primo satellite al mondo in legno, con l’obiettivo di lanciarlo tra 2023 e 2024. A sinistra Guido Callegari, a destra Mauro Frate «Forse il legno dovrebbe essere valutato in maniera trasversale, non solo dagli architetti e dagli ingegneri, ma anche dai filosofi», sottolinea Guido Callegari, architetto e docente di Tecnologia dell’architettura presso il Politecnico di Torino. È un autentico esperto quando si parla di architettura in legno: oltre che coordinare il Master in “Architettura delle Costruzioni in legno”, è responsabile scientifico del team WoodLAB del Politecnico di Torino. Lo abbiamo incontrato insieme a un altro esperto del settore: Mauro Frate, architetto e titolare dello studio di architettura MFa attivo nel campo della progettazione e costruzione di edifici in legno. L’occasione è stata la presentazione del Wood Architecture Prize, primo premio nazionale per l’architettura in legno, di cui i due sono membri della giuria. Il legno per costruzioni è al centro di una nuova fase evolutiva, come spiegano: «è un prodotto dell’innovazione: gli edifici che oggi vengono realizzati sono composti con una risorsa ingegnerizzata, frutto di ricerca e innovazione degli ultimi 10-15 anni. Di fronte alle sfide poste dai cambiamenti climatici e dall’esigenza di decarbonizzare, si aprono possibilità che portano a esplorare la possibilità di utilizzare questo materiale da costruzione prodotto dalla natura». Il legno per costruzioni è una realtà che vede l’Italia terzo produttore in Europa. Come potrebbe essere coinvolta maggiormente la filiera italiana per la riqualificazione energetica? La filiera italiana è già coinvolta, ma bisogna guardare a quei Paesi che in questo momento hanno capacità produttive e logistiche di alto livello, anche se ci sono degli esempi noti di componenti di parete realizzati in Alto Adige ed esportati in Germania o in Austria con cui si eseguono interventi di riqualificazione spinta. Resta il fatto che in Europa c’è un patrimonio immobiliare equivalente a 24 miliardi di metri quadrati realizzati per la maggior parte dopo la seconda guerra mondiale. Questi edifici devono essere riqualificati, se non sostituiti: a questo proposito si stanno adottando nuove strategie nel quale il legno trova spazio, utilizzato anche in componenti di facciata, in involucri sempre più evoluti, sotto forma di componenti parete che comprendono serramenti e impiantistica integrata. Essi rappresentano un approccio completamente nuovo rispetto alla riqualificazione tradizionale. Il legno entra in gioco anche negli interventi di demolizione e ricostruzione, sostituendo l’esistente con una struttura qualitativamente migliore dal punto di vista prestazionale e del benessere oltre che di maggior valore immobiliare, realizzandolo con tempi più rapidi. Occasioni come il PNRR per la riqualificazione delle scuole o – ancor prima – l’Expo di Milano sono stimoli capaci di evidenziare che nel momento in cui esiste un cronoprogramma e un vincolo temporale tutti quelli che sono componenti prefabbricati offsite rappresentano la strategia migliore: il legno, in questo senso, non ha avversari. L’Italia è il terzo produttore europeo di soluzioni abitative in legno. Buona parte della materia prima è importata, malgrado il Paese possa soddisfare le esigenze contando su un patrimonio forestale da primato in Europa. Come si può migliorare questa situazione? Va detto che non tutto il legno è adatto per essere considerato come materiale da costruzione; in tal senso, c’è una selezione sulla quale bisognerebbe riflettere. Il vero problema in questo momento della filiera legno in Italia è che, già guardando a quanto avviene nei cantieri, ci si rende conto che vengono gestiti come fossero quelli di edilizia tradizionale. Le grandi pareti di X-Lam vengono montate come fossero dei giganteschi mattoni e rifinite con una stratificazione. Quindi, non c’è una cultura di edilizia off-site capace di generare possibilità rilevanti, anche dal punto di vista economico. Un sistema più industrializzato creerebbe economie di scala, ma soprattutto permetterebbe di governare con maggiore attenzione processi di riqualificazione più spinta. Si potrebbe pensare a soddisfare la richiesta di legno per costruzioni creando un sistema di fornitura a km zero? È un’ipotesi. A questo proposito è interessante andare a vedere un progetto condotto dall’autore del Bosco verticale (Stefano Boeri – nda). Qualche anno prima aveva concepito il progetto Casa Bosco, nato dall’idea di affrontare il social housing a bassa densità attraverso lo sfruttamento di tutto il ciclo di produzione del legno. Il principio era realizzare edifici utilizzando il patrimonio forestale nell’immediato intorno, in Pianura Padana, utilizzando specie legnose fuori foresta. Oggi uno dei dibattiti su cui si sta ragionando è costruire utilizzando componenti ingegnerizzati prodotti alternativi ad abete, larice e faggio, contando sulla corrispondenza tra grandi gruppi, stabilimenti produttivi e vivai di pioppi, Paulownia, bambù, ovvero specie arboree dalla crescita molto rapida. La nuova versione della direttiva EPBD che conseguenze potrà avere anche per un maggiore impiego del legno per costruzioni? Il successo di ogni iniziativa si ha quando c’è una visione d’insieme. Quando, invece, la visione è parziale il rischio è arrivare a non finalizzare alcuni processi in atto. Se confrontiamo il contenuto tecnologico delle costruzioni in legno, frutto dell’innovazione congiunta di ricercatori, industria, professionisti in Europa, col tempo che è stato impiegato in Canada e negli Stati Uniti per riuscire a costruire una rete di sostegno, per cambiare la normativa e partire con una produzione di massa di edifici multipiano il paragone è impietoso. Oggi negli Stati Uniti si registra un incremento del 26% del mercato in un anno. È necessario, quindi, avere visioni tipicamente anglosassoni, sintetiche per riuscire a sviluppare e attuare politiche e processi capaci di generare economia. Qual è la dote che più vi piace nel legno per le costruzioni? Frate: «la flessibilità. Penso, per esempio, in cantiere quando ci si trova in uno spazio denso dove si hanno problemi di logistica, di movimentazione, è possibile usare pezzi piccoli; oppure invece quando si lavora off-site ed è invece possibile impiegare parti molto grandi». Callegari: «la leggerezza. Il legno è competitivo perché nel momento in cui occorre porre dei nuovi carichi su edifici esistenti, è una soluzione imbattibile rispetto all’acciaio, al cemento armato e a qualsiasi altro sistema costruttivo». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento