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Indice degli argomenti Toggle Autoconsumo e CERLe possibili evoluzioni atteseCER e servizi di flessibilitàServizi ancillari localiAccumuli e MACSE Nel sistema elettrico del futuro troveranno sempre più spazio autoconsumo, sistemi di flessibilità, sistemi di accumulo, per garantire il perfetto funzionamento di una realtà complessa che dovrà puntare ad aumentare la produzione, riducendo emissioni e garantendo un sempre maggiore spazio alla produzione da fonti rinnovabili. In tale contesto è fondamentale il ruolo dell’Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, nello svolgere attività di regolazione e controllo nel settore dell’energia elettrica e delle reti. Cogliendo l’occasione della presentazione dell’Electricity Market Report, è intervenuto il direttore della Direzione Mercati Energia di ARERA, Andrea Galliani, per mettere a fuoco lo stato dell’arte e l’evoluzione di alcune delle soluzioni che sono destinate a prendere un sempre maggiore spazio, garantendo benefici al mercato e all’Italia nel centrare i propri obiettivi fissati nel PNIEC. Autoconsumo e CER L’autoconsumo è un tema importante perché, come ricorda il GSE, produrre e consumare l’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico nello stesso sito significa contribuire attivamente alla transizione energetica e allo sviluppo sostenibile del Paese, favorendo l’efficienza energetica e promuovendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili. L’autoconsumo cerca di avvicinare, in termini spaziali e temporali, produzione e consumo, aiutando a coprire il fabbisogno energetico e a sgravare le reti elettriche. L’autoconsumo si può fare in modo individuale o diffuso, collettivo o sotto forma di comunità energetica. Ma che evoluzione conoscerà questa pratica? Secondo Galliani, «con il passare del tempo riusciranno a svilupparsi anche modelli di altra natura». Intanto, però, è da rilevare l’evoluzione attesa delle comunità energetiche. «Le CER non sono solo una modalità di autoconsumo elettrico. Come afferma anche il legislatore europeo, dovranno diventare qualcosa di più. Condividendo la sensibilità energetica ambientale, le comunità energetiche potrebbero fare da traino per gli interventi di efficientamento energetico che, peraltro, dovrebbero essere i primi oggetti di attenzione, ancor prima della copertura del carico elettrico». Le possibili evoluzioni attese È bene che, in futuro, le comunità energetiche non siano solo pensate per fare autoconsumo, chiudendosi su se stesse. «Una comunità energetica è una realtà che sarà sempre correlata con il sistema elettrico. Allora si dovrà anche vedere come si colloca nei suoi confronti, magari fornendo servizi al sistema stesso. Si dovranno trovare, quindi, dal punto di vista elettrico, uno scambio tra l’autoconsumo e le esigenze di sistema, quali i servizi di flessibilità». Cosa ci si deve attendere, in proposito, a proposito di evoluzione normativa? «Dobbiamo, prestare attenzione all’innovazione inserita nella direttiva 2024/1711, finalizzata al miglioramento dell’assetto del mercato dell’energia elettrica dell’Unione, che va a modificare la direttiva del mercato elettrico – ha segnalato Galliani –. C’è un passaggio in questa direttiva, che deve ancora essere recepito, in cui si afferma che ogni cliente, membro della comunità energetica, dovrebbe avere il diritto di vedere l’energia immessa, a lui attribuita, scomputata dai prelievi. Ma su di essa, comunque, si devono applicare le tariffe di trasporto e gli oneri generali di sistema, quindi si traduce in una doppia contabilità. Questo comporta il rischio di complicare le cose, ma tale disposizione sembra sia stata scritta, avendo in mente un modello ben preciso di comunità, in cui chi investe è la comunità, che distribuisce l’energia all’interno di essa, consentendo lo scomputo ai clienti diretti». Lo stesso vertice della Direzione Mercati Energia dell’Arera si auspica che questo recepimento non metta in discussione il modello regolatorio virtuale delle comunità energetiche che oggi abbiamo, ossia il TIAD (Testo Integrato Autoconsumo Diffuso), che consente di valorizzare l’autoconsumo diffuso reale senza dover richiedere nuove connessioni o realizzare nuovi collegamenti elettrici o installare nuove apparecchiature di misura. Tale modello, sempre secondo Galliani, è molto flessibile e offre grande libertà alle singole iniziative, tenendo anche conto delle specificità locali, «e non va a indirizzare tutto verso un’unica soluzione». CER e servizi di flessibilità Le comunità energetiche è bene che non vivano da sole, ma devono esistere in un sistema elettrico più articolato, «magari pensando di prestare anche servizi di flessibilità, proprio quelli che si cerca di recuperare dai grandi impianti termoelettrici. È un aspetto importante se vogliamo effettivamente ridurre la loro presenza». Per questo motivo sono state effettuate delle sperimentazioni per i servizi di flessibilità globale. Detto che la flessibilità elettrica indica la capacità di un sistema elettrico di gestire in maniera efficace ed efficiente la variabilità della produzione e della domanda elettrica e che i sistemi si differenziano tra flessibilità globale (su scala di reti di trasmissione) e flessibilità locale (a livello di reti di distribuzione), si è voluto valutare la capacità delle piccole risorse distribuite di fornire servizi ancillari e di contribuire alla flessibilità globale. Così è stato avviato il progetto UVAM, con la delibera ARERA 300/2017. Il progetto si concluderà con l’anno in corso con l’entrata in vigore, nel 2025, delle disposizioni del TIDE. «La sperimentazione aveva anche il compito di cercare di far nascere delle UVA (unità virtuali abilitate) ossia soggetti aggregati, capaci di erogare flessibilità al sistema. Durante il periodo di sperimentazione sono anche state concesse delle remunerazioni in euro/MW/anno, che servivano anche per far decollare questa nuova realtà. Ora con il TIDE (Testo Integrato del Dispacciamento elettrico) non ci sarà più la remunerazione pensata in questo modo. Esse saranno remunerate, come tutti gli altri servizi di flessibilità, ovvero in energia». Occorre vedere cosa succederà nel 2025. L’auspicio di Galliani è che gli investimenti fatti in passato, grazie anche a contributi stanziati in euro/MW/anno, possano tradursi in concreta applicazione nei prossimi anni. «In futuro, però, queste realtà potranno erogare anche altri servizi oggi non consentiti, quali la riserva primaria», il cui scopo è correggere automaticamente gli squilibri istantanei tra produzione totale e fabbisogno totale dell’intero sistema elettrico europeo interconnesso. A quel punto le UVA cominceranno a “sostenersi sulle proprie gambe”, con le regole valide per tutte le altre realtà del sistema, ma al tempo stesso, potranno erogare nuovi servizi ancillari, creando nuove opportunità, sia di business sia di uno sviluppo per il sistema. Servizi ancillari locali Il Direttore della Direzione Mercati Energia dell’Arera ha toccato anche il tema dei progetti pilota per i servizi ancillari locali, le cui sperimentazioni sono nate concretamente nel 2024, ma il cui obiettivo, declinato nella deliberazione 352/2021/R/eel (che istituisce i progetti pilota per l’approvvigionamento da parte dei DSO di servizi ancillari locali utili a gestire, in modo efficiente e sicuro, la rete di distribuzione) è di sperimentare neonati servizi ancillari locali, in modo tale da arrivare a una regolazione finale nell’arco di qualche anno. L’obiettivo è arrivare a soluzioni regolatorie pubbliche sul territorio nazionale. In questa fase ci sono alcune tipologie di sperimentazione, condotte da e-distribuzione, da Areti e Unareti su alcune porzioni del territorio nazionale. «L’obiettivo è portarle gradualmente a convergenza e già oggi le differenze non sono così tanto marcate. Questo è il percorso che si ha in mente, declinato già nel 2021, ma che è partito concretamente nel 2024 e che arriverà a popolare una nuova sezione del TIDE». Accumuli e MACSE Per chiudere, Galliani ha parlato anche del tema degli accumuli e del MACSE (Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico): quest’ultimo consentirà al sistema di acquisire nuova capacità di stoccaggio elettrico attraverso contratti di approvvigionamento di lungo termine, aggiudicati attraverso aste competitive organizzate da Terna. «Si tratta di un tema sfidante, ma al tempo stesso molto promettente per due motivi. Il primo perché attraverso procedure concorsuali iniziali vengono selezionati accumuli dove e quando servono, ovvero in stretto coordinamento con lo sviluppo delle fonti innovabili non programmabili. Questo è un elemento importantissimo se si vogliono aumentare la diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili. Il secondo motivo perché con i prodotti in time shifting, che saranno implementati da GME, questi accumuli non verranno utilizzati dal punto di vista di chi li realizza, ma saranno messi a disposizione di tutti gli operatori di mercato, sulla base del segnale di prezzo dei mercati, cioè cercando di massimizzare l’uso benefico per il sistema». Galliani ha fatto riferimento allo schema di regolamento del mercato dei contratti di “time shifting” (Mts), ovvero i servizi che consentono di movimentare energia in base alla convenienza costo/orario, posto in consultazione proprio in questi giorni dal Gestore dei Mercati Energetici. Quindi, da un lato, si facilita l’investimento, riducendo i rischi per gli investitori e utilizzando l’investimento, dove e quando serve. Dall’altro, l’utilizzo di questi accumuli è pensato per essere il più possibile a favore del sistema e di molti singoli operatori. Cosa manca per arrivare alle prime procedure concorsuali? «Siamo nella fase in cui devono essere definiti i primi fabbisogni, attività che la legge intesta al MASE. Dopodiché quello che manca, previa consultazione dell’autorità, è la parte economica, cioè la base d’asta che dovrà essere utilizzata per le prime procedure concorsuali». Queste ultime attività sono in corso di implementazione e si pensa si arriverà alle prime procedure nel corso del 2025. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento