Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Si è registrata negli anni più recenti una netta tendenza in edilizia verso l’aumento delle opere di recupero, che rappresentano in media l’80% dell’intera attività del settore, e tra questi una gran parte hanno interessato i rivestimenti delle facciate.Il ritorno all’uso di materiali tradizionali si è ampiamente verificato negli interventi non solo su edifici di pregio ma anche su brani di edilizia minore e ha visto, per quanto riguarda il ripristino od il rifacimento degli intonaci ammalorati, una nuova diffusione nell’impiego di malte a base di calce aerea più o meno additivata. Tuttavia, a breve tempo dal termine dei lavori effettuati sulla “pelle” dell’edificio, sono spesso riscontrabili casi di guasti quali distacchi, fessurazioni, scartellature. Tali indesiderabili conseguenze sono sostanzialmente imputabili a errori di progetto, errata tecnica di posa, incompatibilità di nuovi premiscelati con i supporti e in sostanza dalla mancanza di norme o codici di pratica in grado di fornire raccomandazioni per la corretta posa in opera dei suddetti materiali. A fronte di questa nuova realtà del settore appare evidente come si renda necessario “recuperare” le conoscenze necessarie al corretto impiego delle nuove malte per intonacatura senza peraltro tralasciare un patrimonio di informazioni andate ormai dimenticate: per l’applicazione di un intonaco si può risalire addirittura alle ricette di Vitruvio che raccomandava di effettuare almeno sette strati al fine di evitarne la fessurazione. Una delle caratteristiche più note dei materiali tradizionali è la loro lenta presa e bassa resistenza meccanica, che, per ovvie ragioni, male è tollerata nei cantieri odierni. I nuovi premiscelati a base di calce idrata etichettati come “tradizionali” che l’industria immette sul mercato sono in generale additivati con altri leganti, acceleranti, fluidificanti, che consentono di diminuire i tempi di presa. Obiettivi della sperimentazione Nel tentativo di dare una risposta a tali problemi di tipo “tecnico” e all’esigenza di fornire un contributo al sapere pratico per valorizzare al massimo le qualità dei premiscelati a base di calce idrata in funzione dei supporti su cui possono essere applicati, è stata di recente condotta una sperimentazione ad hoc presso i laboratori dell’ICITE. L’obiettivo della sperimentazione ha riguardato essenzialmente la messa a punto di una procedura di laboratorio per la valutazione dei tempi di applicazione di malte a base di calce aerea per intonaci, su supporti in muratura di dimensioni contenute. E’ stata quindi avviata una prima fase di studio dell’influenza dei tempi di sovrapposizione degli strati di malta (rinzaffo sul supporto, corpo sul rinzaffo in più passate), con l’obiettivo di selezionare una serie di strumenti (osservazioni, metodi di prova) atti a verificare prestazionalmente l’adeguatezza dell’intervento quanto ad avvenuta presa della malta, efficace collegamento della malta col supporto e buona aderenza dei vari strati tra loro. Non si è quindi puntato solo alla semplice registrazione in tabulati dei fenomeni osservabili nel tempo sulla superficie dei campioni in fase di stagionatura, quali cavillature e distacchi, ma si è anche tentato di individuate prove prestazionali specifiche in grado di misurare l’aderenza delle stratificazioni di intonaco da eseguire. Nell’ambito di questo studio si è cercato di fare chiarezza sui seguenti punti: compatibilità della malta coi supporti analizzati; numero di strati di malta necessari per ottenere un certo spessore di intonaco preventivamente definito; spessore ottimale di ogni singolo strato; tempi ottimali di stratificazione. Materiali e metodi L’impostazione metodologica data allo studio ha portato a selezionare quali supporti murari da intonacare due tipologie a differente e opposta porosità: blocchi in pietra serena (a bassa porosità) e mattoni pieni di laterizio (ad alta porosità). In questo articolo si presentano alcune delle risultanze relative ai supporti in pietra Serena. Per quanto riguarda il tipo di malta per intonacatura si è impiegato un premiscelato a base di calce idrata sintetica stagionata per un anno. Le informazioni reperibili in letteratura sull’applicazione di tali tipi di malte parlavano di “fresco su fresco”, intendendo con questa espressione la necessità di non superare, affinché fosse garantita la presa e il legame chimico-fisico tra uno strato e l’altro, determinati tempi di ricopertura: essendo tuttavia tali tempi funzione del tipo di componenti