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Conglomerati cementizi e malte rappresentano “materie prime” per eccellenza del costruire. Conglomerati e Malte Tali materiali sono definibili come “conglomerati cementizi ad aggregati fini”, differenziandosi dai calcestruzzi per la sola assenza della componente granulometrica di maggior pezzatura – ghiaia. Un ruolo che spiega l’approfondimento di analisi scientifica di cui sono state fatte oggetto nella manualistica e nella pubblicistica specializzata (sin dai tempi di Vitruvio), con particolare attenzione alla questione del dosaggio dei singoli componenti costitutivi, da valutare ovviamente di volta in volta in relazione alle peculiari applicazioni. Dall’originaria miscela di inerti, leganti (calce aerea e idraulica) e acqua, direttamente preparata in cantiere mediante un tipo di lavorazione manuale, in cui, per ottenere un prodotto di buone caratteristiche, molto giocava l’esperienza dell’addetto alla preparazione, si è così giunti alle attuali confezioni premiscelate in stabilimento. Queste ultime sono pronte all’uso con la sola aggiunta dell’acqua di impasto e garantite a priori di qualità standard, secondo i principi della produzione industriale. Ma, soprattutto, si è passati da un prodotto a bassa specializzazione e a vasto spettro di applicazione ad una famiglia di semilavorati (frutto di diverse fasi di lavorazione), ognuno con la sua nicchia di ottimale impiego in funzione delle specifiche caratteristiche delle sostanze additivanti (quali resine polimeriche ed epossidiche) che ne modificano la primitiva composizione: al giorno d’oggi, le malte, ad esempio, sono non solo premiscelate, ma anche fibrorinforzate, polimodificate e tixotropiche (la tixotropia è il fenomeno per cui alcuni gel passano allo stato liquido per effetto di semplice agitazione o vibrazioni, e tornano a coagulare quando l’azione meccanica cessa). Malta tissotropica fibrorinforzata di granulometria fine, a presa normale, per il risanamento del calcestruzzo Un’articolazione merceologica che ha, in particolare, risentito dell’evoluzione del mercato delle costruzioni di questi ultimi anni, puntando chiaramente a soddisfare la domanda di prodotti per il recupero e il ripristino dell’ingente patrimonio di edilizia residenziale. Tra le Malte premiscelate di allettamento, troviamo la Malta termica per murature portanti e di tamponamento per le zone sismiche. Malta di Danesi La lavorazione in cantiere Se, tuttavia, le tecnologie di preparazione di conglomerati e malte offrono oggi elevate garanzie di controllo delle loro prestazioni in opera, decisive ancora, per la qualità finale dei manufatti, risultano le tecniche di lavorazione in cantiere, affidate alla “mano” degli operatori. Nel caso dei conglomerati, per lo più trasportati in sito in autobetoniere in interventi di medio-grande dimensione e, quindi, controllati all’origine nel rapporto acqua/impasto, sono le fasi di getto e di vibrazione i momenti che possono pregiudicare il risultato complessivo finale. Un getto, non accuratamente eseguito, può infatti portare a una separazione per gravità dei diversi componenti fra loro, con l’accumulo degli aggregati nella parte inferiore del manufatto da realizzare e la conseguente perdita di omogeneità di comportamento della sua sezione resistente (rispetto a quanto valutato in sede di progettazione strutturale) nei confronti delle sollecitazioni tensionali e delle aggressioni dell’ambiente esterno. Malte premiscelate termoisolanti di Laterlite Per le malte, invece, premiscelate e confezionate in sacchi, è il dosaggio dell’acqua effettuato in cantiere l’operazione cruciale per decidere del loro livello prestazionale. Un eccesso d’acqua d’impasto genera una malta “grassa”, soggetta a fenomeni evidenti di ritiro in fase di presa e con una penalizzazione delle proprie caratteristiche di resistenza in servizio, mentre una malta “magra” (con poca acqua d’impasto) risulta di più difficile lavorabilità e manifesta una evidente tendenza alla polverizzazione. Entrambi i due composti, poi, possono soffrire per un mancato controllo delle condizioni ambientali di temperatura e umidità relativa a cui avvengono i fenomeni di presa e indurimento, in ragione di un’eccessiva evaporazione dell’acqua di impasto o di un suo congelamento. Per questo i cataloghi e le schede tecniche dei diversi prodotti riportano sempre le temperature massime e minime oltre le quali se ne sconsiglia l’applicazione. Sulla base di queste prime osservazioni di larga massima, risulta forse più utile in queste note sintetiche, piuttosto che soffermarci su una astratta trattazione scientifica di conglomerati e malte in base alla loro composizione (per la quale preferiamo rimandare ad alcune tabelle di evidente lettura), valutare quali prodotti offre il mercato in funzione delle specifiche occasioni d’utilizzo. Malte cementizie del Sistema Murature di Fassa Bortolo Tipi di malte Analizzando l’offerta attuale, è possibile individuare varie tipologie di malte, distinguendo secondo l’impiego che se ne fa. Senza pretesa di esaustività una possibile classificazione è: malte per edificazione (generalmente “bastarde”, a base di calce e cemento); malte da ripristino e regolarizzazione (a basso spessore, medio o elevato) di superfici in calcestruzzo degradate o comunque deteriorate; malte impermeabilizzanti per superfici in calcestruzzo, pietra o muratura (contro l’umidità e l’acqua sia in pressione positiva, sia negativa); malte passivanti copriferro antiruggine; malte per intonaci (fibrorinforzate, deumidificanti, termoisolanti … ) e finiture; malte per colmataggio (fissaggi ad alta resistenza di elementi strutturali su calcestruzzo, metallo, … ); boiacche e prodotti autolivellanti. I conglomerati Analogamente per i conglomerati cementizi si registra una pari varietà in funzione dei possibili usi: oltre al classico “magrone” tradizionalmente impiegato per regolarizzare i cavi di fondazione prima dell’esecuzione dei getti, la ricerca e l’evoluzione tecnologica hanno reso disponibili sul mercato nuovi prodotti: – i calcestruzzi alleggeriti (ai quali ricorrere in tutti quei casi in cui la leggerezza risulta un requisito essenziale, come nelle costruzioni su terreni poco stabili o per interventi in vecchi edifici che non si intenda sovraccaricare); – i calcestruzzi fibrorinforzati (con fibre di rinforzo in acciaio, in vetro – Glass Reinforced Concrete – e in materie plastiche – fibre polipropileniche e acriliche); – i calcestruzzi additivati con fluidificanti e superfluidificanti (per il pompaggio in altezza); Admix, additivo per calcestruzzo di Penetron – i conglomerati per massetti a presa rapida e con consistenza della terra umida (per velocizzare i tempi di posa degli strati di finitura superficiale quali i pavimenti in parquet); Neoisolbeton di Betonrossi – i calcestruzzi impregnati (Polymer Impregnated Concrete, in cui una matrice cementizia altamente porosa viene impregnata con polimeri organici) ad elevata resistenza e quelli a base di cemento MDF (Macro Defect Free), ottenuto da normali cementi, acqua e piccole percentuali di polimeri idrosolubili. I compositi Dunque anche nel mondo dei conglomerati cementizi, come del resto avviene in qualunque altro settore della contemporanea tecnologia dei materiali, si assiste all’affermarsi dei compositi. Nel caso di prodotti quali le malte e i calcestruzzi, già di per se stessi frutto di un’intima miscela di più elementi, ciò si traduce in un’apertura significativa verso componenti di provenienza extrasettoriate (per lo meno per quanto riguarda la tradizione edile), per lo più accolti dal mondo delle materie plastiche. I vari polimeri organici impiegati nella confezione delle malte e dei calcestruzzi, infatti, grazie alle loro doti di plasticità e alla loro capacità di strutturarsi in “reti”, consentono di ottenere un notevole innalzamento delle caratteristiche prestazionali dei conglomerati (soprattutto per quello che ne concerne la resistenza meccanica) senza che questo vada a scapito della loro lavorabilità e formabilità: due buone ragioni per decretarne l’odierno successo. 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