della malta, dello spessore dello strato, delle condizioni del supporto, e delle condizioni ambientali in opera, è attualmente difficilmente quantificabile un tempo di ricopertura fresco su fresco ottimale per tutti i premiscelati presenti sul mercato. Proprio a fronte della vasta casistica di premiscelati in commercio, della varietà dei supporti in muratura esistenti e della variabilità delle possibili condizioni ambientali di applicazione in opera, il campo di indagine doveva essere in un primo momento necessariamente circoscritto ad alcune variabili. Queste e altre considerazioni hanno innanzitutto orientato il gruppo di lavoro a sviluppare una metodologia che si basasse sull’impiego di campioni realizzabili in con condizioni ambientali costanti per limitare la variabilità dei risultati e permettere in questo modo la confrontabilità dei dati relativi a intonaci differenti ma maturati nelle medesime condizioni. Per quanto attiene alle condizioni ambientali, l’uso finale previsto, ovvero il rifacimento di intonaci esistenti, ha imposto di scegliere per i campioni realizzati in laboratorio una maturazione di tipo aereo superiore a 60 giorni in locale condizionato con temperatura di 20 °C e con un’umidità relativa del 50%. I fattori che sono stati fatti variare nel corso della sperimentazione sono stati lo spessore dell’intonaco e il tempo cosiddetto di “ricopertura” di uno strato di malta da parte dello strato sovrastante. Sono quindi state impiegate delle singole unità in muratura, impiegando, per la prima parte della sperimentazione qui descritta, la pietra serena (supporto poco poroso). La variabile che si è cercata di isolare è la porosità del supporto, che influenza fortemente il tipo di collegamento tra malta e supporto. In sintesi, sono stati impiegati trentacinque blocchi in pietra serena di cm 15 x 30 x 15 (superficie intonacata cm 15 x 30). Tutti i campioni sono stati contemporaneamente ricoperti con uno strato di rinzaffo (spessore 0,5 cm) e successivamente, si è proceduto all’applicazione dello strato di corpo trascorsi intervalli di tempo precedentemente fissati, calcolati a partire dal tempo di avvenuta applicazione del rinzaffo: dopo 2 h, 4 h, 8 h, 24 h, 72 h, 168 h e 336 h. Questo “scaglionamento” nel tempo della fase di ricopertura del rinzaffo con malta, atto a realizzare i vari spessori di intonaco (tabella 1), ha lo scopo di individuare il tempo di applicazione più appropriato entro il quale è possibile ottenere per un’aderenza ottimale tra pietra e rinzaffo, tra rinzaffo e corpo. All’interno di ogni singola serie di cinque blocchi corrispondente a ciascuno degli intervalli temporali previsti, l’applicazione del corpo su ciascun blocco è avvenuta secondo spessori via via crescenti come di seguito indicato: rinzaffo + 1cm di corpo, rinzaffo + 1.5 cm di corpo, rinzaffo + 2 cm di corpo, rinzaffo + 2.5 cm di corpo, rinzaffo + 3 cm di corpo. Subito dopo la posa della malta necessaria a realizzare il corpo dell’intonaco, i campioni sono stati visionati a intervalli prestabiliti raccogliendo le osservazioni sull’aspetto della superficie. Al termine del periodo di maturazione, avvenuto in locale condizionato, è stata valutata l’aderenza degli strati tra loro e al supporto mediante prova di strappo. Risultati ottenuti I risultati, relativi al premiscelato di malta impiegato in questa sperimentazione sono costituiti in parte da osservazioni sullo stato dei campioni fatte nel corso della stagionatura e protratte fino a che non è stato più possibile rilevare variazioni, e in parte dai dati ottenuti dalle prove di aderenza effettuate a maturazione completa dopo 60 giorni di stagionatura in ambiente con temperatura 20°C e U.R. 50%. Dalle osservazioni sono emersi una serie di indicazioni sintetizzabili come segue: i campioni realizzati con la stesura della malta fresco su fresco (si intende qui un’applicazione del corpo che sia avvenuta entro le quattro ore comprese a partire dalla posa del rinzaffo) hanno mostrato un leggera fessurazione perimetrale tra rinzaffo e supporto, più evidente con l’aumentare dello spessore, che non si verificava più se l’applicazione del corpo avveniva dopo almeno otto ore da quella del rinzaffo; i campioni realizzati con la stesura della malta a partire dalle 4 ore e per tutti i tempi di stratificazione successivi hanno evidenziato una netta fessurazione perimetrale tra corpo e rinzaffo, anch’essa più marcata con il crescere degli spessori; i campioni con piccoli spessori (fino ad 1,5 cm compresi) realizzati secondo tutti i tempi di ricopertura previsti tranne nel caso delle 4 ore, hanno evidenziato la presenza di fessurazioni sulla superficie, fenomeno che non è avvenuto per spessori superiori, a partire cioè dai 2 cm a salire. Soltanto attraverso le prove di aderenza effettuate a fine stagionatura è stato possibile confermare o meno la presenza di distacchi tra i vari strati, al di là delle fessurazioni perimetrali sui campioni che si erano riscontrate visivamente. Dal punto di vista del metodo adottato, la prova determina l’aderenza come massima resistenza a trazione rilevata sotto l’effetto di un carico diretto perpendicolarmente alla superficie dell’intonaco su un’area circolare, corrispondente alla base di una area di prova cilindrica precedentemente ricavata nello spessore dell’intonaco stesso. L’aderenza corrisponde al rapporto tra il carico di rottura e l’area di test. I risultati di tali prove sono costituiti da valori di aderenza (N/mm2) per ogni singolo punto di applicazione del carico, con l’indicazione della profondità in mm alla quale è avvenuta la frattura. Per ogni blocco la prova è stato effettuata in due punti; nei blocchi intonacati con uno strato di corpo dello spessore di 3 cm, dal momento che quest’ultimo era stato applicato su circa i 2/3 della superficie disponibile, è stato possibile effettuare un test, che riguardasse unicamente lo strato di rinzaffo e andasse quindi a verificare la sua effettiva aderenza al supporto in pietra. Non per tutti i blocchi è stato possibile ottenere i dati di aderenza della malta: sui campioni intonacati a partire dalle 8 ore in poi si sono evidenziati problemi di aderenza tra corpo e rinzaffo. In particolare, nella fase di preparazione della prova di aderenza (fresatura localizzata dell’area di strappo) che precede il test il corpo si staccava dal rinzaffo (8 ore / 2 e 2,5 cm) oppure l’intera “carota” di malta si staccava dal supporto (72 ore / 1,5, 2 e 2,5 cm e 168 ore / 1,5 cm), ma l’intonaco appariva già in sé visibilmente instabile con una facilità del corpo a staccarsi dal rinzaffo; nei campioni a partire dalle 168 ore in poi non si è proceduto alla fresatura perché una leggera trazione manuale causava già il distacco del corpo dal rinzaffo. Conclusioni Le prove di aderenza, delle malte ottenute con il premiscelato impiegato in questa sperimentazione, eseguite sui campioni descritti, hanno confermato che, su supporti non porosi, la posa fresco su fresco in più strati di spessore mediamente sottile risulta ottimale: si ha infatti che un’applicazione del corpo dopo 4 ore dalla posa del rinzaffo porta al distacco tra questi due strati in modo decisamente più marcato. Probabilmente le piccole dimensioni dei campioni possono avere indotto la leggera fessurazione perimetrale riscontrata tra rinzaffo e supporto che si è manifestata entro 4 ore dalla posa del corpo: le prove di aderenza sul rinzaffo effettuate lontano dai bordi hanno comunque dimostrato che quest’ultimo è sempre ben aderente al supporto. Si è potuto inoltre individuare nei “2 cm di malta” lo spessore ottimale del singolo strato di corpo in quanto, al di sotto di tale valore, si rischiano fessurazioni e cavillature probabilmente imputabili al forte ritiro conseguente alla perdita d’acqua non contrastato da un rapido sviluppo della resistenza a trazione della malta, mentre al di sopra si accentuano gli eventuali problemi di aderenza tra gli strati. Come è noto, per una buona posa di un intonaco di questo tipo gli spessori degli strati successivi devono essere a decrescere a partire dall’interno verso l’esterno fino a raggiungere lo spessore totale desiderato. A prescindere comunque dai risultati contingenti, certamente non estendibili ad altri tipi di premiscelati, si ritiene che lo specifico protocollo sperimentale messo a punto, volto alla individuazione dei tempi ottimali per l’applicazione di malte fresco su fresco, si presenti efficace se praticato con la dovuta precisione e cautela specialmente in fase di preparazione e applicazione delle malte sui campioni. Ulteriori prove condotte sui campioni in muratura intonacata hanno in linea di massima confermato i valori ottenuti sui piccoli campioni, mettendo in evidenza la valenza del metodo qui presentato. 1 – Architetto, ricercatore presso ICITE CNR 2 – Architetto, Dottore di ricerca, ricercatore presso ICITE CNR 3 – Architetto, ricercatore presso ICITE CNR “Malte a base di calce aerea per la realizzazione di intonaci” – rivista “L’Edilizia” n.11/12 – De Lettera Editore – Milano – Novembre/dicembre 1999 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento